GRETA E IL MALLEUS MALEFICARUM

“Cos’altro è una donna se non una rivale dell’amicizia […] un male della natura, imbellettato con colori attraenti!” Malleus Maleficarum
Duri a morire i pregiudizi, vero? In queste ore leggevo qua e là i commenti sul discorso di Greta Thunberg: anzi, non sul suo discorso, ma sul suo tono di voce, sulle sue lacrime, sull’espressione del suo viso. E ancora: sulla sua età, sul complottissimo di cui sarebbe portatrice, sul suo essere logo di se stessa. Ma soprattutto: come puoi fidarti di una che parla così, scrivevano qua e là maschi adulti e turbati, in molti casi gli stessi che si turbano per il libro dell’influencer di cui si parlava ieri (e che magari difendevano il memoir di Fabrizio Corona in quanto documento letterario di redenzione: il Nord non dimentica, io neppure).
Non voglio buttarla sul facile: ma la parola “isterica” sobbolle in gola a molti, anche se, grazie al cielo, forse c’è un po’ di pudore in più nel pronunciarla. Molti dei miei amabili e colti contatti preferiscono “disturbata”.
Pazienza, ci vorrà tempo. Nel mentre, un dono per i cari odiatori, e anche per gli altri: un frammento di “Lizzie” di Shirley Jackson, laddove la parola isterica viene pronunciata, e dove Jackson, nel prosieguo, fa giustizia da par suo di tutti i pregiudizi sulle isteriche di ogni tempo.
“Con tutto ciò, non ebbi molta voglia di fare battute ironiche la prima volta che vidi Miss R., povera ragazza. Ryan le aveva fissato un appuntamento e, a dir la verità, sulle prime non mi sentii molto bendisposto nei suoi confronti; mi sembrò un po’ cupa, forse. Le giovani donne col pallino per l’«analisi del carattere» o la «lettura del futuro» l’avrebbero forse considerata timida.
Incolore, fu la parola che mi venne in mente quando la guardai. Aveva i capelli castani, raccolti ordinatamente sulla nuca e fermati con robusti pettinini o forse un nastro; gli occhi erano marroni, le mani lunghe e aggraziate e quiete; stando seduta non giocherellava con i guanti o la borsetta come fanno quelle signore nervose; nel complesso, se mi è consentito un termine caduto tristemente in disuso, giudicai Miss R. una vera gentildonna.
L’abito era adatto alla sua età e alla sua posizione sociale; era di panno scuro, di buona fattura e niente affatto alla moda, forse addirittura – anche se ricordo che mi piacque – un filo troppo puritano. La voce era bassa e piana; e mi parve che la giovane possedesse un certo grado d’istruzione. Non ricordo di averla mai sentita ridere di gusto, anche se quando arrivammo a conoscerci meglio sorrideva di frequente.
I sintomi di Miss R. – vertigini, saltuaria abulia, momenti di smemoratezza, panico, paure e fragilità che danneggiavano la sua efficienza sul lavoro, svogliatezza, insonnia – erano indicazioni di uno stato di forte nervosismo, e forse di una natura isterica”.

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