L'EBOOK E LA SERIE A

Qualche giorno fa, dando conto del cambio di gestione e di linea editoriale di Gargoyle, avevo sottolineato un passaggio che mi aveva dato da pensare: l’affermazione che prevedeva per gli autori italiani (alcuni? molti?) l’uscita esclusivamente in eBook.
Passo indietro: Francoforte. In occasione della Buchmesse Riccardo Cavallero, direttore generale Libri Trade di Mondadori, attacca gli agenti in quanto “conservatori” nei confronti dell’eBook medesimo: “non si può avere paura dei prezzi o della cannibalizzazione, altrimenti non ci lanceremo mai nell’editoria digitale”, dichiara al Corriere della Sera. Gli risponde un editore, Stefano Mauri (Gems)”Gli agenti giustamente cercano di tutelare i propri autori se sono dei professionisti (mi preme sottolineare che stiamo parlando della serie A, quella che vive di questo mestiere e non degli ultimi arrivati, con tutto il rispetto)”.
Ora, in tutela della serie B, C, D e Z era sceso qualche giorno fa Scott Turow, che pure appartiene alla fascia AA, sottolineando la slealtà di una situazione dove gli editori considerano gli eBook semplicemente come un luogo dove il rischio è minimo e dunque è possibile fare, o quasi, quel che si desidera. Poche royalties, considerazione dell’autore ai minimi.
In Italia, non stiamo molto meglio. Dopo l’annuncio della piccola Gargoyle, la decisione della ben più grande Mondadori: se volete, una piccolezza nelle problematiche che agitano il mercato editoriale, ma potrebbe assumere rilevanza ben maggiore e costituire un precedente. Di GL D’Andrea, che il commentarium già conosce, Mondadori ragazzi aveva mandato in stampa due volumi di una trilogia, Wunderkind (inizialmente concepita come storia unica ma suddivisa in tre parti, non per volontà dell’autore). Fra pochi giorni esce il capitolo conclusivo della saga, peraltro tradotta  in una decina di paesi: esclusivamente in eBook. La protesta dei lettori, in rete, è stata immediata: non è corretto, dicono, cambiare supporto per evitare il rischio, a spese di chi ha seguito su cartaceo gli episodi precedenti.
In effetti, non lo è. E rafforza il sospetto, già enunciato qualche giorno fa, che il digitale venga considerato, in Italia, non come luogo dove investire ma come luogo da cui guadagnare col minimo sforzo, almeno nell’immediato.  Ora, questo è un punto su cui gli autori tutti, conservatori o meno, dovrebbero riflettere molto: perchè quella che è indubbiamente una grande opportunità potrebbe essere usata non certo a loro vantaggio.
Ps.  Per inciso, di ritorno da una magnifica due-giorni a Umbria Libri:  ho avuto il piacere di essere in compagnia di scrittrici a cui voglio bene e a cui mi sento affine, come, per citarne due, Michela Murgia e Chiara Palazzolo. La prima si batte non da oggi perchè gli autori trovino intenti comuni, la seconda ha sottolineato come il punto debole italiano stia proprio nella narrativa popolare, soprattutto quella che si rivolge ai giovani lettori. Settore in cui, tanto per ampliare l’argomento, mi sembra che sia soprattutto l’ufficio marketing a prendere decisioni, secondo il principio che tutti possono scrivere tutto, e che gli stessi autori possano passare dai Tokio Hotel agli angeli innamorati, dal giallo al paranormal romance, a seconda di cosa “tira” di più. Eppure, le pagine lette nella preadolescenza e adolescenza, sono quelle che aprono al mondo della lettura. Magari, occorrebbe tenerlo presente, qualche volta.

86 pensieri su “L'EBOOK E LA SERIE A

  1. Buongiorno Loredana
    le tue riflessioni sono sempre puntuali, da libraia, per tenermi un po’ su, ho passato il fine settimana a nutrirmi di libri sui libri e ne segnalo alcuni che ho trovato stimolanti per motivi diversi
    I troppi libri di Gabriel Zaid edizioni Jaca Book 2005
    Fuori catalogo storie di libri e di librerie di Rocco Pinto edizioni Voland 2011
    Siamo quello che leggiamo crescere tra lettura e letteratura di Aidan Chambers edizioni Equilibri 2011
    detto questo a presto e buon lavoro
    Nicoletta della Libreria Trame di Bologna

  2. Quello che a me non è chiaro è questo: chiunque può pubblicare un proprio romanzo online senza peraltro rischiare le alterazioni dettate dalle soggettività, spesso disturbate, dei vari editor. Può altresì promozionarne il link dove vuole (FB, Twitter, Blog vari. A ‘sto punto, a che serve più l’intervento dell’editore di e-book?

