GLI APPUNTI DI STEFANIA

Ricevo da Stefania Girelli. Pubblico integralmente.
Appunti da una qualsiasi giornata di un anno scolastico
Scuola primaria
In classe

“Ma tu sei una femmina come fai a sapere che il pisello a volte cambia e diventa lungo?”
“Che sentimento si prova quando si fa l’amore?”
“Il pene nella vulva si introduce in ospedale o in casa?”
“Perché quando non si hanno rapporti sessuali il pene rimane abbandonato a se stesso?”
“Io ho il clitoride va bene ma ce l’ha anche la mamma?”
“Fare sesso é una tua decisione o é data dal destino?”
“Chi é stato ad inventare i nomi delle parti intime?”
“Cosa vuol dire sesso orale? É scritto? Cos’é il sesso coniugale?”
“Secondo voi é giusto divorziare dopo essere stati innamorati e sposati”
“Questo corso ci insegna a stare con gli altri?”
Tra adulti
-Ma non si può parlare di certi argomenti con i bambini così piccoli. Rischiamo di traumatizzarli o di togliere la poesia dell’amore.
-Se non si parla di questi argomenti a casa e a scuola altre voci riempiranno questi spazi, questi silenzi. E potrebbero essere voci che non dicono di corpi e di sentimenti, ma che dicono soprattutto di violenza, di mancanza di rispetto, voci le cui parole non sono quelle che vorremmo per i nostri figli e figlie.
-Guardi so che avete buone intenzioni ma come facciamo con i bambini così piccoli? Magari alla secondaria di primo grado non sarebbe meglio?
Scuola secondaria di primo grado
In classe

“Possiamo dire anche le parolacce?”
“Ma voi non siete imbarazzate a parlare di queste cose?”
“Gli uomosessuali mi fanno schifo”
“Davvero possiamo parlare della pornografia? La racconto io cos’é”
“Sempre le stesse cose, come una lezione di scienza, ma non dovevamo parlare di sesso?”
“Da dove arriva precisamente il sangue delle mestruazioni?”
“La masturbazione vale anche per le femmine?”
Tra adulti
-Sa dottoressa capisco che il vostro progetto richieda il coinvolgimento di genitori e insegnanti, ma i fondi che abbiamo a disposizione ci permettono solo gli incontri con le classi. E anche qui dobbiamo tagliare. Due incontri invece di tre. Cosa ne dice si può fare? E poi lo sa ormai é difficile coinvolgere le insegnanti e anche le famiglie.
-Ma veramente, almeno la presentazione del tipo di attività e dei contenuti…
-Dottoressa in fondo due incontri con i ragazzi sono meglio di nulla.
-Si, due forse é meglio di nulla.
Scuola secondaria di secondo grado
In classe

