Voglio parlarvi di Grazia De Michele. Grazia è una giovane donna che vive in Inghilterra, ha un cancro al seno e un blog che si chiama L’Amazzone Furiosa. Furia sacrosanta: perché si rivolge non soltanto contro una mancata informazione riguardo le cause della malattia, quanto al modo in cui viene addolcita e stereotipata. Scrive, per esempio:
“A fronte di un’incidenza sempre maggiore [del cancro al seno] (l’incremento negli ultimi 10 anni è stimato attorno al 25 per cento), e con un rischio medio di 1 su 9, per le donne europee, di sviluppare un cancro della mammella nel corso della vita, non è possibile non inserire questa patologia nel novero delle problematiche sanitarie a forte impatto sociale, in considerazione, oltretutto, del numero di donne colpite sotto i 50 anni.[…] In Italia il tumore al seno rappresenta la prima causa di morte nella fascia di età tra i 35 ed i 50 anni; ogni anno tale patologia viene diagnosticata a circa 40.000 donne: tra queste il 30,4 per cento ha un’età inferiore a 44 anni, mentre il 35,7 per cento è compreso tra i 44 e i 65 anni e il rimanente 34,1 per cento riguarda le donne over 65. Mediamente, una donna su otto sviluppa un carcinoma mammario nel corso della propria vita […] Il carcinoma mammario è una malattia complessa le cui cause, a tutt’oggi, non sono state ancora chiarite […] Il tema dell’incidenza del cancro della mammella nelle donne al di sotto dei 45 anni rappresenta una problematica di grande rilevanza socio-economico e una sfida sanitaria non più dilazionabile. Purtroppo sono sempre di più i dati che confermano una grave carenza nel ricorso alla diagnosi precoce da parte delle giovani pazienti che, rispetto alle donne più anziane, hanno maggiori rischi in termini di dimensione del tumore e di metastasi linfonodali.[…] Non va dimenticato inoltre che le giovani donne hanno un’alta incidenza di neoplasie biologicamente più aggressive, un’alta incidenza di lesioni poco differenziate, ormono-negative, aneuploidi e con alta percentuale di cellule in fase-S. Si stima che la probabilità di morire per un carcinoma mammario in donne con meno di 40 anni sia di circa il 52 per cento maggiore rispetto alle donne con più di 40 anni”
Le cause, dunque. Ma anche la campagna “rosa” sul cancro al seno. Femminismo a Sud ne ha già parlato qui. Esiste un documentario, Pink Ribbons Inc. Tradurlo e diffonderlo in Italia sarebbe un gran passo.
Tra le mie conoscenti il numero di donne che ha sviluppato un cancro al seno tra i quaranta e i cinquant’anni (felicemente risolto tranne, purtroppo, in un caso) è allarmante. Non credo affatto che i numeri siano paragonabili a quelli di pochi decenni fa. Eppure si ha paura a parlare, come si dovrebbe, di “epidemia”. Forse perchè ci costringerebbe a porci domande inquietanti sull’ambiente in cui viviamo (alimentazione compresa) e sulla vita che facciamo, domande che obbligherebbero a scelte e revisioni radicali.
Da marito di una donna colpita da questa malattia, sono sempre contento quando si fa informazione su questo argomento.
Vorrei mandarvi una robina che scrissi proprio mentre mia moglie faceva la chemio, ma non voglio sembrare invadente. Se Loredana lo riterrà opportuno, ha la mia mail.
Buona giornata a voi.
proprio ieri sera ho letto tutto il suo blog e mi sono proprio commossa, ma anche impressionata della sua grinta!è bene che si legga e ne si parli!
Perché il cancro al seno negli ultimi anni si è decuplicato, forse anche centuplicato di incidenza rispetto qualche decennio fa? Chi ci ha fatto questo bel regalo? Negli anni ’70 la questione sanitaria per il femminismo riguardava soprattutto la riproduzione. Ora riguarda secondo me il fatto che dobbiamo beccarci il cancro al seno (1 su 8!), senza poter nemmeno chiedere perché. Perché non facciamo un gran casino su questo?
Emma
Una cosa da sapere, se le associazioni femminili hacco accesso a questo tipo di dati, sarebbe la distribuzione dei casi per aree geografiche ma soprattutto se c’è un incremento significativo nelle aree urbane, e anche in presenza o meno di maternità. Capire se l’inquinamento legato alle zone industriali incide si o no, e se avere o non aver avuto figli aumenta o diminuisce la probabilità. In questo modo si potrebbero indurre delle strategie di prevenzione.
hacco = hanno
A Roma a palazzo galeani, si fa un ottimo lavoro di prevenzione – con pochissimi, troppo pochi davvero, soldi. Lo stato ha tagliato i fondi e alle persone viene chiesta una piccola sovrattassa per mantenere il centro anche se è affiliato al policlinico universitario. D’altra parte le campagne di prevenzione sono poche e mal congegnate, perchè non fanno davvero i conti con la paura delle donne e i meccanismi difensivi: per esempio se la morte fa paura, si sceglie di avere paura dell’oggetto diagnostico che è psicologicamente percepito come più economico, che della diagnosi. Si ppensa di avere tempo etc. Stupidaggini, perchè in questo campo la prevenzione è tutto.
Ma ci sono in giro dati numerici e rubricati nel senso che dicevo sopra?
Mi prendo l’onere di scrivere un commento arido, che credo però necessario per poter dare la giusta dimensione alla cosa di cui stiamo parlando. Non parlerò dell’aspetto pubblicitario e di marketing, ma solo di quello informativo.
