IL RAGAZZO DEL CLAN

La saga del Corriere della Sera continua. Oggi Giorgio De Rienzo, lancia in resta, liquida Alessandro Piperno e Leonardo Colombati. Curioso che ci si senta in dovere di giustificare una stroncatura prendendosela con il proprio giornale (chi l’ha montata, la questione del romanzo di destra e di sinistra, Le Canard enchaîné?) e con personaggi (direttori editoriali e uffici stampa) che evidentemente fanno il proprio lavoro e basta: sarei sorpresa di sentir dire da un appartenente ad una delle due catagorie "guarda, ho qui un romanzo veramente mediocre di un tale che dovrebbe cambiare mestiere". Poi, ci sono i "piccoli clan": ho qualche sospetto su cosa intendesse De Rienzo, ma taccio. E’ tutto vostro.

"Forse occorrerebbe a tutti noi che ci occupiamo di letteratura per professione prenderci una pausa di riflessione e chiederci se non sia un po’ sciocco (e miope) deludere (se non ingannare) i lettori che non sono già tanti e proprio per ciò andrebbero rispettati. Direttori editoriali e responsabili di uffici stampa, critici e giornalisti quest’anno hanno applaudito con allegria frettolosa (magari a occhi chiusi) come capolavori i vagiti di alcuni giovani scrittori esordienti, per poi farli diventare lunghi e rumorosi, montando accese discussioni, chiedendosi se questi romanzi fossero di destra o di sinistra (quasi fosse davvero importante), piuttosto di porsi seriamente il problema se si trovassero di fronte a opere narrative più o meno valide. Si è partiti da Con le peggiori intenzioni (Mondadori) di Alessandro Piperno, per arrivare a Perceber , «romanzo eroicomico», di Leonardo Colombati (Sironi, pagine 508, 17): un libro che è un contenitore dalla scrittura torrenziale di cui è difficile persino fare un riassunto che possa stare in piedi per presentarlo al lettore. Fermiamo tutto allora. Cerchiamo prima di chiarirci se esistano (e quali siano eventualmente) le regole più semplici perché un libro possa non dico diventare un romanzo, ma avere comunque dignità di testo letterario.
La domanda banale insomma è questa: si possono stabilire punti di riferimento elementari, per quanto molto flessibili, oppure dobbiamo restare in balia del giudizio di piccoli clan che giustificano tutto e tutti? Non intendo insegnare niente a nessuno. Vorrei soltanto capire se chi legge un romanzo, prima di pubblicarlo e lanciarlo, prima di scriverne per poi montare un caso, abbia ancora chiaro che un’opera narrativa debba sviluppare una storia (o più storie intrecciate), avere una struttura (semplice o complessa) che la sorregga e insieme la forza di una scrittura che si trasformi in stile.
Non mi pare di segnare regole che neghino la libertà inventiva la quale, rimane ovviamente sacrosanta per qualsiasi scrittore in quanto connaturata all’idea stessa della letteratura. L’alternativa possibile a questo canone narrativo chiuso, che interpreta una visione del mondo, può essere certamente quello di una libertà assoluta (e anarchica) che esprima invece il caos del mondo. E’ l’alternativa però più difficile, che richiede un rigore di scrittura e una capacità inventiva eccezionale.
Uno scrittore può dunque abolire ogni regola, accumulare – come accade con Colombati – spezzoni di storie e anche magari abbandonarle al loro destino, mescolare stravaganze e variazioni di linguaggio, sovrapporre moduli espressivi, creare una struttura in cui la direttiva principale diventi quella di una continua divagazione. Ma allora perché Colombati sente il bisogno di sorreggere la sua anarchia espressiva da una «mappa» precostituita di orientamento per il lettore e da una serie di note che giustificano il caos a posteriori? La realtà è che l’autore, creato un vuoto, si sente autorizzato a vomitarvi dentro liberi pensieri sparsi, a esibire la sua cultura (cioè mettere insieme brani di canzonette e pillole di cosmologia, fatti di cronaca e scampoli del Talmud, svelte diagnosi psichiatriche e coriandoli di filosofia), con una scrittura torrenziale generalmente sciatta che finge di accettare tutti gli stili, per non saperne creare uno originale. Potrei sbagliare, ma credo onesto avvertire il lettore che questo non è un romanzo: è soltanto un contenitore zeppo di velleità e vanità pseudo culturali".

