I NUMERI

Dieci in meno di un mese.
181 in un anno.
84 su 128 (fa bene ricordarlo: è la posizione in classifica del nostro paese in materia di gender gap).

34 pensieri su “I NUMERI

  1. Il delitto di Asseggiano però (l’ultimo citato, quello del 31enne psicopatico che ha ammazzato la 16enne) non fa statistica, perché ci sono almeno due questioni che con la violenza sulle donne hanno poco a che fare: la ragazza era minorenne, quindi c’era reato prima che sfociasse in violenza, e quindi ci si chiede dove fossero i genitori della ragazza quando iniziava a frequentare uno che poteva essere suo padre. Oppure: come controllare che i propri figli adolescenti non si mettano in situazioni come quella? In questi giorni vedo la figlia di una mia amica della stessa età inguaiata fino al collo, pur avendo genitori ineccepibili. Inoltre il tizio aveva regolare porto d’armi concesso nonostante instabilità mentale. La questione vera è: ma con quale criterio si concedono le licenze di portare un’arma in questo paese?

  2. è strano: quando si tratta di un’immigrato a compiere atti simili (sopratutto se rumeno o musulmano) i media descrivono questi omicidi come frutto di una cultura perversa e violenta. Se a compierli è un italiano, invece, vengono la spiegazione è sempre quella di un raptus di follia individuale quando va bene, o la reazione di un uomo disperato, passionale e romantico quando va male, anzi malissimo (come è successo su La Stampa nell’articolo che ritraeva la personalità del tizio che ha ucciso due ex prima di suicidarsi).. Mi chiedo invece se non sia proprio la nostra cultura e il nostro immaginario ad avere bisogno di una revisione…

  3. In genere una persona ragionevole dovrebbe rifuggire la compagnia di chi non lo vuole o non lo vuole più. Il discorso, ovviamente, non vale per i blog con commentari aperti al pubblico, dove fa benissimo a continuare a cercare di entrare chi ne è stato espulso per ragioni di mero razzismo culturale, soprattutto se da un/una titolare finto-progressista o tanto tanto tanto radical-chic.

  4. Minorenne o no, e in Italia se hai sedici anni e sei consenziente puoi uscire con un maggiorenne, del demente ha ucciso la “sua” fidanzata. In quanto alle armi, le compri illegalmente, ma molti degli ultimi casi sono andari di lama bianca.
    Quello che, ripeto perchè l’ho già scritto più volte in questo blog, è il lessico usato dei media per descrivere l’omicidio, il delitto, l’atto violento.
    Bisogna dire basta e farlo una folta per tutte a termini come “delitto passionale”, “dramma della gelosia”, “dramma della passione”, “tragedia della gelosia”, “dramma famigliare”.
    Basta! L’omicidio è un dramma, ma non ha nulla a che vedere con il sentimento amoroso. E chi scrive lo sa bene, se si introducono alcune parole nella rappresentazione della violenza, la violenza viene automaticamente esorcizzata.
    Noi latini abbiamo un retaggio veramente discraziato: il delitto d’onore.
    Non è un dramma della gelosia e un omicidio, il più delle volte pianificato.

  5. anche sul modo in cui ci raccontiamo l’amore e come viene proposto agli adolescenti, baggianate su baggianate, illusioni e invenzioni che servono solo a vendere libercoli e canzonette e filmacci, anche su quello avrei da ridire: l’idea che l’amore sia assoluto e sacro, che ti arrivi addosso come la freccia di cupido e che poi tu ne sia irrimediabilmente dominato: una vera impostura! ci fa impressione il 31enne con la sedicenne? ma se uno dei romanzifilm di moccia si basa su una storia di un quarantenne con una liceale!

  6. Ho molte perplessità. Io credo che i sentimenti ci entrano, creado che le storie singolari ci entrino – e la categoria femminocidio mi lascia specie per questi contesti perplessa. C’è un disconoscimento delle singole storie, come se tutte queste persone fossero ammazzate solo in quanto donne, e io non lo credo. Non vuol dire che io avvalli la violenza sulle donne – contro la quale e per gli esiti della quale ho lavorato concretamente per degli anni – ma insomma vengo come respinta indietro dalle generalizzazioni di sponda opposta.
    Voglio dire una cosa a Ginko che ha detto delle cose interessanti, però mi ha fatto pensare adelle riflessioni. In psicopatologia piaccia o meno, psicopatologico non è il comportamento incoerente con l’etica, ma il comportamento disadattato rispetto alle circostanze. Se in Cina scannavano le neonate in quanto femmine e non maschi, chi perpetrava il delitto non era psicopatico per niente. Era, naturalmente un pezzo di merda, il che però afferisce a un’altra scala di valori. Se in Italia una donna uccide sua figlia il sospetto di una psicopatologia grave e invece più che legittimo. Questo non deve naturalmente interferire sul nostro modo di interagire e giudicare queste cose, perchè le rubriche sono diverse. Parlo semplicemente di una prospettiva clinica. Quella sociologica e politica possono e devono usare altri metri di giudizio.

