Tanto per chiarire:
“Spesso i giornali parlano di “raptus” e “follia omicida”, ingenerando nell’opinione pubblica la falsa idea che i femminicidi vengano perlopiù commessi da persone portatrici di disagi psicologici o preda di attacchi di aggressività improvvisa. Al contrario, negli ultimi 5 anni meno del 10% di femminicidi è stato commesso a causa di patologie psichiatriche o altre forme di malattie e meno del 10% dei femminicidi è stato commesso per liti legate a problemi economici o lavorativi.
Dunque, tali credenze che legano la violenza sulle donne a cause di sofferenza psichica o a vere e proprie malattie mentali risultano ampliamente smentite sia dai dati ufficiali raccolti dall’Eures nel 2006 e dal Ministero dell’Interno nel Rapporto sulla criminalità in Italia, sia dalle ricerche sul femminicidio eseguite a partire dai casi riportati dalla stampa da parte della Casa delle Donne per non subire violenza di Bologna, un centro antiviolenza parte della rete nazionale “Donne in rete contro la violenza”.
In Italia, nel 1992 gli omicidi di donne rappresentavano il 15,3 % degli omicidi totali, mentre nel 2006 rappresentavano il 26,6 %. Negli ultimi tre anni (periodo 2006-2009), le vittime (delle quali si è avuta notizia sulla stampa) di femminicidio in Italia sono state 439 .
Solo una minima parte di queste uccisioni (-15%) è avvenuta per mano di sconosciuti. In più della metà dei casi il femminicidio è commesso nell’ambito di una relazione sentimentale, in essere o appena terminata, per mano del coniuge, convivente, fidanzato o ex. Nella restante parte dei casi avviene per mano di altro parente della vittima o comunque di persona conosciuta.
E’ interessante notare che i delitti commessi da uomini italiani su donne italiane vengono identificati dalla stampa come ” delitii passionali”, mentre ai delitti commessi da stranieri sulle loro mogli o sulle loro figlie ci si riferisce individuandoli come “delitti d’onore”.
Tale classificazione è indubbiamente discriminatoria in quanto sottende l’idea che commettere atti criminali per motivi di onore sia una peculiarità delle comunità straniere, con tradizioni diverse, dimenticando che identiche tradizioni “d’onore” (giuridicamente configurate come attenuanti o scriminanti per i reati) hanno caratterizzato la società italiana fino a pochi decenni or sono, come detto poc’anzi.
Anche i dati statistici confermano che è sempre il sentimento di orgoglio ferito, di gelosia, di rabbia, di volontà di vendetta e punizione nei confronti di una donna che ha trasgredito a un modello comportamentale tradizionale a spingere l’uomo ad uccidere: sia che si tratti di una figlia pachistana che disonora il padre pachistano perché va vestita all’occidentale, sia che si tratti di una figlia italiana che disonora il padre italiano perché frequenta un tossicodipendente, sia che si tratti della moglie che disonora il marito perché lo tradisce o lo vuole lasciare per un altro.
L’unica differenza sensibile che si può individuare tra le due ipotesi di femminicidio, sta nel fatto che indubbiamente nei delitti di genere maturati nell’ambito delle comunità straniere residenti in Italia, il concorso morale dei membri della comunità al fatto criminoso è significativamente più marcato.
Prosegue sul blog di Barbara Spinelli.
Certamente uno che fa fuori la ex non è certo una persona “normale”.
Se è fuorviante far passare che le donne siano vittima di malati mentali, è altrettanto fuorviante, a mio parere, sostenere che l’ex partner
uccida la donna perchè ha semplicemente disatteso un ruolo sociale.
Qui si tratta di una gravissima frattura psichica al momento della separazione
che trascina la persona oltre al soglia dell’umano, verso un punto di non ritorno che spesso si traduce in omicidio-suicidio a cui a volte non sopravvivono neanche i figli.
La tragica affermazione sottostante è “alla coppia ‘innamorata’ nessuno ha il diritto di sopravvivere”, una incarnazione allucinante dell’afflato amoroso, “morirei senza di te”, certo, ma prima ti ucciderei.
Mi sembrerebbe corretto inserire queste tragedie piuttosto in un quadro di disagio personale gravissimo e generalizzato, in cui la coppia diventa un rifugio esistenziale, un quadro di allarmante analfabetismo sentimentale, in cui singoli alla deriva umana, con un miserrimo bagaglio psichico si rifugiano nella famiglia (anche se è rappresentata da un’acerba sedicenne) per perdersi nel sogno fusionale di coppia. Salvo poi non sopravvivergli.
Se non ci dotiamo di una minima grammatica clinica, sociale e culturale per capire la quotidianità e sostenere il prossimo, poi siamo soli nell’affrontare questi deliri e spesso ci moriamo.
Nessuno sbotta dal nulla per uccidere qualcuno, quante donne dovranno ancora morire per chiedere ed ottenere, ad esempio, dei luoghi di monitoraggio e sostegno a livello locale, realmente efficenti e funzionanti nelle scuole e nei quartieri, che diventino veri punti di riferimento dove potersi rivolgere lungo il percorso di crisi famgliari o di coppia? Crisi che non necessariamente devono sfociare in un massacro.
