IL PESO DEI NO-CHOICE

A proposito di voto di quella parte del mondo cattolico più che oltranzista nei confronti dei diritti civili  (interruzione di gravidanza, legge 40, nozze e adozioni omosessuali, fine vita). Resto convinta che abbia pesato non poco in quel grande mistero che è il risultato del centro-destra. Provo a fare un esempio, e vi posto uno dei brani tratti da Di mamma ce n’è più d’una, lo stesso che ho citato a ogni presentazione del tour in Sardegna. Il brano è questo.
“…dai dati dell’European Value Study del 2008, risulta che in Italia su circa 1500 persone intervistate il 75% condivide l’affermazione secondo la quale i bambini in età prescolare soffrono se la loro mamma lavora:
“Considerando le percentuali per uomini e donne. le donne sono leggermente meno d’accordo con questa affermazione rispetto agli uomini, ma soltanto di 2-3 punti percentuali. Quote analoghe a quelle italiane sono presenti in Portogallo (69% circa) e Grecia (72% circa). Se si considerano i paesi del Nord Europa (Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca), gli intervistati che hanno risposto di essere molto d’accordo e d’accordo scendono al 20%, con la Danimarca che raggiunge soltanto il 9%. Valori leggermente superiori sono presenti in Francia e Gran Bretagna (39,2% e 37,2% rispettivamente). Infine, la Germania presenta un valore pari a circa il 50%, in una posizione analoga a quella della Spagna. Sembra dunque che a eccezione della Spagna, nei paesi dell’area mediterranea, in prevalenza di tradizione cattolica e/o ortodossa, siano presenti maggiori preconcetti rispetto al lavoro femminile e alle sue conseguenze”
In altre parole, nei paesi fortemente segnati da una confessione religiosa si è convinti che la presenza della madre sia indispensabile per i bambini fino a tre anni e più. Anzi, che quei bambini siano danneggiati da una madre lavoratrice. Nelle 32 nazioni dove gli intervistati condividono questa visione, la relazione fra percentuale di cattolici e ortodossi e necessità dell’altissimo contatto materno è evidente:
“in particolare in Italia, Portogallo, Grecia, Lettonia, Cipro, Georgia e Malta, dove le percentuali di cattolici e ortodossi oscillano tra il 90% e il 100% della popolazione, le persone che hanno risposto di condividere l’affermazione oscillano tra il 70% e l’85%. È interessante notare, inoltre, che in molti dei nuovi paesi membri dell’Unione europea – Bulgaria, Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia, Slovenia, Ungheria – la correlazione è meno forte che altrove: essi presentano infatti una percentuale di risposte positive inferiore alla media per la loro quota di cattolici/ortodossi. Il motivo è che in questi paesi l’impegno dei governi, anche ideologico e culturale, a favore della parità dei generi è stato fortissimo per tutta la durata dell’era socialista. Altrettanto interessante è il caso della Spagna, che in parte esce dallo schema proposto, per una percentuale di risposte positive alla stessa domanda di gran lunga inferiore a quanto lascerebbe pensare la loro posizione nella classifica dei paesi per appartenenza alla religione cattolica e ortodossa. Ciò potrebbe essere dovuto alle politiche di sostegno alle donne in maternità attuate negli ultimi anni”.

Il riferimento, in questo caso, era al ruolo della madre nella famiglia e nel paese. Ma la coincidenza numerica è interessante, se si considera che dai blog cattolici più conservatori la campagna elettorale è stata condotta a suon di “arrivano quelli che distriburanno la pillola del giorno dopo alle adolescenti, aiuto”.  Allora, come detto altre volte, sono convinta che esista una sottovalutazione di tutto quello che si sta muovendo per l’annientamento di quanto è stato acquisito fin qui: un esempio fra i molti è la petizione che i no-choice stanno facendo girare, uno di noi. Non si tratta di gridare a nostra volta “aiuto, il nemico”. Si tratta di capire che l’onda di reazione è molto più forte di quanto si creda. E pretendere che la laicità del nostro paese venga salvaguardata.
Per inciso, attendo di leggere il nuovo libro di Chiara Lalli, La verità, vi prego, sull’aborto, in uscita per Fandango. Sarà, credo, decisamente utile.

