GUARDARE LA LUNA, E ANCHE IL DITO

Non è questione di indicare la luna e di guardare il dito. E’ che dito e luna, come direbbe Alejandro Jodorowsky, appartengono a due mondi diversi. In questo caso, allo stesso mondo, guardato da due diversi punti di vista. Non è una storia zen, è una storia di informazione, di media e di spiazzamenti.
I fatti, per cominciare. Venerdì scorso tutti i quotidiani riportano la notizia della sentenza della Corte di Cassazione. Le prime tre righe della notizia sono: “nei procedimenti per violenza sessuale di gruppo, il giudice non è più obbligato a disporre o a mantenere la custodia in carcere dell’indagato, ma può applicare misure cautelari alternative”.
Sempre venerdì pomeriggio, interviene a Fahrenheit Barbara Spinelli, che spiega con chiarezza come vada interpretata quella sentenza (in parole davvero povere – le mie, in questo caso – rimanda al giudice la decisione). Nel frattempo, però, sui social network, Facebook in primo luogo, dilaga il passaparola: a protestare sono gruppi di donne e organizzazioni femministe, e anche singole e singoli. Di bacheca in bacheca, la notizia si ingigantisce e si arriva a parlare di  stupro depenalizzato e fioriscono avatar listati a lutto per la messa in libertà dei violentatori.
Ebbene. Nei due post più linkati nelle ore successive, quello di Federica Sgaggio e quello di julienews, si rettifica la notizia così come aveva fatto Barbara Spinelli. Ma mentre Barbara ha giustamente ricordato che questo non solo non diminuisce di un’oncia la gravità della situazione italiana per quanto riguarda stupro e violenza (la conseguenza è che la battaglia, tutta culturale, deve riguardare quei giudici che sono chiamati a decidere), da quei due post (e da molti altri) si ricava la sensazione – più o meno esplicita – che  a essere messe sotto accusa siano soprattutto le donne. Coloro che hanno male interpretato la notizia nei loro comunicati ufficiali (Se Non Ora Quando), le singole ragazze e non che hanno protestato nei loro profili.
Dunque: a essere in difetto non sono gli organi di informazione che hanno come proprio dovere e ragion d’essere la correttezza della medesima, bensì i lettori e le lettrici che non sono capaci di approfondire le notizie fornite e informarsi a loro volta, divenendo essi stessi generatori di informazione. E’, grossomodo, lo stesso atteggiamento del sindaco Alemanno che a fronte dell’assenza di contromisure alla neve caduta venerdì, accusava i romani di non aver messo le catene.
Ed è un vero peccato. Perché, semmai, la reazione viscerale delle donne  è il segnale di un’esasperazione che si deve alla disattenzione di chi (politica e informazione, di nuovo) ha cavalcato le istanze del movimento per poi disinteressarsene quando si deve passare ad altro. Perché, come ha ricordato la relatrice Onu Rashida Manjoo durante la sua visita in Italia, non c’è nulla che sia migliorato dal punto di vista della violenza, e tuttora su questo tema le donne sono condannate all’invisibilità.
Invisibilità. La pronta reazione contro le sciocche che guardavano il dito sembra mettere in secondo piano tutto questo. Trascura che esiste un silenzio maschile (come ha sottolineato subito Lorella Zanardo, come scrive Giovanna Cosenza, come ha denunciato Femminismo a Sud) che dura da troppo tempo: silenzio sulla propria cultura, sugli stereotipi in cui si è cresciuti, sui modelli che vengono proposti. Dopo l’intervento di Barbara Spinelli in trasmissione ho sollecitato una risposta da parte degli ascoltatori maschi. Ho ricevuto, con due sole eccezioni, messaggi contro le madri degli stupratori e contro le “streghe” con cui gli stupratori medesimi erano costretti a convivere, tre sms consecutivi di padri separati che protestavano perché dovevano mantenere l’ex moglie e i figli, uno che ricordava come i medesimi siano costretti al suicidio (il giorno dopo, un padre separato ha ucciso il proprio bambino di pochi mesi, gettandolo nel Tevere), e una perla finale da un avvocato del Tribunale del riesame di Napoli che consigliava a Barbara di “rileggersi la CaZZazione” (sic).
E’ facile prendersela con le  associazioni che hanno invitato a protestare sui social media: non costa nulla e ci sarà sempre qualcuno prontissimo a rilanciare i link per dimostrare che le donne sono disinformate e isteriche. Difficilissimo è chiedere informazione corretta a chi è preposto a fornirla. Ancor più difficile chiedere, per il bene delle donne e degli uomini, che questi ultimi comincino ad affrontare i simboli culturali che vogliono farne dei mostri, dei predatori, o degli assassini. E a volte ci riescono.