Siamo capaci di inculcare nelle menti della massa i bisogni più idioti, possibile che non si riesca a trasmettere due cose buone due?
D.
Ottimo punto, Daniele: ma se nei cervelli inculchiamo anche solo due cose buone due, non ci sarà più tanto posto per i bisogni idioti…
Mah ho serie perplessità C’è un problema a monte che è nei dati citati sulla prevaliza del disturbo psichiatrico. Io ho ragione di credere che questi dati siano fortemente inattendibili. Se non altro perchè una diagnosi corrretta del disturbo psichiatrico implica un tale dispendio di energie economiche che proprio vorrei sapere chi è stato il generoso istituto che le ha fatte correttamente. Credo invece che potrei avere dei dati messi insieme in maniera clinicamente strafalciona.
Ora: non è che io neghi il problema, al contrario. Trovo che scotomizzare la grandezza psichica come fa questo post sia una randellata sui piedi – c’è un circuito tra culturale e psicologico, e io vorrei che si avesse l’onestà intellettuale di tenerlo fisso in mente, senza banalizzarlo in un senso o nell’altro. Non vuol dire perciò che le cause culturali non siano un fattore saliente, ma indispettirsi ogni volta che le si coniugano a un percorso individuale, è perdonatemi, quasi adolescenziale. Certo che il raptus non esiste, ma la psicopatologia è un sistema di vita, e sarebbe importante fornire alle persone uomini e donne una cultura psichica della prevenzione.
Quando feci l’indagine istat sulla violenza intrafamiliare mi accorsi per esempio della pazzesca utilità delle interviste che facevo, non tanto o non solo per i dati che sarebbero stati raccolti, ma per il lavoro di maturazione psichica e di presa di consapevolezza della relazione che procurava alle intervistate anche giovani, anche protette anche in situazioni pacifiche. Quel questionario – molto lungo e ben fatto, somministrato da persone formate molto bene – ha regalato degli anticorpi, degli strumenti. Sarebbe bello che istat per esempio ne pensasse uno sulla violenza maschile, in cui solo intervistatori uomini psicologi, intervistassero uomini. Sarebbe una cosa grande e per dati, e per effetti su quelle famiglie. Ecco questo è un esempio.
Fatto sta che:
Uffa! Uffa! Uffa! Li voglio brutti e cattivi! E’ un atteggiamento mentale che non cindivido.
Ci rimangono eticamente, umanamente, giuridicamente. Ma io non posso essere cretina per comodo.
Zauberei, qui nessuno si indispettisce. Barbara Spinelli e’ una delle maggiori esperte italiane ( e internazionali ) di femminicidio e ieri ha postato questa ricerca. Parlare di strafalcioni e’ ingeneroso.
Loredana capisco la tua puntualizzazione, e sono sicura che la tua stima è ben riposta. Però mi sembra un motivo in più – per essere un tantino rompiballe. Se non altro partendo da una considerazione logica, in termini di incidenze: quanti sono gli stronzi sessisti in Italia? Un tot. Quanti quelli che scannano una donna un altro tot – molto ma molto più piccolo. Se il rapporto non è uno a uno, evidentemente la stronzaggine sessista non è il fattore unico. Essa è il sottofondo culturale su cui lavorare anche per tante altre cose molto meno eclatanti, ma le più eclatanti hanno bisogno di altre cause, e quelle psicologiche sono per me tra le prime. No io trovo questi dati inattendibili, e mi piacerebbe davvero che più psicologi seri fossero arruolati in questi lavori e che questi lavori fossero fatti con uno scrupolo psicometrico che non ci si immagina che costo di tempo e di preparazione implica. Perchè comunque che il problema ci sia ed è urgente – è chiarisismo anche a me.
Chiaramente è un problema culturale e non di psicopatologia. Parlare di strafalcioni rispetto a quello che dice la Spinelli, oltre che ingeneroso, rispecchia una superficialità che mi stupisce.
@Loredana
Dal blog della Spinelli. “Femminicidio = E’ l’esercizio di potere che l’uomo e la società esercitano sulla donna affinché il suo comportamento risponda alle aspettative dell’uomo e della società patriarcale.”
Posso dire che non mi convince? Se uno va un po’ addentro a questi fatti di cronaca, si accorge che i soggetti, le circostanze, rispondono scarsamente alle connotazioni ideologiche che generalizzazioni come quella della Spinelli vorrebbero suggerire. In questi omicidi, magari perpetrati ai danni di una donna conosciuta in chat, io non ci vedo proprio la difesa dell’ordine patriarcale, semmai l’incapacità di gestire il rifiuto e l’abbandono, la personalità involuta che troppo spesso non viene segnalata come borderline (forse perchè troppo diffusa nella media della popolazione). Ti piacerebbe se si dicesse che gli infanticidi denunciano un rifiuto ideologico della maternità? No, vero?
E infatti sarebbe una sciocchezza. Anzichè politicizzarla a tutti i costi, io questa degenerazione nei comportamenti vorrei vederla riportata a quella che è la sua sede più ovvia: la precarizzazione dell’esistenza, del lavoro e dei rapporti sociali crea situazioni di handicap oggettivo in soggetti sempre meno attrezzati ad affrontarla.
L’emergenza è pedagogica, se non vogliamo dire morale.