  7. Zauberei, va bene, proviamo a usare metri di giudizio molto semplici.
    Nell’ultima settimana sono stata uccise sette donne, praticamente una al giorno. Erano tutte ex, fidanzate, amanti, mogli. Ora semplicemente a me non importa se erano “buone” fidanzate, mogli o amanti, quello è un problema della coppia, l’omicidio è una questione legale. Chi ha ucciso era maschio, ne deduco che volesse uccidere una donna, se no poteva uccidere ul fruttivendolo sotto casa. Quindi quelle persone sono morte proprio perchè erano donne.
    Nell’ultima settimana non è accaduto il contrario, molti uomini non sono stati falciati da una mano femminile.
    Inoltre esiste un’aggravante culturale. Se vieni piantato e hai la sindrome dell’abbandono, vai dall’analista. Non è importante se tu “maschio” ti senti tradito, sminuito… ecc.. ecc.. Non esiste alcuna attenuante. La passione non è un’attenuante, la gelosia neanche.
    Il contesto spicologico in cui matura il crimine non rintra nel dovere della cronaca.
    Faccio un esempio il ragazzino che nasce in un contesto mafioso, fa la sua scalata nella famiglia e alla fine fa saltare in aria il giudice Falcone, avrà avuto i suoi bei traumi. Ma al fine dell’omicio… chi se ne frega.
    Eppure nella mattanza delle donne l’aspetto intimo, quello legato ai sentimenti, deve essere, per forza, importante.
    Perchè se nel 2006 sono state uccise 181 donne e nello stesso anno i morti per mafia sono stati 76?

  8. Alessandra – attenuante è categoria che non riguarda l’orizzonte psicologico. Attenuante lo decide l’orizzonte giuridico, se lo desidera usando informazioni psicologiche. L’idea della psicologia come giustificazione è un cortocircuito dovuto alla mistificazione popolare.
    Per quanto in genere io detesti la cronaca, un ritratto psicologico fedele mi sembra auspicabile, non vuol dire che non vi sia un rinforzo culturale, ma è anche una scappatoia da ritratti troppo facili, e sessismi prodotti in altro modo. Una donna uccisa in quanto donna – per un lettore è solo un cane. Ma non è così non è andata così. Naturalmente ritratto pscologico fedele e ” era er caldo” e “era accecato daa gelosia” e “ci ha avuto un raptus” sono concetti molto diversi. E il rinforzo culturale in questi ritratti andrebbe menzionato. Temo che in alcuni casi però il rinforzo è un contenitore non una causa.

  9. Sono d’accordo con chi stigmatizza il modo di raccontare queste storie/drammi feroci e senza attenuanti. I falsi ipocriti racconti dei giornalistucoli che insistono sui particolari orridi e raccapriccianti, che hanno sempre qualche parola nascosta di comprensione dell’assassino/a, che non approfondiscono mai i veri motivi di questi fatti orrendi. In particolare son d’accordo con Ginko e rincaro la dose per rimarcare che non solo i rumeni o i musulmani sono più colpevoli, secondo la voce comune, ma anche chi ha origini calabresi o siciliane o in ogni caso meridionali. C’è un modo diverso di raccontare i fatti. Un modo diverso stupido e inutile perchè un assassinio di questo genere è dappertutto uguale, ha la stessa valenza feroce di sopraffazione, di possesso, e raramente, di malattia mentale. Le sottolineature ‘di origine ……’ sono odiose. Che siano ‘a difesa’ del maschio o della femmina. Maschio e femmina sono solo e soltanto assassini, colpevoli di avere creduto che, innamorandosi, abbiano comprato la proprietà della vittima.

