IL CONTESTO, PER FAVORE

Non è per l’icona della Madonnina infranta, su cui tutti i media, new e old, stanno battendo la grancassa (e anche su questo, a freddo, bisognerà dire qualcosa). Quello che è avvenuto ieri a Roma impone riflessione al di là dei luoghi comuni, dell’avevo detto io, di chi infiltra cosa.
Vi porgo due interventi, per pensare. Lucidamente, se è possibile.
I commenti su Giap.
Alessandro Leogrande.

150 pensieri su “IL CONTESTO, PER FAVORE

  1. Non sono però così sicura che l’ala facinorosa, scusate il semplicismo, della manifestazione sia così organica al movimento come alcuni commentatori sembrano dare per scontato, ma quand’anche fosse, alla fine no, Rosalinda non mi convince, mentre anche io sono d’accordo con chi pensa sia giusto prendere posizioni nette. Che non vuol mica dire non comunicare con delle parti interne di un gruppo – vuol dire comunicare invece qualcosa di preciso – il che per altro in politica e nell’attivismo succede con altrettanta fermezza altrettanto altrettanto disincanto per cose decisamente meno rilevanti.
    Detto questo, no io non credo proprio che quelle persone fossero li per gli stessi motivi degli altri. Lo credo naturalmente – non lo so.

  2. Girolamo, lo sai che con te non mi riesce di fare il provocatore, quindi la domanda prendila sul serio.
    Se non è su cose come questa (distruggere a sampietrini non una vetrina ma la possibilità di altri duecentomila di manifestare), su cosa sei disposto a marcare una differenza tra protesta politica e agitazione sciagurata?

  3. @ zauberei
    Per la mia esperienza non è poi così difficile decretare l’espulsione dei “facinorosi” dai cortei. Si decide comunemente che la manifestazione è pacifica, si organizza il servizio d’ordine, e di solito chi vuole sfasciare bancomat e incendiare auto lo fa a margine del corteo o dopo. Così, per lo meno, chi non vuole praticare quelle forme di lotta non è costretto a subirle e le differenze “stilistiche” sono più marcate. Per farlo però serve un coordinamento, serve una cornice organizzativa seria, serve una relazione tra i gruppi e le aree, nonché un po’ di diplomazia. E ovviamente bisogna credere che tutto questo sia un bene e non un intralcio. Dieci anni fa si faceva così, me lo ricordo. E mi ricordo anche che comunque a Genova non servì manco quello. Ad ogni modo sembra che nel corso degli anni le cose siano cambiate, se nemmeno la presenza della FIOM basta a garantire un bel niente.
    In secondo luogo, zaub, se la situazione non si sblocca in qualche modo, nei prossimi tempi le esplosioni violente di rabbia aumenteranno a prescindere da quanta distanza pretendi di mettere tra te e loro. Stanti come stanno le cose è incredibile che per ora stia succedendo ancora poco. L’altro giorno, ad esempio, a Genova sono stati gli operai a fare un bel po’ di casino. C’è gente che non ha più alcun santo a cui votarsi (manco San Precario…). Poi ci sono i ragazzini, sì, nemmeno di quelli c’è da meravigliarsi. Quelli nati a fine Ottanta primi Novanta, per i quali Berlusconi e il PD sono “sempre”. Quelli cresciuti in questi anni. Ce li abbiamo presenti questi anni, no? E guarda che non voglio mica fare della sociologia generazionale da quattro soldi per giustificarli. Non me ne frega niente di giustificare chicchessia. Voglio soltanto guardare la gravità della situazione senza pensare che basti una condanna e uno scomunica per segnare chissà quale svolta necessaria. Magari, zaub. Magari.