93 pensieri su “GUARDARE LA LUNA, E ANCHE IL DITO

  1. Sto dicendo moltissimo invece. Sto dicendo che gli uomini devono sondare bene i loro impulsi e smetterla di dare la colpa del loro non voler diventare adulti alla madre. Quand’anche la madre trattenesse lo sviluppo, che significa diventare autonomi, adulti e non ricorrere all’impulso di morte, inflitto a donne e bambini e deboli? Perché non si riesce a concepire la relazione priva di aggressività? perché dell’aggressività si vede solo la deriva vilenta, divoratrice dell’altro? perché non si guarda all’aggressività come a un strumento della pesrsonalità che è possibile controllare, dirigere? E cosa c’è nell’urlo “io sono dio” di quel disgraziato che ha buttato il figlio nel fiume? Per me dire qualcosa significa porre domande, anche se in quanto donna mi riguardano ben poco.

  2. “Perché non si riesce a concepire la relazione priva di aggressività?”
    E in quanto donna ti riguarda ben poco?
    Tu pensi veramente che questa domanda se la debbano porre solo i maschi? Di bullismo o stalking femminile ne hai mai sentito parlare?
    Mi sa che siamo fermi ai santini del gentil sesso, altro che profondità.

  3. Prima di aprire il commentario per leggere il commento di Binaghi (è l’atteso rientro su Lipperatura, un imperdibile cult), ho fatto una scommessa con me stesso: userà come sempre la fallacia del ‘tu quoque’.
    Puntuale come un orologio svizzero a cucù, Binaghi ha usato la fallacia del ‘tu quoque’ 😀

  4. Che dal mio post si ricavi «l’impressione che a essere messe sotto accusa siano soprattutto le donne» è un’offesa gratuita.
    Tra l’altro, stavo facendo ciò che vengo «accusata» di non aver fatto: ho esattamente detto che «a essere in difetto sono gli organi di informazione che hanno come proprio dovere e ragion d’essere la correttezza della medesima».
    Non ho, né avrò, altro da dire. Se non forse, ecco, che il post l’ho scritto di mattina, e non ho sentito, nel pomeriggio, Barbara Spinelli. Me ne dolgo.

  5. Infatti non gli si risponde, Andrea. E’ insopportabile che si voglia bloccare in quel maledetto punto una discussione tanto drammatica. Si rinuncia, tanto a che vale se lì in agguato c’è chi ti vuole delegittimare a priori? Chi, due righe dopo ti dice: anche le donne stuprano? Non vale proprio la pena. L’avrà anche vinta, ma per me se la può tenere stretta. Mi dispiace per gli altri e per i punti cruciali raggiunti ma io così non ci sto. Se non vengono bannati questi soggetti, io non ci sto.

  6. Ecco: IL GURU DI SAN LORENZO, ACCUSATO DI AVER STUPRATO DUE BAMBINE, E’ LIBERO.RISCHIO PRESCRIZIONE E IMPUNITA’ PER UN UOMO ACCUSATO DI AVER STUPRATO DUE RAGAZZINE DI 10 E 12 ANNI.
    CONFERENZA STAMPA MERCOLEDI’
    8 FEBBRAIO ore 11,30
    CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE
    Via della Lungara, 19 Roma

  7. Federica Sgaggio, prescindendo dal fatto che io ho citato due blog, e prescindendo che, semmai, è profondamente offensivo il titolo “il monopolio del femminismo” (ma quale? ma chi? ma di cosa stiamo parlando?) che hai dato alla tua risposta di oggi (per non parlare delle accuse dei commentatori a cui mi ha violentemente gettata in pasto) non posso che ribadire che la sensazione ricevuta dal tuo post è quella che ho scritto. Tu concludi: “Vi invito a girare per i blog. A guardare su Facebook. Sembra che sia stato depenalizzato lo stupro di gruppo. Sembra che stuprare sia diventato legale.” Quei blog, e quei post su Facebook, e l’invito ad annerire l’avatar, sono stati fatti da gruppi di donne. Non una parola sul perché lo hanno fatto. Scelta legittima la tua, per carità. Ma altrettanto legittima la mia perplessità.
    E, per favore, che sia chiaro una volta per tutte: non mi interessa il monopolio e non mi interessa la primogenitura, fare la maestrina, e nemmeno vendere libri. Fatevene una ragione.

  8. Quale sarebbe la violenza dei commentatori ecc.? Il “fascista” sulla bacheca è antifrastico, e rivolto a Federica. Il senso, mi pare, è “critico le donne, quanto sono fascista”, sottintendendo l’ironica accettazione di una retorica per cui se critichi verso una certa direzione passi per cattivo.
    La frase è infatti “Chissà se sono più stronza, stupida, capziosa o fascista” e Federica la rivolge a se stessa.
    Ps
    Io l’indignazione contro la sentenza della cassazione l’ho vista pure su bacheche di contatti di sesso maschile, non solo di donne, e non penso di essere l’unico. Mi pare che in questo post post, e nell’ultimo commento, questa possibilità sia in qualche modo espulsa a priori dal campo del possibile. Lo trovo strano.

