Ieri sono andata a vedere la mostra su Frida Kahlo. Ci sono andata perché sono in campagna elettorale. A modo mio, che è fallibile come gli altri, naturalmente. Ci sono andata perché volevo non solo vedere gli autoritratti, le litografie, gli ultimi disperati schizzi di Frida Kahlo, ma perché volevo vedere le facce dei visitatori. Ci sono andata anche perché ieri, su twitter, qualcuno mi ha scritto “con la cultura non si vince una campagna elettorale”.
Vediamo.
Qui, per cominciare, non è questione di vincere una competizione. Perché tale non dovrebbe essere: bisognerebbe ricostruire un rapporto di fiducia fra elegendi ed elettori, e far passare un discorso fin banale, quanto determinante. Non ho intenzione di andare a Bruxelles per farmi gli affari miei, ma i nostri. E i nostri passano, in modo centrale, per la cultura.
In primis, dal punto di vista economico. Cominciate col leggere due link che rimandano ad altrettanti post di Annamaria Testa. Nel primo trovate i dati secchi sul valore della cultura. Nel secondo una riflessione – importante – su come dovremmo imparare a considerarla.
Ma c’è di più. E quel di più viene da un lavoro curato per Istat da Annalisa Cicerchia. Qui trovate le slide, ma più sotto riporto alcune delle sue considerazioni.
“Gli uomini e le donne che visitano gallerie d’arte, mostre e musei o vanno regolarmente a teatro tendono a godere di una salute migliore, e ad essere più soddisfatti della propria vita, rispetto ai coetanei che prediligono svaghi meno ‘culturali’.
Lo rivela uno studio norvegese pubblicato online sul ‘Journal of Epidemiology and Community Health’. I ricercatori della Norwegian University of Science and Technology hanno scoperto che gli uomini e le donne che suonano strumenti musicali, dipingono o vanno a teatro o al museo con una certa regolarità si sentono meglio, si godono di più la vita e sono meno inclini a cadere nelle spire di ansia e depressione rispetto alle persone che non partecipano ad attività culturali”.
Bene, conosco la risposta. Non ci sono abbastanza soldi per mangiare, pagare l’affitto, assicurare ai figli un futuro decente. Come faccio a permettermi un museo o un libro? Più che corretto. Infatti, spostare l’asse del ragionamento politico è il passo più urgente: al centro di ogni progetto (se un progetto c’è) dovrebbero esserci istruzione e valorizzazione della cultura. Che non solo dà lavoro (soprattutto in un paese come il nostro, che è baciato dalla bellezza. Ancora), ma dà, appunto, benessere.
E’ un cambio di rotta totale. Leggete cosa si scrive nel Rapporto Stiglitz, elaborato dalla Commissione sulla misurazione della performance economica e del progresso sociale. Fra le molte altre riflessioni su quel cambio di rotta, c’è questa:
“Il benessere delle future generazioni rispetto al nostro dipende dalle risorse che conferiremo loro, dalle dimensione degli stock di risorse esauribili e dal modo nel quale riusciamo a conservare in quantità e qualità tutte le altre risorse naturali rinnovabili necessarie per la vita. Dal punto di vista economico tale benessere dipende dall’importo trasferito del capitale fisico, macchine ed infrastrutture, e dagli investimenti in capitale umano, quindi essenzialmente in istruzione e ricerca. Dal punto di vista sociale esso dipende dalla qualità delle istituzioni e della cultura che lasceremo loro in eredità, un tipo di capitale indispensabile per il corretto funzionamento della società umana e per assicurarne il progresso”.
Ora andate a leggere le risposte date all’Istat dalle persone cui ha chiesto di fornire un punteggio da 0 a 10 ad una lista di 15 condizioni che corrispondono ad altrettante dimensioni del benessere. Ai primi posti c’è la salute, la possibilità di assicurare un futuro ai figli, la preoccupazione per l’ambiente, avere un lavoro dignitoso (9,2) e avere un reddito adeguato (9,1) con rispettivamente il 59,5% e il 56% di 10. E poi avere buone relazioni con parenti e amici ed essere felici in amore.
