A proposito di immaginario.
Sette e trenta del mattino. Caffè. Quando entro nel bar sotto casa, trovo un uomo di mezza età, intento a discutere animatamente con la barista. Dalle ultime parole, deduco che si sta commentando lo stupro di una ragazza a Roma. Così.
“La colpa è delle donne. Anzi, prima dei genitori che le mandano in giro mezze nude, poi delle donne. Gli uomini, che possono fare? Reagiscono”.
Non mi trattengo, e gli dico di smetterla di dire fesserie di prima mattina.
La risposta?
“Signora mia, lei pensa proprio antico”.
Antico. Altro che pozzi. Qui bisogna trovare sorgenti nuove.
Domenica scorsa a pranzo.
Mio suocero, sempre votato a sinistra, ammesso che voglia dire ancora qualcosa, sfoglia il giornale e commenta le notizie dicendo che Berlusconi gli fa pena perchè tutti ce l’hanno con lui.
Nasce una discussione piuttosto animata e dico che dovrebbe provare piuttosto pena per le ragazze ospiti dei suoi festini. Gli chiedo se sarebbe contento se sua nipote, 17 anni, passasse le sue serate ad Arcore. Perchè è questo che è successo, gli dico.
“Sono loro, le ragazze, che sono poco serie”
Io sono sfinita
Loredana è una disperazione. Ieri il vescovo che strilla contro le istigatrici, oggi il barista. C’è un filo e non so se sia più dannoso il barista o il vescovo. Qui urge si muovano i maschi: io mi arrabbierei molto se qualcuno pensasse di me che non posso evitare la rapina in quanto le vetrine dei gioielli mi provocano. Essere deresponsabillizzati non è sano, non è una rappresentazione corretta e fa torto alle centinaia di uomini che non sono stupratori o molestatori. Noi possiamo dire la solita cosa: giù le mani, se non avete il permesso. Scusa… So sconfortata assai dal dover (è già capitato) ripetere – e le donne si possono vestire come credono senza essere per questo molestate o peggio ecc. ecc. Temo ci tocchi. Non è che da qualche parte si recupera il documentario sul processo per stupro?
Ieri sera, guardando Annozero, mi facevo domande sull’effetto delle interviste alle ragazze, e, visto il contesto in cui ci muoviamo, mi domandavo se non fossero un clamoroso autogol. Poi chiaramente ho pensato: ma quale autogol, il problema è che non c’è quasi nessuno in tv che faccia pubblicamente un discorso serio in proposito. Un discorso chiaro, comprensibile. E intanto vediamo gli effetti che con i nuovi processi di piazza, come è avvenuto su Canale 5 ai tempi del caso di Montalto di Castro, sono riusciti a cancellare completamente ciò che con “Processo per stupro” si era riuscite a raggiungere. Ora vanno in onda zuffe e grida da cui esce una difesa palesemente ipocrita delle ragazze e un dubbio instillato, davvero goccia a goccia, instancabilmente, da anni, che fa crescere il peggio della mentalità.
Poi la Bergamini ieri sera è riuscita a citare il femminismo per arrivare a dire, ovviamente, neanche tanto velatamente, che è solo colpa delle donne e della famiglie.
Ecco qua Processo per stupro:
http://osservarosa.blogspot.com/2007/09/blog-post.html
Due cose.
La prima: porre sul tavolo post manifestazione la necessità di lavorare RADICALMENTE sul problema della misoginia.
La seconda: chi di noi è già in grado di farlo, trovi il modo di interagire con il mondo della scuola, magari aggiungendosi a Lorella Zanardo, prendendo cononoscenza degli strumenti didattici già esistenti per rimuovere gli stereotipi dai testi scolastici, dal linguaggio, insomma: agire.
Agire sapendo che non si arriva ora a questo problema ma che molte soluzioni sono già state indicate dal tanto vituperato femminismo storico. Chiedo scusa per il velo di polemica nelle mie parole, lavorerò per rimuoverlo 🙂
Un paio di considerazioni al volo sul ruolo che gli uomini possono svolgere in questa lotta per un cambio radicale di mentalità.
Il lavoro da fare va in due direzioni: il primo – e forse il più faticoso – è un lavoro su se stessi; ripulirsi di anni e anni di bombardamento simbolico non è facile, e ci vuole anche un po’ fortuna… nella fattispecie, la fortuna di avere a che fare quotidianamente con donne che non te la mandino a dire quando assecondi, in modo più o meno consapevole, una mentalità sessista.