  9. Io avevo letto il post della Sgaggio e l’ho trovato ugualmente offensivo e sprezzante. Ho letto anche questo e trovo scorrettissimo che mentre tu hai semplicemente messo il link al suo post, lei prenda pezzi di quel che tu hai scritto e li rimonti a suo uso e consumo. A proposito di lezioncine. E’ inutile, finchè ci saranno donne che hanno propri motivi di astio nei confronti delle altre donne, non si cambia niente.

  10. Scusa Matteo, qualcuno ha definito “cattiva” Federica Sgaggio? Io ho citato due post, ribadisco. E se molti uomini hanno commentato in questo senso, gli inviti espliciti a opporsi alla sentenza sono state fatte da gruppi femministi. Stiamo al punto: Federica ha tutte le ragioni per criticare un’informazione scorretta. Io ho le mie per sottolineare che quella reazione era comprensibile e giustificabile, e non, soltanto, condannabile. E questo col monopolio di nonsisabenecosa non ha nulla a che vedere.

  11. Io mi domando solo perché si attribuiscono agli altri sentimenti propri, se ci si sente messi all’angolo sono gli altri che ti ci cacciano, se qualcuno fa un’osservazione in termini civili come sono stati fatti qui diventa la strega che vuole controllare chi fa il vero femminismo. Senza parole, Loredana, spiacevolissimo.

  12. @Barbieri
    “la fallacia del tu quoque”?
    Ma prima di dispiegare il tuo consueto (e per me inspiegabile) livore nei miei confronti hai letto quel che ho scritto in questo thread?
    Hai visto che la mia risposta era a chi (ridicolmente) afferma che l’aggressività è del tutto aliena dal genere femminile?
    @Laura S
    “Se non vengono bannati questi soggetti, io non ci sto”
    Oibò. E quale mai stupro di verità avrò commesso per essere bannato, se non dire che l’aggressività è comportamento umano e non di genere, ricordando gli ormai numerosi casi di bullismo e stalking femminile?
    E perchè anzichè chiedere la mia carcerazione preventiva non provi a rispondere alle domande implicite nei commenti che ho scritto più sopra, circa tribalismo, desiderio, pornografia, che altre commentatrici hanno trovato argomentabili?
    Forse perchè hai a disposizione solo la paletta (rosa) di facebook (I like – I don’t like)?

  13. Scusate, ma a me sembra che la polemica sia un po’ sfuggita di mano. A prescindere dal fatto che i post citati sono due, visto che le osservazioni riguardano entrambi in egual misura, Federica ha scritto un post molto puntuale, che è stato condiviso da molti e da molti è stato discusso da svariate angolature. Nel lungo commentario che si è generato su vari luoghi non solo su FB è emersa anche la questione che la reazione era comprensibile e giustificabile, e personalmente non ho proprio avuto l’impressione che Federica abbia mai una volta negato questo fatto. Semplicemente, l’attenzione di quel post, come del lavoro di Federica in genere, è posto sull’inesattezza dell’informazione più che su altre considerazioni, per esempio sulla natura emotiva di certe reazioni. Sollevare il problema che la reazione è più che comprensibile va benissimo ma non significa che si debba con ciò adombrare la necessità e la correttezza di quel post.
    Trovo inoltre molto offensivo il commento di Simonetta F. e anche abbastanza debole nell’argomentazione: trovare scorrettissimo che si riporti pezzi di un post accuratamente virgolettati significa non avere idea del metodo con cui si analizza un testo, significa appellarsi a motivazioni inesistenti per supportare antipatie personali, o per lo meno così quel commento si percepisce. A proposito di astio contro altre donne, quel commento mi sembra abbastanza astioso contro un’altra donna.
    Cara Loredana, come sai io ti leggo sempre e non da oggi, ma in questo particolare frangente, da donna e quindi da potenziale vittima di tutto ciò, mi sento toccata da questa crociata inutile e dannosa, e questa volta toccata non in positivo. L’ultima cosa che volevo leggere oggi erano critiche gratuite a un pezzo scarsamente criticabile, per il solo motivo che non è impostato con il registro desiderato.

  14. Claudia, per cortesia: di quale crociata stai parlando? Io ho scritto che da due blog avevo ricevuto la sensazione che venisse stigmatizzata la reazione sulla sentenza e l’incapacità di decodificare un’informazione scorretta. Non ho mai inteso, nè intendo, svalutare il lavoro – pregevolissimo – di Federica Sgaggio. Ma mettere in secondo piano, in quel contesto (non nei post pregressi o nei commenti su Facebook), la motivazione di quella reazione, sia pure con mezza parolina, a mio parere è stato ingeneroso. Se questo autorizza a definirmi la monopolista del femminismo, è cosa che lascio ad altri giudicare.

