IL GIORNO PIU' BELLO?

Mentre l’immaginario sembra sospingerci più o meno dolcemente verso gli anni Cinquanta e induce le ragazze (ma davvero?) a sospirare sulle nozze di “Will e Kate”, e mentre sembra delinearsi (ma già da tempo) la vecchia dicotomia “madre-moglie” versus “cattiva ragazza-escort”, i numeri ci dicono, come al solito, un’altra cosa.
Ripesco dall’Istat.
L’Italia il paese del matrimonio? Neanche un po’.
Negli ultimi vent’anni il tasso di nuzialità si riduce dal  5,5 al 3,6 per mille. Nel 2009 sono state 85.945 le separazioni con un incremento percentuale del 37% rispetto al 1998. Il tasso di separazione totale è del 269,9 per 1000 coppie coniugate. Sempre nel  2009 sono stati 54.456 i divorzi  con un incremento percentuale del 62% rispetto al 1998. Il tasso di divorzialità totale è del 180,8 per 1000 coppie coniugate (78,0 nel 1990). Le coppie coniugate diventano il 36,4% delle famiglie.
Infiniti i motivi, e ne parleremo. Potente lo scollamento con la rappresentazione. Come quasi sempre avviene.

27 pensieri su “IL GIORNO PIU' BELLO?

  1. direi che tra i numeri e la rappresentazione potremmo mettere anche l’immaginario a te (a noi) caro. Dalle parti di Pordenone un matrimonio tra gli eredi di due grossissime famiglie di industriali è finito dopo due (dico DUE) settimane. L’unico motivo per celebrarlo, mi viene da pensare, è materializzare l’idea della bella festa (idea con tutte le varianti ‘competitive’ che possiamo immaginare nel cuore del nord-est).

  2. Ah però bisogna riconoscere che combacia con le minacce reiterate dei reazionari per cui aaaaaaaaaaaaaaaaaah dove andremo a finire iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiih la famiglia va a scatafascio uuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuh beati i tempi de na vorta.

  3. Se non è il numero dei matrimoni ad essere basso ma quello di separazioni e divorzi ad alzarsi esponenzialmente, questo non dimostra la decadenza della pulsione a cercare la stabilità della coppia e a fondare l’istituto familiare, ma la sempre maggiore difficoltà a mantenerla, con conseguente aumento di frustrazione. Altro che liberazione della singletudine.

  4. @Diamond
    Probabilmente che la famiglia appaia “un’ipocrisia utile alla conservazione della specie” è esattamente il problema, non certo l’annuncio di una soluzione. La catastrofica incapacità dell’etica liberale o socialista ad elaborare una pedagogia dei sentimenti ha almeno altrettanto peso quanto le difficoltà materiali e psicologiche generate dal capitalismo avanzato a sostenere forme stabili di convivenza umana.

  5. beh, se tanti si separano o divorziano è perché prima si sono sposati. solo che, a differenza dei miei nonni, non si vive più il matrimonio come destino da portare avanti tutta la vita. Le coppie di allora duravano non perché ci si amava di più, ci si impegnava di più e tutta la retorica conservatrice, ma semplicemente perché il sistema di valori lo esigeva. Avrebbe mai potuto una donna di un secolo fa lasciare il marito, chiedere il divorzio e magari trovare un nuovo compagno?
    L’equivoco è confondere famiglia e amore: per secoli la famiglia è stata la conditio sine qua non per avere figli (che presto andavano a lavorare e aiutavano), per unire patrimoni, risaldare patti tra gruppi diversi e via discorrendo. Poi qualcun* ha cominciato a pretendere che ci fosse amore per vivere assieme e fare figli, ma l’amore è una variabile imprevedibile…Più che tornare ai tempi che furono (chi li rimpiange?), occorre imparare a gestire le nuove libertà