22 pensieri su “IL PESO DEI NO-CHOICE

  1. Alla radice di tutto io vedo sempre la solita malafede per cui se esiste un diritto (all’aborto, all’adozione, alla procreazione assistita, all’eutanasia, ecc.), questo viene ribaltato in uno spauracchio come fosse un obbligo!
    Non è che se domani verranno riconosciuti i diritti dei gay di adottare bambini, allora gli eterosessuali perderanno i loro diritti.
    Siccome c’è il diritto all’aborto, se resto incinta mi obbligano ad abortire?
    Siccome c’è l’eutanasia (e non c’è aimé) se domani ho una malattia terminale mi obbligano a richiederla?
    Siccome c’è l’epidurale (in teoria) se partorisco ma la fanno a forza?

  2. il libro l’ho finito ieri.devo dire restando sconcertata sul finale (o non-finale,volendo).ma il discorso della laicità dello stato è più che importante perchè,è vero,queste elezioni rendono visibile una parte di italia che,per esempio me che vivo a roma lavoro sono per dire di sinistra,percepisco SBAGLIANDO una minoranza.ecco,non sono una minoranza,sono metà italia.tocca farci i conti.rimane che la 194 è una legge dello stato e non si tocca,cazzo.le altre,io ti scrissi ieri su diritti gay,mi riguardano,adozioni,revisione della 40,eutanasia,ci devono allineare all’europa.devono essere considerate leggi di civiltà,non concessioni.la laicità dello stato,suona bellissima,va difesa.

  3. L’eccezione della Spagna potrebbe essere in parte dovuta alla “defranchizzazione”, ancora abbastanza recente da tenere ben vivida la necessità che la chiesa tenga giù le zampe dallo stato.
    Comunque sia, se una madre lavoratrice è costretta a fare salti mortali per la pressoché totale assenza di qualunque politica di sostegno alle famiglie (che nessuno dei vari politicanti che vanno ai family day s’è mai sognato di mettere in atto), i bambini tanto felici non saranno.