  15. scusa Loredana, io non so veramente come parlarti. Intanto, che vuol dire che non avevi dubbi?
    io leggo la discussione incentrata sulla riflessione maschile etc. poi seguono commenti generati penso io da molti equivoci, comunque tutto ciò a me pare incredibile. Con tutto il rispetto, aver messo il post di Federica Sgaggio nel mucchio è stato un errore. dire che si ricava una certa impressione se ci pensi bene è fuorviante. è un articolo prezioso. può anche essere che ne hai ricavata un’impressione affrettata e morta lì.
    poi claudia b. dice che la polemica è sfuggita di mano, e io concordo.
    può essere pure che io e claudia b. stiamo avendo impressioni sbagliate, d’accordo. ma se mi dici “complimenti”, mi dispiace.

  16. Non avevo dubbi perché la discussione sta degenerando in pro-Sgaggio o pro-Lipperini, il che è, con licenza parlando, una stronzata.
    Ricominciamo da capo. Ho letto due post. Julienews e Sgaggio. Da entrambe, in misura diversa, ho ricevuto la sensazione che, a fronte delle necessarie rettifiche sul modo in cui è stata fornita la notizia, ci fosse una mancata comprensione delle reazioni che ne sono seguite. Era importante precisarlo in quella sede? Sì. Non bastava averlo precisato prima o altrove? No. E perchè? Perché, altrimenti, pur non volendolo, si ingenerava la lettura di un movimento umorale e disinformato o incapace di informarsi. O forcaiolo. Per me, e ripeto, per me, la differenza non è secondaria. Ho letto e riletto tutti e due i post, e ho passato il pomeriggio di domenica a scrivere il mio: quindi quel che ho scritto può non apparire condivisibile, può non esserlo affatto, ma non è attribuibile alla fretta. Se può servire, ribadisco ulteriormente che questa NON E’ una critica al lavoro di decostruzione che fa la Sgaggio. E’ una critica a un’assenza di comprensione che percepisco come squalificante.
    Ps. Sono piuttosto stufa dei personalismi, peraltro. Si sta discutendo di idee, e occorrerebbe farlo da persone civili, senza andare a piagnucolare che si viene messi sotto accusa come “persone”, come “cattive”, e senza accusare gli altri di essere monopolisti di questo o di quell’altro. Possibile che non riusciamo a ragionare su un punto di vista diverso senza, per questo, trasformarci in vittime o in carnefici?

  17. ma infatti io mi sono associato solo a claudia b. 🙂
    io ho scritto fretta, per non dire “impressione sbagliata”, per una sorta di dubbio, visto che non ci conosciamo. Anche perché le impressioni sono soggettive.
    Insomma, io leggendo il post di Sgaggio ne ricavo solo quello che esprime, e penso che se qualcuno leggendolo lo fraintende, è perché è già predisposto per farlo ( e non mi riferisco a te ). E lo stesso i miei personali commenti non sono né pro-L né pro-S, care “ziette spezzacciaio”. Se qualcuno leggendo il post di Sgaggio ne ricava che sta criticando i movimenti, le donne o altro, bè, bisogna dirgli di rileggere, con calma, perché non sta né in cielo né in terra una interpretazione del genere. Anche perché se uno non è in grado di capire il post di Sgaggio, molto probabilmente lo fraintende tutto. Tu hai espresso preoccupazione per la possibile interpretazione ( se ho capito bene ).
    Tanto più che nello spazio commenti, una ragazza ha chiesto spiegazioni perché per lei era difficile capire l’articolo e le sono state date.
    Io cmq non ho FB, ho letto solo qua e su due colonne taglio basso.
    E porca miseria io volevo solo dire “per favore non mettiamoci a fare pro-L e pro-S” associandomi sopra.

  18. Seconda scommessa con me stesso: vuoi vedere che Valter risponderà utilizzando, come è suo solito quando non usa la fallacia del ‘tu quoque’, un argomento ad personam denigratorio.
    Puntuale come un Rolex è arrivato il mio presunto “livore”.
    .
    Veniamo al merito di ciò che dice Laura. Che noi tutti siamo immersi come pesci nell’acqua in una cultura che disegna dei ruoli per il maschile e il femminile, e li essenzializza in vari modi (religione ormoni psicanalisi, il campo delle sciocchezze pare infinito). I ruoli sono impostati secondo l’idea che per il maschile l’aggressività è buon segno, segno di naturalezza. Certo va tenuta imbrigliata, ma è buon segno. Dentro questa broda cresciamo noi e chi si trova a applicare le leggi. Essendo come l’acqua per i pesci non ce ne accorgiamo. E quando qualcuno/a giustamente si lamenta, chiediamo: l’acqua, cos’è l’acqua?

  19. “l’aggressività è comportamento umano e non di genere” ci fa sapere Valter Binaghi.
    Qui si capisce che Valter legge tanto Bacone, ma gender studies zero meno di zero.
    Il gender è un assetto culturale, se una società costruisce un genere maschile che per essere ‘normale’ deve essere aggressivo verso le femmine, ecco che l’aggressività verso le femmine diventa peculiarità dei maschi. Le statistiche lo dimostrano.

