I POPULISTI DELLA LINEA B – RELOADED

Pensavo, inevitabilmente, a Rose Madder, leggendo questa notizia (e a tutti i romanzi in cui lo stesso autore ha raccontato la medesima storia, con poche varianti). Però questa mattina pioveva, e in questa città, o meglio nella metropolitana di questa città, le condizioni climatiche incidono terribilmente sull’umore dei passeggeri.
Fermata Bologna. Ragazza molto lampadata, molto scollata, molto incavolata. “In metropolitana non si legge”. La vostra eccetera ci mette un po’ a realizzare, anche perché ha ripiegato il giornale in quattro, in modo che (rapido controllo: sì, le misure coincidono) le due estremità non superino gli esigui confini dello spazio-passeggero toccatole in sorte. Accompagnatore della ragazza lampadata: “Il giornale si legge in ufficio”. Ah. Sguardo di disapprovazione da parte di altre due donne con cartellina di cuoio e aria truce. Ripiego ulteriormente il giornale e smetto di leggere.
Passaggio interno dalla linea B alla linea A. Enormi tabelloni pubblicitari Snai, società di scommesse sportive: sulla sinistra, un lui che con pollici e indici allargati allude al concetto di “avere fortuna”. Sulla destra, una lei con busto inarcato e sorriso malizioso, sulle tette la scritta “Prendila”. Meditazione classica da brava populista della linea B: sarebbe bello che i moralisti in sandali che imprecano contro, a scelta, film, telefilm, cartoni “volgari” si facessero un giro qua sotto. Linea A. Riapro il giornale. Fermata Barberini. Signora con tailleur nero: “Il giornale dà fastidio. Non si legge in metropolitana”. E tre. Già, tre: sui sedili sotto di me, una vicina all’altra, tre ragazzine sono concentrate su altrettanti libri (nell’ordine, da sinistra a destra, I love shopping, Mille splendidi soli, La masseria delle allodole). Fermata Spagna. Passeggero ad altro passeggero: “Bastardo. Stronzo. Ti spacco la faccia. Togliti dai coglioni”. Flaminio. Passeggero di nazionalità non identificata a passeggero italiano che insiste “che c’è posto avanti” e che dunque bisogna spostarsi: “Se potrei, mi sarei spostato”. Mi guarda: “Potessi?”. “Potessi”, dico. “Rumeni di merda”, dice il passeggero italiano.
Nella mail, trovo la scheda di un fumetto che sto aspettando, Gyakushu!. Comincia: “in un Medioevo di ghiaccio e sopraffazione….”. Sarà una lunga giornata, mi sa.

58 pensieri su “I POPULISTI DELLA LINEA B – RELOADED

  1. Metropolitana di Londra. Ne avessi trovato uno che non legge. Da una certa età in giù, Harry Potter. Dalla stessa età in su, giornali.

  2. Fondamentalmente tu – lo so – prendi la metropolitana per difendere un principio.
    Ciò che vi accade dovrebbe farti pensare che o non esistono più principi da difendere, o semplicemnte prendere la metropolitana non è più un metodo per difendere un principio.
    A mio modo di vedere, oggi prendere la metropolitana non vale più la pena.

  3. Scene di metropolitana:
    – a Milano: il corriere della sera occupa due posti: il passeggero accanto è invitato a leggere e commentare.
    – a Parigi: c’è sempre qualcuno delle banlieue pronto ad attraversare prima di te il passaggio ai treni: col tuo biglietto!
    – a Tokyo: uomini vestiti tutti uguali (completo blu scuro camicia bianca) che giocano in vagone con una mini-play station in perfetto equilibrio: è maleducazione disturbarli.
    ..a Roma mi sembra tutto più provincialotto – senza offesa.
    m