  6. Bene, ecco una bella mitragliata di ideologia a risolvere tutti i problemi.
    “Le coppie di allora duravano non perché ci si amava di più, ci si impegnava di più e tutta la retorica conservatrice, ma semplicemente perché il sistema di valori lo esigeva”
    Non ti è mai passato per la mente che “un sistema di valori” ratifica e non sostituisce un comune sentire?
    E che la “pretesa” dell’amore a fondamento dei matrimoni sia un passo avanti in una civiltà personalistica piuttosto che una limitazione?
    Imparare a gestire le nuove libertà? Quali? Quelle di divorziare e mantenere un coniuge se si è abbastanza ricchi per farlo?
    I ricchi l’hanno sempre fatto mantenendo il coniuge insieme all’amante o al concubino/a. Poi gli ideologi della coppia scoppiata hanno convinto i poveri che possono farlo anche loro, ma si è visto che non è vero?
    Sapete quanti ex mariti a milano vanno a mangiare alla mensa dei frati?
    Il giorno che avrete sostituito di fatto la famiglia con una forma di comunità alternativa, che sia davvero una risorsa affettiva e materiale per l’individuo oltre a consentire la riproduzione sociale, fatemi un fischio.
    Altrimenti, meno dottrina e più senso del reale.

  7. Se tanti si separano e si divorziano e perchè prima le possibilità erano dimezzate. Li maschi potevano abbandonare le femmine! MIca il contrario. E questa assenza culturale e giuridica del contrario ha come allungato l’ombra dopo la legge sul divorzio. Prima te donna te ne stavi con uno, e dovevi ciucciarti tutta una serie di cose che magari non ti andavano. Per altro questa cosa era funesta anche per molti uomini, che a quel punto rimanevano anche scotomizzando altri sentimenti e necessità psicologiche – per un senso di dovere individuale e sociale. Oggi c’è una nuova libertà – non sempre per altro, non sempre garantita dalla situazione economica – ma c’è. Si impara ad abitarla, ma è una transizione umana e non catastrofica, magari quelli dopo di noi riusciranno meglio….:)

  8. @zauberei
    Fare esperimenti è interessante per la scienza.
    Alle cavie piace un po’ meno, però.
    E comunque secondo me la monogamia non è un’opportunità darwiniana ma una conquista umana, quando è scelta e conservata con il giusto impegno. In termini di progresso psicologico, morale e civile c’è un prima, non ci vedo un dopo. Attenzione che quelle che chiamate “nuove libertà” non siano semplicemente forme regressive o la legittima aspirazione a scampare da un naufragio.

  9. valter
    dipende dall’esperimento primo e dall’esperimento secondo, Se nell’esperimento uno la cavia stava a pane e acqua, capace che ner secondo la possibilità di correre un rischio per portare dentro casa un par de facioli le risulti gradevole. Magari col tempo impara anche a rimanerci a casa – perchè non avere fiducia nell’intelligenza della cavia? Non è detto che sia sempre più stupida e immorale di chi qui la commenta.

  10. Mi piacerebbe dire chi vivrà vedrà, se non avessi già visto fin troppo (coppie stabili o scoppiate, intendo) ma soprattutto se non esercitassi un minimo d’immaginazione sociale. Ci vuol pochissimo a capire che una società di singles con o senza prole è materialmente insostenibile, oltre che psicologicamente e culturalmente fragilissima.