Piuttosto che femminicidio, misoginia assassina?
@Zauberei,
mi viene da fare una considerazione… quante sono le femministe radicali in Italia, un tot, quante uccidono il compagno? Non si sa, perchè non fa statistica.
Sarò anche io radicale, ma mi sembra ovvio che le aspettative mancate, in questo contesto, generino violenza. E l’omicidio/suicidio è l’estremo gesto di possesso.
A me semplicemente piacerebbe che le leggi vengano rispettate, se una donna denuncia uno che l’ha gonfiata di botte, questo deve stare dentro, vedi paesi del nord. Se la donna denuncia l’ex partner per sette volte e questo è libero di scorrazzare e un un giorno ne fa fuori due, è il sistema che non funziona.
Sono arrivata al punto di pensare che non mi importa dove nasce la violenza, voglio solo strumenti certi che siano in grado di prevenirla e contrastarla. Sarebbe già un buon inizio.
Alessandra voglio dirti che sono d’accordo su tutta la linea su quello che dici: a scanso equivoci, sono femminista anche io, e ho le tue stesse urgenze. Solo che la certezza della pena non mi basta, perchè non mi basta mai. Assolve a un desiderio di giustizia, ma il mito della pena come deterrente è stato bellamente disconfermato. Pertanto ho bisogno di una indagine capillare delle cause. E questa indagine la vedo costretta a passare da una stratificazione complessa: se io insisto su quelle psicologiche, non è per sottovalutare quelle socioculturali, dal momento che sono in un rapporto di circolarità, ma perchè penso che la psicologia potrebbe avere gli strumenti per rendere conto di quella circolarità e magari contribuire a fare dei piani perchè sia arginata. Quello che voglio dire è: se sappiamo che un codice culturale da una forma che certi soggetti adottano e altri no, la psicologia può aiutare a dire perchè certi soggetti l’adottino e altri no. Può mettere una lente di ingrandimento su quel flirt psichico. Vale per questo contesto, come per altri comportamenti parzialmente condizionati culturalmente.
Il femminismo comunque non è lo speculare del maschilismo. Nasce come critica di uno stato e cerca l’evoluzione, il maschilismo di critico ha ben poco ed è una vocazione viscerale alla conservazione. Per questo nel secondo la psicopatologia, anche lei attratta dall’arcaico e dal viscerale, trova dei canali di confluenza. (Ahò se penso a certe fimmine anche il femminismo ogni tanto ci ha der DSM, ma nessuna delle presenti:)
Insomma vorrei dire un sacco di cose – perchè questa è materia mia. Ma me fermo.
Eh no. Le credenze “che legano la violenza sulle donne a cause di sofferenza psichica o a vere e proprie malattie mentali” risultano ampliamente CONFERMATE, checché ne dica Barbara Spinelli. Una persona equilibrata – ancorché maschilista – non reagisce a un addio o a una “ferita nell’orgoglio” UCCIDENDO, altrimenti staremmo freschi!… nel senso che il numero delle vittime sarebbe ENORMEMENTE superiore, stante l’alto numero di relazioni quotidianamente troncate senza alcuno strascico delittuoso. Ma è ovvio che alla Lippa piace pensare che tutto dipenda dall’Immaginario, come le hanno insegnato i suoi maestri*-°
lipperini ci vai gù di peso e claro que…. mambo:)
sarebbe bello e d’uopo, che intervenisse barbara se le va
Due cose al volo. Letta così può apparire una lettura politicizzata e generale, ma quella lettura parte dalla casistica e anche dall’osservazione partecipata relativa ad alcuni casi, che ancora non ho avuto tempo di riportare sul blog femminicidio.
Ma quello che è importante ricordare è che:
1) il confine tra disagio e malattia è quello che passa -giuridicamente- tra imputabilità e non imputabilità, per questo è importante segnarlo in maniera netta.
2) quando si parla di ruoli nelle relazione si vuol dire molto di più dell’ “uno ha ucciso la donna perchè ha disatteso un ruolo sociale”.
Banalizzando molto, uno uccide la donna perchè si aspetta da lei un futuro che la donna non desidera dargli e non accetta che la donna possa autodeterminarsi secondo aspettative diverse dalla sua: spesso non c’è del patologico in ciò, non c’è del disagio, c’è una incapacità relazionale nei confronti della partner in termini di rispetto, o una visione stereotipata della coppia, che è cosa diversa dal disagio psichico. Molte donne vengono uccise perchè il compagno non accetta un no, o un si ma alle mie condizioni. E’ una risposta di annientamento, di atto ultimo di controllo sulla libertà di scelta della donna, di possesso.
Lo stereotipo dell’amore eterno, della donna angelicata o angelo del focolare, congiunto all’incapacità a relazionarsi all’interno della coppia con dinamiche paritarie, nel rispetto dell’altra, genera il femminicidio. La soluzione sta in una educazione a modelli diversi di relazione nella coppia e tra i generi, per prevenire. E nella predisposizione di un sistema di protezione delle vittime più adeguato nella pratica rispetto a quello esistente. Non è vero che questi sono casi in cui l’uomo si rifugia nella coppia ossessionato dalla dimensione amorosa: molto spesso sono uomini normali, con relazioni sociali estese e del tutto gentili, amichevoli e simpatiche. La violenza domestica, specie quella psicologica, che spesso sfocia nel femminicidio, è del tutto razionale.