  4. Bene, mi sono letta tutti i commenti, e dopo aver passato una notte (scorsa) e una mezza giornata in internet a leggere post e commenti sulla giornata cui ho partecipato, e a postare, mi sento in dovere di commentare. Come Zaub, ho l’impressione che l’ala squadristica (ho trovato l’aggettivo che mi va bene) della manifestazione non fosse affatto compatibile con il resto. Nonostante la composizione multi-tutto del resto (età, genere, appartenenza socioculturale e/o politico/ideologica). E, come Zaub, penso che quelli/e non erano là per gli stessi motivi della maggiornaza degli altri, che pure potevano essere motivi molto diversi tra loro. Concordo infatti con tutti i commenti che accentano la mancanza di obiettivi precisi e comuni del manifestare, ma penso che il messaggio fosse il fatto stesso di manifestare. Il che, nella situazione in cui versiamo, è meglio del niente. Mi astengo dai complottismi, solo una constatazione: mentre sfilavamo per via Cavour poco prima di arrivare a Santa Maria Maggiore, accanto a me c’era un gruppo di tre agenti di polizia o carabinieri in borghese, evidentemente incaricati di tenere d’occhio quel settore, poi dileguatosi. Possibile che a tanto acume investigativo ovunque dislocato sia sfuggito un esercito di squadristi bardati e armati di tutto punto? i quali, come abbiamo appreso poco dopo, avevano preceduto il corteo su piazza San Giovanni, arrivandoci prima, allo scopo di vandalizzare e di interrompere la manifestazione: che la polizia abbia poi deciso di bloccare l’accesso alla piazza a tutto il corteo, caricando con gli idranti i manifestanti veri, a questo punto, diventa un dettaglio, anche se un dettaglio inquietante. Gli squadristi che erano in coda al nostro corteo, e che sono risaliti verso la testa del corteo stesso, lo hanno fatto per poter raggiungere i loro compari già operanti a piazza San Giovanni. Sotto l’amichevole sguardo contemplativo delle forze dell’ordine. Che come è noto, fanno quello che ordinano loro i governi in carica. Questa si chiama strategia della tensione. E non importa se gli squadristi siano gggiovani disperati convinti di essere anarchici e/o sinistri, oppure provocatori assoldati, oppure un mix di entrambe le cose. Quello che conta è il risultato. E comunque non ho ricette sociologiche interpretative, e all’interpretazione possiamo continuare a pensarci: anche perché bisognerebbe identificarli singolarmente, i veri attori, e non soltanto la dozzina di cui è stato annunciato l’arresto. PS: è grazie agli archivi delle forze dell’ordine di Parigi che possiamo ricostruire la composizione delle masse che agivano nelle piazze della rivoluzione francese. E siccome un’analisi seria basata su tali o analoghi documenti non posso farla, mi astengo dalle speculazioni interpretative. Dunque, concluderei ricordando che (perdonatemi se è un concetto che ho ripetuto ovunque e lo copincollo) l’unico errore dei manifestanti è stato quello di aver sottovalutato il pericolo, e di non aver disposto un adeguato servizio d’ordine comune. Vedo che un’idea del genere è formulata qui sopra da Wu Ming 4, e d’altronde è apparsa talvolta in altri commenti. Per quanto riguarda violenza/non violenza, se devo essere sincera, le incursioni squadristiche di sabato mi hanno suscitato un impulso di aggressività violenta, che avrei diretto volentieri contro quelli che considero prevaricatori della mia libertà di manifestare, e della mia libertà di movimento. Se volete, ho sentito la stessa rabbia, contro un sopruso che ero costretta a subire, che ho sentito al 30 novembre dello scorso anno, quando alla prima manifestazione degli studenti/ricercatori/precari etc. etc., mi sono trovata in una piazza Venezia bloccata dai blindati della polizia in tutti gli accessi diretti verso la piazza del Parlamento, tranne uno, quello via delle Botteghe Oscure, poi preso dal corteo; e quando, di lì a poco, il corteo si è dovuto fermare perché le forze dell’ordine avevano bloccato l’accesso al Parlamento da piazza Capranica. E quel giorno si trattava di un corteo del tutto pacifico ed inerme. Dopodiché, giustissime tutte le considerazioni su altre e diverse forme di manifestazione. Ma se un’altra volta qualche comitato fatto di tante sigle deciderà di fare la grande-manifestazione-corteo, che vogliamo fare? Selezioniamo gli invitati? Le sigle fanno diplomazia e si organizza un servizio d’ordine? E quelli/e che simpatizzano (perché forse c’erano, a sentire alcuni resoconti) con gli spaccatori a priori che fanno? Aderiscono con riserva di spaccare? Non so, dite voi.

