LA PIZZERIA RADIO ALICE, IL MARKETING DEL PASSATO E LA SOLITA RISORSA: STUDIARE

«Il pericolo sovrasta tanto il patrimonio della tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso è lo stesso per entrambi: di ridursi a strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna tentare di strappare nuovamente la trasmissione del passato al conformismo che è sul punto di soggiogarla.»
Walter Benjamin, Sul concetto di storia (1940)
Ho riletto due lunghi articoli di Wolf Bukowski su Giap! che iniziano con questa citazione. Gli articoli prendono spunto dalla pizzeria londinese che si chiama Radio Alice. Sì, proprio come quella Radio Alice. Agli avventori la pizza “viene servita già tagliata in otto spicchi, un invito alla condivisione del cibo”, e questo dettaglio diventa il tassello di un marketing che si fa mitopoiesi”.
Non basta.
“Nella pizzeria di Hoxton square, nell’antibagno, viene trasmessa l’ultima registrazione di Radio Alice, quella in cui si sente la polizia irrompere nella sede di Via del Pratello 41. Così il cliente con qualche nozione di italiano, mentre attende di accedere alla toilette per liberarsi l’intestino, potrà ascoltare e comprendere questo:
«Avete il mandato?»
«Sì»
«Lo voglio vedere.»
«APRITE!»
E a seguire:
«La situazione è stabile la polizia è sempre fuori che aspetta di entrare sempre con i corpetti antiproiettile sempre con le pistole puntate, hanno detto che sfonderanno la porta e cose di questo genere… Preghiamo tutti i compagni comunque che conoscono avvocati di telefonargli e dirgli che noi siamo appunto assediati qui dalla polizia…»
E infine:
«Sono entrati sono entrati siamo con le mani alzate […] ecco stanno strappando stanno strappando il microfono»
«MANI IN ALTO, EH!»
«Abbiamo le mani in alto – guardi questo è un posto – il mandato di –»
Fine, brusca, delle trasmissioni di Radio Alice, il 12 marzo del 1977. Quarant’anni dopo, nel bagno di una pizzeria in un quartiere hipster di Londra, il silenzio è rotto dallo sciacquone”.
Questa storia racconta molte cose. Racconta, intanto, come sia facile trasformare un pezzo di storia, piccolo o grande a vostro piacere, in marketing. Marketing virtuoso, per carità (davvero? siamo sicuri?), ma marketing purissimo. Racconta come sia facile ridurre a diapositiva, a gadget, a immagine su una maglietta, a ricordo di un ricordo su Facebook, a libro gradevole, il nostro passato. Racconta, addirittura, di come sia facilissimo fare di quel passato, che ha almeno provato a scardinare un sistema, un tassello di quello stesso sistema, ingrassato a dismisura nel corso degli anni.
Quando gli sguardi di chi non c’era si posano sugli anni dei padri e delle madri sono liberissimi di interpretarlo a modo loro e di restituirlo così come lo sentono. Ma forse tutti noi dovremmo almeno ricordare di farlo con circospezione, per non ripetere, sia pure con ottime intenzioni, l’appropriazione effetuata dalla pizzeria Radio Alice, e dunque la sua polverizzazione e la sua trasformazione in prodotto (gradevole, facile, alla moda). In otto parti, magari, per condivisione.
Ps. Sono capitata sull’articolo di Wolf Bukowski perché mi sono svegliata ricordando l’inizio di Lavorare con lentezza, il film di Guido Chiesa su Radio Alice sceneggiato da Wu Ming. Questo:
“Una banda di rivoluzionari delusi e mollati dalle loro morose in preda a furore femminista, ansiosi di comunicare, senza sapere come, si tuffarono nei libri. E studiano. Studiano. Studiano.Studiano studiano studiano studiano studiano studiano studiano studiano studiano.”
C’è una cosa, una, che possiamo fare in questo tempo fermo. Laddove riusciamo a ricavarci finestre tra smart working, dad, disoccupazione e tristezza. Quella. Aiutò allora i miei coetanei. Magari ci aiuta ancora. Studiare studiare studiare studiare studiare studiare.

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