C’è poi il lavoro sui/coi propri consessuati; e qui lottare contro la mentalità sessista è tutt’uno con il rigetto di certo cameratismo da caserma che si instaura, volenti o nolenti, in ogni ambiente (di lavoro, sportivo, ricreativo ecc.) a netta predominanza maschile. Essere la “coscienza critica” del branco non è facile, neppure con persone almeno potenzialmente sensibili a certi temi… la battutaccia omofoba, l’appellativo indecoroso, la strizzatina d’occhio sessista “fanno gruppo”. Non di rado, azzardare una critica equivale ad autoescludersi.
Tuttavia, senza questo lavoro, coadiuvato ovviamente dalla presenza di uno “sguardo da fuori” critico e agguerrito, non c’è speranza alcuna che la questione di genere diventi lo stimolo per un cambiamento in positivo.
goccia a goccia: lunedì tardo pomeriggio, mia figlia – quinta elementare – seduta in cucina fa i compiti di grammatica, esercizio sul libro, completa le seguenti frasi: “la mamma lava il pavimento del…”, mi giro e dico ehi non ti pare che questa frase sia un po’ razzista? Lei mi guarda, sorride, con un tratto di matita cancella “la mamma”, e scrive “il papà lava il pavimento del bagno”. Il figlio grande – seconda media – assiste alla scena, ridacchia e dice “forte!”.
fortunatamente quella ciarliera merda antropomorfa che pontificava a vanvera su un fenomeno criminale non punito abbastanza severamente(personalmente penso che sia meglio venire assassinati che subire uno stupro)rappresenta solo una famigerata minoranza di provocatori che,a cascarci,fanno venire voglia di metterla sul piano personale
Oh, meraviglioso. L’uomo di mezza età che pensa di essere moderno perché ricicla argomenti provenienti dai tempi di Plauto.
D’accordo sostanzialmente con Don Cave, e annoto: il cameratismo funziona con i grandi numeri, purtroppo estirpare l’idiozia dai cervelli è un lavoro che va fatto un’erbaccia alla volta. Ma, a vedere il lato positivo, vuol dire che uno a uno si può spiegare ai maschietti che pensano diverso dalla massa idiota dei maschietti. Un po’ alla volta, e senza mai mollare il colpo.
Sul discorso del cameratismo, della pseudofratellanza orizzontale ci sarebbe molto da dire, e ci sono molte possibilità di fare leva per cambiare le teste. Ma è faticoso, faticoso.
Ho sentito dire cose simili da donne, purtroppo.
Detto questo non è certo la pietà il sentimento che mi provocano le “ragazze di Arcore”, ma forse sono senza cuore io.
Scusate se commento, ma io non metterei sullo stesso piano la ragazza stuprata a Roma e le ragazze delle notti di Arcore.
La prima è una Donna che si è fidata di un uomo(con la minuscola ma sarebbe stato meglio definirlo Animale) a cui non può essere ascritta nessuna colpa, le seconde sono delle signorine di bella presenza consce e ben consapevoli di quello che andavano a fare ad Arcore(fatto deprecabile certamente e non lo giustifico)che usavano il loro corpo senza nessun obbligo, e spinte solo dalla ricerca di denaro, fama etc. etc.
Mi sembra giunto il momento, per TUTTE, non solo per quelle come me della riserva veterofemminista, di imporsi anche culturalmente contro questo modo di pensare la violenza sessuale diffuso principalmente dalla tv…
la piazza romana del 13 febbraio sembrava un preludio, ora bisognerà anche agire, no?
Mi scuso se intervengo di nuovo. Ma un conto è dissentire o esprimere un giudizio sulle “ragazze di Arcore” altro è parlare di stupro. Per quanto possa essere degradante – e per me lo è – emersa in questi giorni, la violenza sessuale è altra partita. Chi lo subisce è solo una vittima, la soggettività è annullata. Una figliola può decidere di dilettarsi col Presidente del consiglio o chi per lui, ma nessuno decide di farsi violentare. Possiamo indagare gli immaginari tuttavia ritengo sia importante tenere distinti i due piani.
sorry – mi è rimasta nella tastiera la parola realtà – da inserire dopo emersa
Oddio, mi viene da pensare una cosa da brivido…
Da una parte mi dico: sarà un troglodita, con Libero sotto il braccio e che ha votato la giunta Alemanno.
Poi un dubbio si insinua: e se fosse invece un uomo qualunque, che non per forza è di destra? Non è questo il pensiero più agghiacciante?
Ruby a Berlusconi: mai andata a letto con qualcuno vecchio come te
Berlusconi a Ruby: neanche io
🙂
Io non ci avevo mai pensato sino a quando ho avuto due figlie. Ma come, non possono scegliere di uscire (s)vestite come vogliono? O solo perché la gonna è minimini vuol dire che ogni uomo ha il diritto di stuprarle? Aberrante!