105 pensieri su “IL RAGAZZO DEL CLAN

  1. Posso chiederti se ti è piaciuto uno dei romanzi di punta di questa stagione: ‘Atomico Dandy’ o se condividi le mie impressioni?

  2. va be, mo non esageriamo.
    a me il libro di colombati non mi ha tanto convinto. se qualcuno me lo chiedesse lo recensirei in modo non entusiastico. credo però “abbia diritto”, essendo uno scrittore, a che il suo libro sia considerato un “romanzo”, e non un blog, una compilation o un diario privato, come fa il professor de rienzo.
    però colombo, ti è andata bene! a te ti insultano, ma almeno non ti sfottono, come invece hanno fatto con Pincio (ilpostodeilibri.it, 32)!

  3. Io non ho l’impressione che gli scrittori oggi siano monadi mutuamente irrelate. Anzi, credo che se esiste qualcosa di simile a un tessuto di dialogo e di scambio, questo sia soprattutto fatto da rapporti fra scrittori, venutisi a formare casualmente, “dal basso”.

  4. Facciamo un gioco? Propongo di segnalare romanzi canonizzati ai quali si applica perfettamente la stroncatura di de Rienzo.
    Comicio con Herman Melville, “Moby Dick”, Laurence Sterne, “Tristam Shandy”, Grimmelshausen, “Simplizizzimus”, nessuno dei quali, per l’altro, moderno o postmoderno.

  5. Ogni giorno in Italia c’è qualcuno che prende una sedia, ci si mette in piedi sopra, grida, “adesso ve ne dico una che non avete mai sentito!”.
    ed effettivamente se ne sentono di tutte 🙂
    non importa che uno che non ha mai studiato cinema recensisca film – solo perchè amica in Rai, di qualche politico – o che giudichi di libri – per aver invitato a cena venti volte il direttore del gionale che lo fa scrivere.
    tutta colpa del fatto che secoli or sono abbiamo dato il primato all'”individuo”? o che non siamo abbastanza “coraggiosi” per indicare i giardinetti – come si fa a Londra – appena uno monti su una sedia? chi lo sa.
    conoscete qualcuno che possa presentarmi un politico in Rai? a me le interviste me le negano (certo colpa della mia imperizia). coi direttori di giornali ho smesso di “provarci” perchè mi conoscono:-)

  6. ‘sulla strada’ e tutta la produzione di kerouak, tutto william burroghs e perchè no, un’altra opera eroicomica, come si chiama, quella di quello che combatte coi mulini a vento.

  7. io perceber non l’ho ancora letto. mi ha tentato, proprio l’altro ieri in libreria, e anche la settimana scorsa, ma costa troppo, cazzo, 17 euro! in questo momento ho stabilito un tetto massimo di 15 euro. che devo fa?
    quindi, non posso parlarne, anche se l’ho sfogliato, ma non basta.
    però posso parlare della noia che provo nel leggere l’ennesimo articola che anzichè parlare del libro parla di come si dovrebbe parlare del libro. perchè la sensazione è che nemmeno de rienzo l’abbia letto, volendo, infatti, potremmo sostituire a ‘leonardo colombati’ e ‘perceber’ molti altri autori e titoli. possibile che nemmeno uno di quegli spezzoni di storie lasciati al proprio destino lo abbia interessato, che la sovrapposizione di moduli e linguaggi non l’abbia incuriosito nemmeno un po? e poi, ancora con gli scrittori che vomitano! ma se vomitano tutti un motivo ci sarà?
    de rienzo stabilisce un canone assolutamente generico, non articola uno stralcio di critica e non mi dice nulla del libro, e poi se la prende in maniera puerile con gli uffici stampa…certo, se uno anzichè leggerselo il libro fa copia copiella delle critiche positive che gli fornisce l’editore poi capita che ha un moto di ribellione.

