IL CARO LETTORE: QUALCHE RIGA DI MARGARET ATWOOD

Dunque, domani parto in direzione di Alba. Sabato ci sarà la cerimonia di premiazione del Premio Bottari Lattes: sia per quanto riguarda i cinque libri in corsa, sia per il Premio Speciale attribuito a Margaret Atwood, che poi avrò l’onore di intervistare, domenica 3 ottobre alle 15.30, a Torino.
A parte la tremarella che viene quando ti trovi a colloquio con uno dei tuoi miti letterari personali, di Atwood amo tutto, e su tutto la capacità di innervare di ironia anche le ambientazioni più oscure. Nei giorni scorsi Tuttolibri ha anticipato la lectio magistralis che terrà sabato pomeriggio. Ne prendo un piccolo estratto. Che è quello che dà, come è giusto che sia, speranza. CI si ritrova lunedì, commentarium.

La più recente iterazione dello scarto temporale fra la scrittura e la lettura è la Future Library of Norway. La biblioteca è venuta alla luce da poco. Partorita dalla mente di Katie Paterson, un’artista scozzese, è una riflessione sulla natura del tempo.
A nord di Oslo, è stata piantata una foresta che crescerà per cent’anni. Ogni anno, un autore di qualsiasi paese o lingua nel mondo fornirà un testo segreto, composto di parole – senza immagini. Un’unica parola, un racconto, un saggio, un romanzo, una poesia, una lettera, una lista della spesa: purché sia fatto di parole. L’autore non può rivelare nulla del testo, a parte il titolo. Possono esisterne soltanto due copie cartacee, che verranno consegnate alla biblioteca nel corso di una cerimonia nel bosco. Ogni altra copia o stesura verrà distrutta. Ci saranno inoltre due copie digitali – che sarà necessario riprodurre ogni cinque anni, perché la tecnologia cambierà, mentre la carta dovrà essere adatta all’archiviazione, per evitare che il testo si disintegri. A cent’anni dall’inizio del progetto, nato nel 2014, verranno aperte le cento scatole e svelati i testi segreti, e dagli alberi cresciuti nella foresta si produrrà la carta per stampare l’antologia della Future Library of Norway.
Sono stata invitata per prima a contribuire alla Biblioteca. Da piccola seppellivo in giardino delle biglie di vetro nei vasetti, sperando che qualche altro bambino in futuro le scovasse, perciò ho accettato volentieri la sfida. Ho scritto il mio testo. Ho prodotto le copie richieste. Al momento stabilito sono andata in Norvegia. Avevo con me il testo segreto in una scatola chiusa da un nastro blu. Temevo che i doganieri norvegesi mi domandassero cosa conteneva, al che avrei dovuto rispondere «Non ve lo posso dire» e a quel punto mi avrebbero arrestata, ma non è successo.
Il giorno della cerimonia siamo entrati a piedi nella foresta, e gli alberi erano così piccoli che avevano dovuto legarci un nastro azzurro per evitare che li calpestassimo. Il sindaco di Oslo ha tenuto un discorso, la guardia forestale ha tenuto un discorso, io ho tenuto un discorso, poi ho consegnato la mia scatola chiusa. Adesso si trova nella nuova biblioteca di Oslo, nella sala mirabilmente progettata della Future Library, e se ne può vedere soltanto il titolo.
Se tutto va secondo i piani, il mio testo verrà letto da lettori che non sono ancora nati, come non sono nati i loro genitori. Il progetto ha attirato l’attenzione di gente di tutto il mondo – in parte, penso, per via dei tanti livelli di speranza a cui dà corpo. Presuppone che fra cent’anni Oslo esisterà ancora. Che ci sarà ancora gente. Che la gente sarà capace di leggere. Che la gente proverà il desiderio di leggere. Che ci sarà una Biblioteca. Che la foresta crescerà. Che qualcuno saprà ancora produrre carta. Capite bene quante cose possono andare storte, e perciò quanta speranza comporti il progetto: davvero tanta.
A volte mi chiedono cosa si prova ad aver scritto qualcosa che nessuno leggerà prima che io sia morta. Ogni tanto li intimorisco rispondendo: «Come fate a sapere che sarò morta?». Più spesso dico: «È la stessa cosa che succede adesso, tranne che lo scarto temporale è maggiore». Non si può mai sapere chi potrà leggere il tuo libro, o dove, o quando. Non si può mai sapere chi sarà il Caro lettore.

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