Magari ci saranno volte in cui non condividerò come le mie figlie si vestiranno, ma lotterò sempre per una società nel quale loro siano libere di vestirsi come vogliono senza dovere temere nulla.
Questa mentalità è estremamente diffusa ed è qualcosa di peggio che una semplice giustificazione: reca in sè i semi della violenza.
In Spagna l’hanno capito bene e, per combattere la violenza, lavorano molto sulla comunicazione, sui pregiudizi e sugli stereotipi.
Se fossi il Ministro delle Pari Opportunità come minimo avrei già dichiarato lo stato d’emergenza per le donne in Italia e attuato una campagna educativa e culturale di massa.
Stefano e Barbara e Don Cave hanno detto quel che c’era da dire, credo.
D’istinto consiglierei a Loredana Lipperini di cambiare bar, quello antico era quel troglodita, non certo lei..purtroppo questa mentalità è abbastanza diffusa tra gli esponenti del mio genere (non di quelli che conosco personalmente, per fortuna) e temo lo sia sempre stata, internet in particolare gli ha solo dato visibilità: non avete idea di quanti siti anti-femministi e “mascolinisti” (così si fanno chiamare) ci siano, che propagandano idee molto simili a quelle dell’avventore del bar..mi sono scontrato con molti di loro sul web e sono veramente aggressivi
@Don Cave
credo tu abbia inquadrato molto bene il problema e di averlo fatto dal punto di vista giusto, quello maschile in grado di dialogare con quello femminile. Questo è l’obiettivo al quale dobbiamo lavorare insieme, finalmente. Ed è un obiettivo che contiene interamente la prospettiva di considerare il sessismo – io dico la misoginia che è un sentimento, mentre il sessimo è la pratica che ne consegue, così come la violenza ne consegue, Barbara – , appunto una pratica incivile che sottende anche il giudizio sulle “ragazze di Arcore”. Ecco, io la smetterei anche di usare questo linguaggio, per esempio, che non ci aiuta a inquadrare non solo il problema ma anche le soluzioni da adottare, che sono di tipo educativo e che sono da rivolgere non solo ai ragazzi ma anche agli adulti imbarbariti dalla “cultura” veicolata dai media. Cominciamo a chiamare le cose con il loro nome, senza infingimenti, come atto rivoluzionario, appunto.
Che si fa? Si mettono a punto progetti, si realizzano, si interviene in rete con professionalità contribuendo anche così a bonificare atteggiamenti e linguaggi pervertiti da un uso non casuale ma finalizzato a ripristinare un clima e un tenore etico del quale proviamo anche vergogna, come ci avverte un bellissimo articolo di Sabina Ambrogi appena pubblicato nel sito di Lorella Zanardo. Ci si mette in relazione proficua e si smette di considerare gli antagonismi come l’unica modalità per sentirsi esistere e non, un terreno di confronto produttivo fuori dalla pratica e dannosa del discredito.
Mi unisco a coloro (Barbara e Mauison) che credono che una distinzione sia necessaria: un conto è la faccenda dello stupro di cui il commento del tizio citato da Loredana è del tutto inqualificabile. Altra cosa è la questione delle ragazze di Arcore. Le due situazioni si pongono su piani molto diversi e non confrontabili. Nel primo c’è una costrizione e una violenza fisica e psicologica. Nel secondo no. E la libertà della seconda situazione fa sì che sia moralmente esecrabile sia chi compra che chi vende. Non è questione di maschi o di femmine. In questo caso dunque da condannare è innanzitutto il sistema di valori che fa’ si che le donne pensino sia meglio darla e avere tutto e subito, che non darla e sudare per avere qualcosa forse tra vent’anni. Con uno stupro non c’entra proprio niente.
Donatella non condivido. Detesto il sessismo ma non tutti i sessisti diventano stupratori. E’ lo sguardo del sessista sullo stupro quello che ha raccontato Loredana. E’ uno sguardo odioso e ributtante, che circola e inquina ma non è da lì che viene lo stupro. Bisogna essere cauti – a mio modesto avviso – nei troppo semplici nesso causa-effetto. Come ovvio, il giudizio sulla donna stuprata che se l’è andata a cercare è una violenza anche quella ma di altra natura. Lì si può lavorare sull’immaginario, sulla comunicazione, sul riassettamento delle categorie. Il giudizio sui comportamenti delle cosiddette ragazze di Arcore credano possano declinarsi anche con linguaggi non sessisti. Io, per esempio, non condivido quelle scelte ne riconosco la soggettività ma posso prenderne le distanze. Anzi lo faccio.