  4. Il problema del peso dei cattolici nel nostro paese è, io credo, proporzionale al tasso di ipocrisia di cui è portatore chi lo abita. Intanto c’è una distorsione di base, sistematicamente sfruttata dalla gerarchia ecclesiastica, derivante dal fatto che quasi tutti siamo battezzati e la stragrande maggioranza della popolazione continua a battezzare i propri figli. Anche chi si guarda bene dall’osservare i dettami della dottrina in cui si dovrebbe, teoricamente, rispecchiare. Questo dà modo di parlare di “paese a larga prevalenza cattolica” anche in presenza di una secolarizzazione conclamata ed evidente. E’ quindi possibile che quella percentuale stratosferica si riferisca, semplicemente, al numero dei battezzati. C’è poi un secondo problema, secondo me anche più grave e realmente imputabile a pura e semplice ipocrisia, che concerne il modo in cui la maggior parte dei sedicenti “cattolici” vive i precetti della propria religione: à la carte, né più né meno. Qualcuno mi spiega cosa vuol dire essere cattolico “non praticante”? Forse che si è fermamente convinti dell’esistenza di Dio e del diavolo e di sceglie consapevolmente di andare all’inferno per ignavia e pigrizia? E, ancora peggio, come è possibile che la maggior parte dei cattolici, integralisti compresi, faccia allegramente sesso prima, fuori e dopo il matrimonio, si metta in coppia con divorziati rinunciando al matrimonio in chiesa, si guardi bene dal “dare tutto ai poveri” come da precetto evangelico, voti Lega in barba al credo razzista di quel movimento, giustifichi un vecchio maiale che va a letto con le minorenni e accettò, anni fa, un aborto al settimo mese della signora Lario allora sua moglie, evada le tasse e chi più ne ha, più ne metta? Pensiamo alla figura di Gesù: come si fa a fare tutto questo e a proclamarsi, comunque, suoi seguaci? Serve una dose massiccia di robusto cinismo, oltre a una notevole ottusità intellettuale, la quale impedisce di capire che, rifiutando di affrontare con se stessi il nodo irrisolto del proprio ateismo di fondo e di fatto, si preferisce consegnare le chiavi della convivenza civile a una lobby omofoba e reazionaria. Che, in ogni caso, ha pensato bene di confortare le coscienze che vogliono restare in sonno con comodi cuscini come la confessione, il perdono divino e perfino la chance di un estremo pentimento in punto di morte. Se fossimo un popolo di gente coerente, se fossimo abituati al rigore intellettuale e morale verso noi stessi e verso il prossimo, non ci definiremmo “cattolici” in modo così spensierato, consegnando l’esclusiva sul codice morale a un’organizzazione dalle dubbie finalità. Perché il cattolicesimo è una scelta che richiede gravitas, come tutte le scelte esistenziali. Non ne va solo della vita, ne va dell’eternità, addirittura. Per dire, io e mia moglie non abbiamo battezzato i nostri figli, nati con pratiche definite “obbrobriose” da non ricordo quale alto prelato, ma la maggior parte di quelli che condividono la nostra avventura li battezzano, invece. Alla materna li abbiamo esonerati dall’ora di religione (che a quell’età è vero e proprio indottrinamento, una cosa immorale), ma pochi lo fanno. E poi, dopo aver dato tale dimostrazione di leggerezza e insipienza, ci stupiamo dell’invadenza della gerarchia ecclesiastica? Ha ragione don Gallo: gli italiani hanno scelto di essere sudditi, e i sudditi hanno i padroni che si meritano.

  5. Come dire Maurizio, che chiediamo solo coerenza?! E a chi la chiediamo? Ai politici o ai nostri concittadini? Perché io non oso sperare che certi politici si ravvedano, ma mi piacerebbe molto la coerenza delle persone che mi sono accanto…

  6. Sono mamma da 6 mesi e, non nego, quando mio figlio aveva 3 mesi non sono tornata al lavoro perchè mi sembrava davvero troppo piccolo per essere lasciato a qualcuno che non fossi io (nonna, nido ecc…), se non altro perchè volevo allattarlo ancora un po’ e anche perchè il mio era ed è un nanerottolo piuttosto impegnativo.
    Sono quindi tornata in ufficio 3 settimane fa, quando il mio piccoletto ha compiuto 5 mesi e ho iniziato con un po’ di anticipo lo svezzamento.
    Alla fine credo ancora che 3 mesi di vita siano pochi per lasciare certi bimbi al nido o alla nonna, ma non credo che una madre lavoratrice abbia dei bimbi che soffrano più di altri.
    Al di là della religiosità della popolazione, forse…sono le mamme che soffrono a lasciare i bimbi ad altri, più che il contrario.
    Diciamo che per me è stato così, ma ora sono felice di essere tornata a lavorare, mi sento meglio emotivamente…paradossalmente meno stressata.
    Però sono fortunata, ho la nonna che mi tiene il piccoletto, se non avessi avuto questa possibilità, francamente, non so come ne sarei uscita dato che tra l’altro lavoro piuttosto lontana da casa.
    Conclusione: politiche governative in sostegno delle madri non ce ne sono, o se ci sono sono assolutamente insufficienti e credo che sia principalmente questo (oltre a una certa emotività materna) il motivo che induce a dare certe risposte a certe domande.