  3. Bandito, perdonami ma non è così semplice. Primo, perchè non credo che gli accordi fra singolo autore e Amazon saranno così indolori (su questo vorrei tornare più avanti, a dati più certi). Secondo, perchè in un mare magnum di autopubblicazioni il rischio di veder “emergere” solo la classe AAA è fortissimo. Terzo: perchè, che ci si creda o no, gli editor servono. Naturalmente quando fanno gli editor e non marketing.

  4. È possibile e si fa. Il problema è il lavoro editoriale e non è un problema da nulla. Il rischio è che la qualità degli e-book sia mediocre (anche per la serie A, nel caso non venga pubblicato il cartaceo). Mi sembra che invece di vedere nell’e-book un’opportunità di usare un mezzo diverso si colga la palla al balzo per evitare di pagare chi sgobba (e non solo gli scrittori, ma anche gli editor, i redattori, i correttori di bozze ecc) e per invadere, come in libreria, il mercato.

  5. Genio, io non me la prendo con nessuno, non cominciamo: ho solo detto che non mi sembra utile, per chi scrive e chi legge, indirizzare un autore alle tematiche che si ritengono paganti in quel momento. E, salvo belle eccezioni, mi sembra che molto del mercato ragazzi e YA si muova esattamente in questa direzione. Hai argomentazioni serie per confutare questa affermazione? Se sì, benvenuto.

  6. Mio zio Armando, imprenditore e comunista (Non ridete per favore, è una razza rara ma esiste) mi diceva sempre: “Non si fa impresa guardando solo al fatturato, una mano sta sul portafoglio ma l’altra sta sul cuore. Cervello e coscienza sempre accesi, dritti come antenne.”
    In campo editoriale in particolar modo quando mancano cuore, cervello e coscienza ci si ritrova anche con il portafoglio vuoto, a quel punto tutto è lecito pur di far cassa o risparmiare, da qui nascono la scarsa qualità del lavoro editoriale, la mancanza di rispetto nei confronti del lettore, la volontà di spremere gli autori come limoni, le scelte editoriali e pubblicitarie suicide. Pensare che il lettore si accontenti di un libro editato, stampato e distribuito con superficialità e fretta, solo perché si tratta di un e-book e non di un cartaceo, mi sembra folle.
    Nel caso di Mondadori poi è come sparare sulla croce rossa, ditemi quale altra casa editrice avrebbe rinunciato a due autori come Saramago e Saviano?non aggiungo altro per non infierire.
    PS Loredana, zio Armando era un marchigiano doc, buona terra non mente!!!

  7. Ero all’incontro con Chiara Palazzolo ieri e devo dire che si percepiva davvero una bella energia, come si sente la differenza quando c’è affinità in queste occasioni, momenti rari e oserei dire ‘magici’! grazie

  8. Lippa, scusami, non era una critica a te (e nemmeno al tuo discorso, che è fondatissimo). Ma l’autrice in questione mi sembra proprio la persona adatta agli “angeli” (è un genere che mi fa schifo, personalmente, ma mi sembra di aver capito che in quel caso hanno beccato l’autrice giusta).

  9. Ci può stare che in periodo di crisi si tenti una scorciatoia, anche se in maniera goffa e improvvisata.
    Quel che NON ci sta è prendere in giro i lettori, che di fatto sono i tuoi datori di lavoro. Una saga inziata su carta, si finisce su carta. L’e-book al limite lo puoi affiancare, non puoi farne il sostitutivo.
    Se ci fossero ragioni commerciali (W1 e W2 non hanno venduto niente), si potrebbe prendere la decisione drastica di interrompere la serie. Brutto, cinico e spietato, ma comprensibile. È già stato fatto da altri.
    Ma non è questo il caso.
    QUel che mi chiedo è: in Mondadori non temono un clamoroso boomerang? Se non altro d’immagine. A breve il W3 uscirà su carta all’estero, in mezza Europa e in Sudamerica. E noi?
    Altro tarlo che mi tormenta: nel contratto era previsto? Se per caso NON era previsto, come la mettiamo dal punto di vista giuridico? Non si potrebbe ma si fa lo stesso, fidando che non ci siano voglia e mezzi sufficienti per impegolarsi in una causa?

  10. Mondadori Ragazzi che acquista dalla Giunti i diritti dei libri di Theodor Seuss e poi ne fa carta straccia, salvo poi dare i pasto alle strenne natalizie testi del calibro di “Fate sta cazzo di nanna”, ben in vista sul banco-cassa di librerie per ragazzi. Un sogno: utilizzare la risorsa (perché tale è) e-book per rimettere in circolazione gli innumerevoli testi di pregio, finiti fuori catalogo, ancora vivi grazie alle nostre grandi biblioteche.

  11. penso che nessuno firmi un contratto che prevede due libri su carta e uno in ebook. la risposta vincente è fammi causa che tanto sono mondadori.