Alla base dei fenomeni di cui parliamo vi è sempre un atteggiamento culturale violento, contro le donne, a prescindere dal consenso che le donne danno, essendo, tale consenso, impregnato culturalmente della stessa considerazione che si ha delle donne o che le donne hanno di se stesse. Fingere che non sia così non ci aiuta, anzi, ci fa perdere tempo, quello necessario a capire di cosa parliamo e quali soluzioni mettere in campo.
Mi sembra ovio che chi dice cose del tipo “se la gonna è mini l’uomo è autorizzato a far ciò vuole” ha da controllare i meccanismi logici del proprio cervello. Non merita i nostri commenti. Tengo a precisare che esistono tanti uomini (a prescindere da destra e sinistra) che hanno un rispetto infinito delle donne e che anzi le venerano
E aggiungo: chiaro che le soluzioni concrete devo esssere specifiche, ma come abbiamo già sperimentato, la violenza contro le donne è aumentata anche perché si è smesso di lavorare alla costruzione di una cultura del rispetto verso il sesso femminile. Ad esempio i centri antiviolenza, che si preoccupano di fornire percorsi di autoconsapvolezza per fondare l’uscita dalla violenza, hanno visto tagliati i finanziamenti che li tenevano in vita. Poi, è chiaro, non ci si avventura improvvisando e non si improvvisa, su questo ptoblema solo se si ha presente che la protezione sociale non è sufficiente a garantire la scomparsa del fenomeno se non si lavora alle sue radici culturali e non lo si fa in un orizzonte valorizzante della soggettività femminile. Intendo dire che non sono sufficienti le buone intenzioni dei servizi sociali e nemmeno quelle degli psicologi non informati della pratica di relazione tra donne, a garantire una uscita reale dal problema. Lo stupro non è una pratica meramente materiale e indegna solo sotto il profilo morale, così come l’uso di donne per allietare i propri festini non è una pratica dettata dal caso ma da una concezione delle sesso femminile molto abietta.
@donatella: sono d’accordo. Pur con i dovuti distinguo, la percezione della donna oggetto che giustifica lo sfogo/reazione che genera violenza alla vista della sua immagine osè è legata alla percezione della donna oggetto sessuale di scambio sedimentato anche nelle teste delle stesse donne. Non di tutte, ma come abbiamo visto di una parte preoccupante.
@Giorgia, parli di un problema serio. C’è una responsabilità soggettiva, infatti, che va considerata in relazione al ruolo che si svolge nel fenomeno: credo sia maggiore quella di chi alimenta con molti mezzi il suo prodursi, ma insisto, non è chiamandole “ragazze” che ci avviciniamo alle loro coscienze e, soprattutto, che incidiamo sulla possibilità di estinguere del problema. Perché è un problema legato a una falsa idea di libertà.
“Tengo a precisare che esistono tanti uomini (a prescindere da destra e sinistra) che hanno un rispetto infinito delle donne e che anzi le venerano”
corpo10
Anche la venerazione è pericolosa secondo me. Per secoli le donne, nella nostra cultura, sono state venerate (la santa, la madre, la sacerdotessa, la donna-angelo stilnovista) o disprezzate e temute (la strega, la puttana), ma mai rispettate come esseri umani pari agli uomini. Io penso, e l’ho detto tante volte, che tutto sta nell’insegnare il rispetto per ogni donna a prescindere da come si racconta col corpo.
Loredana, essì c’è parecchio da fare sui maschi e sul maschile.
Ma dobbiamo anche arrenderci ad un dato, secondo me: certi bisogna solo aspettare che trapassino. Nostro compito sarà rimpiazzarli con persone meno ottuse.
@Paolo, grazie.
A uomini come il tizio del bar a questo punto bisognerebbe chiedere: ma lei quante donne ha stuprato?in vita sua? Oh, nessuna, ma veramente? Ma allora a lei mai l’ha attizzata una donna, manco una di quelle sbarbe in minigonna? Ma allora lei l’uccello ce l’ha solo per pisciare o cosa? Ah, ecco, lei mi dice che esiste una cosa che si chiama civiltà, autocontrollo. Allora forse vogliamo dire che uno stupratore, che è un delinquente, un malato di mente, è tutt’altro tipo di persona da lei. Bene, vedo che siamo d’accordo sulla questione di base”. Forse a quel punto capiva il nesso (a meno che per pura sfiga non lo vai a chiedere allo stupratore seriale, ma vabbé).