  20. Puntuale come un rolex ti arriva anche il mio va remengo.
    Tu hai solo voglia di fare le pulci a me, e magari avrai tempo e voglia, ma da qui in poi continui da solo. Le statistiche sulle violenze (non l’aggressività, che è pulsione difensiva senza la quale nessun essere vivente sopravvivrebbe un minuto) le conosco ovviamente, ma infatti non è di questo che si parlava. Qui nessuno ha messo sullo stesso piano stuprate e stupratori. Ho perso del tempo per scrivere commenti argomentati su quello che può più facilmente compiacere un certo tipo di sessualità irrisolta e prevaricante, altri ne hanno rilevata la pertinenza, sarei lieto di continuare il discorso su quel piano, non su questo.
    Quanto al “genere costruito” per essere aggressivo, mi pare di essere nel backstage di un film di fantascienza. T’informo che ho avuto un’educazione media e forse mediocre, ma la violenza contro le donne la trovo ripugnante dai tempi dell’asilo. Se per te è diverso fatti visitare.

  21. Io parlo di generi come ruoli, e del legame tra il ruolo maschile e la prevaricazione sulle femmine (per non parlare di transessuali e intersessuali). Chiaramente la violenza fisica sulle femmine è la punta estrema che non avevo dubbi non ti appartenesse.
    La prevaricazione si ottiene in tanti modi, anche semplicemente con atti linguistici.

  22. @Barbieri
    Ti ricordo il tuo esordio in questo thread:
    “Prima di aprire il commentario per leggere il commento di Binaghi (è l’atteso rientro su Lipperatura, un imperdibile cult), ho fatto una scommessa con me stesso: userà come sempre la fallacia del ‘tu quoque’.”
    Poi spiega al commentarium che il prevaricatore sono io.
    Infine lasciami perdere, definitivamente.

  23. Loredana, innanzitutto ritiro il termine “crociata” e me ne scuso. Sono la prima a voler evitare che la discussione degeneri in fazioni.
    Tuttavia, rimane il fatto che la critica mossa a Federica nasce appunto sulla base di una “sensazione”, una percezione del testo, un timore che la reazione sulla sentenza venisse stigmatizzata. Ma nel post non ci sono elementi testuali che incoraggino questa lettura. La critica che Federica opera è alle modalità con cui viene dispensata l’informazione, e non all’emotività con cui viene ricevuta. Poi, sì, certo, avrebbe anche potuto aggiungere una frase per dire che la reazione è comprensibile, ma non possiamo aspettarci da chi scrive che scriva seguendo le nostre aspettative e non il suo sentire. Da qui credo che nasca tutto questo, che a parer mio è solo un grosso malinteso.
    A margine vorrei chiedere a Barbieri se gli sembra questo il contesto giusto per fare a chi ne sa di più di gender studies. Davvero.

  24. Claudia, se ritieni che dica qualcosa di sbagliato, spiegami in cosa secondo te è sbagliato, ma non mettere in caricatura quello che scrivo. Grazie.
    In Italia c’è un’arretratezza spaventosa sui gender studies, che puoi metterla come vuoi, ma offrono gli strumenti concettuali per capire quella che sopra chiamavo ‘l’acqua’. Servono anche per entrare nelle pieghe del diritto, delle sentenze (pensa al lavoro della Nussbaum). Sì, occorrerebbe colmare il vuoto. Per dare una dimensione oggettiva del vuoto, oltre alle mancate traduzioni, alla irreperibilità dei libri, per tacere delle università, puoi considerare la differenza temporale tra due testi analoghi e fondamentali: “Myths of gender: biological theories about women and men” della Fausto-Sterling (1992), e “Donne e uomini” della Rumiati (2010). Quasi due decenni indietro.

  25. Nulla da eccepire su tutto ciò, Andrea, però rimane il fatto che nell’economia della discussione la scaramuccia con Valter aveva un che di personale completamente fuori luogo. Inoltre, come ha già sottolineato Binaghi, il tuo stesso commento di apertura era precisamente “un mettere in caricatura” quello che aveva scritto lui (“Prima di aprire il commentario per leggere il commento di Binaghi (è l’atteso rientro su Lipperatura, un imperdibile cult), ho fatto una scommessa con me stesso: userà come sempre la fallacia del ‘tu quoque’.”) E quindi tu quoque.