  10. Mi spiace spezzare questo concertino abbastanza condivisibile, ma crudamente diciamo la verità (parziale, discutibile, cinica, pressapochista): gli uomini odiano le donne, non le tollerano, sono solo punti di appoggio e puntelli psicologici. Essendo le donne “cose” e “oggetto” di accudimento di uomini che le tollerano in quante mamme mancate; alcuni, di fronte all’indipendenza psicologica di una adolescente che si libera dal giogo della mamma “bambina”, come di una donna matura che prende consapevolezza del suo ruolo sociale, le uccidono e le massacrano. Come cose appunto.
    Non che le donne non uccidano, ma lì è un problema di svalutazione, di possesso, di amore non gestito. Altre storie.

  11. considerando il machismo straccione che impera insieme a una misoginia patologica è pure strano che questo stillicidio non si trasformi in cascata.Spero che le amazzoni facciano presto breccia nelle mura marcie dei nostrani cortili per ristabilire quel minimo di presentabilità in un mondo che faccio fatica a guardare negli occhi
    http://fi.inf.elte.hu/~odie/music/Pulp%20Fiction%20-%20Collectors%20Edition%20(OST)/cd1-10-urge_overkill-girl_youll_be_a_woman_soon-apc.mp3

  12. In genere una persona ragionevole dovrebbe rifuggire la compagnia di chi non lo vuole o non lo vuole più, per cui insistere nell’ossessionare chi ti disprezza è tipico di una persona disturbata. La mattanza delle donne, poi, appartiene con certezza a una patologia psichiatrica. Il discorso non vale per contesti più banali, ovviamente. Non vale, per esempio, per i blog con commentari aperti al pubblico, dove fa benissimo a continuare a cercare di entrare chi ne è stato espulso per ragioni di mero razzismo culturale, soprattutto se da un/una titolare finto-progressista o tanto tanto tanto radical-chic.

  13. “Fra gli esseri tutti, dotati di anima e ragione, noi donne siamo la razza più sventurata; noi che dobbiamo innanzi tutto comprarci con una forte dote uno sposo, e insieme un padrone del nostro corpo; e, fra i mali, questo é il male peggiore.”(Euripide, Medea, vv. 230-236).
    Ancora nel 2010 le donne non hanno un’anima, sono solo pezzi di carne da riproduzione.

  14. vincent però:) ma che gente frequenti?
    Cioè o et er sabato sera te vedi con l’amichetti fuori da rebibbia, oppure ti credi una rarissima e meravigliuosa eccezione.
    Nonostante il problema vada tutt’altro che sminuito, insomma lucidità ecco.

  15. @ Zauberei: ciao, avevo detto che era una posizione discutibile e non ho amichetti a Rebibbia (fa molto Accattone di PPP), né mi sento una eccezione (de che?). Lucidità certo (anche se stiamo tutti con ventilatori e condizionatori a palla, alla faccia degli eco compatibili), ma la Medea sta lì.
    In ogni caso tranquilla, di solito mariti e compagni al massimo spendono troppo facendo la spesa. Ma anche qui altre storie.

  16. Il retaggio culturale è sotto gli occhi di chiunque voglia vederlo.
    Il maschilismo nostrano, nei secoli e nei decenni, ha prodotto declinazioni e venature che riguardano ogni aspetto della vita associata.
    Fino a dare a luogo a fattispecie perfino giuridiche del tutto peculiari. Il divorzio all’italiana, noto nel mondo, o lo stupro come reato contro la morale e non la persona. La famiglia come proprietà.
    C’è dunque una mescolanza di fattori antichi, presenti da un tempo molto lungo, che poi ne incrociano di più recenti, formando una miscela letale. Dal mio punto di vista l’unica vera emergenza di sicurezza nel paese, e lo penso da più di dieci anni. L’inaccettabile tasso di violenza sulle donne, che non sta solo negli assassini.
    Tra i fattori più recenti, e devastanti, va inserito la militarizzazione della vita civile.
    La società della prestazione, la cultura del ‘vincente’, la litania demente dell’ impossible is nothing, la vita come ‘target’, bersagli da raggiungere, produce un tasso di frustrazione quotidiana in crescita esponenziale. Ma se vuoi restare nel consesso sociale, produttivo, la devi occultare, non deve mai manifestarsi a livello conflittuale, la devi inghiottire. Devi obbedire. Se no sei fuori.
    Nel cosiddetto ‘privato’, tutto questo deflagra, diventa non più gestibile, genera il corto circuito che produce ogni abuso e violenza.
    Il maschio obbediente e remissivo là fuori, diventa l’alfa possessivo e crudele dentro casa.
    Il primo dato da incrociare credo sia quello con i miltari americani reduci dai fronti di guerra. Se andate a vedere numeri e statistiche, sono a dir poco spaventosi. Parliamo di centinaia di donne uccise ogni anno. Cosa hanno ‘accettato’ quei soldati? A quali ordini hanno obbedito? Quanta frustrazione hanno dovuto ‘mangiare’?
    Il secondo, all’apparenza potrebbe sorprendere, è quello del maggiore, di molto, tasso di uccisioni di donne nel nord dell’italia, rispetto al sud in particolare. Invece è abbastanza semplice che il maggiore istinto e propensione all’autonomia, e capacità decisionale da parte delle donne in queste regioni, produca un numero molto più elevato di distacchi, di scelte, di ripresa della vita, che fanno da sfondo ai ripetuti episodi.
    Inoltre, la società è sempre più ‘armata’. All’americana, anche se non ancora a quei livelli.
    E così il cocktail è servito. E fa spavento.
    L.