E si, le ragazzette di Arcore mi fano pena come mi fanno pena tutte le donne stuprate, tutte le ragazzine molestate, tutte le persone mobbizzate e persino quei ragazzini coglioni che a 13 anni stuprano le compagne di scuola o i disabili e mettono i filmini su facebook. È ovvio che mi fanno pena in misure diverse e per motivi radicalmente diversi fra loro, ma anche qui, sulla questione di base, io provo una gran pena. be bisognerebbe partire da questo forse.
Purtroppo mi sento di condividere la frase di Ekerot…certi non ce la faranno mai. L’importante è lavorare per far sì che la loro voce diventi sempre più piccola, patetica e isolata.
Per quanto riguarda gli altri, sono d’accordo con barbara e con Don Cave, devono muoversi i maschi. E’ una cosa difficile e faticosa, perchè li obbliga a fare i conti con la loro identità (operazione già di per sé titanica) e ad accettare di mettere in discussione lo stesso sistema economico in cui viviamo. Perché è evidente, se si riuscisse mai a sconfiggere il sessismo e a rendere egemone un nuovo tipo di relazione tra i generi, cambierebbe tutto. Niente più donne sessantenni che badano a nipoti, genitori, figli ultratrentenni e mariti, niente più lavoratrici che, tornate a casa, sgobbano per altre due ore per tenere in piedi la baracca (avete presenti le statistiche sul tempo libero?), niente più impiegate sottopagate di cui il padrone può liberarsi non appena rimangono incinte.
Occorre lavorare nelle scuole, negli strumenti per produrre immaginario, ma anche per strada e al bar. Non farne passare nemmeno una.
Convengo che non si possa associare lo stupro alle donnine di Arcore, ma vorrei sottolineare che le due cose nascono dalla stessa concezione della donna.L’uomo che aggredisce la donna per strada, la pensa proprio come il potente attorniato da belle fanciulle, le donne sono un oggetto, ed escludendo la mamma, sono buone solo per quella cosa lì. Alcuni uomini l’hanno sempre pensata e continueranno a pensarla così. Almeno finché ci saranno donne disposte a cedere la propria dignità per soldi, fama e potere
Alla faccia, il signore in questione ragiona come negli anni più bui del Medioevo e quella che pensa all’antica saresti tu? Bah. Il bello è che ho affrontato una discussione sull’argomento – molto accesa – con un’amica tempo fa: sosteneva che le ragazze “che mettono la minigonna” si vanno a cercare lo stupro. Mi sarei strappata volentieri i capelli.
Mi riallaccio al commento di Giorgia, che mi trova d’accordo, e posto qui un paio di brani dal libro di una storica, Joanna Bourke, intitolato “Stupro”. Spero possano contribuire alla discussione.
–
“Lo stupro è una crisi della virilità: riuscire a estirparlo è un problema che riguarda gli uomini, affinché si possa creare un concetto radicalmente differente di attivismo e virilità. Benché sia facile trovare donne che commettono aggressioni sessuali (e il numero pare in aumento), lo stupro resta fondamentalmente un problema associato con le virilità umiliate. … Non si tratta di un ritorno alle semplicistiche accuse contro “gli uomini”. Torno a ripetere: l’aggressione sessuale non è innata nell’identità del maschio. I teorici dell’istinto e gli psicologi evoluzionisti non sono riusciti a convincermi che c’è qualcosa di “naturale” nella violenza degli uomini. … I teorici sociali e le femministe espongono in maniera molto più convincente le innumerevoli forme in cui le pressioni dell’ambiente e le strutture ideologiche contribuiscono a creare uomini che abusano di altri esseri umani. Queste forze culturali imprimono o “impongono” sugli uomini una concezione violenta e aggressiva della virilità. Ben più importante, forniscono una storia dominante dalla quale gli uomini, in atti di creazione del proprio sé, attingono le giustificazioni per la violenza sessuale e la colpa che a essa si accompagna. Studi antropologici confermano ulteriormente questa posizione “sociale costruttivista”, dimostrando che in alcune società la percentuale di stupri è molto bassa. Tra i più famosi, lo studio condotto da Peggy Reeves Sanday sulle società esenti dallo stupro rivela che i discorsi favorevoli allo stupro non sono presenti in tutte le società. ….. Ignorare l’esistenza di queste società in cui le violenze sessuali sono rare vuol dire naturalizzare lo stupro com’è praticato e vissuto in Occidente. Questo processo che tende a “normalizzare” lo stupro non si basa soltanto su una angusta interpretazione occidentale dell’umanità; si fonde anche con un equivoco profondamente ostile di virilità e con una nozione distorta del desiderio maschile.” (Bourke, pp.495-496)
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“Quando ci volgiamo al passato, a volte tutto quello che ci resta è la
violenza della retorica. Ma, torno a ripetere, questa retorica può essere
tenuta a bada, descritta come storicamente contingente e mutevole. Il mondo delle storie e della retorica non è statico: possiamo immaginare e mettere in pratica nuovi modi di vedere, di parlare, di essere. Come spiegò un critico letterario, possiamo partire
“da ciò che sembra naturale, ovvio, lampante o universale in modo da
dimostrare che queste cose hanno la loro storia, le loro ragioni per essere come sono, delle ripercussioni su ciò che ne consegue e che il punto di partenza non è un dato (naturale) ma un costrutto (culturale), che di solito non vede se stesso.”
