L'8 MARZO CHE VORREI

L’8 marzo che vorrei non è fatto di ingressi gratis ai musei, di corse in taxi senza pagare, di pacchetti benessere regalati alle signore. Ma non è fatto neanche di discussioni, analisi, omaggi, inchieste che occupano lo spazio di un giorno, due se va bene.
L’8 marzo che vorrei dovrebbe guardare avanti, come con sempre minor frequenza avviene, in tempi come i nostri che sono spalmati sull’attimo, in tempi come i nostri in cui  l’onda della storia è sempre più corta, e si accorcia sempre di più fino ad annullarsi.
L’8 marzo che vorrei dovrebbe essere fatto di progetti che non durano un mese, cinque, dodici, ma riguardano le generazioni che verranno, perché concentrarsi solo sull’istante è la peggior forma di egoismo sociale, e politico, che io conosca.
L’8 marzo che verrà domani cade in un momento in cui ci si spacca sulla parità di genere nella legge elettorale: e non deve sorprendere, comunque la si pensi sulle quote, ed è importante peraltro che la diversità di opinioni ci sia, e sia rispettosa, e che la discussione infine non prefiguri la spaccatura tra femminismi, che è faccenda che ingolosisce molto chi li considera ciarpame per battutine argute o, di contro, fiore all’occhiello da sostituire quando lo si ritiene appassito. Non deve sorprendere perché dimostra che la questione delle pari opportunità non è stata affatto accolta fino in fondo nel nostro paese. La si è osservata, tollerata, utilizzata. Ma non fatta propria.
L’8 marzo che ci tocca vede ancora infinite problematiche irrisolte, in ogni ambito: perché, come detto  altre volte, quando si analizzano le disuguaglianze che riguardano le donne, e quando si combatte per dissolverle, si intende lavorare per appianare tutte le disuaglianze sociali (e, sì, di classe).
L’8 marzo che vorrei è quello che ci ricorda e ci impone di non guardare solo all’oggi dei nostri cortili: ma, per esempio,  alle donne spagnole che vengono ricacciate indietro di decenni per quanto riguarda la possibilità di decidere liberamente sulla maternità. E non solo: perché varrebbe la pena ricordare la bocciatura al parlamento europeo della risoluzione Estrela sulla “salute e diritti sessuali e riproduttivi” nella quale si stabiliva, tra le altre cose, il diritto “all’aborto sicuro e legale” in Europa, e proponeva di promuovere educazione sessuale e di genere per bambine e bambini.  Ci riguarda, e da vicino.
L’8 marzo che vorrei è quello dove non solo si cerchi un argine ai fondamentalismi di ritorno, ma si lavori davvero per quelle bambine e quei bambini, affinché possano diventare persone più libere dagli stereotipi, dalla paura, dalla rabbia, dalla povertà.
L’8 marzo che vorrei, infine, è quello dove si pensa anche alle donne che leggono. Non sarà di molto appeal parlarne: ma le lettrici, in Italia, sono quelle che salvano l’editoria e la cultura, perché se non ci fossero il precipizio in cui pure sta precipitando il mondo editoriale sarebbe ancora più profondo. E se non si ragiona, anche qui, a lungo termine, se non si promuove davvero la lettura, se non si pensa a leggi anti-monopolio e insieme a provvedimenti che aiuterebbero eccome a leggere di più (l’Iva sugli ebook, abbassata da alcuni paesi europei, ma non dal nostro), avremo davanti un paese più povero. Perché leggere non è una faccenda da circolo intellettuale, come si vorrebbe: leggere significa trovare parole. E chiunque abbia parole ha forza.
Dunque, buon 8 marzo a tutte e tutti, nonostante tutto e forse proprio per questo.

11 pensieri su “L'8 MARZO CHE VORREI

  1. L’OTTO (8) Marzo che io vorrei è quello che vide mia madre sorridere fiera mentre le scendevano le lacrime, fitte,consapevole che il cammino delle Donne non sarebbe mai finito. Il mio personale il giorno che lo capii consapevole che impari sarebbe stata sempre la lotta ma irrinunciabile comunque. Mirka
    BUON 8 MARZO DONNE