  17. @ Luca -: sì per la società della prestazione che genera mostri, ma lo spavento arriva da lontano. Il binomio uomo – madre? I maschi drogati di superomismo? Non lo so, sta di fatto che una scrittrice come la Morante non si identifica con le donne ma con i ragazzi, non ama le donne, le disprezza anzi, e più sorio civili, evolute, colte, educate più le disprezza. Detesta le donne emancipate e intellettuali: a parte Simone Weil fraternizzava spiritualmente piuttosto con le contadine analfabete e le maestrine spaurite. Quanti sono i maschi che odiano le proprie colleghe? Una caterva e non è un problema letterario.

  18. Ne parlo un poco con le mie colleghe appunto e una mi dice:”Se una sedicenne si mette con uno di trent’anni, si deve comportare bene e non lo deve lasciare. Se l’è cercata”. Tristezza e il commento più esaustivo e bello in questo blog amato è di Luca. Rivaluto la Morante?

  19. @zauberei & @Alessandra Effettivamente, gli ambiti giuridico e psicologico sono angolazioni particolari, ma proprio nel senso che si dovrebbero applicare ai casi singoli. Uno sguardo sociologico non banale mi sembrerebbe più opportuno, per far parlare vicende simili.
    Perché se è vero che il caso singolo avviene in quanto tale, è altrettanto vero che è il quadro economico, culturale ecc ecc quello che fa da cornice ai gesti: per esempio, l’infanticidio femminile ha infatti delle radici economiche e culturali (quindi sociali) molto chiare in determinate aree del mondo, e se queste non mutano, non mutano le pratiche.
    Non dovrebbero essere queste le cose su cui ci fa riflettere (e magari ci muove) un buon giornalismo, una buona informazione, piuttosto che su aggravanti o attenuanti o sul nonno sadico dell’omicida?

  20. Sì che è un’urgenza.
    A trecentosessantagradi però.
    Il che significa non isolare il sintomo rispetto a tutta una serie di fattori che lo rendono probabile (non ho mai creduto a una causa lineare per fenomeni che non siano puramente meccanici).
    Una cultura della libertà e della dignità personali non può evitare
    1) di misurarsi con i messaggi veicolati dai media (quando vedremo uno sciopero di lettrici-lettori-telespettatori contro giornali riviste e programmi avvilenti per la dignità femminile?)
    2) di porre il problema di un’educazione positiva all’istituto familiare (che i liberaldemocratici lasciano troppo volentieri alle concezioni patriarcali vetero-cattoliche o addirittura al tribalismo islamico incipiente)
    3) di richiedere la certezza e la severità della pena a ciò che si confiugura come reato, ma anche di prevenire certi esiti estremi obbligando chi manifesta attitudini violente a terapie riabilitative. O si crede che simili comportamenti abbiano minore impatto psicologico e sociale della tossicodipendenza?
    Perchè questo accada, però, bisognerebbe che la democrazia si attrezzasse di una visione meno anarcoide e più eticamente vincolata dell’individuo, che dagli anni di Craxi in poi sembra scomparsa da questo paese. Forse rimpiangere il cattocomunismo non è il caso e non serve a niente, ma è sicuro che con il sinistrese fru-fru degli ultimi vent’anni si rimedia solo una cucchiaiata d’indignazione a cose fatte.