  4. Al di là del fatto che alle otto del mattino di una giornata come questa anche saper guidare il motorino non è una gran consolazione: be’, alle otto del mattino di una giornata come questa, ritengo che una doccia di venti minuti per raggiungere il posto di lavoro sia *comunque* di gran lunga preferibile a un tragitto in metropolitana.
    Quando ne avrai davvero abbastanza, chiederai adeguate lezioni a Lotta e Olli, e loro avranno il cuore di concedertele.
    (Ah: c’è ancora gente che la mena con la faccenda di Zavattini, ossia “intellettuali: per riprodurre il paese reale, prendete i mezzi pubblici”.
    Ragazzi, questo avveniva sessant’anni fa. Oggi, se prendi i mezzi pubblici, succede l’esatto contrario: è il paese reale a riprodursi su di te. Sali, scendi, torni a casa e butti tua figlia dal balcone. Saprai scusarti, naturalmente, con un generico e gettonatissimo “sapete, ero molto depressa”).

  5. è un problema abbastanza grave, che non si risolve non prendendo i mezzi, se i mezzi non puoi fare a meno di prenderli, e non sai guidare il motorino o non ti puoi permettere una macchina o la macchina prevede code in tangenziale lunghissime e così via. c’è da chiedersi perché roma sia una città così ostile. dove se parli al telefono sull’autobus la gente “t’imbruttisce”, come dicono loro, anche se parli sottovoce, facendo attenzione a non disturbare. dove la cassiera ti lancia indietro i 20 euro stizzita perché non ha spicci e non può darti il resto di 2,85, invece di dirti: mi dispiace non ho resto, con un sorriso, dove in posta ti rimproverano malamente perché hai piegato in due le bollette, come se l’avessi fatto per fargli un torto, dove le vecchiette restano mezz’ora impalate davanti alle striscie pedonali senza semaforo perché le automobili non si fermano e loro non hanno il coraggio di buttarsi in strada e sollecitarle così a fermarsi, dove l’autobus deve fare manovra un quarto d’ora per riuscire a passare perché da un lato e dall’altro ci sono macchine parcheggiate in seconda e terza fila…
    questo atteggiamento di “regole zero” e questo modo di approcciarsi al prossimo come se ti desse fastidio, sempre, a priori (la scena della lipperini sulla metro col suo giornale accuratamente ripiegato per non darlo, il fastidio, che si prende lo stesso i rimproveri della gente, è un esempio perfetto), e il dover tacere e abbozzare, ché se rispondi ti prendi pure un bel vaffanculo (e a me, che non abbozzo facilmente, succede spesso), ecco, questa cosa io la percepisco come una forma di violenza, violenza in senso lato, certo, ma alla quale non mi voglio abituare. è impopolare come discorso? lo so. ma è un disagio che ho scoperto essere diffuso, tra chi non è cresciuto qui ma qui vive, ama le opportunità e la bellezza di questa città, ma ne è ogni giorno un po’ ferito.

  6. Zohaira: Roma è semplicemente una grande città, ed è il ritratto fedele di questo paese, oggi. Del resto Milano non è granché diversa.
    Mi rendo conto che questi siano luoghi comuni, ma non posso farci niente.
    Loredana: sono senza parole 🙂

  7. Io che non ho patente e giro sempre e solo sui mezzi pubblici, a Milano mai nessuno ha preteso non leggessi il giornale. Certo è che se fossero più frequenti i convogli a Roma tutti sarebbero meno incazzosi, forse. Ma, ovviamente la cosa in sé da sola non basta.
    Il ritratto dell’urbe che fa Zoharia deprime, comunque.

  8. mi duole dirlo ma le peggiori sui mezzi pubblici milanesi sono le signore bene dai 50 in su: salgono sui mezzi con la determinazione di mostrare al mondo che conoscono la “buona educazione” e non esitano ad aggredire chiunque, ma soprattutto adolescenti ambosessi, cercando poi consenso intorno a sé; in certe circostanze un lieve urto, una microindecisione, un momento di troppo davanti alle porte in apertura possono accendere la miccia di queste disperate che probabilmente hanno studiato tutta la vita a fare le “sciure” e si ritrovano in una città multirazziale, sporca e confusa che le ignora;
    ho figli adolescenti che usano i mezzi pubblici e li ho messi in guardia da questo tipo umano, spiegando che conviene sempre dire “mi scusi” e evitare di farsi ragione anche quando è evidente che ce l’hai;
    quanto al leggere in metro io invece ho alcuni bei ricordi… per esempio una vettura semivuota nella quale io e una ragazza sedute di fronte leggevamo lo stesso libro: lo so che è una stupidata ma io in quel momento mi sono sentita felice