  26. Visto che delle reazioni alla notizia della sentenza si parla ancora (almeno un po’), partirei da qui. A maggior ragione dopo le precisazioni di Barbara Spinelli circa i pericoli per la democrazia presentati dal provvedimento originale oggetto della sentenza, a me pare che riflettere con attenzione sulle reazioni , e soffermarsi a spiegarle, sia fondamentale – e dunque grazie, Loredana. Appena letta la notizia avevo pensato che purtroppo ci sarebbero state proprio le reazioni che ci sono state, e dico purtroppo perché rischiano, come in effetti sta succedendo, di trasformarsi in un boomerang, in una delegittimazione, se non addirittura in un cadere in trappola: la trappola di chi non percepisce e non pratica la lotta alla violenza sessuale se non come repressione – spesso inutile, come dimostrano i processi di piazza (ma anche non di piazza) fatti alle vittime, che si trasformano in accusate. Grazie al post di Barbara Spinelli mi è più chiaro cosa mi colpiva nel fatto che una delle prime a reagire, e con forza, fosse stata proprio Carfagna. Non ho mai il dono della sintesi,purtroppo, e stamattina meno che mai, ma voglio dire che occorre chiarire molto bene la trappola tesa – con la complicità dei media – con la creazione di uno pseudo contrasto tra la difesa dei principi della democrazia e la lotta contro la violenza sessuale. Così come ritengo fondamentale tornare a sottolineare, come mi pare Loredana abbia correttamente fatto, che la reazione di molte donne è legata al messaggio che, più che la sentenza, la notizia sulla sentenza lancia: e infatti così come ha scatenato reazioni delle donne, tanti commenti indicano che quella notizia (e insieme ad essa una certa lettura delle reazioni delle donne) ha purtroppo compiuto un passo nell’alimentare ancora una volta proprio quelle attitudini socio-culturali misogine e giustificatorie che dovrebbero essere in primo luogo combattute, in quanto alimentano e sostengono una cultura dello stupro.

    Visto che ho parlato di cultura dello stupro, nella speranza di rendere un servizio utile, posto alcuni passi di un libro che ritengo fondamentale sull’argomento della definizione e della lotta allo stupro. Spero davvero che aiuti a chiarire cosa può significare dire che gli uomini devono parlare. E’ di Joanna Bourke, e si intitola semplicemente “Stupro”.
    Qui una recensione, anche se non eccellente, ma è un libro ricchissimo: http://www.storicamente.org/03_biblioteca/schede/bourke.html
    Dalla conclusione, p.499: “Ho dimostrato che le persone creano il proprio sé attingendo a una serie di storie disponibili. Gli stupratori diventano soggetti nel processo di narrazione di eventi importanti delle loro esistenze secondo linguaggi e tropi specifici. Molte delle loro pratiche di narrativizzazione che inquadrano la loro prestazione si sono dimostrate violente. Gli stupratori e i loro alleati si sono preoccupati di distinguere tra i “corpi che contano” e gli “altri” corpi (il corpo delle donne nere per i bianchi; i corpi delle mogli per i mariti; i corpi femminili “disturbati” per quelli sotto il pieno controllo di sé”). Ma questa violenza non è inevitabile. Proprio come le femministe di seconda generazione sostenevano con insistenza che le donne avevano bisogno di coalizzarsi per rovesciare i rapporti di potere oppressivi, è ora che gli uomini facciano lo stesso. Dev’essere compito degli uomini ri-politicizzare la prevenzione degli stupri. In una società mascolina anche gli uomini vengono danneggiati quando uno solo di essi compie un abuso su un’altra persona. “
    Poco prima aveva scritto: “Una politica della virilità che si concentri sul corpo dell’uomo come luogo del piacere (per sé e per gli altri) e non come uno strumento di oppressione e dolore richiede una rinnovata attenzione al comportamento, all’immaginario e all’attivismo maschile. Per costoro [cioè Bourke e altri], il corpo maschile è il luogo della costruzione sociale della virilità. La gente scopre il sesso: impara a metterlo in pratica. Gli si insegna a essere eccitati o no. Gli si dice a parole, azioni e gesti ciò che è proibito. John Stoltenberg fa un’osservazione simile quando ribadisce che coloro i quali nascono con il pene non nascono maschi: essi diventano uomini. … In altre parole, gli uomini “crescono aspirando a sentirsi e a comportarsi da maschi senza ambiguità, desiderando appartenere al sesso che è maschile e audace” invece che “al sesso che non lo è”.”
    Insomma, la questione di genere c’è eccome, anche se ci sono capitoli dedicati agli stupri in carcere o nell’esercito (carcere anche femminile, chiaro) – e un capitolo dedicato alle donne che stuprano – perché, anche se in numero minore rispetto agli uomini, anche le donne lo fanno.
    Infine: “Le storie e i riti coinvolti nel tentativo di ridurre un’altra persona a un corpo indifferenziato, un corpo-nel-dolore, sono inserite in pratiche tediose, in conoscenze quotidiane. Se la categoria dello stupratore viene demistificata, la violenza sessuale non sembrerà più inevitabile. … Il terrore è sempre locale. Universalizzarlo (come quando si afferma che “gli uomini sono stupratori, hanno fantasie di stupro, oppure traggono vantaggi da una cultura dello stupro”) vuol dire rimuovere i dettagli delle storie individuali e la possibilità di comportarsi in altra maniera. Vuol dire collocare la tortura sessuale nel regno dell’edificazione morale. Il soggetto traumatizzante è un essere informato con una gamma di conoscenze, emozioni, desideri e bisogni che gli o le si dischiudono davanti: scoprendo le sue molteplici voci, lo rendiamo accessibile tramite l’immaginazione e contestabile in senso politico. Rivelando le specificità del passato, possiamo immaginare un futuro in cui la violenza sessuale sia stata collocata al di fuori della soglia dell’umano”.
    Credo, con Barbara Spinelli, che concentrarsi su azioni strutturali sia davvero improrogabile. Lunedì una ragazzina mi ha detto che un compagno, durante una lezione, le ha ripetutamente messo la mano tra le gambe. Era imbarazzata, confusa, sia nel raccontare sia al momento del fatto. Lo ha respinto, lui non ha smesso. Al termine della lezione ne ha parlato con gli insegnanti, che alla fine hanno chiamato i genitori del ragazzo. La madre della ragazza l’ha portata a fare un corso per madri e figlie in consultorio, ma i genitori del ragazzo cosa avranno fatto? E la ragazza mi dice che gli atteggiamenti di tanti suoi compagni le fanno paura, soprattutto quando sono insieme, e parlano di cose che vedono in rete. Anche le sue amiche hanno paura. Io non credo di dover lavorare solo con lei, con le ragazze. Sono sicura che non basta.

