I FEMMINISMI NON SONO UN PRANZO DI GALA: UN POCO DI CHIAREZZA

Molti anni fa, quando il mondo era giovane e comunque lo ero io, sull’onda dei movimenti femministi prendeva piede quello che oggi è un noto rovesciamento.
Anno 1976. Ehi, c’è un convegno sui giovani, chi mandiamo a rappresentare i radicali? Lipperini. E’ giovane, ed è donna.
Anno 1979. Ehi, c’è una trasmissione a Radio2 che prevede conduttori giovani e conduttori anziani. Ci serve una donna (quella donna ero io).
La questione è vecchia, la questione è nota. E, messa così, rischia di dar ragione a quelli e quelle che dicono, e a volte strillano, che le quote rosa sono inutili e i femminismi pure.
E’ un problema aggirabile, però. Perché quando si parla di donne, in politica come in letteratura, la questione non è: devi scegliermi/eleggermi/invitarmi a un festival/premiarmi perché sono donna. Devi farlo perché sono una donna che ha un merito e tu, caro mio o cara mia, quel merito non lo vedi perché sono donna, quel libro non lo leggi perché sono una donna, o mi reputi politicamente inaffidabile perché sono una donna, e via andare.
Detto questo, il rischio di vent’anni fa è sempre in agguato. Non devi scegliermi solo perché sono una donna, non devi far leva sulla mia genialità solo perché sono una donna. E, viceversa, ho il diritto di criticare una donna, da femminista, se scrive qualcosa che non ritengo valido o se fa una politica in cui non mi riconosco.
In altre parole. Non mi unisco al coro di chi loda le probabili future sindache in quanto donne e giovani. Le loderò, nel caso, quando ascolterò i loro programmi in tema di:
welfare e diritti (già, quella roba bruttissima che però ha permesso di essere società: e che dovrebbe permettere alle donne di non dover scegliere fra figli e lavoro, e che ancora e nonostante tutto non tutela fino in fondo le persone LGBTI)
scuola e cultura (già, quella roba che ha permesso a tanti di noi, figli di proletari, di andare avanti, di sapere, di capire, e quella roba che sola può fare la differenza, perché in un paese che disprezza i saperi, i saperi sono ancora quelli che ci permettono di essere civili, e persino di essere una comunità)
migranti (già, il grande tema su cui aspetto sulla riva del fiume: cosa si dirà su questo punto? Si scambierà la voglia di “sicurezza” con il diritto alla vita, all’accoglienza, all’umanità, in una poverissima e sola parola?).
Ogni tanto mi viene da ripetere che i femminismi sono politici, e di classe, o non sono. Aggiungo che non sono neppure un pranzo di gala e che nessuna cosa è semplice come si vuol far sembrare: anche se, a ben vedere, tutto è semplicissimo. Basta dirselo. Basta parlarne. Ma parlarne bene.

21 pensieri su “I FEMMINISMI NON SONO UN PRANZO DI GALA: UN POCO DI CHIAREZZA

  1. Certo. Pare scontato ma riaffermare una sana logica basata su un piano di realtà non fa mai male. Diciamo pure che prima di lodare o censurare una candidata donna a qualunque operazione – che sia di politica o di letteratura – sarebbe meglio farsi l’idea, chiara e semplice, che donne c’è ne sono e si tratta anche di scommetterci che un giorno non sarà più questione di femminismo ma di civiltà che donne e uomini si guardino per quel che sono e sanno fare. I saperi esistono comunque. Ed anche i poteri però. E siamo stanchi tutti di non voler intravedere l’opportunità di affrontare insieme, con le migliori risorse, le transizioni esiliati che ci riguardano tutti. Anche quando non lo vogliamo vedere…

  2. e come fossi lì
    vicino a te
    che mi commuovo
    sento quanto dici scrivi
    pensi
    Loredana,
    se non ci fossi
    bisognerebbe inventarti
    sei asolutamente necessaria
    e sempre ragazza
    disponibile per solidarietà
    sensibiltà
    e mille altre doti
    gesti che oggi servono
    specie a tutti..
    é bello sentire la tua alta onesta
    impagabile compagnia :
    Grazie LOREDANA… <3
    dario.

  3. Loredana, con tutta la stima possibile, non puoi da un lato promuovere l’ingresso e il riconoscimento delle donne in vari ambiti e poi fare un discorso del genere. Ci sono piani diversi nella realtà. Uno di questi piani prevede che la società migliora per il semplice fatto che ci sono più donne in politica, brave o meno che siano; più donne a parlare di letteratura nei convegni, brave o meno che siano. Lo hai ripetuto da anni, ora non puoi contraddirti solo perché non ti piacciono le conseguenze.

    1. Veramente, Stefano, in tutti questi anni ho sempre detto, fino alla noia, la stessa cosa. Certo che devono esserci più donne, ma non “a prescindere” dai loro meriti. Perché, credimi, confutare in questo modo significa non riconoscere che esistono centinaia e migliaia di donne che quei meriti li hanno, e non vengono visti.