La partecipazione politica e sociale è considerata meno rilevante, con punteggi medi inferiori a 8 sia per la possibilità di influire sulle decisioni dei poteri nazionali e locali, sia per la partecipazione alla vita della comunità locale. In particolare, la percentuale di chi ha dato punteggio 10 a questi aspetti è molto contenuta: rispettivamente 30,6% e 18,7%.
Guardando le foglie, le spine, i fiori e le scimmie di Frida Kahlo mi sono chiesta se, per caso, quel dissociare politica e benessere non sia anche dovuto al fatto che la prima sembra tenere molto poco al secondo, e che fin qui il secondo sia stato tenuto lontanissimo dall’idea che la bellezza che ci circonda possa essere, insieme, motivo di felicità, di speranza e di lavoro.
E’ qui che bisogna agire. Forse non serve a vincere le elezioni. Ma serve a cominciare a pensare di poter stare meglio. Tutti.
allora ti faccio i migliori auguri per la “nostra” campagna elettorale, quella che non dimentica un benessere non solo del possesso.
Sarebbe il messaggio necessario da fare arrivare ai nostri figli e alle nostre figlie, frastornati dai desideri delle cose
Un abbraccio da Bologna
Nicoletta
Andare a teatro ai musei alle mostre, è senz’altro bellissimo per chi se lo può permettere, e permette di crescere e di elevarsi anche solo un po’.
Poi non allarghiamoci troppo a campi che non c’entrano: che questo infatti garantisca salute migliore è da ridere: mi sembra paragonabile ai vari studi di questo o quel ricercatore che, puntualmente a turno, l’uaar e l’uccr pubblicano sui loro siti (non dico spacciandoli per verità assolute, ma insinuando fortemente il dubbio o la convinzione). Ecco che allora si può leggere ad esempio che gli atei sono più intelligenti dei credenti (creduloni come li chiama uaar) ovvero che i credenti godono di migliore salute e sono meno inclini alla depressione. Mi sembrano bufale, tutte quante.
leggiti in itinere “un mondo altrove” di Barbara Kingsolver. C’è Frida, la forza dell’arte, l’oscurantismo anticomunista degli usa negli anni 50, gli orientamenti sessuali alternativi, Trotzki, i tripli giochi della politica e dei media(e riesce a non essere ruffiano nonostante la sinossi impedisca di credere che si possa affrontare un così vasto programma senza dare la sensazione di volersi arruffianare il consenso)
https://www.youtube.com/watch?v=0C8hV0nWfds
Il rapporto tra condizioni materiali e sfera culturale (in un senso molto ampio) è complesso, e proprio per questo è probabile che non porti voti. Meglio: non può portare i voti di chi la complessità non ha gli strumenti per affrontarla, e quindi per capire che occuparsi di… conoscenza (non riesco a trovare un termine più appropriato) è importante anche per modificare le condizioni materiali.
Spero di non sembrare paternalistico, ma ritengo che questa volta il mio voto (i voti di chi segue la vostra campagna) sia davvero importante anche per migliorare la vita di chi non vi voterebbe mai… (pur con tutti i dubbi che mi restano sul programma della lista, non riesco proprio ad aderire a qualcosa senza riserve…)
Comunque, se passassi dalle mie parti per un comizio rude ed infuocato ti ascolterei volentieri (ovvero, si aspetta con impazienza un calendario degli incontri nord-occidentali)
Quali sono le tue parti, per l’esattezza? 🙂
Entroterra genovese. Ovviamente non mi aspetto una visita in queste lande dimenticate dalle divinità (anche se, a proposito di condizioni materiali / ambientali, un supporto da parte delle istituzioni europee sarebbe il benvenuto). Però se la campagna prevedesse una “fermata” a Genova cercherei di esserci. Non ho avuto modo di partecipare all’incontro di Sestri Ponente di qualche giorno fa per problemi di mobilità, purtroppo.
Sicuramente tornerò in Liguria. Appena ho le date, le pubblico qui.