  5. @lorellazanardo “sono i ragazzini che hanno vissuto la crisi della famiglia e lo sfascio della scuola. Ragazzini che hanno avuto la tv come balia. Passate 4 ore al giorno davanti alla tv italiana, poi un paio allo sbando su internet, poi altre 2 su un videogioco. Poi capirete. Nessuna luogo di elaborazione del disagio, nessuna alternativa.
    Poi non chiediamoci chi sono. Chiediamoci invece dove siamo stati noi adulti negli ultimi 30 anni”
    Ok, non sono fascisti: secondo me occorre il NO! NO! NO! che Cantona consigliava di intimare ai propri figli al protagonista de “Il mio amico Erich” di Ken Loach.

  6. Grazie a tutti e tutte per il dibattito. Ho bisogno di pensare ancora e gli interventi sono preziosi. Sarei molto cauta nelle iper semplificazioni quali la tv come cattiva maestra, sfasci familiari non identificati e abuso di videogiochi. Non è il momento della cattiva psicologia da bar per la quale – sotto sotto gli individui sono sempre deresponsabilizzati perché le cause del disagio sono altrove. Abbisognamo di buona e seria psicologia, se pensiamo sia utile.

  7. @girolamo
    le dinamiche di piazza e di movimento le conosci. E se le conosci dovresti sapere cosa è successo a Roma: prima (nella preparazione scosiderata di quel tipo di manifestazione) e durante. C’è anche un poi, naturalmente che si prepara. Perché quella è stata una prova di forza interna e pubblica. Un normale servizio d’ordine non sarebbe servito a nulla con chi viene con una precisa tattica militare in piazza (c’è stato un chiaro salto di qualità). Non credo che servirà in futuro se si sceglierà quel tipo di manifestazione. La definizione di *fascisti* per chi oggi sceglie certe pratiche e vuole andare a innalzare il livello dello scontro è puramente operativa (diciamo pure un classico delle dinamiche di movimento): marca una distanza e un dissenso non ricomponibili. E individua un nemico interno. Per evitare che oltre ai danni materiali quella parte ne faccia altri: arruoli ragazzini arrabbiati che, al prossimo scontro di piazza, rischiano di trovarsi con la vita segnata. La lora, la nostra rabbia, va incanalata altrove. Ma per farlo vanno rotti i ponti con chi oggi ha altri progetti. Poi io, naturalmente, farò il corso che mi consigli. Oggi, mi preme dire chiaramente certe cose.

  8. @ lalipperini
    Un’ultima, forse un po’ sconsolata, specificazione di quello che sento e penso in questo momento, prima di lasciare il commentario e tornare al lavoro quotidiano.
    Cosa si è in grado di contrapporre *davvero* alle fazioni politiche che offrono a ragazzini e ragazzoni una visione della “lotta di classe” fatta di auto incendiate e camionette assaltate? Quale reale e concreta pratica politica siamo in grado di proporre? Come scrive uno dei miei soci: “Quali sono le *nostre* mancanze? Perché non abbiamo saputo trovare sbocchi più politici a quella collera? Perché noi intellettuali e narratori e teorici e fratelli maggiori e compagni di strada critici etc. non abbiamo saputo diffondere una visione più articolata e strategica dello scontro sociale?”. Dicendo che quelli non sono come noi, non si è ancora detto niente. E dato che non pensiamo certo che sulla nuova generazione possano mai fare presa le posizioni delle forze politiche parlamentari, sarà il caso che proviamo a ragionare su quale alternativa siamo stati e siamo in grado di produrre noi altri “spiriti critici”. Mica per cospargerci il capo di cenere, sia chiaro. Ma per provare a costruirla sul serio un’alternativa.