  9. Non andare in metropolitana.
    “Fermata Bologna. Ragazza molto lampadata, molto scollata” – le foto glamour per la verità le metti anche te…
    A me in metropolitana ste cose non mi capitano. Ma forse se uno se le cerca con abbastanza diligenza, e le nota e le trova.
    Problemi da radical chic, va da sè.

  10. Adalgiso, quando mi spiegherai il nesso fra lampada e foto “glamour” (scattate da mia figlia, peraltro, in una serata casalinga piuttosto delirante), capirò.
    Ah: poi mi piacerebbe sapere quale aura emettano i radical-chic per capitare ciclicamente in situazioni come quella sopra descritta. Forse prendono la metropolitana nelle ore di punta, come tutti i radical chic della terra, e non alle undici del mattino…

  11. @Paolo S. a rischio di dire banalità note, populistiche e demagogiche, la risposta alla tua domanda è no, perché non paga, almeno sul breve. e oggi si vive sempre veloce.. credo di essere discretamente beneducato, ma le volte che mi serve ottenere qualcosa, o semplicemente essere notato, da beneducato non riesco, quantomeno in tempi brevi. devo mettermi a rompere le palle. forse è colpa mia, questione di debolezza di carattere, non rimango impresso, ma intanto è così: o hai carisma naturale o devi alzare la voce e fare l’antipatico. dalle mie parti c’è un detto: faccitta muriu e facci tosta si sabbau. ossia faccia carina è morta e faccia tosta si è salvata. qui va proprio così. la metro, la strada sono il regno del confronto breve, vince la battuta più spiazzante, il commento ardito, al limite il vaffanculo.
    @Ilse con la doppia lettura simultanea nello stesso vagone di metro di delitto e castigo hai toccato un indice di improbabilità dell’85%, per arrivare al 100% poteva solo entrare un nano che parlava a rovescio alla fermata successiva.

  12. Vivo a Roma, sarà un pregio? Bah! Comunque, mi sembra che quando presi l’ultimo bus della mia vita facessi il quarto ginnasio. Ergo i mezzi pubblici avevano da poco dismesso il traino a cavalli.
    L’ultima metropolitana, invece, mi portò a fare un esame alla Sapienza.
    Poi, nel bene e nel male, per me il trasporto pubblico è diventato argomento ignoto quanto il ricamo al tombolo o la letteratura paraguayana.
    Una scelta di vita la mia (altrettanto ideologica come quella di Loredana) di essere perennemente con il posteriore sul sedile dell’automobile. A Roma non si circola nè si parcheggia? Vero, ma non del tutto. Certo, chi non è disposto a fare manco cinquanta metri “a fette” e pretende di posteggiare l’auto sotto la scrivania dell’ufficio merita un esaurimento nervoso cronicizzato e incurabile.
    Però, se non altro per dovere di cronista, so quello che accade sulla metropolitana e anche sotto, visto che ogni tanto qualcuno saluta il mondo suicidandosi sui binari o, cosa più rara ma successa, ci viene spinto.
    Loredana può dirsi fortunata a battibeccare per la superficie di un giornale o per il volume di un libro.
    Sulla metropolitana, invero, si viene frequentemente borseggiati. Ma questo è il meno. Il sovraffollamento cronico è causa di effluvi non proprio da bosco norvegese. Sovente i nostri piedi altro non sono che la pedana del nostro vicino che non sa dove mettere i suoi.
    Faccio notare, sempre per dovere di cronaca, che secondo Rutelli (quando era sindaco di Roma), la città avrebbe avuto funzionante la linea C entro il 2002. Siamo, se non mi sono smarrito, nel 2007 e la linea C consta di alcuni cantieri pieni di polvere, calcinacci e operai che bestemmiano. Ma per non essere da meno, l’attuale Giunta, organizza conferenze stampa per illustrare il progetto della linea D.
    Credo che questa politca degli annunci a vuoto, sia fatta per dimostrare che in Campidoglio, se non ci si indovina sui Trasporti, almeno si conosce l’alfabeto.
    Presumo che entro l’anno prossimo potremo conoscere anche i percorsi delle linee E e F, peraltro già progettate (su carta ovviamente) addirittura nel 1990.
    Sono pressochè certo, quindi, che anche nel lungo futuro, passerò con la mia macchina inquinante di fronte alle solite stazioni delle solite linee A e B ascoltando “li mortacci” di chi non ne può più di fare la sardina dentro le lamiere, e le considerazioni di chi è stato redarguito perché in Metro legge il giornale.
    Però qualcuno potrebbe obiettare che se leggere il giornale in metropolitana è difficile, farlo mentre si guida la macchina è addirittura impossibile.
    Errato! Non conoscete l’animale-automobilista. Esso è una sorta di piovra incurante del pericolo che mentre guida legge, telefona, si scaccola, si fa la barba, mette i cd, sputa dal finestrino, guarda il culo della vigilessa e se questa lo scruta con sguardo truce, lui borbotta: “‘sta troia!”.
    Vivere pericolosamente, dunque. Ma dove la mettete la soddisfazione di arrivare al traguardo e dire: “linea A e linea B, ma andate a cacare!”
    ps: per me la Lipperini-glamour è uno sballo. Se la vedessi così mentre sono al volante mi appiccicherei a un palo dell’Enel 🙂