  12. Per completezza: apprendo su facebook che Mondadori ha giustificato la scelta di pubblicare il W3 in e-book con la grande quantità di resi dei due volumi precedenti.
    Io credo davvero che questa (poco sensata) risposta si commenti da sola.
    Noi tutti sappiamo come funzionano le saghe e come funzionano i resi, ma forse a Mondadori (e non solo) ci credono tutti scemi.

  13. Al ragionamento però mi manca un dettaglio: quanto costerà l’ebook di D’Andrea? Non vorrei apparire veniale, ma credo che questo ci aiuterebbe a capire quale sia l’intento di questa operazione. Il digitale consente in effetti di liberarsi di molti costi, legati al supporto, dalla carta alla stampa al trasporto, compreso il guaio delle rese. Quindi non ci vedrei niente di male nella pubblicazione in ebook per abbattere i costi, dato che proprio l’abbattimento dei costi è percepito come uno dei punti di forza del digitale. Ma certo se alla fine l’ebook di D’Andrea costasse quanto i precedenti volumi cartacei (o poco meno) il ragionamento da fare cambierebbe. Proprio per l’abbattimento dei costi che consente il digitale, mantenere lo stesso prezzo del cartaceo (o poco meno) non brillerebbe per onestà, soprattutto per i lettori che hanno letto i primi due capitoli e volendo concludere la saga (come è ovvio) si comprerebbero un file pagandolo quanto un volume di carta, il che è inaccettabile.

  14. Io non so come vengano gestiti i resi.
    Però so che a Lucca c’erano 8 copie del W2 in bella vista, allo stand Mondadori.
    Ho domandato se avevano il W1 e mi han detto che era esaurito, il W2 dovevo affrettarmi a comprarlo perchè erano le ultime copie.
    Ma se avevano tutti ‘sti resi non era l’occasione per cercare di venderne un po’?
    Certo, sarebbe stato un po’ “disonesto” visto che il W3 sarebbe uscito solo in ebook…così hanno solo “fregato” 8 lettori, male che sia andata, visto che allo stand nessuno mi ha detto che sarebbe uscito il terzo volume solo in digitale.
    p.s.: W* = Wunderkind*
    dello stand di Lucca ho la foto disponibile in cui si vedono le copie del W2 in prima fila.

  15. @Giulia: la mail l’hanno mandata (anche?) a me, posso copiarla qui, se credete, e se Loredana è d’accordo.
    Altrimenti, l’ho messa poco fa sul blog.

  16. Mondadori ha giustificato la scelta di pubblicare il W3 in e-book con la grande quantità di resi dei due volumi precedenti?
    Ciò dimostra solamente che Mondadori ha sbagliato le tirature dei due libri. E non si capisce perché l’autore e i suoi lettori debbano pagare per un errore dell’editore.

  17. Loredana, bello anche il pomeriggio di sabato a Pg, grazie! Tu e la Murgia avete veramente collaborato insieme perchè il discorso fosse chiaro e toccasse tutti i punti importanti!
    Nonostante il bacillo, fino all’ultimo tanto paziente…:-))

  18. @Riccardo Bruni: forse l’ebook costa meno del volume cartaceo, ma se non hai un ereader e devi comprarlo (200 euro) non è questa gran convenienza ( e non credo che gli ereader siano così diffusi, non è come il cellulare che ce l’hanno tutti). A meno che uno non voglia leggere la fine della saga “comodamente” sul pc…proprio un bel modo di leggere.