Come dimostrato anche nell’ambito di numerosi processi che hanno visto condannati normali uomini italiani, (tra cui quelli magari che hanno provato a cercare l’impunità al posto di suicidarsi, ma a cui il tentativo è andato male). Il circuito tra culturale e psicologico c’è, e proprio per questo per combattere il femminicidio serve partire dall’educazione e dalla decostruzione degli stereotipi che ci portiamo dietro da troppi secoli.
@valter: se io uccido una conosciuta in chat perchè non me la dà non è forse a partire dall’idea che la donna non può dire mai di no a un uomo, e se io maschio voglio ciò che voglio me lo prendo con le buone o con le cattive e che o sei mia o di nessun altro ? Gli uomini ammazzano, le donne hanno perlopiù reazioni diverse. E questo sono i dati che lo dimostrano.
barbara spinelli mi scusi ma – con tutta la stima – mi tengo le mie divergenze di opinioni, come lei è liberissima di tenersi le sue.
Intanto il parallelismo tra disagio e malattia imputabilità e meno, non lo condivido, perchè quel discrimine che lei da per certo in psicodiagnostica non lo è affatto – per motivi che qui sarebbe lungo spiegare. In ogni caso, anche prendendo per buono il discrimine rimane il fatto che per me i dati sottostimano grandemente le percentuali reali di prevalenza. questo è per altro un problema che la psichiatria ha da sempre, incisivo più che mai in questo tipo di contesti.
L’uccisone della donna che disattende le aspettative, mi da conto di uno sfondo ideologico e culturale, necessario ma non sufficiente. Perchè non tutte le donne che disattendono le aspettative di un maschio sessista vengono scannate.
Quello per cui io polemizzo non è l’indicazione della gravità di un fenomeno, ma un uso della psicologia che mi piacerebbe più sofisticato e approfondito, e non percepito come giustificazione di, ma comprensione di, mettere a punto strumenti per. capire come mai certi pattern funzionano per certe storie e certi soggetti e a parità di cornice culturale – stesso paese della certa zona stessa famiglia di quel certo paese no. Agire su più fronti è auspicabile per tutti.
Il disagio è nella violenza e nell’omicidio in sé.
Qui non si parla di criminali di professione ma di gente che tra le mura domestiche picchia, violenta e/o arriva ad uccidere.
A maggior ragione se c’è normalità di rapporti sociali in questi uomini la cosa è gravemente patologica. Il fatto che si uccida l’oggetto amato è, la prova che il rapporto è visto in modo totalizzante e patologico, bisogna stare attenti perché troppo spesso un rapporto patologico ed ossessivo viene preso per un amore stupendo, da entrambi, finché non arriva la violenza, e allora, spesso è troppo tardi.
Mi sembra riduttivo pensare che si uccidano le donne che non sono più le fidanzate ideali, si uccidono le donne che rifiutano/lasciano uomini che non sono in grado di separarsi, per i quali l’abbandono, diventa detonatore di gravissimi agiti psicotici. Il fatto che “molto spesso sono uomini normali, con relazioni sociali estese e del tutto gentili, amichevoli e simpatiche” non c’entra nulla, a mio avviso, anzi l’illusione di avere una che ti ama indiscriminatamente, molto spesso è la pietra angolare su cui un uomo basa le proprie certezze esistenziali e se questa moglie/mamma viene meno, allora li viene giù tutto.
Lo stereotipo purtroppo è anche quello che fa innamorare del principe azzurro, salvo poi soverchiarlo di delusioni e lamentele per i sogni infranti. Quante sono le donne non femministe che si vivono come entità autonome psichicamente e socialmente, che vedono nell’uomo un compagno di viaggio e non una metà esistenziale senza il quale è impossibile vivere?
Un uomo che non accetta un no è stato un bambino partorito, allevato ed educato da una donna che lo ha cresciuto così, che magari gli ha scelto i vestiti fino a diciotto anni e che non si è accorta di stare allevando un piccolo mostro perchè magari le colpe erano sempre degli altri, e poi lo ha consegnato fatto e pasciuto alla malcapitata di turno. Sto banalizzando ma mi sembra che il problema sia più nel tessuto sociale sentimentale e famigliare danneggiato e assolutamente simbiotico che nella lettura di uomini primitivi e violenti che picchiano donne oggetto perchè osano ribellarsi al modello sociale.
Su un piano di soluzioni concordo appieno:
Assolutamente la protezione dovrebbe essere totale ed immediata per evitare tragedie nelle zone d’ombra della giustizia. E assolutamente ci vuole una grande educazione, sia istituzionale che famigliare, le ‘mammaccie’ dovrebbero per prime educare i figli all’alterità anziché sacrificarli sull’altare dell’amore totale.
Ci vuole un’educazione sentimentale profonda e capillare, ricca di valore autentico e profondo senza retoriche e strumentalizzazioni politico religiose..
D.
@Barbara
Giustissimo quando scrivi: “il confine tra disagio e malattia è quello che passa -giuridicamente- tra imputabilità e non imputabilità, per questo è importante segnarlo in maniera netta.”