  4. Stefano, il senso del post mi sembra chiaro: scegliere donne solo per far bella figura senza valutarne il merito è come scegliere uomini per abitudine senza valutarne il merito. Due opzioni entrambe esiziali che portano allo stesso risultato.

  5. “welfare e diritti (già, quella roba bruttissima che però ha permesso di essere società: e che dovrebbe permettere alle donne di non dover scegliere fra figli e lavoro, e che ancora e nonostante tutto non tutela fino in fondo le persone LGBTI)”.
    Personalmente io non sono per niente orgoglioso del welfare e di questo nostro essere società: da una trentina di anni a questa parte, o anche di più, il welfare è sempre più diventato una fabbrica della precarietà.
    E la precarietà è in costante aumento, dunque le tutele scarseggiano drammaticamente per tutti, lgbt o meno…

    1. Mauro, e allora dobbiamo abolirlo e tagliarlo? E’ significativo che tu usi la parola tutele anziché la parola diritto. Il welfare non è semplicemente una tutela: è il fondamento dello stare insieme. Certo, l’ho usata anche io, quella parola, nel mio post. Ma c’è un poco di ampiezza in più da prendere in considerazione: e a quella mi riferivo.

  6. Io gli eventuali futuri sindaci e sindachesse, così come qualunque personaggio pubblico, li ho valutati, li valuto e li valuterò sulla scorta di quello che hanno fatto ieri, ed eventualmente faranno domani, in difesa della scuola. Facile dire “scuola”: ma ieri, quando c’era da difenderla, accanto a noi insegnanti di queste persone ne ricordo pochine (e nel dubbio, basta googleare un nome-e-cognome + “buona scuola” o “riforma scuola” per verificare). Se poi erano “maschi dotti” o “intellettuali per il 2%”, chissenefrega: sempre meglio di chi la scuola la usa, ma nulla ha fatto (parlo del 2015, non dell’altro secolo) perché si creasse una situazione nella quale si sono ancor più ristretti gli spazi per un lavoro sulla parità di genere e sulla maturazione di un pensiero critico che combatta le disuguaglianze di genere. Esempio concreto: 200 ore (400 nei tecnico-professionali) di “alternanza scuola-lavoro” significa l’equivalente di due (o 4) ore a settimana, cioè una materia, per tutto il triennio, sottratte alla didattica e regalate alle aziende, ambienti nei quali se qualcosa si apprende, è al più la “naturalità” della disuguaglianza di genere (qui si lavora, che cos’altro vai cercando?).

  7. «da una trentina di anni a questa parte, o anche di più, il welfare è sempre più diventato una fabbrica della precarietà.»
    Curioso argomento. Da una trentina d’anni il welfare si sta smantellando. Quindi, secondo logica, la precarietà non è prodotta dal welfare ma dalle politiche che lo smantellano. In tutto il mondo, dove c’è meno welfare c’è più precarietà.

  8. No, poiché le donne sono state escluse a prescindere, è giusto che siano incluse a prescindere, è questo il senso di eliminare la discriminazione di genere. Non puoi porre un’ulteriore discriminazione adesso solo perché non sei d’accordo con Raggi. Il che non vuol dire applaudirla in quanto donna, ma applaudire il cambiamento che rappresenta, che per forza di cose è a prescindere dai suoi meriti, a parte il fatto che in politica non esiste il merito, dato che non è una scienza. Se non sei d’accordo con questo allora disconosci quanto scritto in questi anni, disconosci pure il post di qualche giorno fa, nel quale lamentavi la unica presenza femminile a parlare di romanzi.

    1. Scusa Stefano, io non ho mai sostenuto che le donne vadano incluse a prescindere. Non l’ho scritto per quanto riguarda i romanzi, non l’ho scritto per la politica. Gentilmente, la difesa del MoVimento andrebbe fatta in altro modo, non certo decidendo tu qual è il senso della parità di genere (e, a proposito, quanto ai programmi del MoVimento sui punti sopra citati, come state messi?)

  9. Grazie Loredana, anche per far leggere a tutti che chi sta sempre a criticare gli altri per la “coerenza” non fa neanche la fatica di essere coerente, usando il criterio che definisce la coerenza: il tempo.
    Per fortuna queste cose le dici da prima che un movimento politico tenti di acquistare per la propria retorica le parole “onestà” e “coerenza”. Serve altro che strillare più forte.
    Lorenzo
    P.S. “in politica non esiste il merito” è FA VO LO SA Stefano, grazie anche a te :*

  10. Ma guarda che non voto M5S; a Roma avrei votato per te. La mia è una verifica dei pareri, quindi. Evidentemente lo hai sostenuto a tua insaputa, e c’è un problema di fondo nel concetto di femminismi di classe (in realtà c’è un problema di fondo anche nel concetto di classe, ma pazienza). Nel momento in cui lotti per eliminare la discriminazione di genere, accetti implicitamente che questo comporti una inclusione a prescindere, poiché in società esistono donne che non sono competenti e che non la pensano come te, ma che devono comunque avere rappresentanza. La parità di genere questo è, dimostrami che sbaglio sennò. Poi una volta superato questo scalino ognuno si giudica per quello che fa. Che poi è proprio il senso del femminismo, a stringere. Il fatto che tu con altri poi abbiate una visione che mette assieme i vari piani, l’intersezionismo, non significa che questi piani stiano assieme.