Come non condividere il tuo testo,loredana..anch’io sono andata alla mostra di frida kahlo – per la quale da tempo nutro una passione quasi incontrollata… Comunque, al di la’ del piacere della mostra,mi ha colpito un episodio.sono andata al negozio della galleria subito dopo la visita,scegliendo un paio di libri e qualche piccolo gadget ricordo (segnalibri,ninnoli,cose cosi’).alla cassa c’era la coda.bella lunga.mentre aspettavo un signore anche lui in coda si e’ guardato intorno e poi ha commentato:”ma guarda un po’:i negozi in centro sono vuoti e qui siamo in coda da mezz’ora…!”.subito di rimando un altro signore ha sogghignato:”eh,ma con la cultura non si mangia mica….!l’hanno anche detto pubblicamente!”.ecco,io non dico altro.ognino faccia le sue riflessioni.
Bel post Loredana, grazie! Ci voleva. Non è il primo, non sarà l’ultimo, ma ognuno di queste riflessioni ha il suo punto di vista…
Banalmente: no, non si può obiettare che non ci sono i soldi per un libro (uno ogni tanto almeno). No, chi da’ questa risposta ha altre priorità e non accetta di metterle in discussione. Mai e poi mai. E molti non ne sono consapevoli, hanno priorità che sono riflessi condizionati. Poi dicono che non rimangono soldi per un libro. Né tempo per la biblioteca. Ma quando è cominciata tutta questa storia?
Per me è ridicolo dire che non si hanno soldi per un libro o per vedersi un film, basta entrare nelle librerie di usato o affacciarsi sui banchi dei mercatini… al costo, che ne so, di un gelato troppi libri di tanti gusti differenti si potrebbero avere… e per i film, ci sono siti web che ne regalano la visione anche di documentari molto interessanti e spesso neanche distribuiti nelle sale. Purtroppo, c’è chi vuole dire a tutti i costi che la ‘cultura’ è uno svago per ricchi privilegiati quasi per voler far venire il senso di colpa a chi afferma: io amo la cultura e per me è roba di vitale importanza. E chi disprezza la gente difficilmente ha la capacità di apprezzare quello che la gente crea con la sensibilità e l’immaginazione e la conoscenza e la passione….
Non sono per niente d’accordo con questo post, soprattutto per quanto riguarda la cultura. Inanzitutto per come la si associa al Benessere. Certo intendersi sul significato preciso delle parole non è facile, ma l’esempio riportato ( le persone che leggono libri e vanno per mostre e musei) è sicuramente lampante su come questa parola sia oggi mistificata. La Cultura non è mai un attività passiva. La ricerca norvegese riportata dalla Cicerchia, confonde tristemente il presunto Benessere dei fruitori di cultura, con la pigrizia e l’egoismo, degli sfaccendati che ciondolano per i corridoi delle gallerie, i quali è vero che godono del provvisorio piacere di aderire a un modello comportamentale sociale tanto apprezzato quanto imposto (e sbagliato), ma il cui risultato è al massimo soporifero Anestetico e finisce per ammazzare una società.
Si ok., l’ho fatta un po’ pesante, però sempre nel solco direi che la dissociazione più grave dei nostri tempi è quella tra Cultura e Lavoro. Dissociazione tra Cultura e Lavoro.
Ora ai commendadori del blog vorrei porre la questione in forma interrogativa: Ma le donne che lavano e accudiscono i nostri anziani, i ragazzi che lavorano nelle cucine dei ristoranti, gli uomini nei boschi che con la motosega tagliano la legna che scalda gli inverni. Possibile che tutte queste persone attive non abbiano niente a che fare con la Cultura del nostro Paese?
ciao,k.
Ho conoscenti cui piace da morire fare i vitelloni anche in costa,ma a cui non passa manco per la testa di trasferirsi nelle metrpoli perche` sanno che per limitarsi a vivacchiare dovrebbero triplicare i propri introiti. Vivere in posti un po piu` piccoli costa la meta`(generalizzando un poquito)
http://youtu.be/pf66Rjp7K3w