  11. Valter secondo me l’intervento di Alessandra era tutt’altro che una smitragliata di ideologia, e anzi mi pare colga più “senso del reale” del tuo.
    Non è che invece è proprio la tua opinione a rasentare un’ideologia del matrimonio?
    Oltretutto hai tranciato il pensiero della commentatrice senza leggerlo bene.
    Ha scritto che il matrimonio non si basava sull’amore, ma su un contratto. Diciamo socio-economico, per capirci. La pretesa dell’amore nel matrimonio è un fatto ultracontemporaneo. Non di allora.
    Siamo quindi di fronte ad un fenomeno di cui, come scrive Zauberei, ancora le coordinate non ci sono chiare. Chiudersi in casa in attesa di un fischio, non so quanto possa giovare.
    Tante sono le variabili in questo “gioco”. Si è allungata la vita, l’istituzione della famiglia è entrata – giustamente – in crisi (intendendo per “crisi” l’aspetto ellenico-positivo), ed anche la società si relaziona con la stessa famiglia in maniera del tutto differente rispetto a 40 o 50 anni fa. Le nuove generazioni, e con loro i 50-60enni di oggi che hanno divorziato o sono lì per farlo, devono affrontare una situazione – almeno nel nostro paese – molto difficile e molto oscura. E come in tutte le situazioni di passaggio, che certo nessuno di noi potrà fermare, turarsi il naso non porta granché lontano.

  12. “Il giorno che avrete sostituito di fatto la famiglia con una forma di comunità alternativa, che sia davvero una risorsa affettiva e materiale per l’individuo oltre a consentire la riproduzione sociale, fatemi un fischio.
    Altrimenti, meno dottrina e più senso del reale.” è diventato il mio nuovo credo. scherzi a parte, non capisco zauberei cosa intendi per “la possibilità di correre un rischio per portare dentro casa un par de facioli le risulti gradevole”.
    cosa intendi per rischio, quale sarebbe?
    francamente credo che la maggioranza dei single oggi non lo sia per scelta. lo sia piuttosto perchè, mancata una pedagogia dei sentimenti, le storie si sfasciano dopo 4 mesi perchè egoismi, narcisismi, e incapacità e riluttanza all’impegno dissolvono il tutto molto velocemente. il che è un vero e proprio dramma sociale, senza esagerare. il fatto che un tempo i matrimoni si reggessero sull’ipocrisia e le convenzioni non significa che debba cambiare la forma, ma il contenuto.(detto in soldoni, senza troppa riflessione) ecco perchè quoto walter.
    e mi fa ridere sta cosa che oggi io sia d’accordo su tutta la linea con un uomo, anzichè con tutte le altre donne. a dispetto del mio ragazzo che mi taccia spesso di voi-sapete-cosa.

  13. @Ekerot
    La “pretesa” che il matrimonio si basi su libero consenso ed elezione e quindi non possa fondarsi unicamente su contratto stipulato dai parenti è agli atti del Concilio di Trento come una delle affermazioni di maggiore impegno, contro l’uso corrente. Questa è storia.
    Poi interpretare le intenzioni e i sentimenti è un tipo di azzardo che è più vicino all’immaginazione. Infatti i romanzieri ci campano.
    Quindi
    ““Le coppie di allora duravano non perché ci si amava di più, ci si impegnava di più e tutta la retorica conservatrice, ma semplicemente perché il sistema di valori lo esigeva””
    è romanzo o ideologia (convinzione personale spacciata per verità scientifica).
    Le trasformazioni della famiglia m’interessano molto, la sua distruzione è puro suicidio sociale. Aspetto un fischio da chi ha novità positive a riguardo, non da chi ha in serbo un cadavere per farci merenda.

  14. Valter. Anche nella Bibbia c’era scritto “non ammazzare”, è agli atti da parecchi secoli, ma non mi pare si sia smesso di farlo. Citare il concilio di Trento come prova che l’amore abbia sostenuto i matrimoni da 500 anni (o parli di un altro concilio), beh che dire, contento te…