  21. @ Valter Binaghi: a parte l’urgenza, leggo sinistrese fru-fru, che sta a prosecchino con chiacchierata di sinistra o a radical-chic culo di pietra? Gauche caviar o bobos? Il problema è più serio, in ogni caso e riguarda il rapporto troppo spesso malato tra maschio e femmina. La certezza della pena non risolve la misoginia.

  22. Allora mi si deve spiegare perchè il superamento (in termini di ideologia diffusa e di costume) del familismo cattolico o pseudotale dell’Italia democristiana in funzione di un individualismo edonistico (che fatta fuori la lotta di classe la sinistra degli ultimi decenni ha sostenuto come principale obiettivo) non ha portato a significativi progressi in merito.
    Forse perchè le radici della violenza e del sopruso non sono dove le si è volute collocare a tutti i costi (il vincolo familiare), ma in certe sottaciute complicità tra progressismo e sindrome narcisisticva (il vietato vietare e il “diritto” alla felicità)?.
    Il rapporto “malato” tra maschio e femmina rischia di essere un feticcio incomprensibile, se non lo si comprende a fianco di altre forme di violenza diffuse e crescenti, come il bullismo adolescenziale, il mobbing, la xenofobia.
    Prendendo a prestito un’espressione di Latouche, direi che se si vuole veramente eliminare certe tossine dal corpo sociale, occorre “decolonizzare l’immaginario”, senza compromessi, nella fattispecie prendere atto di quannto di psicologicamente regressivo c’è nel linguaggio corrente, che troppo spesso è stato assunto con indifferenza da chi si è accontentato di prendere le distanze dall’autoritarismo clerico-fascista convinto che tutto il resto era emancipazione e libertà.
    Sembrerà OT, ma io ricordo una sola operazione di “decolonizzazione dell’immaginario” riuscita in Italia. Erano gli anni Settanta: si condannavano gli omicidi e gli attentati delle BR ma nei circoli giovanili de sinistra parlavamo di “compagni che sbagliano”. Quando la si è fatta finita con questa stronzata (perchè TUTTI coloro che avevano un minimo di autorevolezza politica hanno preso le distanze dal terrorismo), i terroristi sono stati isolati e giudicati come criminali.
    Stessa cosa per la mafia-camorra: ridicolo pensare che un libro letto nei salotti buoni o anche decine di arresti operati dalla polizia possano debellare un fenomeno che vive di complicità e omertà sul territorio.
    Altro che rapporto “malato”. Come se le malattie non si diffondessero da agenti patogeni, la cui virulenza è direttamente proporzionale alla debolezza dell’organismo. In questo paese che non ha mai avuto una vera rivoluzione (perchè le rivoluzioni costano sangue e sacrifici), non c’è mai nessuno disposto a mettere in discussione il proprio passato, la leggerezza e improntitudine delle proprie scelte. Così le mostruosità ormai evidenti sembrano sempre bubboni improvvisamente e inspiegabilmente emersi in un corpo sano.

  23. Queste analisi storico-psicologico-culturali sono indubbiamente interessanti, ma sembrano dimenticare un piccolo particolare: la stragrandissima maggioranza dei maschi NON violenta le donne, NON le picchia, NON le molesta. Le sopporta, le subisce, cerca di non farsi travolgere dal furore uterino: abbozza, insomma.
    La sopportazione, naturalmente, è reciproca.
    Noto con piacere che qualche maschietto non addomesticato in più ha osato accostarsi alla tana delle amazzoni.

  24. @Paolo S
    è esattamente quello che dicevo. Iniziamo con un buon giornalismo di cronaca abbandonando frasi come “dramma della passione” e/o “delitto d’onore”, e tutte le variani. Concentriamoci sulle vittime e chiamiamo omicidio, l’omicidio e assassino, l’assasino, perchè il più delle volte viene chiamato ex marito o fidanzato.
    La certezza della pena sarebbe una cosa gradita, anche se la morta è ex moglie e ha “frantumato le palle” tutta la vita. E qui…
    @Massimo
    tutti i maschietti che si sentono sopraffatti da cotanto “progesterone” possono sempre cambiare figa. Nessuno gli obbliga a soportare, questo naturalmente è reciproco.
    Un’ultima cosa, se esiste veramente un predominio di ormone femminile agressivo negli uffici, i maschi dovrebbero iniziare a denunciare. Lo stato di diritto è una buona cosa per entrambi i sessi, e questo vale per i contadini o i fighetti di sinistra