  19. Wunderkind è stato il mio fallimento. Circa tre anni fa l’agente di G.L. mi fece il leggere il primo manoscritto di G.L. Mi sembrò interessante e visionario, anche se forse un po’ troppo adulto per le collane con le quali collaboravo. Da qualche anno sono, infatti, consulente della sezione Ragazzi della Mondadori, e mi occupo soprattutto di quello che viene chiamato Y.A, Young Adult, un’etichetta dove rientrano libri che vanno da Twilight al Trono di Spade di Martin per dirla in parole povere. Pensai che la fetta “alta” del pubblico cui mi rivolgevo abitualmente, per capirci quelli che avevano dai diciotto anni in su, lo avrebbe apprezzato. Normalmente, in caso di nuovi autori, si contrattualizza il primo romanzo e poi si vede come va, a volte i primi due se proprio lo si ritiene promettente, ma con G.L. chiesi a Mondadori che fossero contrattualizzati tutti e tre perché ci credevo molto (erano già tre in progetto, non fu un’imposizione dell’editore). Mi sbagliavo. Il primo volume vendette molto al di sotto delle aspettative. Sbagliai io, naturalmente: la copertina forse non era azzeccata, forse non era azzeccato il titolo, e questo fece sì che in molte librerie fosse esposto nel settore dei libri per bambini. Ma non in tutte. In molte finì nel posto giusto e rimase invenduto sugli scaffali. Fu qui il mio sbaglio più grosso. Ero convinto che quelli che lo avrebbero comprato lo avrebbero apprezzato e avrebbero fatto da passaparola innescando un circuito virtuoso, rendendolo un piccolo caso. Perché, ribadisco, a me piaceva e ci credevo. Così non avvenne. Non solo, ma nessuna pagina culturale lo recensì. Mandammo almeno un centinaio di copie ad altrettanti giornali, riviste e televisioni, parlai personalmente con alcuni giornalisti dicendo che G.L. era il nostro Barker, il nostro Gaiman: nessuno volle occuparsene, non interessava, oppure si scusavano, gli piaceva tanto ma non decidevano loro o non c’era spazio. Vedete, se vogliamo dire che la Mondadori è il male, io ci posso anche stare, ma bisogna anche dire che il male sta anche altrove. Per esempio in molte redazioni culturali, dove si recensisce solo quello che è già di culto altrove, oppure che è sponsorizzato dall’accademia, o è già un best seller. Un nuovo autore, che faceva genere, per quanto raffinato, non interessava. Forse non sarebbe cambiato niente, ma mi sarebbe piaciuto che il Venerdì o Tutto Libri titolassero SCOPERTO UN NUOVO GRANDE AUTORE, ma non avvenne. E così, senza passaparola e senza recensioni, il secondo volume vendette ancora meno. Per andare incontro anche alle richieste dell’autore facemmo una copertina molto più violenta, togliemmo la frase di presentazione di un’autrice di libri per ragazzi. Non servì. Certo, ci sono ancora copie di Wunderkind 1 e 2 in giro, ma la maggior parte sono in magazzino, dove i librai le hanno rispedite perché non le vendevano e lo spazio conta. Non confondiamo “l’esaurito” di un libraio con “l’esaurito” di un editore. Un libraio spesso dice che ha “esaurito” quando invece si è limitato a mandare indietro alla casa editrice. E dopo un paio d’anni, quello che è stato mandato indietro finisce al macero per far posto ad altro invenduto.
    Ora, qui bisogna fare un po’ di chiarezza su quanto è dovuto a un autore. Se firmi il contratto per un romanzo e lo consegni devi essere pagato, ma l’editore ha sempre la possibilità di non pubblicarlo. Naturalmente tu ritorni in possesso dei diritti e puoi pubblicare con chi ti pare tenendoti i soldi dell’anticipo. Per esempio a me accadde con il mio secondo romanzo, che Mondadori non pubblicò e vendetti a Einaudi, tenendomi l’anticipo precedente con un certo gusto. Le case editrici saranno, appunto, il male e piene di coglioni a partire da me, ma sono un’impresa commerciale: se non ci guadagnano da quello che fanno non lo fanno. (Certo, si fanno anche delle marchette, ma meno di quello che si pensi. Purtroppo molte marchette vendono.) Altra cosa da dirsi è che il caso di G.L. non è unico. Quando pubblichi un nuovo autore scommetti sulla ricezione del pubblico, sul fatto che piaccia. Ti assumi un rischio con l’autore e spesso la scommessa la perdi: collane chiudono, serie si interrompono, autori non vengono più tradotti. Fa parte del gioco. Il mio primo romanzo è stato il Giallo Mondadori meno venduto della storia del Giallo Mondadori. Ci sono rimasto male, eh? Ma succede. Ma mica solo in Italia. Io ho venduto i primi due titoli della mia serie a Metaillé in Francia. Hanno venduto poco e il terzo non l’hanno pubblicato. Qualcuno, là, si sarà dispiaciuto, almeno mi piace pensarlo. E non l’hanno fatto nemmeno in ebook.
    Tornando a G.L., e scusate la digressione personale ma è per farvi capire che non cado dal pero, a questo punto proponemmo all’autore, per mezzo del suo agente, di recuperare i diritti del volume e trovare un altro editore, oppure di uscire in ebook. Questo non solo perché avendo venduto poche copie non saremmo rientrati nei costi di stampa, ma perché… i librai non l’avrebbero voluto. Sapete come funziona con i libri? Perché delle volte la tiratura di un libro è cento altre volte dieci? Sono i librai a decidere. La rete di vendita presenta il titolo nuovo e chiede a librai e catene quante copie ne vogliono. Poi si fa la somma e si stampa. Siccome i librai pagano i libri, siccome i librai hanno poco spazio, ordinano in base allo storico. E siccome c’è la crisi, ordinano un po’ meno dello storico, perché sanno che venderanno meno. Quindi, se il tuo libro precedente ha venduto dieci, ne ordinano otto. Nel caso di G.L., purtroppo, questo avrebbe garantito solo una tiratura poco più che simbolica, e questo non aveva senso. Abbiamo illustrato questa cosa all’agente dell’autore. Nessun obbligo, nessuna imposizione: insieme si è scelta la strada dell’ebook. Una strada che non soddisfa nessuno, sia chiaro, ma era l’unica percorribile visti i dati di vendita. Peccato, ma è andata così. Nella mia carriera di editor ho condiviso gioie con molti autori, e pianti con molti altri. Succede. Se sapessi la formula per trasformare tutti i libri in best seller l’applicherei prima di tutto a me stesso poi ai miei autori, ma non la conosco. Anzi, non credo che esista. Wunderkind è un ottimo libro che non è stato capito dal pubblico. Succede. Il pubblico a volte ti accetta, a volte ti rifiuta, e non ha a che fare con la qualità intrinseca. Almeno, non sempre. Almeno, è quello che mi piace pensare.
    Scusate la lunghezza.