  15. allora, nel tempo che fu non c’era pedagogia come non ce n’è adesso.
    dunque, semplificando, ok che prima molti matrimoni si reggevano su tutto fuorchè l’amore, ma non mi pare però che oggi questa ibertà di sposarsi e amarsi sul serio venga davvero “sfruttata”. ogni qualvolta esce fuori un discorso sul matrimonio o sull’aver figli devo sempre sentirmi una reazionaria bigotta. ma che davero? gente della mia età, (28-29) che sta lì a dire: mmm. non so. boh. non ci credo/sono pronto/è un’ipocrisia. ma ipocrisia cosa? se tu ami qualcuno e vuoi impegnarti e hai superato la fase del “oggi ti amo magari domani no” e in sostanza giochi in buona fede, perchè l’istituzione matrimonio deve essere necessariamente una soluzione ipocrita?
    riquoto walter, che lo ha detto molto meglio di come avrei potuto io
    Le trasformazioni della famiglia m’interessano molto, la sua distruzione è puro suicidio sociale.
    ecco, questo.
    poi il discorso è lungo, articolato e più complesso. però se vuole polarizzarlo per forza, io sono per la famiglia. sempre e comunque. (una volta scrissi un post su fb che recitava più o meno così: mentre mia madre alla mia età aveva già due figli, noi siamo la generazione che a trent’anni sta ancora a chiedersi se mandarlo o no, il messaggino, l’indomani.” e tutto questo sinceramente non mi sembra Libertà. anzi.)

  16. @Ekerot
    Non ci siamo capiti: io cito documenti che comprovano l’orientamento esplicito di un istituzione che dettava legge in materia matrimoniale.
    E dico che l’interpretazione dei sentimenti e delle motivazioni delle persone presenti e soprattutto passate è quantomeno azzardata.
    Per scrivere una storia del matrimonio è meglio usare i primi che la seconda, quanto meno questo è quello che fa uno storico degno di questo nome.

  17. Per rispondere a Valter e laura, a me non sembra che si auspichi la distruzione della famiglia. Mi pare solo si dica che c’è scollamento tra la rappresentazione della famiglia e la realtà che i numeri indicano. Che mentre la famiglia delle pubblicità sta ancora al mulino bianco, per dire, tante famiglie vere invece succede che magari i genitori si separano e stanno per un po’ da soli e poi magari si formano nuove costellazioni di affetti e legami, che ancora non sappiamo bene come affrontare, anche perchè non c’è una via prescritta da seguire. Un tempo la morale corrente, che per molti coincideva con la religione, dava chiara indicazione sul fatto che il matrimonio era l’unico tipo di relazione uomo-donna presentabile, e una volta contratto andava salvaguardato ad ogni costo. Prostitute, “donnine”, amanti, persino il figlio “bastardo”, erano comunque tollerati (per l’uomo), purchè stessero al loro posto, non troppo pubblicizzato e subalterno rispetto al nucelo legittimo. Sono convinta che la possibilità di interrompere pubblicamente un’unione che non coincide più con la propria idea di realizzazione e felicità, abbia reso la nostra società più giusta, smussando tra l’altro gravi asimmetrie. In cambio certo ci lascia un po’ disorientati: cosa ci dice oggi la morale corrente (e per chi crede, la Chiesa) dei fidanzati di mamma, dei nuovi figli di papà, del marito numero due di nostra figlia? Lì bisogna un po’ arrangiarsi. Ecco le nuove libertà che bisogna imparare a gestire. Io in questo non ci vedo cavie, solo soggetti che cercano di agire la propria vita, facendo scelte spesso dolorose, e anche subendole, ovvio (ma questo è sempre stato così). Se poi c’è un’aumentata tendenza ad agire la propria vita in modo superficiale, irresponsabile, individualistico ecc. non so, è un discorso più ampio che non c’entra con la famiglia secondo me.

  18. E’ l’illusione di restare su un piano puramente descrittivo.
    In realtà non c’è cultura senza pedagogia, e non c’è pedagogia senza modelli di riferimento, espliciti o impliciti.
    Nel mio modello le pulsioni individualistiche si possono sacrificare in nome di un valore più grande, e in base a questo vivo, comunico, educo.
    Altri fanno diversamente.
    L’importante è che lo sappiano e lo dichiarino, evitando di far passare per “oggettività” descrittiva quella che è una scala di valori ben definita.