  9. Questo è il punto,Wu Ming 4. Fin qui, non abbiamo saputo contrapporre che narrazioni: contano, naturalmente. Ma la rete, e i libri, non sono ancora sufficienti. Questa, almeno per me, è la lezione del 15 ottobre.

  10. “In quell’esibizione muscolare di spranghe e violenza, nella gestualità, nei rituali, persino nell’abbigliamento c’era una idea fascista di violenza come igiene del mondo. Questi black bloc hanno mandato un salvagente a una classe dirigente avvitata nel suo degrado che ha solo bisogno di un alibi emergenziale per galleggiare ancora un po’” (Vendola).

  11. «Tutto il vocabolario dei comunisti d’antan – i Pajetta, i Pecchioli, i Berlinguer – avete tirato fuori. Untorelli, squadristi, chiamavano gli altri incappucciati, quelli del Settantasette, senza capirci un cazzo. E sono storie che non c’entrano quasi nulla, l’una con l’altra. Quelli, però, avevano stoffa e storia, oltre che il pelo lungo così sullo stomaco, voi chi cazzo credete di essere, pensate che basti il pelo? Loro poi andavano da Cossiga con le liste di proscrizione, indicando chi andava arrestato: lo farete anche voi? Andrete anche voi da Maroni? Farete come promise Cameron dopo il riot di Londra, li prenderemo a uno a uno nelle loro case? Avete già le vostre liste?
    Volete redigere e distribuire il manuale del bravo indignato? Dire come deve essere la rabbia e indicare i comportamenti dell’accettabile indignazione? Avete già pronta la guida della giovane marmotta indignata, un’indignazione composta, educata, per bene, moderata? Che aspettate a distribuirla?
    Siete indignati con i black bloc, con gli incappucciati, i violenti, ormai l’indignazione vi viene così, come niente. Siete indispettiti, avevate già tutti i vostri bei discorsetti pronti, i vostri editorialini, le vostre intervistine, e v’hanno messo un candelotto dentro, ve li hanno bruciati come fosse un blindato.
    O giovani incappucciati, meditate su quale disastro abbiate prodotto: Eugenio Scalfari e Aldo Cazzullo vi hanno ritirato la loro simpatia. Ci potevate pulire il culo già prima con la loro simpatia.»
    Lanfranco Caminiti (l’integrale qui)

  12. Il nome di chi firma quel pezzo mi dice qualcosa… C’è gente che ancora non ha capito che, per fortuna, gli anni Settanta sono finiti. E ce li ritroviamo qui a fiancheggiare il blocco nero. Avanguardia, dell’avanguardia, dell’avanguardia… della piccola criminalità urbana.

  13. Gli anni Settanta sono finiti, infatti: ma la semplificazione del black bloc di certo non ci aiuta ad affrontare gli anni Dieci. Alla riflessione, e non al fiancheggiamento, mi sento invitata. E la riflessione non prevede lo schemino buoni-cattivi. Questo, per quanto mi riguarda.

  14. Mi permetto di postarne una parte:
    “Il mio dovere non è isolare i violenti, il mio dovere di intellettuale, di attivista e di proletario della conoscenza è quello di trovare una via d’uscita. Ma per cercare la via d’uscita occorre essere laddove la sofferenza è massima, laddove massima è la violenza subita, tanto da manifestarsi come rifiuto di ascoltare, come psicopatia e come autolesionismo. Occorre accompagnare la follia nei suoi corridoi suicidari mantenendo lo spirito limpido e la visione chiara del fatto che qui non c’è nessun colpevole se non il sistema della rapina sistematica.
    Il nostro dovere è inventare una forma più efficace della violenza, e inventarla subito, prima del prossimo G20 quando a Nizza si riuniranno gli affamatori. In quella occasione non dovremo inseguirli, non dovremo andare a Nizza a esprimere per l’ennesima volta la nostra rabbia impotente. Andremo in mille posti d’Europa, nelle stazioni, nelle piazze nelle scuole nei grandi magazzini e nelle banche e là attiveremo dei megafoni umani. Una ragazza o un vecchio pensionato urleranno le ragioni dell’umanità defraudata, e cento intorno ripeteranno le sue parole, così che altri le ripeteranno in un mantra collettivo, in un’onda di consapevolezza e di solidarietà che a cerchi concentrici isolerà gli affamatori e toglierà loro il potere sulle nostre vite.”