  13. Eh, Guglielmo, è proprio questo il punto! Come si fa a educare alla buona educazione, quando la maleducazione paga? Me lo sto chiedendo da un po’, tra un vaffa spedito e uno ricevuto 😀

  14. Confermo: a Londra leggono tutti, sia in metropolitana che in treno (in autobus no, con la guida sportiva degli autisti di double-decker ti godi solo le montagne russe – se non hai appena mangiato). Il motivo, in breve: è considerato cortesia non guardare mai i compagni di viaggio. Penso sia uno dei motivi di successo dei tabloid.
    Altra regola di convivenza è non toccarsi mai, al più sfiorarsi dicendo “sorry”, pure alle cinque di pomeriggio di venerdì alla fermata di London Bridge – io devo ancora affinare questa pratica, ma sono imbranata di mio.
    (Ci sarebbe da dire che qui i mezzi tendenzialmente funzionano, il che aiuta la convivenza civile.)

  15. Devo dire che io a Milano prendo la metropolitana tutti i giorni in ora di punta leggendo il giornale e non mi è mai capitato di essere apostrofato. Forse però la mia testimonianza non vale molto, perché essere maschi ed alti un metro e novantadue aiuta a essere lasciati tranquilli, credo.
    In compenso, ricordo che l’anno due anni fa mi è capitato di arrivare a Roma per lavoro in occasione del concerto del primo maggio, con code spaventose che partivano dai binari della metropolitana e arrivavano fino all’esterno. Mentre mi trovavo in mezzo a una di queste code, cercando disperatamente di non farmi prendere dalla claustrofobia e di non pensare a quando pericolosa sarebbe diventata quella situazione se si fosse verificato un qualunque incidente, mi sono reso conto di una cosa: che i ragazzi romani inquela situazione scherzavano, cantavano e motteggiavano a voce altissima, e in quel modo tenevano su il morale alla folla. Fossimo a Milano, pensavo, in una situazione come questa si sentirebbero solo litigi e invettive.
    Questo non per dire che Loredana abbia torto, tutt’altro. Le città, come le persone, hanno lati positivi e negativi, e sono le circostanze a fare emergere gli uni o gli altri…

  16. la pubblicità snai è proprio brutta; non volgare o offensiva o sessita. solo brutta. spero la tolgano in fretta dai cartelloni sotto ai quali passo per andare al lavoro.