Però “lo stereotipo dell’amore eterno” come causa di femminicidio fa il paio con “una botta e via” come sinonimo di democrazia e parità.
bello leggere barbara spinelli qui, apprezzo molto i suoi pezzi.
Se ogni anno anzichè donne morissero 100 e passa uomini uccisi barbaramente dalle ex mogli/fidanzate, etc. ci sarebbero le leggi speciali.
Garantito.
Credo che qui da noi ci sia anche una (pessima) distinzione di genere nei riguardi del peso specifico di un delitto con un trattamento da parte dei media molto diverso.
Da un lato le “saponificatrici”, i “mostri”, le “mantidi”, dall’altro il povero amante deluso, il pazzo di gelosia, i raptus e via dicendo.
La guerra dei sessi fa bene solo agli avvocati.
Il problema è che dovrebbe diventare un martello inesorabile su tutti i media questa cosa.
Adesso la Carfagna avrà altre priorità, ma dovrebbe premere un pò perchè parta una campagna di sensibilizzazione seria e martellante.
Ogni donna italiana, oltre che di salvaslip che le alleviano i problemi di “calore”, dovrebbero anche sapere a menadito il numero delle donne uccise ogni anno nel nostro paese.
Le giornaliste che bazzicano la ‘Maison’ Lipperatura potrebbero iniziare a chiedere a unirsi ancora di più per chiedere a gran voce una campagna nazionale su questo tema.
D.
Le donne e non le giornaliste della “Maison” (boh) dovrebbero interrogarsi su questa tema con molta schiettezza. Il disprezzo maschile è un fatto squisitamente culturale, viene da lontano e da stereotipi difficili da debellare. Un problema di possesso, come scrive la Spinelli, perché a prescindere da una parità di facciata, gli uomini di fronte a donne che li rifiutano, li lasciano, si disamorano, rispondono con la violenza. Sei una mia “cosa” e di te faccio quello che voglio, ammazzarti, annullarti, ma anche comprarti gioielli, farti sentire importante. Tanto tu non esisti senza di me, non ti azzardare a diventare “persona”.
AAARGH!!!Errata corrige
ho fatto confusione tra Caterina Fort che uccise la moglie e i figli del suo amante che si era dichiarato libero e la saponificatrice di Correggio, due casi molto diversi.
Dato che ci sono segnalo anche un significatico sito papaseparatilombardia.org che, partendo da intenti innocui e in apparenza condivisibilli, la parità uomo-donna nell’affidamento dei figli in caso di separazione, vira pericolosamente verso la misoginia più esplicita con test come questo: http://indagine-violenzadomesticasulluomo.blogspot.com/.
Nel sito tutto è un po’ teso e tirato per i capelli nel dimostrare che le donne (di oggi) non sarebbero madri adatte ed amorevoli.Le femminucce sono infatti tutte senza cuore e riducono sul lastrico gli ex mariti.
Delle difficoltà economiche di tante separate con figli a carico nessuno si è mai occupato, tantomeno Famiglia Cristiana che tanto si addolora per i papà separati..
Da segnalare il raffazzonato Pdf con i delitti commessi da donne dal ’46 ad oggi, dove si attribuisce per esempio solo a Rosa Bazzi la strage di Erba o solo a Erica quella di Novi Ligure.
Così, tanto per fare numero.
L’odio per la donna che ti lascia, qualunque sia il motivo, si instilla anche così.
Appunto Persona
http://www.youtube.com/watch?v=8sGiIaTHxj8
questa barbara spinelli è una giurista. Vi attacco il comunicato staccato dai giuristi democratici in occasione del riconoscimento dell’associazione come parte civile nel processo per l’omicidio di Barbara Cicioni. Credo siano riflessioni importanti a maggior ragione dopo aver letto i commenti qui (ci sarebbe da discutere a mio avviso sul rischio dell’appiattimento della donna nel ruolo di vittima e su quello dell’esasperazione forcaiola che ne consegue, che non mi risulta però appartengano a Spinelli). A chi vorrebbe veder processate le madri (tanto per cambiare) per educazione a delinquere, suggerisco di rivalutare emilio fede, che qualche giorno fa, commentando l’ennesima morta ammazzata, sbuffò un : sarà il caldo.
Femminicidio di Barbara Cicioni: ammessa la costituzione dei Giuristi Democratici come parte civile.
Di seguito un commento, l’atto di costituzione di parte civile e l’ordinanza ammissiva.
In data 18 marzo 2008, il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Perugia ha ammesso la costituzione dei Giuristi Democratici come parte civile nel processo a carico di Roberto Spaccino, indagato per l’omicidio, in data 24 maggio 2007, della moglie, Barbara Cicioni, incinta di otto mesi e mezzo, commesso “con crudeltà” e “per futili motivi”(consistiti in una discussione famigliare) nonché per i maltrattamenti a carico della moglie (“con continue ingiurie, percosse, violenze psicologiche, nel corso dell’intera vita matrimoniale fino all’avvenuto omicidio”) e dei figli con “violenza psicologica”.