  15. Sarà che non essendo un intellettuale io non ho mai capito una riga di quello che scrive Bifo – a parte cogliere un certo pathos kitsch nelle sue parole in libertà -, ma preferisco in questi giorni i commenti e le prese di posizione di uomini come Landini. Gente che in piazza ci sa stare, anche in modo conflittuale, ma democraticamente; e che la violenza che tanta “jouissance” provoca nell’intellettuale di turno pronto a capire, e ascoltare, e a fare auto-critica, la combatte in primo luogo culturalmente. In modo chiaro e netto. E’ questione di postura etica che si esprime già nelle parole. A ciascuna/o la sua.

  16. dopo aver letto in giro il più possibile e dalle fonti più disparate l’unica certezza mi pare che il potere ha già vinto – la guerra, ancora una volta, è tra poveri.
    Spero sia solo un mio temporaneo momento buio, e non il vecchio tunnel già noto (ai più, ma non a tutti?) in cui stiamo rientrando.
    Sottoscrivo Barbara: “abbisognamo di buona e seria psicologia” se vogliamo trovare pratiche più efficaci per incidere su certe realtà – e soprattutto capire se è ancora possibile.

  17. Scrive Bifo:
    “Occorre accompagnare la follia nei suoi corridoi suicidari mantenendo lo spirito limpido e la visione chiara del fatto che qui non c’è nessun colpevole se non il sistema della rapina sistematica.”
    Quando a vent’anni mi facevo le pere e la mia mamma mi diceva non va bene io rispondevo che anche la sua TV era una droga, tutti si drogano, ognuno ha la sua droga e io la mia perchè il mondo è una merda.
    Poi io sono cresciuto.
    Bifo mi sa che è ancora lì, e in buona compagnia.
    Con una differenza: un conto è essere “marginali” un conto simpatizzare coi marginali dal salotto buono.
    La stessa differenza che c’è tra vittimismo e Dannunzianesimo.
    E lasciamo pure perdere l’ironia sui “fiancheggiatori”. Quelli rischiavano qualcosa, qui il massimo che si rischia è qualche clic in meno (o in più?) sul counter del blog.
    Saluti.

  18. Valter, permettimi: la posizione di Bifo non è quella del tossico che dice alla madre “anche la tua merda è droga”, è quella della madre che invece di buttare il figlio fuori di casa entra nella sua camera e cerca di parlargli.
    Sull’onestà personale – anche dal punto di vista umano – di Bifo ci metto la mano sul fuoco, conoscendolo da una vita e sapendo quello che fa.
    Dopo di che, anche a lui (come a me, come a te, come a quasi tutti) la politica della vetrina rotta non piace. Però esiste. Si può far finta di eludere il problema con i tribunali sommari, si può fingere di non sapere che la democrazia nata in Grecia è morta in Grecia con la vanificazione della volontà popolare da parte dei diktat della Banca Centrale Europea, per non assumersi la responsabilità di essere conseguenti rispetto a questa evidenza.
    Il punto di partenza di Bifo, che è anche il mio, e che (anche se per ragioni e presupposti diversi) dovrebbe suonarti familiare: non giudicare, se non vuoi essere giudicato.
    Quanto agli anni Settanta che sono finiti, è un lagnoso tormentone che Casarini ripete ormai da mesi, un po’ come quei tormentoni di Luca Carboni che bastano per fare un pezzo di successo che non infastidisce nessuno (se non i pochi – saranno intellettuali anche loro – che hanno a cuore la buona musica). Come ogni tormentone, ti si pianta nelle orecchie se per sventura la radio te lo trasmette tra il caffè e il dentifricio, e ti accorgi che la strada è piena di gente che lo canticchia. E allora infili le cuffiette, e metti su qualcosa che scacci la lagna e ti faccia ripartire la mente. Qualcosa tipo Perfect Day: combinazione, è anche lei degli anni Settanta.

