I LIBRI DELL’ANNO DEL NEW YORK TIMES E QUALCHE CONSIDERAZIONE SULLA LETTURA

E’ vero, il mondo preme sul piccolo mondo dei libri, e ne reclama l’attenzione, e qualcuno gliela dà peraltro, perché se qualcosa possono fare i libri è aiutarci a capire, nei mille modi in cui un libro può farlo. Dunque occuparsi dei dieci libri dell’anno scelti dal New York Times può sembrare faccenda frivola. Però ci provo, perché almeno alcuni di questi testi potrebbero dirci qualcosa.
Dunque, i libri.
A quattro zampe di Miranda July, ovvero una crisi di mezza età ma dal punto di vista di una donna
Avete presente l’amore? di Dolly Alderton, ovvero aspirante stand up comedian in crisi di crescita, anche se ha 35 anni.
James di Percival Everett, ovvero come rileggere Huckleberry Finn dal punto di vista di Jim, anzi James.
Martire! di Kaveh Akbar, ovvero come riscoprire la vita nel culto di chi l’ha sacrificata.
Il sogno di Álvaro Enrigue, ovvero l’incontro fatidico tra il conquistador Hernán Cortés e l’imperatore del Messico Moctezuma.

Per la saggistica:
Crematorio freddo di József Debreczeni, che sopravvisse due volte ad Auschwitz.
Everyone Who Is Gone Is Here di Jonathan Blitzer, non tradotto in italiano, sui migranti che arrivano ai confini tra Stati Uniti e Messico, e non solo.
I Heard Her Call My Name di Lucy Sante, sulla transizione di genere dell’autrice, non tradotto in italiano ma di cui si parla qui.
Reagan: His life and Legend di Max Boot, non tradotto in italiano.
The Wide Wide Sea di Hampton Sides, non tradotto in italiano, sull’ultimo viaggio di James Cook.

Ps. Sempre dal Nyt di oggi, Stephen King lascia la sua radio.

 

 

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