  17. Un tempo Milano era una meraviglia, non esisteva neppure la parola periferia: avrete visto anche voi, quelle foto in bianco e nero, in cui si vedono vigili, in strada, circondati da panettoni di Natale, regalo dei passanti.
    Il tracollo avvenne con la meridionalizzazione. La società si è disgregata, sfarinata, senza identità. E’ quello che accade oggi nelle provincie del nord: gli assassinii in famiglia, tra parenti sono solo la spia. Lo stesso accade oggi in Svezia, Olanda, Belgio, Germania, andiamo verso la monorazza senza storia nè identità: unico obiettivo, tirare a campare. Almeno secondo me. ciao p

  18. Per Enrico Gregori:
    Non saremo in pieno illuminismo ma è un fatto: 8.000.000 di persone portatrici di caratteri, costumi, modi di fare, dialetti, culture, assai diverse, piombarono improvvisamente nel Nord Italia: fu uno tzunami, la prima bastonata. Oggi l’immigrazione crescente da tutto il sud del mondo dà il colpo di grazia:
    Milano composta da quartieri e comunità dove tutti ci conosceva ad un’enorme accampamento, una Babilonia, un non-luogo senza identità. Ricordo inoltre che ogni anno dalla Germania Ovest, ripeto Ovest, emigrano circa 300.000 giovani, in Usa, per trovare fiducia e crearsi una famiglia. Invito a leggere più spesso ‘Internazionale’, spesso affronta l’incomunicabilità e l’inconciliabilità di culture diverse. Ciao

  19. Probabilmente ti sei risentito ipotizzando che io ti ritenga un po’ razzista. Non è quello il problema. Io sono più razzista di te. Infatti ti saluto perché il mio razzismo culturale non mi consente di proseguire il dialogo con chi mette l’apostrofo a “un enorme accampamento”. Senza offesa. Ciao

  20. PER Enrico Gregori,
    Il tuo atteggiamento verso gli sgammaticati conferma che mescolare persone, popoli, culture non omogenee genera rigetto, intolleranza, sterilità. Il senso civico scompare. Con l’immigrazione forzata di milioni di illetterati, Milano è morta. Da Gadda a Leone di Lernia.

  21. Quindi se tu commetti errori di grammatica e/o di sintassi la colpa è di Leone Di Lernia. Interessante! In effetti anche io, per esempio, se a volte attraverso un incrocio nonostante il semaforo rosso, sono del tutto innocente. La colpa è di tutti quegli automobilisti napoletani che invadono Roma e se ne impipano del codice stradale.
    ps: dai, vediamo chi la spara più grossa. è divertente!

  22. Per Enrico Gregori, è un discorso complicatoi:
    il senso di comunità, senso civico, cittadinanza, si sgretolò con l’afflusso improvviso di 8.000.000 di meridionali imposti da un manipolo di grandi industriali. I primi a subire l’ondata furono i ceti bassi e medio bassi. Chi potè emigrò in quartieri più tranquilli.
    Il primo effetto fu la scomparsa dei dialetti e la castrazione nell’esprimersi: trionfò il politicamente corretto. Scomparvero lingue e dialetti meravigliosi, patrimonio inestimabile, pensiamo solo al genovese di De Andrè.
    Al contrario, oggi, nel Sud tutti i dialetti sono vivi e spesso splendide canzoni sono in dialetto napoletano. Ma è solo un aspetto, si potrebbe parlare per anni dell’alluvione migratoria e dei suoi effetti. Proprio in questi giorni, un giudice ha ‘condannato’ l’Inter a giocare in casa senza tifosi, per via degli striscioni e i cori contro i napoletani. Appena può, il popolo, sfoga la sua rabbia, covata e repressa dal politicamente perfetto. Alla faccia degli intellettuali e dei ‘potenti’. Almeno, secondo me. ciao

  23. Per Pino:
    quindi quando De André ha composto alcune splendide canzoni in sardo stretto era sotto l’influsso di stupefacenti oppure aveva battuto la testa contro la lanterna di Genova? Può darsi.
    Nel mentre ti informo che a Roma ci sono oltre un milione di stranieri tra cui i romeni e i filippini formano la parte più consistente. Ma possiamo aggiungere cinesi, senegalesi, sudamericani etc.
    Io e altri capitolini, se ci va, continuiamo tranquillamente a parlare in romanesco senza che il nostro dialetto abbia assunto un’inflessione mandarina o slava.