  19. magari berardi poteva fare il suo dovere di intellettuale, di attivista e di proletario della conoscenza (autre chose?!) a bologna invece di rifugiarsi a parigi (so chic!)

  20. @ punk
    Bifo non si è mai rifugiato a Parigi. Sicuramente ha frequentato quella città, ma che io sappia durante gli anni Ottanta ha vissuto invece a New York. Alla fine di quel decennio è tornato a Bologna e da allora vive lì. Forse ti confondi con un altro.

  21. prima di ny
    in quel periodo pubblicò Le Ciel est enfin tombé sur la terre
    poi rientra in italia per un breve periodo poi va a ny
    ma magari mi confondo con un altro berardi detto bifo!

  22. @Girolamo
    Niente da dire sull’onestà personale di Bifo, tra l’altro è uno che leggo spesso, perchè sulla comunicazione e il cybermondo ne capisce.
    Il punto è che qui siamo sulla strada, posti sporchi come si sa, e che gli anni Settanta non sono (mai) finiti, non certo per nostalgia, ma per una sorta di “coazione a ripetere” (pratiche, ma anche giudizi) dal momento che non si è mai riusciti a trascendere (andare oltre) quel linguaggio, quelle categorie. Quando il PCI era l’istituzione (ma poi subito dopo anche le sigle extraparlamentari, una volta formulate e riconoscibili) e per essere veramente “contro” bisognava essere “irriconoscibili”, “indefinibili”, magari anche col passamontagna, ma si era comunque movimento, soggetto rivoluzionario. Ecco, secondo me questo oggi non è più vero. La mistica o l’utopia della rivoluzione è divenuta letteralmente in-credibile, o meglio ha assunto il suo vero e proprio statuto, cioè quello religioso, e non è più in grado di legittimare pratiche che appaiono puramente distruttive, sorrette da categoremi rudimentali o psicosi cammuffate. Guai a dare dignità culturale a questa roba, meglio chiamarla con il suo nome che non è “fascismo” o “terrorismo” ma renitenza psicotica al vivere civile. “Er pelliccia” vuole fare lo psicologo? Gli daremo una laurea, magari anche un diploma alla scuola di psicoterapia, e gli metteremo a disposizione il divano dell’analista per spirito democratico o compassione umana? E dei pazienti der pelliccia chi avrà compassione?

  23. Ma siamo impazziti? Adesso si va a frugare anche nel passato delle persone invece di ragionare sulle loro parole? Ma cosa sta accadendo in questo paese? Ma pensate davvero che dire “cattivo black bloc” sia la soluzione? Allibisco, e invito a non fare processi sommari. Non qui, almeno.

  24. @Wu Ming 4 – Lipperini
    Va bene, rifiutiamo pure l’argomento “ad personam”, ma almeno confrontarsi su quello che potrebbe essere un (pesante) problema di linguaggio. E’ vero o non è vero che “il vogliamo tutto” viene dai Settanta? E’ vero o non è vero che l’assoluto è pre-politico o post-politico, al limite psicotico, e legittimandolo (nel senso di dargli una dignità di protesta) si rischia (oggi come allora) di “politicizzare” il crimine puro e semplice?
    E che molti che hanno fatto i Settanta non hanno mai fatto auto-critica su questo, e rischiano (oggi che sono ascoltati pubblicisti) di fare gli stessi danni di allora?