A fondamento della propria costituzione come parte civile nel processo, pur non avendo come unico scopo sociale statutario la specifica difesa dei diritti delle donne, quanto piuttosto quello di “difesa ed attuazione dei principi democratici, di uguaglianza ed antifascisti della Costituzione e delle Convenzioni in difesa dei Diritti Umani”, i Giuristi Democratici hanno rimarcato la loro costante attività per il riconoscimento a livello sociale, normativo ed internazionale della donna come soggetto di diritto, e per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione basata sul genere o sull’orientamento sessuale.
Nello specifico, l’avv. Monica Miserocchi, che rappresentava in giudizio l’Associazione, e la dott.ssa Spinelli Barbara, che collabora al caso, entrambe attive nel gruppo di lavoro “Genere e famiglie” dei Giuristi Democratici, hanno sostenuto che i fatti contestati all’imputato rientrano nell’ipotesi di “femminicidio”, (ogni pratica personale o sociale violenta fisicamente o psicologicamente, che attenta alla integrità, allo sviluppo psico-fisico, alla salute, alla libertà o alla vita della donna, col fine di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla sottomissione o morte della vittima nei casi peggiori (..) il femminicidio è un fatto sociale: la donna viene uccisa in quanto donna, perché non accetta di ricoprire il ruolo che l’uomo o la società vorrebbero impersonasse) e che, in quanto tali, “hanno provocato una lesione del diritto soggettivo proprio dell’Associazione Nazionale Giuristi Democratici, da intendersi quale lesione dell’interesse concreto alla salvaguardia di situazioni storicamente circostanziate, di esplicita violazione dei diritti fondamentali delle donne e dei bambini riconducibili ad una cultura che non riconosce a tali soggetti la piena dignità di persone, ed in quanto tali assunte dall’associazione per farne oggetto delle proprie cure ai sensi delle finalità statutarie”.
La ammissione della costituzione dei Giuristi Democratici come parte civile in questo processo ha una fortissima valenza, in quanto riconosce che il femminicidio, e nello specifico la violenza domestica, non rappresentano solo una lesione dei diritti della donna, un fatto privato, né tantomeno sono un “fatto di donne”, ma costituiscono una profonda ferita per la società tutta, che, nel momento in cui alla donna non viene riconosciuta la dignità di Persona ed in quanto tale viene fatta oggetto di discriminazioni e violenze, è collettivamente responsabile per l’eliminazione di quella cultura e di quegli stereotipi che ancora oggi minano l’autodeterminazione, la libertà, la vita delle donne ed il sereno sviluppo dei bambini che, in ambito famigliare, assistono a queste violenze e ne subiscono le conseguenze in termini psicologici.
19/03/2008
Io ringrazio molto gina che mi ha chiarito le idee.
Sento che sotto c’è un problema ideologico, o se vogliamo etico, sotterraneo. Nella mia mentalità – uno che ammazza la ex perchè disattende le aspettative mi fornisce un sintomo eclatante, ho la netta sensazione che a un’indagine mediamente approfondita unn quadro diagnostico emergerebbe senza grandi difficoltà. Ora io dico le mie impressioni – fermo restando che la mia esperienza per il momento è circoscritta in massima parte alle vittime, e ho conosciuto di persona solo pochi casi di soggetti che perpetuano abusi su partner. Ma la mia impressione è che, per quanto una di mestiere possa essere giurista, insomma ci si arrivi con facilità a capire che un gesto del genere, è talmente antieconomico psicologicamente che deve essere correlato alla patologia. E il suicidio a stretto giro lo dimostra. Allora il sospetto che mi viene è che, si ha paura di considerare la causa psicologica perchè si tema che annulli la necessità della pena. Questo dipende probabilmente dall’uso giuridico che si fa del disturbo psicopatologico – per cui si considera patologico solo il gesto di quello che non era in se (na stronzata: sono sempre in se) e lo si trasfigura in alibi, in parte perchè si confonde la psicologia seria con le cazzate dei giornalisti di cronaca – ma anche certe perizie che girano fanno piangere – ma molto perchè si crede che la psicopatologia abbia sintomi necessariamente sempre stridenti con il contesto sociale: di modo che fanno testo solo certe diagnosi e altre no. Questo secondo me crea confusione e presta il braccio a forcaiolitudo inutile.
Invece io credo – ma non ho al momento dati e percentuali attendibili, solo la mia osservazione: che le prevalenze psicopatologiche siano molto più alte, che certi quadri diagnostici non siano inclusi, e che prenderne atto non vuol dire necessariamente eludere la pena – la dove il superio latita, la dove il contentimento non c’è stato, lo Stato deve assolvere la funzione mancante – e che forse bisognerebbe ripensare in maniera più articolata anche per altri casi perseguibili penalmente – il rapporto tra diagnosi psichiatrica e pena da stabilire.
O.T. Andando leggermente fuori tema, io trovo psico-patologico che una blogger si ostini a sbarrare l’accesso al proprio PUBBLICO blog a un commentatore che, quando riesce a superare gli sbarramenti, tutti trovano accettabilissimo. Ovvio che lui si ostini, per mera questione di principio, a combattere la trombonaggine della titolare. Se la blogger vuole solo commenti di amici e di amici degli amici, crei una Newsletter e non un blog.