“Potremmo parlare delle coppie oggi? Come si fa a far durare una coppia?”
“Amore e sesso o sesso e amore? Sono diversi o sono uguali? Sono diversi, sono diversi…”
“Secondo lei é giusto o sbagliato abortire?”
“Mi spiega quale é la differenza tra travestito e transessuale?”
“Cosa c’é di male se una ragazza decide di sua volontà di fare la escort?”
“Non posso pensare che i miei genitori hanno fatto sesso, mi fa impressione…”
“Per me gli omosessuali vanno anche bene però non possono sposarsi o avere dei bambini.”
Tra adulti
-Ieri a scuola durante il gioco sulla definizione di sessualità una ragazza ha messo epididimo e poi fimosi e parafimosi, l’ha spiegata bene anche a me! Un altro ragazzo ci ha parlato di una forma particolare di pornografia di cui anche io non sapevo nulla.
-Direi che quando li chiami per nome dal giorno stesso in cui li conosci i ragazzi tendenzialmente ti ascoltano e forse si, magari hanno bisogno sopratutto di questo. Essere visti, riconosciuti, considerati con importanza. E gli altri media, per quanto potenti siano, questo non lo sanno ancora fare.
Ho voluto riportare spezzoni di conversazioni o domande e considerazioni che sentiamo e con cui lavoriamo quotidianamente. Partono da lì i nostri interventi. Siamo un gruppo di professionisti e professioniste che da anni s’impegnano in programmi e progetti di educazione alla sessualità nelle scuole di ogni ordine e grado e in percorsi di prevenzione all’abuso sessuale con le classi delle scuole primarie. Lavoriamo con insegnanti, famiglie, classi e nelle scuole d’infanzia dove organizziamo degli incontri con educatrici e genitori.
Pensiamo, e lo sperimentiamo con gli incontri e con quanto ci viene restituito dalle persone grandi e piccole che incontriamo, che si possa abbinare in modo significativo al termine sessualità, nella sua forma più ampia e complessa, la parola educazione. Pensiamo che le generazioni più mature possano anzi debbano cercare un ponte, un modo di confrontarsi con i più giovani su questi temi, anche quelli spinosi e difficili che mostrano tutte le contraddizioni dei modelli e delle regole inerenti la sessualità umana, sapendo che quanto trasmettiamo potrà essere mutato in qualcosa di diverso da quello che avevamo in mente, ma che questo può favorire una crescita personale autonoma e consapevole. Quello che rende speciale il nostro lavoro é il mettersi in gioco nelle classi, portando parole, esempi e anche modelli da confrontare, discutere, accettare o rifiutare in un processo di comunicazione che permette di sperimentare il rispetto per l’altro o altra, oltre a fare circolare conoscenze. Senza dimenticare anzi ponendo al centro la persona sessuata in relazione con sé e con il mondo. Puntiamo a riorganizzare un sapere magari confuso o inibito usando discussioni e giochi, non nascondiamo il nostro imbarazzo o le nostre incertezze di fronte a questioni molto dibattute, usiamo tutta la serenità di cui siamo capaci, spesso con un atteggiamento e un linguaggio ironico e divertente. In tanti anni di attività sia all’interno delle istituzioni pubbliche, sia ora come associazione onlus, abbiamo incontrato genitori, insegnanti, dirigenti aperti e disponibili al confronto, come persone chiuse ad ogni possibile compromesso. Abbiamo lavorato con cattolici, con musulmani, con atei convinti, con altre associazioni d’impostazione diversa dalla nostra. Lo abbiamo fatto, noi come altri gruppi, con poca visibilità, e questo spesso porta a dire non si fa più educazione sessuale nelle scuole: eppure ancora ci sono diverse associazioni ed enti pubblici che s’impegnano per arrivare a incontrare su questi temi bambini e bambine e ragazzi e ragazze. Allo stesso tempo non é pensabile che corsi di educazione alla sessualità nelle diverse scuole risolvano problemi molto complessi e profondi legati all’essere sessuato, alle famiglie e alla comunità, all’esistenza stessa. É una parte – a volte piccola, altre più consistenti come in quelle scuole che con il sostegno delle famiglie, decidono di inserire il progetto di educazione alla sessualità o di prevenzione all’abuso sessuale nel proprio piano d’offerta formativo – è solo una parte che richiama tutta la comunità ad assumere la responsabilità della cura e tutela dell’infanzia e adolescenza anche su questi temi così importanti e vitali.
La nostra associazione si chiama L’Ombelico onlus.
Stefania Girelli

10 pensieri su “GLI APPUNTI DI STEFANIA

  1. Resoconti come questi mi fanno pensare che l’educazione sessuale, come tante altre cose, assomigli un po’ alle guerre: si sa come cominciano e non si sa come finiscono. E un ulteriore pensiero che mi disorienta è che, in fin dei conti, io, che sono nato molto prima che si pensasse all’educazione sessuale, da questo punto di vista sono cresciuto rousseauianamente come un “buon selvaggio”. E se avesse avuto ragione Rousseau?

  2. Riccardo, neanche io ho avuto l’educazione sessuale a scuola. Ma neppure c’era YouPorn. Al quale non può essere affidata la costruzione dell’immaginario e dell’identità sessuali, figurarsi sentimentali, dei ragazzini e delle ragazzine. Altro che buoni selvaggi.
    Grazie del bel post.