  25. Valter ho apprezzato molto il tuo primo intervento. In ogni caso ti ringrazio per l’autenticità di fondo: però io non vorrei dire na cosa strana: ma il superamento caro mio ha giovato eccome. Ai tempi di mia nonna e di mia mamma, le donne stavano di morto peggio. Attenzione alle illusioni ottiche che produce la rilevazione dei dati ora, contro un mondo che un tempo non ne aveva la possibilità, ma era un mondo di abusi reiterati e perpetrati, e se oggi molti di quegli abusi continuano, al di la delle singole cornici psicopatologiche sempre troppo sottovalutate, (mi dispiace dare ragione a uno così sgradevole come Massimo) è l’ombra della vecchia cultura che si insinua nella nuova, a far danni.

  26. Anche oggi altri episodi. La psicopatologia c’entra pochissimo. Nemmeno i ricordi di quanto stavamo peggio, i tempi delle nonne e delle mamme.
    Le donne di questo blog vanno per semplificazioni e piacevolezze (bello il romanesco che stempera ma quanta annoia alla lunga).

  27. Zaub: non è che si rimpiange la vecchia (cultura). E’ che la nuova non è cultura, nel senso che non ha dietro una finalità etica e una pedagogia conseguente: è solo il mercato dei sogni, un paese dei Balocchi psicologicamente regressivo che genera ferite narcisistiche insanabili e violenza strisciante. Chiamare questo emancipazione è pericoloso.

  28. @Valter: tutto è cultura, anche quello che non ci piace. Bisogna trovare le chiavi di lettura e cosa intendi per ferite narcisistiche insanabili?

  29. @ Valter, capisco bene cosa dice Zauberei… La cosa assurda è che non possiamo fidarci dei racconti che riceviamo, per validare il passsato come buono, perché in tutti i racconti a posteriori compare una sorta di ‘finalismo morale’ (non di rado autoassuolutorio) che i narratori ci immettono. Racconti la follia di Joseph Fritzl e intorno dipingi il tuo paesello come tutto candido; racconti la vittima di un omicidio ed era il miglior padre di famiglia; racconti i tempi della fame dei nonni e ah, ma come eravamo tutti uniti all’epoca. Poi scopri a caso che il fratello morto per una colica che nessuno nomina mai (o di cui magari tutti ricordano solo quanto era bello) il giorno prima della colica era stato gonfiato di botte da quello a cui aveva preso la bici e due domande sulla diagnosi del dottore di campagna te le fai…
    Ma dall’altro lato non possiamo neanche fidarci al 100% delle ricerche storiche o sociologiche, che devono pur trovare quel che ricercano e sappiamo tutti bene quanta ‘costruzione’ c’è anche nell’oggetto di ricerca storica o sociologica…

  30. @Vincent
    Intendo un infantilismo perpetuo, in mancanza di modelli adulti d’identiotà e di relazione. Il narcisismo secondario (cioè qualcosa di diverso dall’amor proprio, la sua tracimazione patologica) è la patologia più grave e più diffusa del nostro tempo, come è stato ampiamente riconosciuto sia in ambito sociologico (C. Lasch) che psicoanalitico (H. Kohut)
    @Paolo S.
    E io sono daccordo con Zauberei e con te. Quello che dico è un’altra cosa. Cioè che l’abbandono di un modello sociale non è di per se stesso garanzia di emancipazione umana, se ciò che lo sostituisce è semplicemente il vuoto a perdere.

  31. Dunque, vdiamo se siamo d’accordo sul serio, Valter. C’era una volta un modello sociale meno instabile ma mica tanto buono, che forse conteneva alcuni danni ma altri ne perpetrava. A questo modello, che è sempre troppo facile rimpiangere per una inclinazione naturale della nostra organizzazione dei ricordi, si è sostituito un terreno sociale arato in profondità, zolle di vecchia terra rivoltate e spaccate. Su questo terreno, troppo pochi (almeno qui in Italia) hanno saputo seminare e coltivare piante sane come il rispetto di sé e degli altri, la cultura dei diritti, la cittadinanza attiva: e le erbacce, che in questo mio quadro campestre sono comportamenti e non persone eh!, son cresciute rigogliose, purtroppo anche grazie alla terra arata al sudore altrui. E io ventilo pure l’idea che qualcuno abbia seminato zizzania di proposito…

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