  20. Rispondo su un punto e poi ti faccio una domanda, Sandrone. Anzi, faccio prima una premessa: non ho mai pensato che le case editrici siano il male, tutt’altro, dal momento che anche io pubblico libri. E se torno con tanta insistenza sul meccanismo editoriale, di questi tempi, è perchè ho la sensazione che ci sia un serissimo momento di confusione. Ammesso da alcuni, negato da altri. Ma c’è, eccome.
    Ora, per quanto riguarda l’attenzione dei giornali: non mi sembra – e dico subito PURTROPPO – che per quanto riguarda il fantastico italiano ci sia attenzione da parte dei giornali. Non mi sembra che i titoli in catalogo – anche presso Mondadori – ricevano recensioni e titoli sul Venerdì. Nè mi sembra che, esclusa Licia Troisi, ci siano dati di vendita tali da far esultare. Per nessuno, inclusi i grandi nomi. Eppure, ci sono serie e titoli che continuano a essere – giustamente – pubblicati fino ad esaurire la serie, se di serie si tratta.
    Prima domanda. Non sarà che l’editore considera l’autore di fantastico come “carne da best seller” e se non supera una certa soglia di vendita è buono per il cestino? Non sarà che alla sperimentazione e alla crescita di un autore su cui, per tua stessa ammissione, si punta editorialmente, si preferisce andare sul già visto e già letto pubblicando paranormal a manetta, qualunque sia il livello, perchè quel che conta non è trovare voci narrative interessanti ma solo ed esclusivamente rimpinzare i lettori di qualcosa che corrisponda a quel che già si è loro dato, magari ogni volta abbassando la qualità?
    Gli editori non sono il Male. Ma neanche i librai. Non credo che siano loro l’anello forte e decisivo. Penso che siano talmente subissati di proposte che la loro libertà di scelta sia ridotta al minimo, specie quando parliamo di librai indipendenti.
    Intuisco, però, che l’eBook viene proposto come “male minore”. E questo è in fortissima contraddizione con tutto quello che gli editori ci hanno detto fino a questo momento, non trovi?
    E non trovi, infine, che rileggendo parola per parola quello che tu hai scritto il fallimento non sia tuo, o di Wunderkind, ma che si possa – drammaticamente – parlare di abdicazione dell’editoriale ai conti, Sandrone? Perchè se è così, mi spieghi cosa ci stiamo a fare, tutti, da queste parti?
    Ps. Per quanto riguarda le rese, penso che tu sappia che il lasso temporale è molto rapido, e si ragiona in termini di settimane, non di anni e neanche di mesi. Non è responsabilità di Mondadori, ma il sistema ormai è questo. Che si fa?

  21. L’ebook è una grandissima opportunità nel rapporto tra editore e autore (a favore di quest’ultimo), autore e lettori e tra i lettori stessi. Si parla di nicchie che avranno spazio, di autori famosi che si autopubblicheranno e di editori che dovranno rivedere la loro rigidità aziendale.
    Solo che in Italia ce lo perderemo, il digital devide è immenso, nessuno sa usare la rete come si deve e tutti si lamentano di quanto si stava bene ai tempi del libro Cuore. Chi non ha lo sguardo verso il futuro, è destinato a restare indietro, cosa in cui noi italiani siamo bravissimi!

  22. Manuela, per chiarirci: quanto sopra non è affatto un post di sfiducia nei confronti degli eBook. Al contrario: mi sembra che lo sia il considerarlo un ripiego da parte di un editore. Mi fa piacere, comunque, che in quanto autrice di Mondadori Ragazzi abbia voluto far sentire la tua voce.

  23. Il problema degli ebook e` che costano troppo. Se addirittura gli autori percepiscono meno sui diritti li che sul cartaceo e` una rapina. Le spese di gestione di un ebook sono piccolissime rispetto a quelle per il cartaceo. Non ha senso che la differenza sia cosi` poca.
    Ad onor del vero e` una cosa non solo italiana. Negli stati uniti per esempio costano praticamente come l’edizione economica.