  24. Se il Sud del mondo si sposta a Nord, e se l’Est si sposta a Ovest, ci sarà un motivo?
    Non dimentichiamo che chi emigra subisce una “doppia assenza”: una dal luogo di origine, l’altra dal luogo di arrivo quando non c’è la possibilità di integrarsi davvero.
    Alla fine dell’Ottocento molti degli emigrati italiani in Sud America provenivano dal Nord del paese. Si consiglia (vivamente) la lettura di “Sull’Oceano” (1889) di Edmondo De Amicis: racconta la navigazione da Genova a Montevideo compiuta dall’autore sul piroscafo Nord America nella primavera del 1884. Insieme a De Amicis erano imbarcati 1800 passeggeri che speravano di trovare nel Sud America una vita migliore; provenienti da quasi tutte le regioni d’Italia, capaci di parlare solo dialetti locali – e quindi impossibilitati a comunicare se non con i propri compaesani.
    Non dimentichiamo, infine, che il mondo cambia. È possibile che tra qualche decina (o ventina, o trentina) d’anni parleremo tutti in inglese e che la nostra amata lingua italiana sarà considerata alla stregua di uno dei più bistrattati dialetti nostrani.
    Ma andremo avanti lo stesso.
    L’umanità, per fortuna, è riuscita a sopravvivere alla morte della lingua greca e di quella latina. E al razzismo mascherato.

  25. Per Enrico Gregori,
    Il sardo è una lingua viva, nulla di strano. Invece, con il genovese, De Andrè fece un’operazione di archeologia. Con lo sconvolgimento migratorio degli anni 50, i ricchi continuarono ad arricchirsi,viver felici e trastullarsi coi dialetti (De Andrè era figlio del più ricco avvocato di Genova): nei quartieri operai e più fragili culturalmente, invece, i vicini di casa divennero sottoproletari calabresi, siciliani, napoletani. Inoltre tutti i posti pubblici governati dai politici, dalla Scuola alla Giustizia, dalla Stampa alle Poste alla Sanità, furono occupati da meridionali. Così morirono i dialetti. Ma ripeto, fu solo il primo Tzunami. Oggi la nuova ondata dal sud del mondo spalanca le porte alla perdita totale dell’identità, allo spaesamento, al nichilismo.
    Per Massimo Maugeri,
    Il Sud Italia è vicino, non ci sarebbe bisogno di emigrare: ricevette montagne di miliardi, risultato, zero. Fermi all’epoca pre-unitaria. Ancora oggi si ricostruiscono le case ai terremotati dell’Irpinia. Non tieni conto dell’indole, del senso civico, della natura dei popoli. I veneti, i liguri, i piemontesi, ovunque siano andati, non hanno creato problemi, si sono adattati alle realtà che li ospitava.
    Mi paiono argomenti i tuoi, interessanti ma assai superficiali, condivisibili solo presso gli effimeri attori hoollywoodiani, i regimi religiosi arabi e gli intellettuali europei. ciao