  2. Ricevo e pubblico la mail di Giulia Druetta, Collettivo AlterEva
    Parto dal desiderio di libertà che mi muove, parto dalla consapevolezza che il percorso di conquista delle nostre libertà passa necessariamente dalla lotta.
    Qui, da tutte noi, cerco una risposta per dar senso a queste parole.
    Si sta di nuovo combattendo una battaglia politica sul corpo delle donne, in un modo che abbiamo già vissuto.
    Quest’offensiva si impegna su un doppio piano: dal basso, con la presenza dei no-choice negli ospedali, consultori (e a Torino di recente anche nei luoghi della formazione) e dall’alto nelle istituzioni europee e statali. La proposta di legge del governo del partito popolare conservatore spagnolo, oltre a riaffermare l’obiezione di coscienza per tutto il personale medico, introduce drastiche limitazioni alla possibilità di interrompere la gravidanza, attribuisce l’esclusiva decisione ai medici e riporta l’aborto a essere un reato.
    Nella stessa direzione si colloca la bocciatura da parte del Parlamento europeo della risoluzione Estrela, che intendeva impegnare gli Stati della UE a mettere al centro delle proprie politiche sociali i diritti sessuali e riproduttivi, la lotta alle discriminazioni basate su genere e orientamento sessuale e l’autonomia di scelta delle donne.
    Così in Grecia, fra le pesanti limitazioni del welfare dovute alle politiche di austerity, l’interruzione volontaria di gravidanza é stata eliminata dalle prestazioni gratuite e garantite dal sistema sanitario nazionale.
    E ora, con le elezioni politiche Europee, si apriranno nuovi scenari (quali?) o semplicemente si stanno già aprendo e diffondendo intorno a noi?!
    L’azione delle destre conservatrici è diffusa e va oltre i confini nazionali. Alcuni esempi recenti.
    Il 2 febbraio, in Francia c’è stata la manifestazione contro l’educazione sessuale nelle scuole, l’aborto e i matrimoni gay (200.000 persone); il primo marzo ci saranno presidi dei no-choice davanti agli ospedali di tutta Italia e il 2 aprile, a Milano, ci sarà la loro manifestazione nazionale per promuovere un referendum per l’abrogazione della 194.
    Mi sento, come credo tutte voi, accerchiata. Non mi piace ritrovarmi qui, ma non posso sottrarmi. E non posso aspettare un cambiamento peggiorativo della legislazione nazionale per reagire. Perché non voglio disattendere le aspettative di libertà che tutte noi, con percorsi differenti, abbiamo creato e costruito nel tempo.
    Vorrei sapere cosa accade nelle altre città, mettermi in relazione con altre donne, collettivi, condividere una lotta. Vorrei mettermi in relazione con i movimenti delle donne di altri paesi, per un 8 marzo (e poi un percorso) l’una a fianco dell’altra.
    Per questo faccio un appello alle donne, a partire da noi, dalle diverse città italiane, a mobilitarsi, superare le differenze e le istanze particolari, per stare l’una a fianco dell’altra, vicine alle donne spagnole, greche, francesi e etc.
    Costruiamo dei percorsi di lotta, mettiamoci in relazione sui territori, anche se non c’è tempo, nonostante le differenze, creiamo un’onda di manifestazioni, presidi, azioni.
    Dobbiamo partire da qui per andare oltre.
    L’8 marzo scendiamo in piazza, prendiamo parola per rivendicare il diritto di scegliere sui nostri corpi e sulle nostre vite. Ognuna con le proprie parole, i propri percorsi.
    Ma stiamo unite.
    L’8 marzo a Torino noi manifesteremo per le strade della città, insieme a tutte le altre organizzazioni, associazioni e collettivi di donne presenti sul territorio. E’ stato e sarà complesso. Ma l’8 marzo e dopo, ci saremo.
    Vi chiedo di essere con noi, noi tutte.
    Vi chiedo di metterci in rete e dirci cosa sta accadendo nelle altre città; di utilizzare ogni luogo di donne per far si che davvero riesca ad esserci una restituzione di ciò che accade sui territori.
    Questo 8 marzo diamo un messaggio chiaro: siamo unite, indietro non si torna.
    Sul corpo delle donne decidono le donne!

  3. L’Ottomarzo… quando, qualche decennio fa, lo festeggiavano all’Università le mie amiche studentesse (ora quasi tutte Prof., perfino q.una nella medesima Università Orientale partenopea), noi ragazzi regalavamo loro le mimose e i cioccolatini da mangiare insieme. Ci si scambiava baci ed abbracci di solidarietà. In quei primi Anni ’80 pareva davvero che la svolta della parità fosse ad un passo. Poi è arrivata, male e poco contrastata, la marea omologante berlusconiana (“se tutti in fondo siamo così, un po’ squallidi, egoisti e le donne le/si considerano soprattutto per l’aspetto, perchè non votate noi, che vi rappresentiamo meglio e senza ipocrisisa?”).
    Ricominciamo ora col passo giusto?
    Grazie, Lory per quello che hai detto e per come l’hai detto

  4. Grazie per aver descritto senza banalità i desideri dell’ottomarzo. Sono anche i miei, e, nonostante tutto il ciarpame, credo che questa festa sia un importante momento per noi stesse e la nostra vita, passata, presente e futura. Io parteciperò al funerale (non so se è una coincidenza voluta che avvenga ad otto mesi dalla morte proprio in occasione dell’ottomarzo), di una ragazza ventenne vittima a luglio della violenza del suo fidanzato, l’ultima della mia città. Mi mette in pace con me stessa e tutti i miei impegni politici di contrasto alla violenza. Baci. Anna

  5. Grazie anche da parte nostra, e da tutte le bambine e bambini che vediamo crescere negli anni.
    Condividiamo in pieno e auguriamo a tutte le donne questo momento di riflessione sul lungo cammino che ancora dobbiamo compiere tutti insieme..
    Buon 8 Marzo,
    Marta e Sara di Mammechefatica

  6. A un’amica che questa mattina mi faceva gli auguri con un sms e concludeva “ma tocca sempre alle donne pagare il prezzo più alto”,le ho risposto così. “Si. Nel silenzio (soprattutto) e nell’urlo (inascoltato) se non deriso. Chissà che non sia veramente una nuda cruda realtà. Ciao e ancora Buon 8 Marzo. Mirka (Bianca 2007)

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