  8. essendo uno scrittore = avendo quelle capacità (artigianali?) minime (non riferito, minime a colombati) che gli consentano di costruire una storia.
    mo me ne vado a elaborarne una (la solita, schifosa, ma ben pagata)

  9. adesso entriamo pure nel merito dei contenuti di un libro?Bene,non ci resta che aspettare l’Abulafia di prima generazione(col microchip giapponese)per decidere che cosa vogliamo che ci sia nel coctail di parole.Mi raccomando gli ombrellini.Che poi Perceber sia un Baldus Redivivo(o recidivo,a seconda del giudizio)è discorso a parte
    “che soddisfazione,questo minestrone,tutto il corcondario lo sa.Come vivo io,non lo so neanch’io,ma se me lo dicono lo so”
    Paolo Conte

  10. (pausa)
    certo che voi giornalisti siete proprio degli attaccabrighe (erano anni che sognavo di poterlo scrivere)
    ndr: il commento era nato per il blog del buon ZV, ma vedo che la funzione di dialogo è stata inibita.
    E a me spiace buttare via i commenti, che non so neppure se siano biodegradabili

  11. Ho l’impressione, anch’io, che molti parlino di Perceber senza averlo letto.
    In Perceber.com apparve una mia recensione, che ora potete trovare anche nel mio sito, qui:
    http://space.tin.it/clubnet/badimona/Colombati.htm
    Invece, la rece di Atomico Dandy è su vibrisse alla data di ieri.
    Spero di fare, con questa segnalazione, cosa gradita e utile, anche se, come qualcuno saprà, quando un libro è interessante dal punto di vista strutturale e stilistico, mi lascio prendere e non controllo la lunghezza del pezzo.
    Come ho già detto a qualcuno: Non metto limiti alla Provvidenza:-)
    Bart

  12. Ciao Lippa, scrivi:
    “Curioso che ci si senta in dovere di giustificare una stroncatura prendendosela con personaggi (direttori editoriali e uffici stampa) che evidentemente fanno il proprio lavoro e basta: sarei sorpresa di sentir dire da un appartenente ad una delle due catagorie “guarda, ho qui un romanzo veramente mediocre di un tale che dovrebbe cambiare mestiere”.
    In effetti è curioso, ma trovo anche curioso dare per scontato che la promozione di un libro da parte dell’editore e di un ufficio stampa preveda “un inganno” un messaggio pubblicitario o un discorso falsato.
    Io lavoro non da molto per un ufficio stampa. Non so come facciano altrove, (anzi sarei curioso di saperlo) ma qui non abbiamo molte possibilità di convincere nessuno se non con i libri e instaurando un rapporto di fiducia. Il mio obiettivo è la comunicazione con giornalisti e critici, il tentativo di far si che si sviluppi un discorso critico, per questo cerchiamo di inquadrare un libro all’interno di una tradizione, di iniziare a sviluppare – con una scheda di presentazione – anche un “discorso molto semplice intorno al testo” (per orientare velocemente un lettore professionale perso in mezzo a migliaia di libri alla settimana).
    Il mio obiettivo non è direttamente la promozione del libro.
    Se fossi un critico e ricevessi una telefonata in cui una persona di cui mi fido mi dicesse: “leggi credimi è un libro importante e straordinario” per un libro evidentemente mediocre, non darei più in seguito fiducia al tale.
    Per guadagnare fiducia mi è in effetti capitato di dire o meglio di far capire (magari smussando, evidenziando diversi motivi di interesse) quanto un libro fosse interessante rispetto, a quali “variabili” o se lo fosse meno, e per che cosa (ovviamente a partire dai discorsi che si sono fatti all’interno della casa editrice).
    Insomma non so dalle altre parti ma qui si cerca di essere misurati e di buon senso. E di farsi prendere dall’entusiasmo quando effettivamente si è entusiasti.
    Non vi è spazio per convincere nessuno se non la bontà del libro stesso.
    Fortuna vuole che il discorso critico non sia matematica; ci sono sempre giudizi, analisi gusti e posizioni diverse.
    Ah, non mi firmo così non perdo il posto di lavoro 😉
    – e naturalmente ti ho appena spedito un capolavoro.
    Bonekamp