  19. “In realtà non c’è cultura senza pedagogia, e non c’è pedagogia senza modelli di riferimento, espliciti o impliciti. ”
    Sono d’accordo.
    “Nel mio modello le pulsioni individualistiche si possono sacrificare in nome di un valore più grande, e in base a questo vivo, comunico, educo.”
    Capito. Per me il valore più grande è che tutti abbiano le stesse opportunità, e che i soggetti deboli vengano protetti. Fatto salvo questo, poter provare a costruire una vita che ci corrisponda lo ritengo fondamentale. Ma anche, a grande potere corrisponde grande responsabilità, come disse l’Uomo Ragno, con quel che ne consegue (la responsabilità comporta di impegnarsi a usare bene le libertà, e non esclude affatto la scelta di sacrificarsi per il bene altrui).

  20. Laura partiamo da una premessa: sono una donna sposata, felicemente, con figlio e che quando ha incontrato il futuro marito, contravvenendo a tutte le regole note alle donne ha parlato chiaro in merito a desideri e aspirazioni. L’ho incontrato alla tua età e gli ho detto che o si giocava pesante o tante care cose.
    Quello di cui parlo è una metafora per alludere al contenitore giuridico. Un tempo il contenitore giuridico escludeva in linea di massima la separazione e il divorzio, il contenitore sociale squalificava la vita da single. Si facevano dei matrimoni che potevano funzionare anche benissimo – e altri che potevano essere una chiavica. Il matrimonio era il mare della vaschetta dei pesci rossi, dove i pesci non crescono mai e mangiano quelle miserie che capitano nell’acqua. Psicologicamente crescere era possibile ma difficile. Ci si riusciva ma era diverso, perchè non c’era la terrorizzante sfida della possibilità.
    Arrivata la legge sul divorzio, l’ampolla è stata gettata nel mare, i pesci fanno molta fatica a lavorare con la prova dell’acqua alta e si perdono nella ricerca di un centro gravitazionale. E’ difficile, e non può essere diversamente, ma non escludo affatto che si riesca a trovare ugualmente e possa essere più bello. Perchè è più bello stare con una persona perchè ci vuoi stare e non perchè te ne devi andare, persino perchè finito l’amore scegli da soggetto quella responsabilità familiare e non da oggetto ti subisci quella norma giuridica. Ed è anche bello dare alle persone l’occasione di sbagliarsi e riprovare in una forma diversa e in una costellazione diversa. In una prospettiva storica noi siamo solo nel prevedibile periodo di sbandamento dopo un’eternità di contenimento. ma potrebbero arrivare nuove maturità e capacità.
    Poi per la faccenda della pedagogia dei sentimenti….è un argomento che, su larga scala non può dire niente che luoghi comuni e retorica, per me lascia il tempo che trova.

