Pare brutto dire “noi”, giusto? Sgusciando via dalle discussioni letterarie di questi giorni che, come prevedibile, si sono arenate nel pro-contro (tempi di dicotomia, come già detto) invece di, come sarebbe bello e forse giusto, allargare lo sguardo, rifletto su quanto ha raccontato ieri a Fahrenheit Alberto Prunetti. Si riferiva ai due anni di lotta dei lavoratori dell’ex GKN. Si riferiva al fatto che il festival della letteratura working class non è stato, come spesso o forse sempre avviene, quell’occasione in cui arrivavano gli scrittori e le scrittrici a porgere il verbo agli operai, ma il luogo dove gli operai in prima persona hanno raccontato. Così scriveva ieri sera: ” Mi rendo conto che quando parlo della lotta gkn dico sempre noi. E non so più se parlo di scrittori, di operai o di attivisti. Ma alla base di tutto c’è un io che si è fatto un noi, come scriveva forse Fortini, o come sognavamo… noi.”
Noi, appunto.
Facciamo un esempio pratico. C’è uno scrittore ed editore che si chiama Mattia Tombolini. Un piccolo editore, quindi, care e cari, già dovrebbe avere la vostra solidarietà, giusto? Ebbene, il fondatore di Momo, ieri, è stato condannato a quattro mesi, pena sospesa, per i motivi qui ricostruiti da Cronache ribelli:
“Oggi Mattia Tombolini, fondatore di Momo Edizioni, è stato condannato a quattro mesi di carcere – pena sospesa per il momento – per aver definito “fascista” e “xenofobo” Marco Cossu, attuale sindaco di Casperia (Rieti).