I SOGNI DI LISA

l43-simpson-lisa-111018141820_bigIn uno degli episodi dei Simpson, Lisa viene raggiunta in sogno dalle sue eroine: Simone de Beauvoir, Lilian Hellman, Margaret Mead, Lauren Bacall, Elisabetta I.  Le visioni di Lisa mi sono tornate in mente in questi giorni caldi, caldi anche di polemiche esterne e interne.  Per esempio, Yamamay o no (per me il no resta un no: assicurarsi il consenso di parte del femminismo per promuovere il marchio è cosa da non appoggiare e non porta informazione a giovani donne che ne sono prive. Basta guardare la pagina Facebook di Yamamay, dove sotto la promozione della campagna un’utente protesta perché non le è arrivato il costume, altro che sensibilizzazione).  Oppure, i femminismi giusti e ingiusti di cui dà conto Abbatto i muri.
Ecco, ma Lisa? Al di là di tutto, delle analisi politiche, delle strategie, della pubblicità, della sacrosanta disparità di pareri, per me il problema restano le donne che potrebbero apparire in sogno, oggi, a una bambina. Forse perché resto convinta che tutto parta dal modo in cui la nostra infanzia viene plasmata, dai modelli che incontriamo, dagli adulti che osserviamo, e che negli ultimi dieci anni, quando rivestivano un ruolo pubblico, non hanno dato il meglio di sè, e negli ultimi tre, nel momento in cui pronunciavano parola pubblica in rete, hanno in grandissima parte dato il peggio di sé.
Così, mi piacerebbe che in mezzo a tutte le discussioni, le polemiche, le analisi, si ripartisse qui. Dalle storie, dalle immagini, dai modelli che alle bambine e ai bambini vengono dati. E che continuano a essere il terreno più importante su cui agire. Poi, si sa, è estate, e i pensieri diventano leggeri, e forse è giusto così.

8 pensieri su “I SOGNI DI LISA

  1. dici bene, i modelli che alle bambine e ai bambini vengono dati… io che ci lavoro con i bambini sento l’importanza, il peso, il valore di queste parole…uno spunto su cui riflettere ancora. Grazie Loredana!!!!

  2. Ho come l’idea che, a un certo punto, quelli di noi cui piacciono i cartoons abbiano cominciato a dare un po’ per scontato i Simpson, in favore di serie nuove e più aggressive (South Park, Griffin etc) che però, alla lunga, non reggono il confronto. Quanto poi ai personaggi femminili, beh, non c’è proprio confronto: le avete mai notate le donne di South Park? All’anima dei modelli positivi…

  3. ovviamente dipende anche da dove crescono i bambini… però poi a scuola spesso si appiattisce tutto.
    I ragazzi che ho seguito dai 10 ai 16 anni nel Centro Diurno dove lavoravo stavano “messi male” quanto a modelli.
    C’è di buono che erano molto disponibili a conoscerne altri di modelli, ma purtroppo con la curiosità di chi cerca di paragonarsi, di competere e non ha gli strumenti per “accogliere”.
    Sì, sarebbe bello che i ragazzi ci raccontassero in qualche modo i loro modelli, le persone che hanno forgiato le loro consapevolezze e (purtoppo) le loro certezze.
    Come si fa? Un sondaggio? 🙂

  4. Sascha, a parte che South Park non è per bambini (e nemmeno i Griffin e i Simpson se è per questo) a me pare ottimo da ogni punto di vista

  5. Specie per i forti modelli di ruolo femminili, immagino.
    South Park sarà anche divertente ma è rigorosamente limitato da un maschiettismo adolescenziale parecchio soffocante e, in definitiva, autoerotico. Per il resto sì, ottimo da ogni punto di vista.

  6. Il discorso sull’immaginario è un tema costante in Lipperatura, da molti anni, ma credo sia necessario reiterarlo ad oltranza per non perderlo di vista. Sono dunque molto contenta che se ne torni a parlarne periodicamente, anche quando si rischia la trita etichetta da vecchia moralista radical chic mangiatrice di brioche e l’eterno ritornello del ‘ci sono questioni ben più’ importanti’. No, l’immaginario è importante eccome ed è la chiave di volta al cambiamento delle nuove generazioni e va affrontato con la serietà con cui si parla di femminicidio e di pestaggi della polizia.
    E non è cruciale solo per la questione femminile ma per qualunque tipo di rivendicazione sociale e civile – se appartengo ad una categoria sociale svantaggiata, lotto proprio PERCHÉ’ riesco ad immaginarmi in una condizione migliore, alla pari con gli altri. Se sono convinta che, a prescindere da quanto io faccia, la mia barca di lupini è destinata ad affondare ed ogni mio sforzo ad essere frustrato, allora resterò’ per sempre una silenziosa pecorella.
    Mi piacerebbe leggere alcuni studi sull’immaginario e sul suo impatto in battaglie sociali importanti (confesso la mia ignoranza e sono aperta a suggerimenti) per poter perorare meglio questa causa, che al momento porto avanti soltanto tramite prove aneddotiche. Già, perché vedo l’importanza dell’immaginario provata all’interno della mia esperienza di vita. Per quel che riguarda me e le persone che mi stanno accanto, posso dire senza colpo ferire che la formazione del carattere e le scelte di vita e professionali fatte da adulti sono state ispirate dai nostri modelli infantili, dai personaggi dei (talvolta brutti, talvolta migliori) fumetti, cartoni animati, delle serie televisive e dei romanzi che leggevamo da adolescenti. Che leggendo alle medie ‘Il mulino dei dodici corvi’ ho capito che non sempre il più’ intelligente del gruppo e quello che sbandiera le sue capacità, che leggendo più avanti ‘Carrie’ ho capito che alcuni agnelli possono diventare più letali dei lupi. Che leggendo Junot Diaz da adulta ho potuto concordare sul fatto che Raistlin è il prototipo del nerd e che, nella saga di Dragonlance, è di gran lunga il personaggio più interessante.
    Ed è per questo che garantire alle bambine (e ai bambini) una molteplicità di modelli non fatti con lo stampino significa tutelare un loro sacrosanto diritto. L’obiettivo non è, banalmente, la censura della “donna oggetto”, ma la proposta di altre scelte, altre figure (non perbene, non permale, diverse) fra cui poter scegliere per diventare se stesse o se stessi.
    Detto e ridetto, eh. Ma sembra che ripeterlo non basti mai.

  7. “forse era sopravvissuto proprio perché era stato capace di uscire da se stesso e di vedersi come un topo da laboratorio di tortura,perché era stato capace di capire le chiavi obbiettive della situazione”
    Manuel Vasquez Montalban – quintetto di Buenos Aires

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