  27. Claudia b, la “scaramuccia personale” è una tua interpretazione che non condivido.
    Il mio intervento riguardava una procedura scorretta di discussione che Valter utilizza continuamente, la fallacia “tu quoque”.
    Questo tipo di argomento oltre a essere non pertinente col discorso (per questo è una fallacia) ha anche un effetto particolarmente odioso: la falsa giustificazione.
    Infatti leggiamo che l’aggressività maschile è analoga al bullismo o allo stalking femminile.
    Vedi come attraverso il ‘tu quoque’, che in se è un errore formale, si è arrivati a sostenere un errore nel merito. Già perché i comportamenti maschili aggressivi verso le femmine non sono paragonabili – lo dico prima di tutto pensando a dati statistici – a quelli femminili. E’ insomma una mistificazione metterli sullo stesso piano.
    Ma ritengo che una minoranza oppressa deve difendersi da sé, perché è fondamentale la posizione concreta nel mondo di un individuo, e su quella posizione, secondo me, si fonda il diritto di prendere la parola. Il mio intento è insomma soltanto fiancheggiare. Quindi prendi ciò che scrivo come il tentativo di dare una mano, niente di più.

  28. Io credo, Andrea, che tu abbia in parte ragione a indicare che in quel contesto il “tu quoque” non serviva a molto. A me è parso che fosse più in tema con altre affermazioni, quelle sì contestabili con l’indicazione che il problema riguarda anche le donne, perché è stato scritto che le donne non farebbero mai certe cose, mentre il testo che ho citato lo specifica riguardo proprio alla violenza sessuale. Anche le donne stuprano, e va detto, proprio perché è importante che il tema sia affrontato dalle donne e non da chi vorrebbe strumentalizzarlo.
    Nel caso specifico, io penso che Laura S e Valter non si siano capiti, in quanto Laura mi sembra si riferisse a una specificità della costruzione sociale di virilità, mentre Valter le ha risposto riferendosi a un’idea più generale di violenza.
    La fallacia non è sempre tale, insomma, ma convengo che lo era (almeno in parte) in quel particolare frangente, e credo che la cosa più utile da fare in questi casi sia aiutare a chiarire, in modo da andare avanti anziché concentrarsi sullo scontro.

  29. Sono d’accordo, non c’è alcun fondamento scientifico all’assunto che una femmina ‘per natura’ non potrebbe usare violenza sessuale su un maschio.
    C’è invece una schiacciante differenza statistica, causata direi dalla cultura in cui stiamo a bagno. Questa differenza è un fatto empirico che rende il paragone improprio. Come per intenderci sarebbe improprio paragonare omofobia e (supposta) ‘eterofobia’.