  21. zauberei senti io sono molto d’accordo con te, ma lo sono anche con walter che scrive, magari con un tono apparentemente più sentenzioso, ma molto giusto, “Nel mio modello le pulsioni individualistiche si possono sacrificare in nome di un valore più grande, e in base a questo vivo, comunico, educo.”
    tu zauberei dici che secondo te il discorso della pedagogia dei sentimenti non può dire che luoghi comuni o retorica.
    stamane ho scritto un pezzo che poi non ho postato perchè temevo proprio che fosse un po’ “vacuo”, o comunque troppo basato sulle mie esperienze.
    però sinceramente dei problemi ci sono, in questo nuovo modo libero di scegliere, e perchè no scegliere bene, per farti capire che ho capito.
    detto in soldoni, mi sembra ci sia come una “politica” o comunque un disinteresse che accetta che molte troppe persone della mia generazione, non so, figlie di consumismo/arrivismi e vezzi intellettuali non si preoccupino minimamente della questione “farsi una famiglia”. ora, non dico che uno debba farsela per forza sta domanda, ma, convieni che è un tantinello strano che suoni quasi più interessante e più stimabile in società non farsela? quasi che se te la fai sei uno un po’ ingenuo un po’ debole, come se figliare amare fosse una roba per gente che ha rinunciato a se stessa. credimi, non sto inventando o esagerando nulla.
    chi ha detto che se faccio un figlio non mi realizzo, o che se mi realizzo non devo pensare anche a cosa mangia il mio ragazzo, e che se ci penso sono una poverella che pensa poco a se stessa? capisci le mie domande?
    il mio ragazzo stamane mi faceva ridere dicendo che sotto sotto c’è che se io e lui viviamo insieme, compriamo una sola scarpiera, se viviamo separati ne compriamo due.
    e però questo a livello subdolo, diciamo. che ne dici di tutti quei ragazzi che, forti di una cultura che li ha emancipati e secolarizzati spendono anni a cercare di realizzarsi non guardando in faccia niente e nessuno, ma con atteggiamenti di egoismo che rasenta la patologia “sociale”(ovviamente questo lo dico io, loro stanno bene così)?
    mi viene in mente tutto quel discorso magari un po’ retorico di pasolini per cui “è in atto una trasformazione bla bla”. nel senso, secondo me un minimo questo tipo di egoismo/edonismo hanno creato danni, più che arricchire e liberare le persone. non mi piace quel velato senso di “se penso a me e mi realizzo sono più forte”, come se donasse invulnerabilità. c’è gente che ha fatto duemila esperienze, e poi, per mancata educazione sentimentale è incapace di far durare una storia più di un mese, accampando la cazzata della persona ideale, che non si riesce a trovare…ma perchè nessuno ha mai detto a queste persone pure colte che la persona ideale non esiste?
    perchè la parola impegno oggi suscita ilarità? perchè se penso che amare significa esserci e garantire una presenza e sforzarmi di risolvere problemi che quotidianamente si pongono devo sentirmi rispondere “tu hai un senso troppo responsabile dello stare insieme. un rapporto deve essere una cosa che da’ piacere, non impegnativa”. ma che è???
    io dico molto francamente: sono una persona di cultura medio-alta (a dispetto del modo emotivo di scrivere che inficia e anzi quasi lascia supporre il contrario 🙂 il mio ragazzo pure sono in terapia da quasi due anni parlo comunico problematizzo eppure spesso non ci si incontra. ora, e concludo, non è che questo non incontrarsi non è legato a me e lui in particolare, o comunque al fatto che siamo una coppia, ma anche a un’educazione che abbiamo ricevuto, che ci ha dissuaso dal pensare che impegno non significhi sacrificio, bensì lavoro che rende frutti affidabili e gustosi?
    la mia psicologa, che è tutto fuorchè una reazionaria, dice che, anche se lo si possiede sgangherato, un “senso” di famiglia è sempre una cosa positiva, “sana”, per l’uomo. poi vabbè, penso che spesso quando dico vorrei un lavoro però anche del tempo per me però anche tempo per la casa e così via, il primo a non capire sia proprio chi mi sta accanto. ma questo non deve far sì che io pensi tu vuoi ostacolarmi dunque ciao, no?
    non so, credo che almeno ci si debba provare, a proporre soluzioni concilianti e funzionali. anche perchè sono certa che se rinunciassi a qualsiasi delle cose che ho detto, io la vivrei come una rinuncia.
    e aggiungo che qualora invece mi trovo a parlare con persone che invece credono nella coppia, il mio problematizzare e anelare a un qualcosa di felice e vero, è visto come un’utopia/che rottura di coglioni/de che te lamenti bla bla. che so, tipo sai, ho molta comprensione del fenomeno della depressione post partum, pur non avendo figli, arghhhh, suoni come una bestemmia, come il seme di una mamma snaturata. vorrei ci fossero meno posizioni categoriche, e più trasversali, se così si può dire. comunque come dicevo sono cose complesse. perdonatemi l’effetto stream-of-consciousness.

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