Dal sito http://www.tumori.net, curato dall’Istituto Nazionale Tumori e dall’Istituto Superiore di Sanità, è possibile estrarre dati su periodi di tempo molto lunghi: per esempio, per il cancro al seno ieri ho scaricato la serie storica dell’incidenza dal 1970 a oggi, con il dettaglio delle fasce di età interessate. Segnalo che, a una prima occhiata (parlare di analisi sarebbe troppo), i tassi sono sì in crescita, ma sono anche enormemente più bassi di quanto si potrebbe pensare sulla base dell’indice di rischio riportato nel post. Confesso che ho qualche dubbio sulla comparabilità di questo dato con quelli del sito (dal testo non è possibile capire la fonte di questo “Mediamente, una donna su otto sviluppa un carcinoma mammario nel corso della propria vita “). Invece è corretto il numero delle nuove diagnosi in Italia (circa 40.000 l’anno). L’incidenza che ne risulta, per il totale della popolazione femminile, è dello 0,13% (dati 2010), che raggiunge il massimo di 0,43% per la popolazione di età superiore agli 80 anni. Insomma, stiamo parlando di 132 donne su 100.000, e non so come da questo numero di possa poi passare a una donna su otto. L’incremento dell’incidenza nei dieci anni 2000 – 2010 non mi risulta del 25%, ma dell’11%, e in gran parte dipende dall’invecchiamento della popolazione: depurando da questo effetto, l’incremento oscilla tra l’1% e il 2,5%, a seconda della tecnica utilizzata per scorporarlo. Non è neanche detto che si tratti per intero di un incremento reale: negli anni le statistiche si sono enormemente affinate ed è possibile che oggi vengano rilevati meglio i nuovi casi di quanto non accadesse in passato. Insomma, in presenza di elementi così incerti ci penserei due volte, prima di parlare di epidemia. Vero è che i casi non sono diminuiti, e questo certamente rende più che legittimo pretendere spiegazioni dalle autorità e da chi ha beneficiato di finanziamenti.
E’ antipatico, lo so, parlare di numeri a fronte del dolore, della paura e della rabbia vissute sulla propria pelle, ma siccome questo post vuole evidentemente andare oltre l’emozione e farsi (anche) strumento di denuncia, penso che non si possa prescindere da una riflessione e da una verifica sui dati che vengono citati. Non significa negare il problema, anzi: inquadrarlo nella sua reale incidenza è senz’altro il primo passo per affrontarlo con cognizione di causa. Al contrario, partire lancia in resta con dati esagerati, o magari anche corretti ma che non si sa bene quale attendibilità abbiano, mi pare un passo falso tale da offrire il destro a critiche così distruttive da vanificare qualsiasi iniziativa futura. Spero con questo di non avere offeso la sensibilità di nessuno, perché davvero non è mia intenzione farlo.
Il commento di Maurizio offre l’occasione per una precisazione importante. I dati riportati nel mio blog e da Loredana non sono “farina del nostro sacco”. E non poteva essere diversamente, d’altra parte. Ne` io ne` Loredana siamo medici. Possiamo quindi semplicemente limitarci a riportare quanto sostenuto da chi sul cancro e sulla sua incidenza ci lavora. Nel caso specifico, i dati riportati sono contenuti – attenzione “estratti, mi sono limitata a fare un semplice copia e incolla – nel “Documento conclusivo approvato dalla commissione sanita` del Senato sull’indagine conoscitiva sulle malattie ad andamento degenrativo di particolare rilevanza sociale, con specifico riguardo al tumore della mammella, alle malattie reumatiche croniche ed alla sindrome HIV”. L’indagine e` stata avviata nel gennaio del 2010 e si e` conclusa nel marzo del 2011. Numerosi medici e ricercatori tra i piu` illustri sono stati coinvolti nell’indagine. Anche l’Istituto Superiore di Sanita` vi ha preso parte nella persona del dottor Riccardo Capocaccia, dirigente di ricerca e direttore del reparto di epidemiologia dei tumori. Il documento e` online e tutti possono leggerlo http://www.senato.it/bgt/pdf/docXVII9.pdf. Maurizio puo` confrontare i dati da lui “estratti” (con quale metodo?) con quelli contenuti elaborati dagli studiosi che hanno partecipato all’indagine
@Grazia: ti ringrazio per le informazioni, e davvero, spero di non averti dato l’impressione di voler fare il pierino. Non mi permetterei, non su un tema come questo e non sulla tua storia personale. Volevo – voglio ancora – dare solo un contributo di chiarezza a un’iniziariva che condivido. Quanto al metodo di estrazione dei dati, niente: ho solo usato l’apposita funzionalità del sito. Per i (rudimentali) confronti che ho presentato, mi sono limitato a usare il metodo della popolazione standard (a qualcuno forse dirà qualcosa) Andrò a leggermi il documento che tu segnali, dato l’imprimatur che lo accredita immagino che fornisca risposte esaurienti alle mie domande di metodo. E comunque neanch’io sono un medico, sono uno statistico e qualche volta mi sforzo di contribuire alla lettura di dati che, per come vengono riportati dai media, spesso danno luogo a equivoci di varia gravità. Un caro saluto e un in bocca al lupo.
Pierino mi e` sempre stato molto simpatico 😉 Hai ragione i media spesso forniscono letture distorte e lanciano allarmi ingiustificati, magari solo per ottenere maggiore visibilita`. E` una cosa che non piace nemmeno a me, ma non ti nascondo che stavolta vorrei potesse essere cosi`. Vorrei che quei dati terrificanti fossero solo un’esagerazione. Vorrei che quello che e` successo a me e succede a una donna ogni otto fosse solo un brutto sogno. Purtroppo non e` cosi`…