  26. In effetti ormai manca poco a convincermi. Se rivolgiamo lo sguardo verso le guglie del Duomo di Milano e le vediamo annerite, infatti, ciò dipende solo ed esclusivamente dall’alitosi dei meridionali. Mentre, tutto il mondo sa, il fiato dei nordici è balsamico come l’aria di un bosco norvegese.
    Però può anche darsi che se i dialetti e le tradizioni siano morti sotto l’invasione dei “sudisti” possa dipendere dal fatto che gli “autoctoni” non hanno avuto forza, voglia, cultura, tempo di difenderli.
    L’antica Roma, per esempio, aveva un forte identità. E si guardò bene di perdere le sue tradizioni nonostante tutti gli stranieri che arrivassero nell’Urbe. Anzi, semmai inopinatamente, Roma impose il suo modello nel resto del mondo.
    Anche oggi, fidati, tutti gli stranieri che vivono nella Capitale non minacciano in alcun modo né il nostro dialetto né i nostri costumi.
    Se poi, per tua cultura personale, vorrai un elenco di reati e fenomeni criminali dei quali sono stati protagonisti soltanto malavitosi nati e cresciuti del Nord, sarò lieto di fornirtelo. E non si tratta affatto di contaminazioni causate dall’arrivo dei meridionali. Tutta farina del sacco nordico, giuro!
    Posso però anticiparti che l’epopea criminosa della Mafia del Brenta, non mi ha impedito di farmi un giro da quelle parti e di trovare gli “indigeni” persone assolutamente oneste e cordiali.

  27. Per Enrico Gregori,
    sulla criminalità non sono daccordo, fenomeni di malavita e corruzione indigena non c’erano mai stati, specie tra i proletari, se non la bucolica banda di Sante Pollastri, in gioventù amico del ciclista Girardengo, cantata da De Gregori (in realtà si chiamava Pollastro e mai conobbe Girardengo, ma tant’è, chissenefrega).
    La ‘mafia del Brenta’ fu la conseguenza di una sciagurata legge che spediva nel Nord decine di boss mafiosi e camorristi in “soggiorno obbligato”, naturalmente Felicetto Maniero e qualche altro sbandato entrarono in società con questi criminali.
    Sono daccordo circa la fine dei dialetti dovuta alla debolezza e all’ignoranza degli autoctoni: tutti pronti ad obbedire e a tacere, rispettare le leggi, l’educazione. Penso ai ‘Vinti’ di Nuto Revelli’. Il Nord ha fatto come Tafazzi, ha rinunciato a difendersi, prigioniero del politicamente corretto, chi scrisse ‘Non si affitta ai meridionali’, venne messo in croce. I sottoproletari meridionali, più svegli, risoluti, imposero i loro costumi senza tanti cerimonie.Come si dice? La mela cattiva scaccia la buona.
    Tieni presente che il problema sta travolgendo anche tutti gli altri pesi nordici, ricorderai il povero Pim Fortuyn, ucciso per aver chiesto di fermare lo snaturamento di quegli algidi paesi. In Inghilterra dilaga il binge drinking. Per i ricchi e le classi privilegiate è divertente abitare nel centro di città multietniche e multiculturali.
    Avrai ragione su Roma, tu stesso hai detto che i romani avevano una forte identità, ma nel Nord Italia è assai diverso, sono realtà differenti. Direi proprio l’opposto: il Nord ha perso identà, nessuno sente di appartenere a una comunità, specie nei paesi e nelle cittadine.

  28. certo, meglie leggere sul posto di lavoro, dove non si dà fastidio a nessuno (tranne magari a chi si aspetterebbe che uno lì facesse quello per cui è pagato e non altro), che in metropolitana… ma…

  29. che tu non sia d’accordo sull’esistenza (anche antica) di fenomeni di criminalità indigena al nord, perdonami, ma ha scarso peso. anche io potrei trovare molto seccante e arbitrario che dopo il mercoledì ci sia il giovedì. Fatto sta che così è.

  30. Per Enrico Gregori,
    dico che la criminalità non aveva alcuna influenza sul regolare corso delle comunità, si possono trovare casi singoli di fuorilegge, di banditi, subito espulsi dai paese d’origine, e ricercati ovunque. L’onestà era la regola e non l’eccezione, il senso civico era a livelli scandinavi, specie nelle campagne. Neppure paragonabile per scherzo all’arretratezza socio-culturale di alcune aree del Sud. I guasti cominciò lentamente con l’unità d’Italia e con l’arrivo dei finanzieri dal Sud: taglieggiavano i contadini e volevano il pizzo sul sale. Per i piemontesi fare la bagna cauda divenne un’incubo. Ne parla Nico Orengo ne “Il salto dell’acciuga” Einaudi, di qualche anno fa. ciao