  25. Binaghi: l’argomento ad personam non verrà semplicemente tollerato in questo blog, tanto per cominciare.
    In secondo luogo: stiamo parlando dell’adesso, volete capirlo o no? Volete capire o no che la questione NON STA nel dire “ci sono dei perfidissimi tipi vestiti di nero in mezzo a tante persone buone ed equosolidali che ne vanificano la protesta?” Lo volete capire o no che la questione è più complessa del salvarsi l’animuccia dicendo “mi dissocio”? Lo volete capire o no che ci aspettano tempi difficilissimi perchè quella rabbia non è circoscritta a trecento infiltrati?
    E lo dico da antica nonviolenta, da persona che detesta la violenza anche verbale e che da sempre si è battuta contro i violenti.
    Ma mi batto anche contro le semplificazioni: specie se servono a sentirsi salvi e dalla parte giusta. Non esistono parti comode in questo momento, spiacente.

  26. @ Punk
    Messi uno dietro l’altro i tuoi post, faccio fatica a capirti. In ogni caso stai parlando di 35 anni fa, non dell’altro ieri.
    @ Valter
    No, il frame degli anni Settanta è stato inventato proprio dagli ipocriti alla guida del corteo (comprese le figure “carismatiche” di Uniti per l’Alternativa, assemblaggio dentro il quale, sempre solo con un piede, c’è anche la purissima FIOM; compresi quelli che non si sono presentati al corteo per miseri calcoli elettorali) per confondere le acque e dire che chi non è con loro, poveri angioletti mai sfiorati dal sospetto di essere consenzienti cose ciò da cui ora prendono le distanze. La violenza degli anni Settanta era comunque espressione di un progetto politico (criticabile quanto vuoi), quella che si manifesta oggi è pura rabbia. Gli autonomi erano poco “autonomi”, e piuttosto organizzati (più male che bene); questi pischelli riottosi sfuggono ad ogni controllo e ad ogni rappresentanza: sono, alla lettera, irrappresentabili.
    È più facile criminalizzarli, piuttosto che dare risposte radicali alla radicalità della crisi che esprimono; e di certo chi mena il can per l’aja aspettando la pronuncia del primo a destra, il quale a sua volta aspetta la pronuncia del primo alla sua destra, e via dicendo fino a Bersani (che aspetta Draghi e Monti), sta nascondendo il fatto che dietro le grandi alleanze per salvare l’Italia si cela l’accettazione della lettera della Bce. La quale, una volta accettata – poco importa se da uno o più da scegliere tra Fini, Rutelli, Casini, Bersani, Vendola – produrrà una generalizzazione di quello che si è visto per qualche ora a Roma. (Per inciso: se pensi che sia appropriato “renitenza psicotica al vivere civile”, perché te la prendi con Bifo, che parla di psicopatia e follia?)
    Posto ciò, ti dico in tutta franchezza che tra il povero, il precario, il déraciné (in tutti i sensi) che sfascia, sbagliando (SBAGLIANDO!), la vetrina di una banca e il ricco che governa una banca io non ho dubbi su quale sia il mio posto: al fianco del povero, precario, déraciné, cercando di realizzare pratiche politiche diverse e più appropriate. Se qualche politico o qualche giornalista vuol cercare forme raffinate per arrivare a tangere con le proprie papille gustative il culo della Bce o di Goldman Sachs, si accomodi: ma non venga a farmi la lezione.
    Poi, se proprio vogliamo menarcela con gli anni Settanta, io ricordo bene i Pinto, i Corvisieri, i Miniati: quelli che del proprio radicalismo fecero già allora (prima della corsa alla tessera socialista del decennio successivo) accorta merce di scambio per ottenere una seggiola in Parlamento, un posto alla direzione dell’ARCI o del sindacato pensionati. Ecco, quegli anni Settanta davvero non sono finiti: te ne accorgi dal linguaggio, identico, degli odierni emuli dei Corvisieri & Co.