  13. Da certi accenni letti non ricordo dove, cioè dappertutto, mi sembrava che il tipo di struttura cui poteva essere ricondotto Perceber si richiamasse, in senso lato, all’Ulisse di Joyce. Ricordo che Colombati parlava dell’Ulisse come di un “contenitore” in cui poteva essere messo qualsiasi cosa. E già questo mi aveva insospettito: il liquidare uno dei maggiori capolavori del Novecento come mero ed unico esercizio di stile sorretto da una comoda impalcatura, mi è sembrata una leggerezza, tanto più che il ‘sì’ finale di Molly che chiudeva l’opera, a corollario dell’immensa ed articolata umanità di cui ogni pagina era permeata, mi fece, non mi vergogno a dirlo, versare qualche lacrima di commozione. Di lì la mia idea che Colombati richiamasse la difficile lettura di Joyce come stampella per sorreggere l’esile struttura narrativa di Perceber, distogliendo e focalizzando al tempo stesso l’attenzione su infiniti intrecci possibili ma ignorati, su richiami colti e pretese di abbracciare un significato ultimo, ma sottinteso. Finché uno si fa certi discorsi da solo, senza aver letto il libro, quando vede il volume in libreria la curiosità di leggere il capolavoro degli ultimi anni rimane.
    Non mi sembra che Di Rienzo usi toni eccessivi, ha usato la prima persona plurale mettendosi nella schiera di chi ha ingannato (e sottovalutato) i lettori, chiamando in causa lo stesso giornale che lo paga, perché no. Condivido le sue perplessità sui caratteri propri del romanzo che vengono abitualmente disattesi e addirittura scavalcati, ed immagino che prima di recensire il libro, a differenza di me, l’ha letto.
    Quindi, chiedo scusa se dò ad una recensione il ruolo che le spetta, non spenderò i 17 euro per acquistare Perceber.

  14. Ciao Lippa, scrivi:
    “Curioso che ci si senta in dovere di giustificare una stroncatura prendendosela con personaggi (direttori editoriali e uffici stampa) che evidentemente fanno il proprio lavoro e basta: sarei sorpresa di sentir dire da un appartenente ad una delle due catagorie “guarda, ho qui un romanzo veramente mediocre di un tale che dovrebbe cambiare mestiere”.
    In effetti è curioso, ma trovo anche curioso dare per scontato che la promozione di un libro da parte dell’editore e di un ufficio stampa preveda “un inganno” un messaggio pubblicitario o un discorso falsato.
    Io lavoro non da molto per un ufficio stampa. Non so come facciano altrove, (anzi sarei curioso di saperlo) ma qui non abbiamo molte possibilità di convincere nessuno se non con i libri e instaurando un rapporto di fiducia. Il mio obiettivo è la comunicazione con giornalisti e critici, il tentativo di far si che si sviluppi un discorso critico, per questo cerchiamo di inquadrare un libro all’interno di una tradizione, di iniziare a sviluppare – con una scheda di presentazione – anche un “discorso molto semplice intorno al testo” (per orientare velocemente un lettore professionale perso in mezzo a migliaia di libri alla settimana).
    Il mio obiettivo non è direttamente la promozione del libro.
    Se fossi un critico e ricevessi una telefonata in cui una persona di cui mi fido mi dicesse: “leggi credimi è un libro importante e straordinario” per un libro evidentemente mediocre, non darei più in seguito fiducia al tale.
    Per guadagnare fiducia mi è in effetti capitato di dire o meglio di far capire (magari smussando, evidenziando diversi motivi di interesse) quanto un libro fosse interessante rispetto, a quali “variabili” o se lo fosse meno, e per che cosa (ovviamente a partire dai discorsi che si sono fatti all’interno della casa editrice).
    Insomma non so dalle altre parti ma qui si cerca di essere misurati e di buon senso. E di farsi prendere dall’entusiasmo quando effettivamente si è entusiasti.
    Non vi è spazio per convincere nessuno se non la bontà del libro stesso.
    Fortuna vuole che il discorso critico non sia matematica; ci sono sempre giudizi, analisi gusti e posizioni diverse.
    Ah, non mi firmo così non perdo il posto di lavoro 😉
    – e naturalmente ti ho appena spedito un capolavoro.
    Bonekamp