Daniele Marotta, le donne e gli uomini che frequentano questo blog discutono del tema dal 2007 almeno: questo, tanto per dare alla Maison quel che è della Maison. In secondo luogo, sono abbastanza stanca di sentir dire “dovrebbero”. Ne discutiamo, facciamo. Qual è l’eco che arriva fuori di qui? Non sarebbero forse i direttori e capiservizio dei media tradizionali a “dover” ricordare che esiste una questione femminile al di fuori dell’emergenza?
Zauberei. Conosco il tuo punto di vista e certamente è un punto di vista importante e di cui tenere conto: non mi sembra che vengano espressi punti di vista forcaioli, ad ogni modo. Il secondo punto riguarda il rapporto fra individuo e contesto sociale. Se vuoi, uso i termini “psicologia di massa”: e se qualcosa cambia nella medesima, si riflette anche su (alcuni) singoli. Va anche detta un’altra cosa: io ho conosciuto degli uomini violenti. E ti assicuro che magari, in terapia, le motivazioni della violenza medesima possono (non è detto) emergere. Ma “dopo” il gesto violento: perchè a vederle e frequentarle si tratta di persone piacevoli e squisitamente inserite nel contesto sociale e a volte financo culturale. Ma da quel punto di vista – il rapporto con una donna – vacillano. Non sto dicendo tutti, sto dicendo alcuni. Ma quando le cifre diventano quelle che ci ha dato Barbara – e che sono sotto gli occhi di tutti – non si può motivare solo con la diagnosi. C’è evidentemente altro.
Loredana, se ti può confortare io detesto la psicologia di massa. Proprio come il fumo negli occhi. Per il resto te conosci er mio punto e lo sentii utile, io conosco il tuo e lo sento utile ognuna poi spinge nelle sue competenze.
Sul fatto che fossero inseriti socialmente non mi stupisco per niente. Un sacco di psicopatologie vantano ottimi inserimenti sociali – ragione di più quelle rinforzate culturalmente. Tipo l’anoressia, tipo l’alcolismo (maschile – quello femminile è molto più associato a emarginazione, per ovvi motivi). Altre che sono relativamente indipendenti dai codici culturali possono essere magistralmente dissimulate (i disturbi dissociativi per esempio). In ogni caso – se leggi bene io condivido appieno l’assunto tuo per cui la diagnosi non è l’unica causa: ma appassionata al problema, mi trovo a interagire in contesti intellettuali in cui, persone a cui mi trovo intellettualmente più affine – come può essere benissimo il caso della Spinelli qui, ma anche della Dominianni altrove – maneggiano un sacco di categorie con perizia e cognizione di causa, quelle psicologiche invece con maggior approssimazione. Donde il mio scassapallamento reiterato. Perchè anche tu pensi allo strumento psicologico solo come cura post – violenza, e non come arsenale utile per calibrare interventi preventivi, a stretta collaborazione con altre competenze.
Dopo di che mi sento di dire faccia da zucchina! Così per alimentare un po’ il dissenso. PPPP
🙂
Allora,
mi scuso se non mi sono spiegato.. …sarà il caldo. 🙂
; non volevo certo svalutare questo spazio e l’attività intensa in merito a questi temi che fate da tempo, ma ho pensato che, voi giornalisti, potreste cercare di richiamare direttamente l’attenzione del ministero delle pari opportunità, che esiste apposta, per instaurare un dialogo in merito, da una posizione certo più avanzata di noi semplici lettori.
Sociale non può mai essere impersonale.
Se c’è un’ondata di suicidi, le cause di ognuno di essi è certamente personale ed unica.
Il punto di vista clinico è l’unico funzionale, nella misura in cui è specifico alla risoluzione delle singole dinamiche che potrebbero portare alla singola tragedia. E’ lo strumento suo, e demandare alla politica, al sociale o alla religione di fare il lavoro della clinica è sempre un grave autogol.
La politica e la società dovrebbe anzi fare in modo che la clinica sia messa in condizione di operare con efficacia nella prevenzione.
Il resto è acqua fresca.
E’ la famiglia che è patogenetica, ben più della società.
Battersi per un’evoluzione dei costumi, tesa a contrastare ogni discriminazione e proteggere ogni vittima di abuso è un’obbligo primario a cui siamo tutti chiamati.
Tuttavia la situazione è complessa e le leggi in materia di punizione e protezione per quanto fondamentali e urgenti non risolvono il problema che è molto più complesso.
Ogni singolo caso è diverso e particolare e parte da lontano, dalla storia degli attori in gioco, dalla natura della loro relazione, dall’idea stessa che di amore hanno entrambi, dal fattore di rischio che cercano per avere tensione ed emozione in un rapporto, dal bisogno di esercitare o subire il potere, dall’idea di cercare amore a tutti i costi come balsamo alla solitudine e al fallimento, dagli oggetti interni e dai modelli strutturali che compongono la psiche di ognuno di noi.
Avere delle leggi per affrontare al meglio l’emergenza è la priorità, e non si discute, ma contemporaneamente, credo, bisogna creare un vero fermento per educare alla relazione e all’amore parlando agli aspetti psichici più profondi e non lasciarli andare alla deriva, altrimenti non se ne esce.