  7. Coerenza, libertà di scelta, diritti e servizi in questo paese?
    Il neo-eletto Presidente della Lombardia Maroni nel suo programma elettorale che ha gentilmente spedito a casa ad ogni cittadino scriveva: “sostegno economico alle donne costrette ad abortire per motivi economici e alle strutture incaricate a supportarle” da tradurre con trasformeremo i (già pochi) consultori in centri no-choice.
    Intanto il numero dei posti agli asili nido pubblici è ridicolo e i costi degli asili privati è insostenibile per la maggior parte delle famiglie (Di certo la mia), le scuole cadono a pezzi e leviamo gli insegnanti di sostegno agli alunni che ne hanno bisogno ma paghiamo con i nostri soldi gli insegnanti di religione scelti dalle curie.
    Io diventerò mamma tra poco e sarei tornata a lavorare tranquillamente dopo 3 mesi, peccato che non mi venga data nessuna possibilità di scelta, niente nonni disponibili al 100%, niente posti all’asilo pubblico, rette esorbitanti per i privati. Non mi rimane che stare a casa.
    Al danno aggiungiamo la beffa di quelle persone che ti guardano allibite se dici di voler portare tuo figlio al nido a tre mesi, neanche lo lasciassi a Guantanamo, come se fossi una madre degenere o all’estremo opposto quelli che “così è comodo stai a casa tua a fare la mamma e ti pagano pure”.
    Giocare con i sensi di colpa delle donne è una prassi talmente abituale che per resistere bisogna avere anni di meditazione zen alle spalle!
    Se la Lega invece di fomentare la rabbia verso gli immigrati “che ci rubano i posti ai nidi e alle materne” (frase che ho sentito almeno centinaia di volte in queste settimane) aumentasse i servizi e i posti disponibili, la faremmo finita di nascondere l’inefficienza dietro il razzismo populista.

  8. Riguardo all’iniziativa “Uno di Noi” il Comune di Fano ha aderito a questa crociata grazie alla consigliera delle pari opportunità che ha promosso sul territorio una raccolta firme in difesa dell’embrione, raccolta che si tiene non solo all’interno nelle Chiese locali, ma anche all’interno del Consultorio pubblico della città tutti i giovedì pomeriggio.
    Qui le fonti: http://comunicazionedigenere.wordpress.com/2012/12/20/il-comune-di-fano-raccoglie-firme-in-difesa-dei-diritti-dellembrione/
    http://femminismi.wordpress.com/2012/12/20/fano-la-cucuzza-alle-crociate/
    La regione Marche hauno dei tassi più alti di medici e personale vario obiettore, a ciò si aggiunge la retorica violenta di queste persone che in luoghi pubblici e laici vogliono imporre la loro idea di vita.
    Insieme all’iniziativa “Uno di noi” che se non sbaglio fa parte di un più ampio progetto europeo in difesa dei “non nati”, abbiamo anche le azioni dell’associazione no194, la quale ha come obiettivo l’abrogazione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza. Vogliono proporre un referendum abrogativo e nel frattempo pregano, ma non in Chiesa, davanti ai nostri ospedali pubblici! Il 2 marzo a Milano, Padova, Torino, Caserta e Catania, il 5 Marzo a Roma i prolife pregheranno per 12 ore davanti agli ospedali, si stanno organizzando sit-in di contropreghiera, bisogna far capire a queste persone che la loro retorica è una forma di violenza, dobbiamo liberarcene, come dobbiamo liberarci dell’idea della maternità come tappa obbligata per una donna. La maternità e la genitorialità deveno essere scelte consapevoli.