  24. @Loredana. Non sempre si esauriscono le serie. Quando si scende sotto un certo punto, diventa antieconomico, non si pubblicano più. E’ chiaro che un piccolo editore può permettersi numeri che un grande editore non può permettersi, i costi generali eccetera, ma succede nei piccoli e nei grandi. Poi non facciamo casino. Non esiste un’unica mente in Mondadori come in nessuna grande casa editrice. C’è chi guarda i conti e chi sceglie gli autori, ognuno col suo gusto, ma chi sceglie gli autori deve venderli, altrimenti l’autore non viene più pubblicato. Non al primo libro, magari, ma al secondo di sicuro. Questo limita le possibilità? Certo. E Rende il lavoro più difficile. Personalmente, se prendo un autore che mi piace voglio che venda, altrimenti ammetto il mio fallimento. Magari ho sbagliato il titolo o la copertina, o magari ho sbagliato a pubblicarlo in questa casa editrice invece che in un’altra, che magari ha un pubblico diverso.
    I librai non sono l’anello forte della catena, ma sono un anello che ha il suo peso, come la critica letteraria e il marketing. Non si può non tenerne conto.
    No, rileggendo le mie parole non credo abbia senso accusare “il sistema editoriale” di fallimento, perché nessuno obbliga a pubblicare per i soldi. Si può scrivere gratuitamente, come fai tu sul tuo blog e anch’io, oppure fare autoproduzione, o leggerlo al parco sulla cassetta a chi passa. Ma se vuoi farti pagare per quello che scrivi, se vuoi farne una professione, allora entri in un campo da gioco diverso che è quello del capitale. Ragioni con persone che sono pagate per venderti, e che ti pagano in base a quello che vendono. E se non ti vendono abbastanza non ti vendono più. Le regole sono quelle del capitale. Che poi facciano schifo, mi pare che si possa vedere anche al di fuori dell’industria culturale. Ma non è che le puoi cambiare nell’editoria e no, per capirci, nell’industria pesante.
    Per quanto riguarda le rese, nel mondo Young Adult sono molto più lente che negli adulti.

  25. @francesca violi
    Ci sono ormai molti reader che costano molto meno di 200 euro e se gli ebook costassero il giusto rientreresti nel piccolo investimento in meno di dieci titoli acquistati in digitale. Se poi un libro riuscisse a convincere lettori a passare al digitale, quel libro farebbe un gran lavoro, ma temo che questo possano farlo soltanto certi libri e certi autori. Non so se W3 possa essere uno di questi. Non solo  Se il prezzo dovesse superare i 13 euro come dice Grande Talpa, nemmeno chi già possiede il reader sarà invogliato a vedere di cosa si tratta. Sarebbe interessante, per esempio, fare tra un annetto un raffronto tra l’esperienza di W3 e quella di Pan, di Dimitri, che si trova su Amazon a 2,80 euro. 

  26. Sandrone, tu e io scriviamo gratuitamente sul blog e, giustamente, ci facciamo pagare per i nostri libri. Entrare in un campo da gioco, come dici tu, comporta certamente l’accettazione di regole: ma che regole siano, e non cambino fra il primo e il secondo tempo. Intendo dire che non è l’autore a decidere la tiratura di un libro, per esempio, e non è l’autore, o tantomeno il lettore (che ha il sacrosanto diritto di sapere come va a finire una saga) a stabilire che l’editore DEVE fare del fantastico la sacca di maggior introito. Sai meglio di me quali sono le cifre di vendita del mainstream, anche del più lodato dalla critica: andiamo spessissimo sotto le mille copie, anche se non viene detto.
    Accettare la logica del “così o niente” significa, insisto, abdicare a quello che è il primo compito di un editore: diffondere narrazione. Possibilmente buona. Altrimenti cambiamogli nome e missione, con chiarezza, e giochiamo un’altra partita.

  27. @Loredana Lipperini: chapeau.
    @Manuela: effettivamente, il digital *devide* è immenso. Mai come l’inprontudine di alcuni, però. Buone cose.

  28. @Loredana. Non ho detto così o niente, ho detto che se vuoi farti pagare per i tuoi libri accetti di metterti in gioco nel mercato, ma si può farlo in vari modi, anche autopubblicandosi. Per quanto riguarda i compiti, l’unico che mi sono assunto è quello di scrivere i miei gialli e di pubblicare i romanzi che mi piacciono in una casa editrice dove mi trovo bene, anche se ogni due per tre mi danno dell’infame perché è del Berluska. Questo è come diffondo la narrazione, a parte appunto scrivendo gratis sui social cosi. A volte sbaglio, naturalmente, a volte scrivo cose pessime, altre volte pubblico male i libri altrui, ma per lo meno ci provo a fare bene entrambe le cose.

  29. E aggiungo che la scelta di Mondadori non è nemmeno la peggiore. Nel 2005 è uscito per Armenia il primo volume delle Cronache della guerra dell’Ombra. Si intitolava La luna d’Ombra e gli autori erano George Lucas e Chris Claremont (proprio loro, i papà di Star Wars e degli X-men). Era stato scritto dieci anni prima. Poiché il secondo volume tardava a uscire mi rivolsi all’editore chiedendo lumi. Date le scarse vendite la trilogia ambientata nel mondo di Willow per Armenia si era fermata lì. Nel 1996 e nel 2000 Lucas e Claremont avevano già scritto gli altri due libri. Che in Italia sono ancora inediti. 