  3. vado fuori tema(per ignoranza penso).Strano che nessuno abbia sottolineato che il ministro Fornero è la migliore risposta di come si possa essere più affascinanti a 63 anni di quanto lo fossero tutte le giovani che occupavano i dicasteri nella vicenda politica precedente messe insieme(probabilmente perchè il fatto che nonostante sia considerata un luminare nel suo campo stia dando prova di capirne meno della metà di quanto ha giurato di farci credere,sempre che non sappia fingere fin troppo bene)

  4. Per la “scuola primaria” mi interesserebbe sapere di preciso che classi (una “I” è ben diversa da una “V” e cercare un linguaggio adatto è una delle cose su cui si sta lavorando) ….maggiori info? Grazie.

  5. Ho amiche e amici americani e inglesi che hanno fatto corsi di formazione per poter fare educazione sessuale nelle scuole o comunque in strutture varie. in Italia come funziona? esistono dei corsi? si è parlato di psicologi precedentemente, ma per chi non lo è ma comunque lavora con adolescenti, a parte l’esperienza personale, a chi ci si può rivolgere per ricevere una vera e propria formazione?
    mi piacerebbe molto saperne di più!
    Grazie!

  6. il post di oggi mi sembra lo specchio quasi perfetto di quello di ieri, nel senso che lavorando insieme alle bambine e ai bambini piccoli sulla decostruzione di un immaginario imposto e pieno di stereotipi di genere e sulla valorizzazione della capacità di ognun* di immaginare possibilità diverse si pongono vere e preziose basi per affrontare il discorso sulle differenze tra i generi e sul sesso. E se si coinvolgessero le famiglie, tanto meglio, quelle italiane e cattoliche non rappresentano una sfida meno ardua di quelle di diverse etnia e religione. Come si fa in Italia ad entrare in una scuola e proporre un laboratorio che abbia queste finalità? Quali sono le professionalità e la veste legale richiesti? A me pare che le scuole dell’autonomia abbiamo in generale una gestione piuttosto clientelare nell’assegnazione ad esterni delle attività extra-curriculari, anche questo è un problema

  7. Sono Stefania Girelli e vorrei dare una veloce risposta alle domande formulate in alcuni commenti precedenti. Per informazioni più precise potete richiedere il mio indirizzo a Loredana. Per quanto riguarda la scuola primaria il percorso che proponiamo copre l’intero ciclo anche se prevalentemente sono le classi IV e V ad essere coinvolte. Cambiano giochi, parole, tempo impiegato. Per la formazione degli operatori/operatrici ci sono diverse scuole di formazione private che si rifanno a principi e metodologie diversi. Inoltre diverse Asl o Consultori Familiari organizzano per insegnanti e persone interessate corsi di formazione appositi. E per finire le scuole lavorano o attraverso bandi di gara cui posso partecipare associazioni e liberi professionisti, o per chiamata diretta quando l’impegno economico non é superiore ad una certa cifra. Spesso i committenti, almeno nel nostro caso, in realtà sono le associazioni genitori, la scuola come direzione mette a disposizione la scuola!

  8. Mi colpisce la questione fondi, perché la mia esperienza è di una scuola dove è bastato avere il permesso del consiglio di istituto (dopo avere ottenuto l’unanimità dei genitori delle classi coinvolte, cosa niente affatto scontata, né semplice), e poi sono stati presi in considerazione due progetti tra i quali è stata fatta la scelta – pagando tutto di tasca nostra e senza bandi. E invece di un’altra scuola in cui la dirigente dice che anche con i fondi dei genitori devono essere fatti bandi, che però non ha fatto, e così per il secondo anno di seguito è saltato tutto. Per questo ritengo che occorrano pressioni presso i Comuni perché venga indicata con una certa chiarezza l’opportunità di tenere questi corsi, vengano informati i genitori sulle caratteristiche dei corsi e la loro importanza, e venga anche fornita qualche regola chiara per tutti su come favorirne l’organizzazione, onde evitare che le cose prendano la piega più affine alle idee di taluni/e dirigenti e insegnanti (e genitori). Più guardo il materiale di paesi come la Francia, per dirne uno, o le indicazioni dell’OMS al riguardo, e più faccio fatica ad accettare che un aspetto così importante sia lasciato al caso, alla buona volontà o all’ostinazione di pochi/e, e in balìa di troppi ostacoli.
    E sempre sui fondi, capita anche che le ASL li sprechino in altre iniziative, occorre vigilare anche su questo.

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