LA VINCITRICE IDEALE

D’accordo, è solo un dettaglio. Questa mattina mi sono soffermata su una pubblicità a stampa. E’ del SuperEnalotto. All’interno di un monitor televisivo viene riportata la frase di Chiara, da Milano. La frase è questa “Sono la vincitrice ideale perchè darei metà in beneficenza, metà a me e metà ancora non so”.
Dunque, la vincitrice ideale è un’imbecille.
Niente di male, naturalmente. Però, ogni tanto penso al “piano inclinato” di cui parla Marco Revelli nel suo ultimo libro, Controcanto. Libro che, per inciso, consiglio caldamente. Penso a quello che Revelli chiama “il disagio dell’inciviltà” e che non si esprime soltanto nei gesti della politica, ma anche nelle piccolissime cose.
La pubblicità del SuperEnalotto è, difatti, una piccolissima cosa. Però il concetto che si possa e debba essere un popolo di spensierati cretini che sognano soltanto un po’ di luce dai riflettori e un po’ di soldi, passa anche da qui.
Dunque? Dunque niente: la manualistica non serve in questi casi. Serve, a mio parere, il riconoscimento. Poi, eventualmente, anche la protesta al Giurì della pubblicità, o, volendo, il boicottaggio.
Ps. Domani parto per Ankara, per questo convegno. Vi saprò dire.

16 pensieri su “LA VINCITRICE IDEALE

  1. Ciao Loredana, l’avevo notata anch’io. La colpa è metà della vincitrice ideale, metà dei pubblicitari e metà nostra che non riusciamo a fermare questa deriva che ci sta portando verso l’ignoranza e il pressapochismo.
    L’altra sera ho sentito una domanda su Rai 1, all’Eredità: quale indumento dà il titolo a un famoso racconto di Gogol: il cappello, il cappotto, la giacca o il mantello? Risposta: il cappello.
    Ciao, in alto i cuori.
    Lello Gurrado

  2. Veramente anche la pubblicità della Replay non scherza, quella che esalta gli stupidi contro gli intelligenti. Ed è una campagna internazionale.

  3. nella pubblicità della diesel secondo me c’è qualcosa di più e forse di peggio. c’è la, nemmeno tanto sottile, mistificazione del significato di una parola. si prende la parola stupido e se ne opera uno slittamento semantico verso la parola folle, che però non viene usata perché il messaggio che ne verrebbe fuori non sarebbe abbastanza originale e pubblicitariamente appetibile (ci aveva già pensato Erasmo da Rotterdam qualche annetto fa). se si prova a sostituire la parola folle in tutte le frasette di quella reclame, tipo “only stupid can be truly brilliant”, ecco che acquisiscono un senso vero (follia = capacità di osare, coraggio, spregiudicatezza ecc.), ma è roba già vista e allora che fanno i pubblicitari? prendono una parola il cui significato è diverso e addirittura offensivo e la trasformano, appiattendola su quell’altra, distorcendola e impoverendo il vocabolario, perché se una sola parola può voler dire cose così differenti come brillante e incapace, quella parola induce confusione e ignoranza. una parola così può essere uno slogan anche divertente, 100.000 parole così mi ricordano la neolingua di 1984. Vabbe’ esagero, ma insomma… mi incazzo. Perché si deve sputtanare sempre tutto? Perché se uno cerca la definizione di stupido oggi trovi prima la campagna pubblicitaria della diesel che l’acutissimo saggio sulla stupidità di Carlo Maria Cipolla? ok ok, cattivo umore…

  4. spesso oltre al contenuto del messaggio pubblicitario(che pare scritto da un laureato alla facoltà del gioco delle tre carte) anche dalla scelta delle voci degli spot si evince quella che è una verità scomoda.Gli operatori della comunicazione commerciale considerano dei fessacchiotti i destinatari delle proprie creazioni.Ma lavorano su commissione.Questo gioco funziona fin quando ci saranno in giro quattrini da raspare(poi forse cominceranno a trattarci da stronzi)

  5. Scusa Loredana, ma io metto il link all’intervista che hai fatto a Revelli qualche giorno fa a faherenheit, mi pare una pubblicità opportuna.
    Su quanto di questi tempi sia indotta e coccolata la stupidità non ho cuore a parlarne.
    Buon viaggio e buon convegno ad Ankara.

  6. Non vedo lo scandalo. Il “metà ancora non so” significa solo “non so ancora a chi devolverò la metà che ho deciso di devolvere in beneficenza”. Che gli imbecilli siano i dietrologi a tempo perso?

  7. Non una. Non due. Addirittura tre metà. La vincitrice ideale è un’imbecille, ma da oggi la mia vita è più ricca. Ringrazio commossa.

  8. Che permalosità… che pensiero unico! Suvvia, la vincitrice ideale potrebbe essere un’imbecille ma anche
    – una spiritosa
    – una sognatrice
    – una che fa metà per gli altri, poi metà di metà per sé e l’altro quarto chi sa (con eco di uno sketch meraviglioso da Storie dell’anno mille, Pannocchia, Millemosche e Carestia che si dividono un cappello-pagnotta…)
    So che non è un argomento forte, ma io non ho pensato minimamente a un’imbecille, quando ho letto la frase.

  9. caro Paolo, non ho scritto il post perchè impermalosita, e non mi sembra di rientrare nella definizione di pensiero unico: del resto, non mi aspettavo nulla di diverso da te vista la non comprensibile acrimonia denotata negli ultimi tempi. Care cose.

  10. Non ho visto la pubblicità, ma la frase pronunciata non mi meraviglia neanche un po’. Perchè l’imbecille non è solo chi pronuncia la frase, chi le ha scritto il copione e tutto l’armamentario che c’è dietro. Purtroppo l’imbecillità sta in ogni immagine – ferma o in movimento non ha importanza – che ci viene propinata come pubblicità. Che straborda tracima inonda travolge tutto quello che sfiora. Con la sua volgarità.
    Ma, ripeto, non mi meraviglia la cosa in sè, come non mi meraviglia il cappello invece del cappotto.
    Mi rimane solo una grande malinconia e la richiesta a lello Gurrado d’insegnarmi ‘a fermare questa deriva che ci sta portando verso l’ignoranza e il pressapochismo.’ Più che non guardare la pubblicità – sia stradale che di qualunque altro genere – non saprei proprio che fare. D’altro canto non credo che sia la pubblicit

  11. segue: scusatemi, o il mio computer fa i capricci oppure inavvertitamente ho cliccato sul tasto invio. Insomma stavo dicendo che non credo la pubblicità l’unica colpevole dell’ignoranza galoppante che ci travolge. Persino la radio – la tanto beneamata radio – ha delle trasmissioni insopportabili che quando vengono interrotte dalla pubblicità quest’ultima sembra una benedizione.
    Capisco l’ironia (mi auguro che sia questo) di Paolo S, ma non la condivido perchè, secondo il mio giudizio, uno dei motivi, forse il più banale, per cui siamo arrivati a questo punto, è la mancanza di giudizi severi: prendiamo tutto con ironia, ogni argomento, anche il più serio, ha il suo lato ironico che deve sdrammatizzare per forza tutto.
    Prima ho parlato di volgarità, perchè alcune situazioni fanno diventare l’ignoranza volgarità.

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