  30. Ah, Sandrone, non sviare il discorso: nessuno ha tirato fuori Berlusconi e la proprietà di Mondadori. La discussione è partita in ben altro modo: ovvero, a dispetto dei proclami, l’eBook viene considerato un ripiego, e l’autore non è qualcuno da far crescere o valorizzare, ma un elemento, come tu dici, delle “regole del mercato”. Questo sì che è pericoloso. Pericoloso – anche perchè parliamo di YA, dunque di un mercato delicato – è sostenere che quel che vende vince. E non c’entra nulla la storia personale, tua o mia. C’entra…vogliamo dire l’etica della pubblicazione e della narrazione?

  31. @ Loredana. Scusa, ma io parlo proprio ed esclusivamente della mia storia, non svio il discorso e non ho nulla da aggiungere. Questo fa sì che tu su twitter mi abbia sostanzialmente dato del paraculo e di quello che nasconde sporchi segreti e qui di quello che manca di etica. Ok chiudiamola qui. Abbiamo perso del tempo.

  32. Sandrone: la paraculaggine sta esattamente qui, e non ho problemi a ribadirlo. La questione non riguarda la tua storia, dove è molto facile rintanarsi: riguarda una precisa pratica editoriale. Se non vuoi parlarne, non farlo. Ma i fatti sono fatti e le storie personali sono altro dai fatti. Non ho nulla contro di te e le tue vicende: ho moltissimo contro una faccenda che prescinde dal singolo caso e riguarda una larghissima fetta di scrittori e soprattutto di lettori. Non si perde mai tempo quando si cerca di fare chiarezza, sempre se si vuole farla.

  33. Punto primo: in Italia l’ebook stenta a decollare (non che il libro di carta sia mai decollato davvero!)
    Punto secondo: è vero (e Mauri è onesto a dirlo apertamente) che ci sono autori di serie A e B e C ecc., che sia per qualità di scrittura o per quantità di copie vendute non importa, ovvio che poi c’è spazio per tutti
    Punto terzo: è vero anche che gli editori (da Mondadori a Gems) hanno parlato sempre di pari dignità tra libro e ebook (argomentazione spesso tirata in ballo quando si parla di prezzi) per poi comunque finire poco dignitosamente con il ritenere il formato elettronico un ripiego o un campo di sperimentazione per il mercato.
    Sandrone Dazieri ci ha fornito la spiegazione del caso specifico con un appassionato racconto del dietro le quinte e credo che fosse sufficiente il primo commento. La risposta era là, nella sua esperienza diretta.
    Io personalmente passo indifferentemente dal libro in brossura al file epub. Sul comodino ho Il mare in salita (libro da consigliare) mentre sul mio A-phone (leggi ei-fon. A per Android) ho tutta la Recherche di Proust così appena posso ne leggo delle pagine senza sentirne il peso. Questo vuol dire che se fossi stato un lettore di Wunderkind sarei passato al formato elettronico senza problemi (tra l’altro proprio i più giovani dovrebbero essere pronti all’uso di nuovi media o no?).
    Ci sono quei due o tre casi epocali di autori sconosciuti che hanno venduto (quantità quindi) milioni di file con Amazon e poi che succede? Arriva l’editore con il contratto per il libro di carta frusciante perché il mercato sta ancora sugli scaffali e non nel microcip (anche se quest’ultimo consente maggiori profitti).
    Sono situazioni opposte che esprimono il momento di passaggio da un tipo di supporto all’altro. Quello che non cambia è in realtà proprio il lavoro dell’ editore come si è definito dagli anni ’80 in poi, lo spietato sistema del mercato applicato all’ editoria. Chi ne fa le spese però alla fine è il lettore (non me ne vogliano autori e librai) che rischia di essere veicolato su prodotti imposti piuttosto che essere libero di scegliere autonomamente.
    Chissà, tornando al contingente, questa discussione farà scoprire agli appassionati del genere la saga Wunderkind e l’editore tornerà dall’ autore con un contratto per carta frusciante.
    p.s.
    Loredana, ho letto del supporto di Michela Murgia a una serie di iniziative dei librai e sono pienamente d’accordo. Più con le sue idee concrete che con quelle un po’ fumose del GQ.

  34. Visto che è stato tirato in ballo l’ex premier, non è che G.L. paga per aver avuto il coraggio di dire quello che pensava, non stando zitto se riteneva certe cose sbaglaite? Casi differenti, certo, ma è capitato qualcosa di simile a Saviano.
    Il modo di scrivere di G.L. può piacere o non piacere, ma le sue storie non sono banali, e lo dimostra il fatto che è stato tradotto e pubblicato in diversi paesi stranieri: davvero vende così poco come si vuol far credere?