  9. Non sono daccordo. Non sono cattolico. Mia figlia rimase con la madre fino al compimento del primo anno di età, poi con la nonna fino alla scuola materna. Siccome dovemmo ricorrere all’allattamento artificiale, di quell’epoca ricordo con piacere qando mi alzavo di notte per il turno delle 4-5, stando tutto il giorno fuori per lavoro potevo partecipare alla vita di mia figlia e trasmettergli qualcosa solo la sera quando cantavo per farla addormentare o nell’alzata prima dell’alba. Ovvio che c’è voluta tutta l’energia dei miei 26 anni di allora. Quando poi l’abbiamo svezzata era bello tostarle i cereali prima di macinarli per preparargli le pappe e pian piano interagire con lei sempre cercando di trasmettergli qualcosa.
    Oggi che vorrei un figlio con la mia seconda compagna dobbiamo scontrarci con la realtà economica nella qual due stipendi (finché ci sono) bastano a stento per tutti e due e di nonni non ce ne sono. Ma aldilà del problema economico resto dell’idea che un figlio affidato a tre mesi per otto-dieci ore al giorno a qualcuno aldifuori della famiglia, non so se soffra, ma di certo riceve un’educazione che non è la tua. Se esistono società che sono indiffrenti a questo problema liberi di farlo, io ho degli altri desideri. Se poi queste società credono che l’educazione sia un fatto standard e non legarto alle caratteristiche del singolo individuo, liberi di pensarlo, io non appartengo a questo modello.
    Vorrei però essere chiaro, non relego la donna a dover essere schiava della maternità, né voglio costringerla a restare ai margini del mondo del lavoro. E’ il modello di famiglia che siamo costretti a vivere che non mi soddisfa, per cui non ci sono più persone dedicate alla produzione dei servizi comuni e altre dedicate al procacciamento della ricchezza. Alla fine siamo spesso solo in due adulti, sempre più soli e sempre con più rammarichi che speranze, schiavi entrambi del lavoro. E non è un problema che si può risolvere solo con i servizi sociali.

  10. @mimmo intanto i servizi sarebbe comunque meglio averli e poi lasciare ai genitori la possibilità di scegliere.
    Ogni donna e ogni famiglia devono avere libertà di scelta senza usare modelli educativi o pedagogici come alibi.
    Un’ultima osservazione che sebbene sembri una provocazione non lo è: sei sicuro che altri componenti della famiglia, i nonni insomma, garantiscano l’educazione che vogliono i genitori? Sento amici disperati perché i nonni vengono meno a regole o indicazioni date ai bambini.

  11. @Mimmo: penso che tu, in buona fede, sia caduto proprio nella trappola che qualcuno ha denuciato: far credere che la disponibilità di un servizio comporti l’obbligo di farne uso. Vuoi tenere tua figlia a casa con la mamma o con i nonni o con te per i primi tre anni di vita? Libero di farlo, ovviamente. Ma perché non dovrebbe godere della stessa libertà chi vuole (o purtroppo, più spesso, deve) affidare i propri figli a una struttura adeguatamente attrezzata e competente per alcune ore al giorno?

  12. Sembra una discussione di chi si è stancato di essere cittadino di serie B in un paese ipocrita e incivile, con servizi inadeguati alle esigenze delle persone che non hanno stipendi da 2.000 euro al mese.

  13. Non ci siamo. Non sono contrario all’esistenza e alla disponibilità degli asili nido. Spero che la competenza, la capacità e l’attitudine di chi ci lavora sia alta, o quantomeno sufficiente. Come tutti i servizi gradirei fossero alla portata degli stipendi medi di chi lavora. Perché più che lavorare tutto il giorno non si può e quello che ci si ricava dovrebbe bastare ad una semplice vita dignitosa, ma da alcuni anni non è più così.
    Riguardo la questione dei figli invece resto dell’idea che è più naturale che i figli nella prima fase di vita, quando cioè ricevono il massimo degli imprinting che costituiranno il loro carattere appreso, passino la maggior parte del tempo con i propri familiari. Non foss’altro per il legame di amore che non è comparabile con l’affetto che la migliore delle professionalità d’asilo possa esprimere. Capisco chi deve, c’è sempre stato chi non ha potuto seguire o veder crescere i propri figli. Penso a mio padre che, da navigante, quando è nata mia sorella era in Cina e poco dopo che sono nato io è partito per 18 mesi. Non capisco invece chi lo fa per scelta, come se l’educazione fosse un qualcosa che da genitore si può dare in appalto, preoccupandosi solo dell’efficienza del servizio.
    E sia chiaro, sto parlando dei primi anni di vita del bambino. Dopo, gradualmente, il processo di socializzazione e di indipendenza diventa essenziale per costruire un individuo che sappia un giorno diventare adulto, nel vero senso del termine.
    Riguardo poi i problemi con i nonni, quello fa parte del nostro essere figli prima ancora di diventare genitori. Ho avuto anch’io sotto questo punto di vista una difficilissima storia con la mia prima suocera che non ha avuto soluzione felice. Ma questo rientra appunto nei problemi di rapporto della mia prima moglie in quanto figlia, con sua madre.
    @Alessia non è una discussione da mamme online, è il portare a galla un problema che ha un importanza vitale nella struttura di una società. Un tempo essere proletari significava avere come unica ricchezza i figli. Oggi purtroppo neppure quello.