In altre parole, le storie e i riti coinvolti nel tentativo di ridurre un’altra
persona a un corpo indifferenziato, un corpo-nel-dolore, sono inserite in
pratiche tediose, in conoscenze quotidiane. Se la categoria dello stupratore viene demistificata, la violenza sessuale non sembrerà più inevitabile.” (500-501)
Qui una recensione al libro.
http://www.storicamente.org/03_biblioteca/schede/bourke.html
Dissento appena da rossan: il probelma non è smettere di cedere la propria dignità per soldi e favori. Da sempre c’è chi si mette di buon grado a disposizone del potente di turno: donne e uomini. La differenza è che mentre al maschio in genere è richiesto di piegare a vantaggio del potente le proprie competenze – che so, legali, politiche, manageriali ecc. – alle donne per lo più è richiesto qualcosa legato al proprio corpo. Vorrei un mondo dove anche una donna potesse svendere la propria dignità inventando uno schifoso lodo pro-premier, dove a sculettare seducenti nella villa del medesimo fossero anche giovani e piacenti maschietti. (E dove ovviamente gli elettori smettessero di votare per un premier siffatto).
OGGI HO SCRITTO QUESTA NOTA PER AMICHE E “AMICI”
Il 13 febbraio stata scoperchiata la pentola, e qualcuno si deve scottare.
E’ stata una liberazione, un punto di non ritorno, 30 anni di repressione, di soffocamento, di costrizione, la misura era colma.
Era il 1978, guardavo poca televisione, ero una ventenne che usciva per stare con gli amici, frequentare cine-club, teatri, dibattiti, esposizioni, avevo un futuro radioso davanti, un mondo nuovo mi sorrideva.
Avevo un ragazzo un po’ opaco e silente, che si lasciava travolgere dal mio turbinio di femmina festante.
Una sera capito a casa sua, per scuoterlo dal suo torpore, ammosciato sul divano, guardava ipnoticamente un programma di una nascente TV privata, Italia 1 mi pare, incuriosita presto attenzione: comici caserecci, donnine formose e discinte, scenografie da dopo lavoro.
Non mi sono scandalizzata né arrabbiata, ma scioccata, ammutolita, schiacciata da un macigno caduto all’improvviso. Non pensavo nell’idealismo assoluto dei miei vent’anni, che esistesse questo mondo parallelo, non avevo valutato l’eventualità di una controrivoluzione ed essa era già in atto, si insinuava subdolamente fra i perdenti e gli emarginati della cultura allora dominante, fra quelli che erano rimasti fermi a prima di quel decennio.
C’era dunque una zona grigia, un uomo qualunque e soprattutto un “maschio qualunque”. La nuova televisione lo corteggiava, lo rincuorava, gli sparava lustrini negli occhi, lo cullava fra morbide tette, gli offriva chiappe compiacenti.
D’allora, abbiamo dovuto appendere gli zoccoletti al chiodo, rimetterci reggiseni sempre più costrittivi, avvilupparci in gonne a tubo, traballare su tacchi alti. Altre volte ci siamo travestite con giacca, camicia e pantaloni, maschera da yuppie, abbiamo recitato con dolore la parte del competitore maschile, soffocato la sensibilità femminile, ci hanno imposto la durezza e persino la rinuncia alla maternità in nome della carriera. Ma carriera non c’è stata anzi massima schiavitù, rinuncia alla propria identità in cambio di marginalità sul lavoro.
Abbiamo subito orari discriminanti sul lavoro e in politica, molestie e ricatti sessuali, calendari da camionisti, torture da stilisti gay ma maschilisti, ci hanno talmente odiate da siringarci col silicone con la tossina botulinica, da attaccarci dei pezzi di ricambio come alle loro autovetture, sovra-esposte e svendute.
Ora come quel giorno del 78, non sono arrabbiata, sono confusa e attonita, come rivedessi la luce dopo aver vissuto trent’anni in una caverna.
Non cerco vendetta, non odio i maschi, ma le scuse almeno le vorrei, soprattutto dai nostri compagni, che si sono lasciati andare ai nuovi tempi, ipocriti e intimamente soddisfatti.