  27. @ Valter
    Leggo ora il tuo ultimo post, stavo scrivendo il mio. Se c’è uno che ha fatto autocritica (rischiando anche di prendere un fracco di botte) già negli anni Ottanta è stato proprio Bifo.

  28. @ valter binaghi
    suvvia, non diciamo minchiate, per favore. Ti sembra che nel pezzo di Bifo che ho linkato si “politicizzi” il crimine puro e semplice? Qua nessuno (men che meno Bifo) sostiene le pratiche di chi ha agito in un certo modo con premeditazione, sovradeterminando un intero corteo. E’ del tutto evidente che se ciò non rappresentasse un problema non staremmo nemmeno qui a parlarne. Si è fatto un discorso del tutto diverso. Si è rifiutata l’idea che si possa risolvere il problema con la semplice criminalizzazione, con gli anni di galera, con l’innalzamento delle pene, con una nuova legge Reale, con l’istigazione alla delazione, con l’accusa di fiancheggiamento… Queste sono le cose che puzzano drammaticamente, tanto quanto farsescamente, di anni Settanta, caro Valter.

  29. @ WM4
    Bifo negli anni Ottanta andava e veniva, ma a Bologna c’era, eccome. Per dire, ha creato almeno due riviste (in una delle quali c’ero anch’io), fondato una casa editrice. Tutto questo in un momento in cui avrebbe potuto monetizzare le sue capacità e ottenere un posto sul carro dei vincitori: ma a te non ho bisogno di dirlo, ovvio.
    Stacco, che mi ci vuole proprio un aperitivo in compagnia.

  30. Necessito anche io di un aperitivo molto alcolico, Girolamo. Certe affermazioni – le liste su chi possa o non possa parlare, prescindendo da cosa dice – mi risuonano in modo sinistro nelle orecchie. E’ la cosa peggiore che abbia mai letto su questo blog, troll inclusi.

  31. @Lipperini
    “salvarsi l’animuccia”
    “parti comode”
    Dici a me?
    Veramente?
    Ti risulta che giro per blog della sinistra radicale per prendere applausi?
    @Girolamo – Wu Ming4 – Lipperini
    Anche se non sono daccordo con molte cose che dite, mi sento più a casa mia qui che altrove, questo è quanto.
    E me ne frego del “mi dissocio”, vorrei semplicemente che si cominciasse a diventare un paese legale, in tutto, così poi possiamo anche pretendere che non siedano furfanti in parlamento.
    Ma il discorso che mi sta più a cuore è quello che riguarda l’ideologia, il linguaggio. Personalmente non metterei la museruola a nessuno (figuriamoci a Bifo), ma si può chiedere un’evoluzione di pensiero? Insisto che questo paese soffre di un passato che non passa, e garantisco che – avendo figli ventenni, che hanno tutto il diritto di re-inventarsi la vita – nessuno sarebbe più felice di me se veramente si voltasse pagina.
    PS – A Bologna nel ’77 c’ero anch’io.

  32. “Sarà che non essendo un intellettuale io non ho mai capito una riga di quello che scrive Bifo” (Simone Regazzoni)
    ***
    “La sovranità è un fantasma (fantasme). È il fantasma o la fantasia di summa potestas, di assoluta potenza che nulla riconosce di superiore a sé: “‘sovrano’, ‘superanus’, da ‘superans’, qualifica in primo luogo l’onni-potenza, il predominio, e la superiorità di Dio, del Dio-Signore, poi del monarca assoluto per diritto divino”(1). La sovranità è un principe-phantasme archaïque(2) più vecchio della sua teorizzazione moderna e delle formule che, tra la fine del medioevo e la modernità, cominciano a designare il sovrano come culmine dell’ordine giuridico; un principio da sempre legato alla logica dell’arché – al fantasma del luogo del comando e della forza, dell’origine inderivabile da cui tutto proviene, della causa prima raccolta in sé, presso di sé, nel sogno di godimento pieno e puro di sé come godimento vitale. ” (Simone Regazzoni)

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