Il modello sociale della donna oggetto e del maschio virile, quando non produce danno, è il modello di riferimento da migliaia di uomini e donne, poi l’uomo in realtà non è mai virile e la donna non è mai oggetto, il problema è che certi uomini vanno in pezzi se lasciati dalla moglie/fidanzata, e la uccidono, poi per lo più si uccidono o si vanno a costituire, molti meno cercano di farla franca (qui servirebbe una statistica pero’).
Sono, però, stra convinto che l’idea di femminicidio come deriva di una pratica culturale maschilista in italia sia un vicolo cieco per risolvere il problema del femminicidio, perchè uccidere non è un comportamento ma una atto economicamente inammissibile per chi lo compie e sintomo di un collasso psichico da cui non si esce, a meno che non si provenga da una storia costruita sulla criminalità. Tuttavia potrebbe restare una argomento fertile per tentare di contrastare il modello mschilista ancora molto diffuso tra uomini e donne italiane.
🙂
D.
prego zauberei:)
in realtà tutte noi con un po’ di esperienza di vita siamo in grado di spiattellare quadri diagnostici da strabilio. In realtà è possibile riuscirci anche con la fantasia. qualcuno ci ha mai pensato agli effetti del cockail di viagra che ci cola dai rubinetti insieme agli estrogeni delle pillole, al prozac e alle tonnelllate di merda canceroalluginogena che ci fumiamo ogni giorno solo camminando, respirando in città? Quali orribili mutazioni omicide e deresponsabilizzanti induce ma solo nei maschi s’intende? Quali orribili mutazioni della perfetta famiglia psicoedipiconucleotossica teratomorfa di suo, proprio ab origine, siamo al triplo carpiato stoned cromosomico con avvitamento (quando cazzo la smetteremo di giustificare la fissazione del danno indelebile, il mostro inderogabilmente generato dal rifiuto originario di mammà CHE NON TE LA DA e che una volta mia cugina l’ha sentita dire al figlio picchia i compagni?), quale orribile mutazione di questo splendido idillio piccola scena già infernale di suo che da infernale si fa infernalissima generando maschi, ma solo maschi assassini e VIEPPIÙ perfettissimi del tutto PUERI, ETERNI? Ma soprattutto perché, perché il temibile combinato disposto del mondo e SUA MAMMA, dell’l’ISTAT delle giuriste democratiche, dell’etica e dei periti psichiatrici dei tribunali fa il culo selettivo SOLO ai penedotati etero?:) So’ ddomande!:)))) (così, tanto per ravvivare l’autobus, questo autobus qui perché il pezzo di marzano non mi piace e non voglio disturbare la discussione).
Seriamente resta il mio pieno appoggio al lavoro di barbara, coi due dubbi che ho espresso.
gina: direi proprio che tutte noi no. Anche considerando che dal tuo commento vedo che sei ferma a una cultura psicologica che è più o meno quella di mia nonna. Non ti crucciare, c’è Marotta che ti fa buona compagnia.
zaub tutte noi compresa mia nonna eccome c’abbiamo na casistica diagnostica da urlo ( la fantasia che salva la vita, spesso)
mettiamola li come auspicio obiettvo
Si parla di gente ammazzata, dico semplicemente che non si può trovare una motivo generale per dare motivazioni valide e profonde.
Per affrontare le derive della psiche esiste la clinica.
Possiamo parlare per mille anni, ma una motivazione generale per questi atti non c’è. C’è la casistica ma non la causa.
D.
Provo ancora una volta eppoi saluti al cielo-
Non c’è tanto da disquisire,Loredana,qui davanti ai miei occchi camminano svelte le belle lunghe ragazze del Maldura.
Tutte a vita bassa,abbronzate gambe lunghe come una via.
E le più giovani poi per 10 euro si fanno fare quello che lui chiede-
Espressioni violente che vuoi per avere cellulari ultima moda e vestire e andare ingiro i soldi servono ed allora c’è sempre un mascalzone dalle tasche piene che approfitta anche delle bambine.
Non credo sia solo il caldo è secondo me ogni perduta voglia di nascondere la morale e la difesa e dabbenaggine a josa.
Violenza e compiacenza superficialità estrema-
Io qui davanti vedo sempre tutto in modo facile,tranne le suore che pure sono tante,gli uomini che si sentono maschi ed invece solo bestie sono stupidi- Tanti dell’altra sponda dell’adriatico trattati da bestie ed allora si vendicano sul sesso debole.
Loredana lungo è il discorso ma non difficile capisci vero ?
Angelo del Guariento a volte mi pari e non so perchè.
Un caro saluto fresco.
dario.
evidentamente uno non prende l’iphone perchè lo ha l’amico.non per il marketing.quindi non ammazza o colpisce la compagna se vede farlo in tv,oppure in giro.o forse no.se la società è ormai uno status psicologico modificabile,credo omrai basti della ottima pubblictà per far emergere i mostri della solitudine che proliferano nei bar nei sabati odierni.dipende dal sistema di riferimento.per chi ha la colf o lo stipendio comunque assicurato,non c’è crisi.non c’è solitudine ma sempre ottimi amici anche culturali occasionalemte dei violenti.
la diversità esiste,come la violenza.è umana.senza dei,senza religioni ,senza nulla che il mercato esiste solo dei poveri bambini che non sanno come spegnere la luce.