  30. Penso che la violenza maschile e quella femminile siano e debbano restare imparagonabili, analizzate e affrontate nei contesti di appartenenza. Sto parlando di differenza sessuale e so già che in molti qui non sono d’accordo. Spero tuttavia di poter esplicitare le mie valutazioni in merito ad un aspetto importante come quello della relazione fra i sessi e del suo conflitto.
    Chiaro che il “tu quoque” è l’ultima delle pratiche auspicabili ed è un po’ quella che si trova in giro nel blog quando vengono assaliti dai negazionisti, i quali nei loro siti hanno costituito una vera e propria organizzazione fondata sul “tu quoque” se non sul “tu più di me, tu peggio di me”.
    Ci sono aspetti della violenza che non riguardano le donne, è vero e non giova negarlo; ci sono modi della violenza che appartengono solo alle donne e che esercitano con ferocia se possibile maggiore verso le loro simili. Ci sono modi della violenza maschile assunti dalle donne con in più quel tratto dell’oppresso che cova vendetta che a me risulta insopportabile quanto la violenza maschile caricata di istanze del “tu quoque, tu di più, tu peggio”.
    C’è un modo della violenza femminile che trova fondamento in un aspetto analizzato nel libro curato da Federica Giardini, Sensibili guerriere, il quale consiste nella maggiore capacità femminile di percepire la vulnerabilità dell’altro, capacità che si può tradurre in forza femminile e, aggiungo io, in forza distruttiva ben supportata da questa, chiamiamola, intuizione che appare quasi innata. Ma non è innata, anche questa è dovuta all’esperienza e alla sua tramandazione di donna in donna. Spetta a ciascuna la volontà di saperla usare a scopi costruttivi. Ma non dobbiamo fare l’errore di non considerare che tale distruttività è frequentemente reattiva e per questo, come dimostrato nel libro di Giardini, terribilmente debole perché si esercita nel terreno dell’Altro, dove l’altro è innegabilmente più forte in quanto dispone della forza originaria della sua posizione di dominio, per lo meno del suo territorio, ma poiché il terreno del conflitto è il mondo e il mondo è uno, di necessità quella reazione accumula impotenza e debolezza.
    Se vogliamo, come vogliamo progredire dovremmo fare attenzione a non cedere alle facili banalizzazioni e magari chiederci cosa sta dicendo una donna che ricusa da sé la violenza tipicamente maschile, la quale va osservata per quello che è ovvero un fenomeno attualmente in crescita seppure presente fin dalle origini delle società patriarcali. E pensare allo stupro come atto di guerra contro un intero genere non può essere un optional ma una ulteriore chiave interpretativa che spiega molto bene ciò che sta accadendo in questi giorni in merito alla sentenza della Cassazione. Le donne, c’è poco da fare, hanno avvertito una ennesima manifestazione dell’assoluta mancanza di volontà di fronteggiare la violenza maschile e che questo fosse reso più grave dal non poter chiedere giustizia senza sconfinare nelle derive che sono state ben descritte ovunque e che fanno parte di un sistema di giustizia totalmente autoriferito da parte maschile per cui pare impossibile immaginare una cultura della prevenzione senza configurare minore libertà. E’ incredibile ma è così.
    Ingenuamente ho chiesto più sopra quale differenza vi fosse fra i crimini di mafia e quelli contro le donne, la risposta che ne ho ricevuto mi lascia totalmente insoddisfatta perché appartenente a logiche che non sanno concepire, pensare proprio la violenza di genere. Ne consegue che le cautele del caso finiscono immediatamente in un calderone improprio ma quel che mi lascia un amaro intollerabile in bocca è che la denuncia di una donna, seppure all’interno di episodi continui e crescenti di violenza di genere, in questa società non conta niente. O conta molto di meno di una denuncia per mafia in cui la reiterazione del reato viene concepita nei singoli episodi e non come una immensa e impunita reiterazione. Ma nemmeno io mi sento di chiedere il carcere per quel gruppo di ragazzi. Mi sento di chiedere che si rifletta e si cerchino soluzioni e che vengano concepite il più lontano possibile da quasiasi, miniscolo, “tu quoque”.

  31. @ donatella
    Come poi si possa pensare allo stupro come atto di guerra contro un intero genere mi è davvero oscuro. E a cosa ci serve pensarlo in questa ottica?
    Cosa si intende con capacità di percepire la vulnerabilità dell’altro?
    In che modo viene tramandata attraverso l’esperienza e non con la trasmissione genetica?

  32. Come violenza non agita ma sempre possibile, non perchè il singolo uomo è sempre un potenziale stupratore, ma perchè la cultura ti dice che se non fai in un certo modo, a te femmina della specie, ti accadrà questo, e te lo dice costantemente e serve a condizionarti. L’ottica è quella di capire i meccanismi mediante i quali agisce il patriarcato.

  33. Tornerò con calma più tardi, intanto ci tengo a precisare che non era mia intenzione generalizzare o fare paragoni mettendo tutto su uno stesso piano(poi mi spiegherò meglio, evidentemente è necessario). Come non intendevo dire che sia meno necessario pretendere giustizia e segnali inequivocabili. Solo che la strada è quella di una sensibilizzazione costante dei giudici e della società: non la tutela anticostituzionale di certe leggi, ma l’applicazione col massimo rigore di quelle che alla Costituzione si attengono.

  34. Riguardo alla ‘differenza sessuale’, cioè riconoscere tra maschio e femmina una differenza innata nel comportamento e nelle abilità cognitive, va detto che ognuno configura questa differenza sessuale a modo suo. Questo a mio parere è significativo.
    Va anche aggiunto che i discorsi sulla differenza sessuale sono costantemente informati al segregazionismo sessuale, cioè estromettono senza giustificazione razionale gli individui intersessuali e transessuali. Anche questo a mio parere è significativo.

  35. Rispondere al maschilismo fallico con il femminismo vaginale è un errore da “guerra fredda”, testate contro testate.
    Per una decisione che prima una persona della libertà non servono automatismi, servono decisioni prese da persone sagge.
    Consiglio “L’ultimo giorno di un condannato a morte” di Victor Hugo.

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