  15. per bonekamp – anche se non lavoro nell’ufficio stampa di Sironi ma in redazione, posso accorgermi che dici cose di assoluto e basilare buon senso e che sottoscrivo. è così vero che l’unico possibile buon argomento è il libro stesso, che da noi i colleghi dell’ufficio stampa fanno parte a tutti gli effetti del “gruppo di lettura” contribuendo con la loro cultura e la loro sensibilità alle decisioni sui libri da pubblicare. questo proprio perché case editrici come la nostra hanno come sola arma la convinzione sincera con cui tutti e ciascuno credono in quello che si pubblica. penso che Loredana intendesse questo con il suo commento ironico. un editore – almeno teoricamente – se pubblica un libro ci crede e se ci crede lo promuove e se lo promuove ne dice bene. mi sembra una roba lapalissiana, no? dopodiché ogni libro, nella sua singolarità, sarà capace di supportare un discorso adeguato a ciò che è (e che non è mai lo stesso). io credo, poi, che bisognerebbe abbandonare la cultura del sospetto. anche i giornalisti dovrebbero farlo. ciò significa, banalmente, esprimere un giudizio ragionato e non gratuito anche nelle stroncature e non giustificarle semplicemente in base all’assioma: se l’editore ne fa lodi sperticate allora mente. non vi sembra assurdo? (modestamente, poi, mi piacerebbe che i criteri con cui si giudica un libro fossero omogenei al libro. se odio la fantascienza, non ha senso che mi legga Dune e poi dica: ma questo è matto, parla di vermi giganti per sei libri!)

  16. il 24 maggio scorso, Livio Borriello, scrisse un intervento su Nazione Indiana, dal titolo Antiromanzo, che secondo me riporta la questione un passo indietro ma in una giusta direzione (quindi un passo avanti!), cito testualmente “nel vero laboratorio della cultura e del pensiero libero occidentale, la Francia, dominano da decenni le scritture anti-narrative, almeno nella produzione alta.” l’articolo è interessante e secondo me offre spunti alla discussione

  17. paola mi ha anticipato, ma io posso parlare da lettore. è ovvio anche a me, non addetto ai lavori, che se un editore pubblica un libro o lo fa perchè pensa che si possa vendere a vagonate (senza fare esempi, non c’è bisogno) o, se si tratta di un autore “poco conosciuto”, è perchè pensa che il libro sia bello. perchè a quel punto non dovrebbe promuoverlo sarebbe davvero un mistero.. d’altra parte, il critico non dovrebbe troppo farsi influenzare da come un libro gli viene presentato, i suoi strumenti li avrà.
    mi pare che de rienzo lamenti una specie di complotto, una cospirazione che addirittura lo ha involontariamente coinvolto, riducendolo a pedina di “clan” misteriosi. chi è che sta prendendo il controllo del mercato del libro?
    wow, che trama da brivido!
    p.s. è solo perchè è troppo ovvio che nessuno ha detto che le osservazioni di de rienzo vanno bene per V?

  18. Mi scuso, ma perché tanta considerazione per le pagine culturali del Corriere della sera? Qualcuno ha fatto caso alla pagina di qualche giorno fa dedicata a Foucault? Sembrava uscita fresca fresca da Novella 2000! Con Vattimo che osserva come Foucault non vada più di moda a “sinistra”… Roba da non credere. Dunque se il livello è questo – in poche parole, quello da polemicuccia ma senza dimenticare il gossip – ho un suggerimento: lasciamo perdere le pagine del Corriere. Scrivano quello che vogliono…

  19. E che sarà mai una stroncatura?
    A me m’hanno stronkato con sole 25 parole (wow!) nientepopodimeno che su Magazine! E sono ancora vivo!;-)
    Anzi, più vivo che mai…

