Stamattina, scendendo in metropolitana, ho sentito la vocina dall’altoparlante che annunciava che il servizio era rallentato per un problema tecnico. In verità, non sapeva bene cosa dire, perché al secondo annuncio si interrompeva: “Si avvisano i gentili utenti e il personale di stazione che il servizio è…”, e poi, al terzo: “Si avvisano gli utenti che…”. E dai, ho pensato, che succede al benedetto servizio? E poi quasi mi veniva da piangere, perché c’è un limite alla sopportazione.
In verità, mi vergogno di averlo pensato. Perché, a proposito di sopportazione, questa mattina apro Internet e scopro che a Visso manca l’acqua. Intendo dire che l’emergenza idrica, che è iniziata tre anni fa (tre, ripeto, tre) con il terremoto ora è al culmine e non sono sufficienti neanche le autobotti. Come se non bastassero le macerie, le case distrutte, le visite di Salvini che mangia il ciauscolo, come se non bastasse il nulla che è avvenuto, manca l’acqua.
Come dicono a Terre in Moto Marche:
“In questi casi scatta il classico rimpallo delle responsabilità tra enti, ma il triste e solitario finale è che in uno dei paesi più ricchi d’acqua della regione… l’acqua non c’è.
“Pane e acqua è un modo di dire colloquiale della lingua italiana. Si utilizza per indicare una punizione carceraria durissima, un pessimo trattamento e anche per sottolineare grandi ristrettezze economiche. Si utilizza nelle forme “Tenere a pane e acqua”, “Andare avanti a pane e acqua”, “Vivere di pane e acqua”, “Mettere a pane e acqua”.”
Ecco, in Appennino stanno togliendo anche l’acqua (che in realtà c’è, o meglio ci sarebbe), probabilmente si stanno attrezzando per il pane?”
Come scrive Silvia Sorana:
“A Visso manca l’acqua, l’acquedotto che serve il paese è a secco. A causa del terremoto la sorgente ha subito dei danni.
A Visso però l’acqua c’è. Io mi ricordo che costruirono un grande acquedotto negli anni ’90, dietro casa nostra. Pensare che in cuor mio ho anche ringraziato per le reti di protezione che montarono per proteggere casa nostra dalla caduta massi prodotta dalle mine (le mine !!!) perché hanno fermato i massi rotolati con il terremoto
In quell’acquedotto acqua c’è, non per i vissani però. Visso, che dà acqua fino a Macerata, è a secco. Bella metafora di come sta andando con questo post-terremoto. Come per i fondi che si fermano a valle prima di raggiungere la montagna, c’è chi si appropria di tutto, perfino del racconto del terremoto, che ne finge il dramma, così l’acqua scorre prima di ristorare i suoi legittimi proprietari, i vissani. Che così perdono anche il lavoro. Si prendono tutte le risorse della montagna. Come a dire tanto voi siete lì dimenticati da Dio, non vi sente più nessuno.
Mai avrei pensato che dopo tutto, il paese sarebbe restato anche senza acqua, senza voce. Il sindaco dovrebbe chiudere il rubinetto, forse così qualcuno ascolterebbe”.
Chissà cosa bisogna fare per essere ascoltati. Provare a scrivere, forse, e narrare questi luoghi, come ha fatto Silvia Ballestra nel suo ultimo romanzo (sto leggendo!), La nuova stagione. Oppure insistere e narrare più che si può, provando a insinuarsi tra una polemica sui tortellini e una sui libri delle influencer, e sperando che qualcuno ascolti.