  31. Per Enrico Gregori,
    quanto agli apostrofo non è colpa mia se il tasto lo aggiunge automaticamente.
    A Roma il milione di stranieri non sono un problema. Il problema sono gli italiani del sud. Mi pare che Rita Bernardini dei Radficali tentò ad alzare la testa: indicò i baristi ,tutti napoletani, a Roma, e un giro losco di compravendita di locali.
    Ebbene, la risposta corale dei bempensanti fu: “razzista”.
    Quanto agli elenchi che tu possiederesti circa i criminali nati al Nord, sto aspendando…Non volermene ma i meridionalisti e i loro falsi documenti, hanno fatto e fanno solo il male del Sud.
    Direi che con ‘razzista’ i meridionalisti alludono a quelle persone che non intendono diventare come loro: se Pim Fortuyn dice che preferisce mantenere la sua identità e il suo stile di vita….va ucciso…ciao

  32. Ho seguito questo dialogo con un certo divertimento, sulle prime, ma è diventato via via sempre più stucchevole.
    Io sono siciliano, Pino. Non per questo chiudo gli occhi e taccio sulle cattive abitudini di molti meridionali. Vero che per ragioni storiche molti di loro non hanno mai maturato un adeguato senso civico, e vero che quando questi atteggiamenti antisociali diventano diffusi o, addirittura, contagiano le istituzioni, come purtroppo è spesso successo, il livello di malessere sale. ma da qui a farne una questione di carattere antropologico (se non addirittura cromosomico), come sostanzialmente fai tu quando dici che “il problema sono gli italiani del sud” e altre simpatiche quanto apodittiche affermazioni.
    Da meridionale non ritengo razzista chi non è o la pensa come me, ritengo razzista chi pensa che un uomo sia migliore o peggiore di un altro solo in base alla sua razza, alla sua provenienza, al suo ceto ecc. non mi pare così difficile da capire. Se dico che dal veneto vengono solo contadini ignoranti e sciocchi, dalla lombardia ganassa che pensano solo ai soldi e dal piemonte solo gente falsa e coretese sono razzista pure io. punto e basta.

  33. Per Guglielmo Pisapia,
    sono daccordo su tutto quanto hai scritto, soklo che, secondo me, non hai presente cosa sia, imbottire di 8.000.000. di sottoproletari, il tranquillo Nord: un incubo. La meridionalizzazione nei suoi lati peggiori.
    Oggi Milano è una città snaturata, ibastardita, senza identità nè storia comune ed condivisa. Ripeto, tutto ciò che era ed è pubblico è finito in mano ai Partiti-mafia romani.
    Nel mio caso, e in tutti gli altri, tutte le maestre e tutti i professori erano meridionali che al venerdì tornano al sud: è illogico, uno spreco, mostruso. Pensa che l’Inghilterra non ha una polizia nazionale: ogni cittadina ha proprie polizie autonome. Nei casi importanti arriva Scottland Yard. lo stesso i Lander in Germania. Noi abbiamo tre, quattro polizie, tutte composte da meridionali. Ricorderai, quell’inchiesta apparsa su Repubblica ai tempi del caso Speciale, ebbene la Guardia di Finanza è composta all’80% da una “famiglia” di siciliani che da generazioni si tramanda il ‘posto fisso’. Lo stesso per le Poste e la Sanità, i Prefetti ed i segretari comunali, e i carabinieri, i vigili del fuoco e qualunque altro ente pubblico. Basta. Ci sentiamo stranieri incasa nostra. Da Settentrionale penso che ovunque io vada, debba rispettare i costumi locali e non debba imporre con la prepotenza, il coltello, le minacce, la corruzione. Ci sentiamo circondati. Sono razzisti coloro che vogliono esportare lo stile di vita meridionale ovunque vadanano: ripeto con le minacce e la prepotenza. ciao.

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