  20. Hai ragione Franz, anzi cinicamente: meglio krande stronkatura che piccola stroncatura. Però…
    A parte il fatto che io ho letto Perceber da cima a fondo e pagina per pagina e ci ho versato – giuro- anche qualche lacrimuccia, a parte il fatto che sia un libro sorretto da uno stile (sì, uno STILE) del tutto personale e per niente sciatto, a parte le eccedenze, i diffettucci e il piacere di citazioni e sovvrastrutture che uno può anche non condividere, quel libro- aldilà se piace o meno- resta un romanzo e non una sbrodolata.
    Perché la cosa centrale, quella di cui in teoria ci si potrebbe (dovrebbe) anche scandalizzare, è l’idea normativa di romanzo che il pezzo sottintende.
    Il romanzo non è mai stato così, non prima dell’ottocento, non dopo e, in larga parte, neanche DURANTE. Pensiamo a Victor Hugo, a certo Dickens, ai “Demoni”, a Gogol’, magari all'”Educazione Sentimentale”, a Stifter ecc.ecc.
    Se c’è qualcosa che l’ammazza, il romanzo, è quest’idea mid-cult in cui le non più contesse, ma signore escono alle cinque o commissari aggrottano la fronte. E con questo non ho niente contro signore e commissari e cosiddetti “romanzi tradizionali” se dotati di un loro guizzo vitale. Solamente che ne esistono pochi e non ne esistono solo così.

  21. Per quel che conta, la prima impressione che ricavai dalla lettura di Perceber (all’epoca noto come: Il quinto movimento) non fu dissimile da quella del professore torinese. Magari quello lì è un libro che merita più di una lettura. De Rienzo, fra università e il resto, non disporrà di tanto tempo (quello che serve, cioè, per almeno una rilettura).
    Sul romanzo ingabbiato in qualsivoglia griglia normativa, Helena ha ragione – tanto per cambiare, no.

  22. E’ bello parlare di complotti, fa trendy: uno tira fuori il compltto, la testa gli si incendia e pensa a chissàcchè. Invece magari è solo una combriccola, un gruppo di amici che si conoscono, una roba così, colleghi, si aiutano l’un l’altro in questo panorama italiano assai poco caritatevole.
    Si fa per dire, no.
    E per Perceber, per quanto vale il mio parere, dico che un romanzo lo è davvero, pochi scherzi, dove però predomina l’artificio del macchinario scenico.
    Per me, per quanto laborioso, non è un lavoro eccezionale, ma resta un buon tentativo di ripresa del romanzo dal progetto architettonico epico e di struttura, ed appunto eroicomico.
    Vale la pena di leggerlo.
    Poi Di Rienzo mica l’ha distrutto, no?
    Mario Bianco

  23. Helena, hai ragione. Ma vedi, la mia non era nemmeno una stroncatura, era uno scherzo. A quel punto (vedi mio blog http://www.uffenwanken.splinder.com) mi metto a scherzare anch’io, ne ho il diritto, seppure per pochi intimi (ma buoni, questo si). Ora, io Perceber non l’ho letto e mi fido d’istinto di te perchè ti apprezzo molto (a quando la famosa birra, a proposito?:-)), però De Rienzo ha scritto un vero e proprio pezzo di critica. Le 25 parole sono un calcio nelle palle, secondo me, e basta. Io non me la sono presa, davvero, anzi mi sono messo a ridere assieme all’addetto stampa (va bè, aveva cominciato lui, a ridere); però almeno De Rienzo ha scritto una critica, ha argomentato. Bene? Male? Non lo so. E non lo so perchè non ho letto Perceber (anche se mi fido di te). E dunque? Dunque è già qualcosa. E’ sempre meglio sapere, se si deve ricevere un castigo, il perchè. Se uno prende una sberla in faccia e non gli si dice perchè l’ha presa la sberla di solito fa più male. Almeno per me è così. Baci.

  24. Giovanni, scusa, secondo me ci puo’ stare e non ci puo’ stare. Un critico dovrebbe capire alla prima lettura, con tutti i libri che gli vengono a tiro di recensione. E poi, mi viene da dire che tutti i libri interessanti meritano una seconda rilettura, e anche una terza. Ma il critico bravo è quello che entra nel libro al primo colpo. Tutti sono nelle condizioni del professore, perché ricevono quintalate di libri al giorno, la Lippa qui potrebbe testimoniare. Il critico bravo è quello che ha la capacità di entrare nelle pagine come un surfista è bravo nel cavalcare le onde.