Venite pure con noi in piazza ma ricordatevi:
ANCHE SE VOI VI CREDETE ASSOLTI, SIETE LO STESSO COINVOLTI
X Marina: che l’identità di una donna coincida con la maternità non ne sono certo, ma non devo dirlo io..certo il ricatto o figli o carriera è ingiusto ed è ingiusto che lo subiscano solo le donne. non mi convince neanche la storia della “maschera di durezza” come se le donne fossero naturalmente più dolci…mi sembra di risentire Vecchioni che canta della donna manager “stronza come un uomo, sola come un uomo”..io penso che quanto a dolcezza e durezza uomini e donne abbiano lo stesso potenziale solo che per secoli sono stati educati in maniera diversa.
Ma gli uomini degli anni ’80, lo chiedo a chi era adulto in quegli anni, erano davvero tutti entusiasti di fare gli yuppie? Io penso a un film come Wall Street di Oliver Stone, non mi pare che Gordon Gekko fosse dipinto come un uomo felice e sereno con tutti i soldi che faceva e come li faceva
purtroppo siamo prigionieri di un pregiudizio.Quando per esempio si insinua che le tesi obbrobriose vomitate da qualcuno siano il sintomo di un problema mentale subito si viene tacciati di voler spedire in manicomio la gente come ai tempi di Stalin o come puntualmente avveniva in Italia prima della meravigliosa,o quasi,legge Basaglia.Io penso che dovremmo essere abbastanza maturi da sostenere nel contempo che i presidi psichiatrici che esistevano prima della legge suddetta fossero mostruosi senza nasconderci,come la cronaca nera ci racconta tutti i giorni,il fatto che i disagi psichici che possano arrecare danno alla società e ai singoli appartenenti alla stessa sono così diffusi da ingenerare un perverso meccanismo che permette a comportamenti patologici e singole insane ossessioni di essere confusi in un quadro di normalità.Trovare giustificazioni a uno stupro,per esempio,è un pensiero che evidenzia una malattia.”Che fare?”
ieri ad annozero interviste ad un paio di ragazze che hanno partecipato alle feste ad Arcore con le solite “Se mi chiama ci rivado”. “Mia mamma era contenta”. “Non c’è nulla di male” “Così fan tutte” ecc. E poi via copn immagini delle feste in discoteca a Milano a base di silicone, vacuità, nulla cosmico. Ed io e la mia compagna insieme “Ste puttane del cazzo (e Berlusconi ovviamente porco”!!!!”
Vabbè sarò diventato maschilista, fascista…
@schizzo che così fan tutte non è vero, ovviamente e “Ste puttane del cazzo” era proprio ciò che il servizio mirava a farti pensare..e poi certo anche “Berlusconi porco” ma solo in secondo luogo.
Poi secondo me sono cose che si dicono, ma se Berlusca avesse davvero chiesto loro un “bunga bunga” si sarebbero rifiutate..sarò ottimista, ma la vedo così. Piuttosto ieri sera da Santoro, mi è piaciuta molto Ambra Angiolini, ha confermato di essere una splendida persona, ma lo sapevo già.
“«Ottocento. Da Senso a Sissi: la città delle donne». Titolo perfetto per questa edizione 2011 del Carnevale di Venezia che rende omaggio ai 150 anni dell’Unità d’Italia e che chiude martedì grasso, 8 marzo, festa della donne. Le suggestioni evocate dalle eroine tardo ottocentesche, la principessa Sissi e Livia Serpieri, protagonista della pellicola viscontiana «Senso», trasformeranno Piazza San Marco e tutta l’area marciana in un grande Foyer di teatro, con tutti gli operatori rigorosamente in costrume ottocentesco per far entrare il pubblico in una specie di fiaba.”
(Da ilsole24ore.com )
Contente? *-°
Sul giornale le foto di alcune sessantenni alla manifestazione di domenica scorsa con un cartello “Io non sono in vendita”. Il commento “Eh ci credo, chi ti compra, gallina vecchia!” e giù risate…
@MissMartinaB: grazie dell’informazione. In due righe hai riassunto perfettamente il retroterra culturale nel quale ci ritroviamo a vivere. Una società senza rispetto per il genere femminile che produce mostri.