  14. buongiorno e bentrovati.io credo intanto che lo stato debba garantire l’accesso ai nidi e con orari compatibili con il mondo del lavoro a chiunque ne faccia richiesta e soprattutto i redditi medio-bassi per i quali permettersi un nido privato o una babysitter è impensabile.e parlo di nidi 3 mesi-3 anni perchè è in quel momento che molte madri mollano il lavoro o scelgono part time spesso penalizzanti.vi capita di guardare quelle inchieste a ballarò su olanda-svezia-germania-ecc. e chiedervi ‘ma perchè qui no?’,nidi e asili perfetti a prezzi politici se non gratuiti.l’accesso anche a chi non lavora,perchè per mia esperienza personale,salvo situazioni idilliache,le mamme italiane..bè un po’ sole sono,magari qualche ora di stacco non farebbe male a nessuno.un po’ di vita.ho lasciato il primogenito oggi 18enne al nido a 4 mesi,la sorella,oggi 10 anni, è stata nel marsupio con me fino ad 1 anno.lui è anomalo rispetto al panorama maschile della sua età:si cucina da 7-8 anni,lava,aiuta in casa,è autonomo,responsabile ma cazzaro com’è giusto.lei ci mette 20 minuti per infilarsi un paio di calze,non sa allacciarsi le scarpe,ha paura della cucina e faticosamente si fa una doccia da sola.ho sbagliato qualcosa sicuramente….vorrei una società,me la sogno la notte,dove ci siano servizi (e diritti) per tutti,possibilmente senza giudizio.dai consultori ai nidi passando per le biblioteche ambulanti e gli orti di quartiere,per dire,.un mondo laico e civile.normale.@mimmo quel ‘avere come unica ricchezza i figli’ non so perchè mi fa rabbividire…

  15. @alessia Era ovviamente una parafrasi su un modo di dire. La crisi economica purtroppo ci colpisce anche negli affetti, perché costringe i tempi, gli spazi e i modi delle relazioni.
    I figli comunque sono un patrimonio, come lo sono la tua compagna, gli amici veri e tutte le persone che ami e che ti amano……….
    Certamente ci sarà chi dai familiari invece che amore ha ricevuto quanto di peggio il bestiario umano produce, ma questo conferma quello che dico. Non tutti nella loro vita sono dotati dello stesso patrimonio, sia esso genetico, finanziario o familiare. Alcune cose ci arrivano in dono, altre ce le costruiamo con le nostre mani. C’è chi i patrimoni li costruisce e chi li dissipa.

  16. Ma perché non porla sul piano che ”l’asilo nido è un diritto del bambino”? Poi una mamma sarà libera di scegliere il proprio modo di esser mamma, ma con un figliolo che ha riconosciuto un proprio diritto. Al di là delle religioni, delle famiglie e dei giudizi sui modi dell’esser mamma, lo stato viene prima, è lo stato che riconosce i diritti dei propri cittadini. E che? I bambini non lo sono?

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