  25. Franz, il pontifex maximus della critica letteraria del Novecento italiano è morto convinto che, nel canone, ci fosse spazio per Antonio Pizzuto; e costui (il pontifex) è stato ed è un maestro per tutti. Penso che un critico onesto debba a ogni libro che studia almeno un paio di letture. Altrimenti, è un tombeur de livres, un mascalzone, uno di cui non ci si può fidare.

  26. non troverò pace finchè non sarete convinti che Rimini di Tondelli è il miglior Noir Italiano del ventennio.Così magari è la volta buona che vi metterete a leggerlo sul serio.E chi di dovere avrà le risposte adeguate.Non ho letto Perceber(chiederò a un microcriminale che mi deve..dei favori di rubarlo per me,ok?),ma presumo che sia un tentativo riuscito di quello che in precedenza era riuscito porprio solo a Vittorio,cioè quello di essere corale senza essere polifonico.Pure li ci sono storie che non si incontrano mai e spesso servono a colmare gli squarci spazio temporali creati in modalità ctonia(inoltre vi è un riferimento al modello di cultura che già dominava gli anni 80.Dategli una sbirciatina, troverete cose che non vi piaceranno,anche se magari le potreste persino trovare interessanti)

  27. Helena, ti chiedo scusa: io Perceber l’ho letto, ma punti nei quali ci fosse da versare lacrimucce non ne ricordo. Avremo sensibilità diverse. Quanto al resto, grande rispetto per la cultura enciclopedica di Colombati, ma sarebbe anche il caso di sottolineare che Ulisse è già stato scritto.

  28. Non capisco peraltro gli strali rivolti ai due romanzi, il discorso è più generale e riguarda come ci si pone in questo paese nei confronti del prossimo nostro, che era lettore (da affascinare, simpatizzare, coinvolgere, meravigliare, allibire) oramai cliente (da imbonire, strabiliare), poi utente (da addomesticare, assuefare), adesso ultimo nodo della catena (al quale ammollare ‘o pacco).

  29. Non capisco peraltro gli strali rivolti ai due romanzi, il discorso è più generale e riguarda come ci si pone in questo paese nei confronti del prossimo nostro, che era lettore (da affascinare, simpatizzare, coinvolgere, meravigliare, allibire) oramai cliente (da imbonire, strabiliare), poi utente (da addomesticare, assuefare), adesso ultimo nodo della catena (al quale ammollare ‘o pacco).

  30. beh,io confesso che quando lessi che all’ormai trasfigurato Gregor Samsa,i parenti tirano le golden delicious scoppiai in una deriva di lacrime(beh,certo,ero all’ottava ora consecutiva di lettura.Manfredi avrebbe sentenziato:te stavi a rincojonì)

  31. “Il dolore di amare. Un’intera vita in lotta con la depressione ”
    Autore De Rienzo Giorgio
    Prezzo
    € 13,43
    Dati 224 p.
    Anno 2001
    Editore Marsilio
    Un uomo, disperatamente innamorato, ripercorre la sua vita accanto alla moglie malata, fin da giovanissima, di depressione. Rievoca con profonda commozione la caparbietà che lo ha spronato a combattere per costruirsi, nonostante tutto, nonostante il “mostro onnivoro”, una vita il più possibile normale, scandita da un fidanzamento, da un matrimonio e dalla nascita dei figli. La vita con Laura diventa una lotta quotidiana per guadagnare piccoli spazi di felicità e di gioia: sono questi attimi a rendere l’unione della coppia indissolubile e il ricordo del tempo trascorso insieme più dolce. Rievocando l’intensità del baratro non è possibile non pensare all’intensità luminosa dei momenti in cui la “bestia” era stata sconfitta, anche se per poco tempo.

  32. Alla fin fine, sarà che Franz è un mio amico, ma qui e là di Colombiati s’è ne già detto, stradetto, straparlato mentre giustamente dice Franz il suo lavoro di 400 e subia pagine l’hanno giustiziato.
    Poi non vedo come si possa accostare nel valore il Perceber con Ulisses o il Pasticciaio, che sono e restano opere geniali, dico di “genio” e “ingegno”.
    Perceber è un bel lavoro ma non a quelle altezze, mi dispiace.
    Poi se si parlasse di più di tanti altri libri che escono e non sono recensiti, sarebbe assai meglio, così la finerebbe la fola del complotto, della congrega, della mafietta e si aprirebbero forse orizzonti non sui soliti venti autori.
    Mario Bianco

  33. Ecco, altra crisi. Il Prof. stronca e mi vien voglia di leggerlo, Bartolomeo Di Monaco loda e… mi vien voglia di rileggermi Berto.
    Ho capito: stroncano per farti venir voglia di andarlo a comperare e poter gridare: “Ecco, l’avevo detto io: non l’ha nemmeno letto quel critico da 4 soldi!”.
    Ho deciso, almeno credo, attenderò con pazienza che qualcuno me lo presti. Book sharing? :-)) Buona notte. Trespolo.