Un amico mi ha inviato questo. Sono piacevolemente stupito, devo dire.
http://www.youtube.com/watch?v=xo_TvXotEEs&feature=player_embedded
Lui invece è modernissimo. Dire a uno che è antico è come spostare il discorso dal torto vs ragione a vecchio vs nuovo. Dove vecchio è da identificarsi col torto e il nuovo colla ragione, in automatico. Ma questo non è assioma ma ideologia consumistica (o almeno positivista) secondo cui nuovo è meglio (o più prosaicamente va scelto perchè è ancora da consumare). In altri periodi storici a beneficiare di questa confusione e del principio della ragione automatica in base a diritti cronologici era invece il vecchio. Pensiamo a quando si diceva “il buon vecchio…”. O anche alla mentalità latina, per cui novus aveva la sfumatura di “recente”, “di valore non provato”, “parvenue”, etc.
In realtà è uno stratagemma per evitare di difendere le proprie parole e farle divendere d’ufficio da una sorta di pensiero unico.
A parte che rende vulnerabili a paradossi: una tendenza recente ma ripescata (come quella, peraltro, di dare la colpa alle donne) è in torto perchè vecchia o ha ragione perchè s’è rifatta la verginità d’idea nuova grazie alla scarsa memoria dei più?
@paolo e tutti: ovviamente per ogni cosa c’è misura, non confondiamo per forza i contenuti.
Altro esempio: ieri sera, ristorante, tavolata di uomini e tavolata di donne. le due tavolate non si conoscono. i 7 uomini dicono unanimemente che un vecchio di 75 anni non può andare con delle minorenni (figurarsi un presidente del consiglio). le 4 donne discutono animatamente perché due di loro sostengono che in casa propria con i soldi propri ognuno è libero di fare ciò che vuole.
sbigottimento generale.
Un bel colpo d’ala, qui.
http://www.marcomancassola.com/marco_mancassola_a_nord/2011/02/tutto-il-resto-scivola-via.html
Ci sarebbero due o tre luoghi comuni da sfatare sullo stupro, prima di tutto.
Il primo, è che lo stupro abbia qualcosa a che fare con il sesso, mentre è una semplice prepotenza fatta tramite l’imposizione sessuale – ma lo scopo non è fare sesso, è fare una prepotenza a qualcuno.
Il secondo è la balzana teoria che le donne vengono stuiprate in modo adeguato all’abbigliamento – che è una balla: le ragazzine “mezze nude” sono una percentuale minima degli stupri, e prob. se quel giorno avessero deciso di vestire all’esquimese sarebbero state stuprate ugualmente.
Anzi, sarebbe interessante avere dei dati *precisi* sulla percentuale delle “provocatrici”. Ce ricevono, magari, assai maggior sollecitazioni delle sessantenni che tornano a casa dal lavoro, ma non vengono stuprate più di loro, appunto perché lo stupro c’entra ben poco col sesso.
Il problema di certi argomenti – forse di molti di più di quelli che siamo indotti a credere è che a seconda dei contesti in cui se ne parla sono diverse le cose da dire. Lo stupro ha in comune con le forme di prevaricazione sulle donne il linguaggio collettivo in cui la distorsione mentale trova un buon tramite per esprimersi e in alcuni contesti culturali un incoraggiamento. Lo stupro è un acting, ma mentre certe culture offrono linguaggi e reti che indirizzano le persone a non attuarlo, altri contesti – come quello mentale che abita l’interlocutore di Loredana, lo incoraggiano perchè sotterraneamente lo fanno combaciare con un valore. A parità di indubbio malessere psicologico – perchè il maschilista medio ama le donne ed è sano, anche se le tratta in un modo che non condividiamo – chi vive in un certo posto farà delle cose che in un altro non farebbe. (Che però non vuol dire che non farebbe altre cose, altrettanto pessime – anche se noi idealmente abbiamo il dovere di pensare a un mondo che perde sempre il male. Ma insomma se uno non fa cazzate di qua, la cosa più probabile è che le faccia di la).
Allora a me sembra fondamentale in un contesto per esempio sociologico dire: la cultura maschilista produce una serie di effetti perchè di questi è il denominatore unico di linguaggio e di pensiero. In un contesto psicologico invece assolutamente no perchè dal punto di vista degli psicologi la differenza è abissale di mezzo c’è un mare di intenzioni e di patologia – perchè chi stupra, oppure chi ammazza per gelosia cerca la morte di se per mezzo dell’altro. e se dite a una ragazza stuprata una ragazza invasa da questa morte virale, a cui si è cercato di uccidere la vita del sesso che una fpacca sul culo o le altre forme di discriminazione di genere sono identiche o sullo stesso piano quella si sentirà profondamente offesa e non capita. Tradita e abbandonata per una battaglia. Così alla fine sui media preferisco sempre articoli circostanziati che restituiscano i diversi registri del problema, i diversi piani e le diverse angolazioni. Muovono di meno le masse, disinnescano certe forze, ma non fanno muovere passi falsi.