    1. E chi ha detto che lotto per un’inclusione a prescindere? Chi lo ha mai sostenuto? Io lotto per una parità. E, ecco, non credo di sostenere cose a mia insaputa. Semmai, credo che le parole vengano lette secondo una propria visione o pregiudizio, che è altra faccenda.

  11. Pure Sarah Palin è una donna, una bifolca creazionista che combatte welfare e diritti, ma almeno non ne fa mistero. Altro è dire: boh, è donna! Vi deve bastare. Non lo sa nessuno dove andrà a parare, quindi non rompete!

  12. Stefano, mi permetto di intervenire in qualità di lungo frequentatore del blog di Loredana e di cittadino al di fuori delle polemiche elettorali romane (essendo marchigiano): Loredana ha sempre sostenuto che viviamo in una società in cui gli uomini occupano posti anche di responsabilità A PRESCINDERE dal merito e le donne di merito NON vengono notate IN QUANTO DONNE. Ha anche fatto notare che questa società si scandalizza facilmente se una donna non dimostra le sue qualità ma che a tale scandalo non segue una meritocrazia applicata né alle donne (che vengono comunque tenute da parte), né agli uomini (dato che gli incapaci sono sempre tanti, troppi e in troppi posti). Poi possiamo dibattere se sia necessaria o meno una fase transitoria di “discriminazione positiva” (le famose “quote-rosa”), ma a me sembra che Loredana abbia sempre parlato della necessità di pari opportunità e di pari trattamento tra generi, non di “privilegi compensativi” a questa o a quella categoria. [Se ho mal interpretato il tuo pensiero, Loredana, redarguiscimi senza pietà!]

  13. @ Luca
    e secondo te il voto di domenica è un privilegio compensativo? A me pare che sia proprio la manifestazione delle pari opportunità, per questo viene salutata positivamente. Quindi si vorrebbe per coerenza che anche nei confronti di chi non la pensa come “noi” ci sia questo riconoscimento, pur rimanendo avversari politici. L’inclusione a prescindere è la diretta conseguenza della parità di genere, non sono perseguibili separatamente. Poi che questo non sia sufficiente è tanto ovvio che non serve scriverlo. Ma questo è, se non piace basta cambiare strumento di lotta o anche essere contenti che non se ne ha più bisogno in questo ambito. Però non si può piegarlo ai propri fini ideologici.

  14. Credo che ci sia ancora bisogno della politica delle quote rosa, perchè credo che vi siano moltissime donne competenti in ogni campo che senza una “imposizione” come la “quota” non sarebbero tuttora mai prese in considerazione. Vero è che, purtroppo, in quasi tutti gli organismi e le istituzioni chi propone un nome o un altro è sempre il gruppo di potere, che continua ad essere maschile, e che se è costretto a scegliere una donna, allora preferisce di solito qualcuna che possa in qualche modo essere “controllabile”, più che competente. Troppo spesso le donne davvero in gamba riescono a raggiungere dei ruoli importanti o delle candidature solo se hanno anche degli appoggi. Viceversa, ci siamo ritrovate troppo spesso ad essere “rappresentate” da personaggi inconsistenti se non deleteri, e in quel caso perchè la “quota rosa” è stata troppo facilmente usata dagli uomini di potere (a qualsiasi livello).
    C’è poi da considerare anche la particolare durezza con cui viene giudicato l’operato di una donna, più ella è competente più ci si aspetta che non sbagli mai, o che faccia delle scelte coraggiosissime che magari non hanno osato o voluto osare gli uomini che l’hanno preceduta, più appoggiati, meno esposti, etc. Cioè, tuttora, per una donna sia pure competente e diligente nel suo campo, i giudizi da parte delle altre donne, oltre che dagli uomini, sono sempre feroci e netti, senza appello, mentre solitamente gli uomini per le stesse cose passano più o meno indenni.
    Un piccolo inciso: il senso del femminismo, visto che è stato chiamato in causa, non è solo cercare una uguaglianza ma introdurre anche la propria differenza e vederla riconosciuta come valore, non come mancanza…

    1. Barbara e Stefano. Forse non mi sono spiegata. Nel caso specifico, avrei giudicato allo stesso modo un uomo. Non si tratta di ideologia, ma di non rallegrarmi se in ruolo di potere arriva una persona che non si occuperà delle questioni che alle donne sono care (salvo smentite sempre possibili e anzi auspicabili). Allo stesso modo, non mi sono rallegrata del potere di Maria Elena Boschi, Maria Stella Gelmini ed Elsa Fornero, per citarne tre. Diverso, ovviamente, attaccarle “in quanto donne”. Ma non è il mio caso, direi.

  15. Io concordo pienamente con Stefano, soprattutto con le argomentazioni – che mi paiono semplicemente logiche – del suo commento datato 7 June 2016 alle 12:01

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