  34. “Da qualche anno in qua l’eros sembra essere diventato territorio gestito solo dalle donne in carriera letteraria. Sarà forse perché il maschio “pratica” sempre di meno, come raccontano le statistiche? o perché ha perso il gusto dell’immaginazione, nel dilagare della pornografia tra cinema, televisione e Internet?”
    GIORGIO DE RIENZO

  35. “Perché perdere del tempo su un’entità che per tradizione linguistica è inesistente? Diceva Gramsci: «Non esiste una classe indipendente di intellettuali, ma ogni gruppo sociale ha un proprio ceto di intellettuali o tende a formarselo». Mi paiono parole di buon senso, su cui chiudere qualsiasi pettegolezzo”.
    Giorgio De Rienzo

  36. Franz non cominciamo a chattare!
    comunque Kaspar – come saprete tutti – è uno dei personaggi più belli della narrativa mondiale : -) della serie qua fai un complimento e ti becchi un pugno! 🙁

  37. Ma quale mascalzone? Eccheccazzo! Ma pensate con la vostra testa. A uno in gamba basta una lettura e basta, dammi retta.
    E poi: ancora con Tondelli? Ma ci siete o ci fate? Ancora con sti padri nobili? Il noir italiano l’ha inventato Tondelli? E allora Pao Pao è un romanzo d’amore. Bleahhhh!

  38. Secondo Giorgio De Rienzo, professore di letteratura italiana all’università di Torino, Internet può essere invece una bella occasione di riscatto per la parola scritta.

  39. Più didattico è invece il vademecum per aspiranti scrittori, Guida alla scrittura di Giorgio De Rienzo (Bompiani, pp.252, lire 13.500)che sottolinea un a priori assolutamente necessario; la condizione che previene tutte le discussioni possibili sullo stile e la forza espressiva di una frase: occorre innanzi tutto saper scrivere correttamente, senza errori di grammatica.

  40. Più didattico è invece il vademecum per aspiranti scrittori, Guida alla scrittura di Giorgio De Rienzo (Bompiani, pp.252, lire 13.500)che sottolinea un a priori assolutamente necessario; la condizione che previene tutte le discussioni possibili sullo stile e la forza espressiva di una frase: occorre innanzi tutto saper scrivere correttamente, senza errori di grammatica.

  41. +++ il bla bla delle chat +++
    La rubrica di Giorgio De Rienzo sulla Rivista Telèma è sempre da non perdere. Nell’ultimo numero un interessante articolo dedicato al “bla bla delle chat”. Peccato che la rivista sia attualmente in pericolo per mancanza di finanziamenti; sul sito ci sono però tutte le informazioni per sostenerla e firmare l’appello per la sua sopravvivenza.

  42. Azzarola che fregatura, e ora che faccio? Lo compero o non lo compero?
    Ma vale l’idea di sommare le critiche, positive e negative, e vedere il risultato? Ufff… certo che il “Prof.” c’è andato pesante: bastonate a destra e a sinistra. Come se l’avesse letto e riletto e ponzato con cura.
    Ma il dubbio me l’avete fatto lievitare lentamente: ma l’avrà letto attentamente prima di stroncarlo?
    Io non ho mezzi, ma qualcuno può girargli la domanda? Grazie e Buona notte. Trespolo.

  43. La storia non è che registrazione di fatti e di idee caduche.
    Giorgio De Rienzo, «Corriere della Sera», 1 maggio 2005

  44. Giorgio De Rienzo: “Su Ugo Foscolo manca, come spesso accade per i grandi della nostra letteratura, un sito ufficiale”.

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