GLI INVISIBILI PASSANO ATTRAVERSO I MURI

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Lucia è una degli ottantamila a rischio. Lucia è una dei lavoratori dei call center che oggi protestano in tutta italia contro le delocalizzazioni (qui trovate la petizione). Lucia, così come i lavoratori dei fast food, dei grandi magazzini, dei centri commerciali, non rientra fra l’enorme numero di disoccupati ricordato ieri dall’Istat, ma fra gli occupati che devono ringraziare per le briciole che cadono dalla tovaglia, e che sono costretti ad accettare condizioni che annientano dignità e diritti per una manciata di euro al mese.
Lucia è una dei working poor italiani, in aumento continuo (nel 2010 erano il 12,5% della forza lavoro, nel 2011 erano già saliti al 14,3%). Sono gli invisibili: perché non rientrano neanche nella definizione di precari e di giovani, come raccontava mesi fa Elisabetta Ambrosi in questo articolo.  Dunque, non vengono conteggiati nell’immaginario dei diseguali perché, come detto altre volte, nella rincorsa alle dicotomie (bianco/nero, giovane/vecchio, occupato/disoccupato, precario/dipendente) quello che salta è il riconoscimento della diseguaglianza altrui. Per questo siamo fermi. Per questo siamo soli.
Io passo attraverso i muri. Attraverso le villette antiladro controllate dagli allarmi antizingaro, protette da inferriate antinegro con vernice antiruggine dove antipatici padroni antisemiti con crema antirughe fanno antipasti antiallergici in bunker antiatomici. Attraverso le banche videosorvegliate. Attraverso i muri delle caserme, dei manicomi, delle galere. E mi viene da ridere mentre una guardia prova a fermarmi, perché attraverso anche lei con la sua divisa. Lei che si girerà dicendo: – Brigadiere, che facciamo? Questa è stregoneria! E io le risponderò: – No, questa è lotta di classe (Ascanio Celestini).

Un pensiero su “GLI INVISIBILI PASSANO ATTRAVERSO I MURI

  1. adesso verranno a dirti che in fondo per 5 ore e venti,o quattro uno non è che può lamentarsi perché è trattato da schiavo.In fondo una volta terminata la giornata lavorativa può andare a comprarsi le scatolette per la cena e poi mettersi a letto guardare nell’oscurità soffitto della propria camera con gli occhi sbarrati per cercare di ricordare com’era fatta la vita di cui aveva sentito parlare una volta negli echi di un sogno. Oppure con tutti quei bei programmi che ci sono ha sempre la possibilità di stordirsi fino agli incubi che potrebbero ricordarci come in fondo avrebbe potuto andarci peggio guardando la televisione
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