  35. Qui la storia di GL si chiarisce meglio (dico qui perché ho appena commentato su NI) e si capisce anche come agiscono, le case editrici industriali. “Avremmo dovuto stampare una cifra simbolica di libri”, dice Dazieri, e l’etica dice che si sarebbe dovuto fare, perlomeno nel rispetto di quei lettori che i primi due libri li avevano comprati. Lo dice l’etica però, non il mercato. Il mercato dice che te ne vai in panchina nell’ebook, e qui la Lipperini coglie nel segno. Si vuole usare l’ebook, visti i suoi bassi costi, quando e come conviene (autore esordiente o libro di una serie che non vende secondo le aspettative) prestando pochissimo rispetto sia all’autore (non parliamo delle royalties) che al lettore (a cui vorrebbero far pagare un ebook come un libro.) Non dico sia colpa di Dazieri, che si è sentito preso in mezzo, ma il sistema fa abbastanza pena.

  36. Io non ho capito una cosa. Dazieri fa un intervento molto passionale e secondo me pure molto furbo perché svia l’attenzione dal problema a se stesso. E dice: “Ho fallito”.
    Ma chi paga per il suo fallimento?
    L’autore, e i lettori. Non voglio essere giustizialista, ma non c’è un solo punto del suo commento su cui mi trovo d’accordo.
    – Credeva nel romanzo ma ha accettato (costretto da chi? Dal direttore editoriale? Dal commerciale?) di cedere alla “legge dei numeri”, che non ci ha fornito, così come non ci fornisce quelli relativi agli altri libri della collana ragazzi.
    – Dice che chi scrive o vende uno sfracello o è meglio che scriva gratis sul web o scelga l’autopubblicazione. Che è un’affermazione gravissima, e qui ha straragione la Lipperini: una cosa del genere può dirla un ragioniere, non un consulente editoriale.
    – Dice che l’ebook non soddisfa nessuno, e Mondadori ci sta facendo due palle così su quanto sono belli e buoni gli ebook.
    Non so voi, ma io mi sento presa per il culo.

  37. Chiedo scusa se entro di straforo in una discussione già avviata, ma credo che una parte del problema, e vorrei dire anche della soluzione al medesimo, stia nell’atteggiamento degli autori.
    Se non siamo noi altri a muovere il culo, ad assumere un atteggiamento diverso, a rifiutare certe regole inerziali… c’è poco da sperare che siano gli editori o i librai a farlo. Siamo noi che produciamo la materia prima che quelli devono vendere.
    Sandrone ha ragione quando dice che se decidi di cimentarti nel mercato editoriale – rivolgendoti a una casa editrice disposta a commercializzare i tuoi scritti – entri in un mondo che è sostanzialmente retto dalle regole capitalistiche. Siccome però quelle regole sono draconiane e alla lunga suicide (e non certo solo in campo editoriale-letterario, basta darsi un’occhiata intorno…) possiamo forse concordare anche sul fatto che devono essere forzate, e i margini di manovra grattati con le unghie. Altrimenti “falliremo” sempre. Se quelle regole le accettiamo passivamente, in toto, il fallimento è implicito nelle premesse, perché avrà successo solo chi ce l’ha già, o chi ha il culo di intercettare il gusto più massificato, o la nicchia di gusto più grossa, e non si riuscirà mai a creare una nicchia nuova, facendo crescere un giovane autore, un giovane lettore, un giovane editore. L’alternativa non può essere o il lasciar-fare capitalistico o il finanziamento pubblico a fondo perduto (cioè la clientela politica). Io a questo non credo. Credo che le alternative si costruiscano, con fatica e con intelligenza. Sono troppo anni Novanta…? Forse sì, comincio a invecchiare.
    Non credo si tratti solo di scelte individuali, perché individualmente contro il capitale non si può che essere sconfitti, ma di una sommatoria di scelte individuali che diventano collettive (e comunque a volte si tratta *anche* di semplici scelte individuali).
    E’ grottesco che un e-book sia venduto anche solo alla metà del prezzo di copertina di un libro cartaceo. Dobbiamo accettarlo senza dire niente? Esistono alternative? Possono essere costruite? Al di là dei formati, che margine di manovra posso avere rispetto al mio editore, sapendo che i rapporti di forza sono facilmente sbilanciati a suo favore? E se scoprissi di non essere il solo che si pone questo problema? Davvero non posso avere nessuna voce in capitolo sul fatto che il mio romanzo fantasy abbia in copertina un’elfa tettuta che impugna saldamente un “manico” di spada e ammicca vogliosamente al lettore nerd? Davvero ai librai indipendenti che scrivono a un autore per sottoporgli il problema degli sconti e delle promozioni omicide si può soltanto rispondere “non mi occupo del commerciale” (vedi Carofiglio, che tra l’altro, oltre che scrittore, è pure senatore)? Davvero la soddisfazione narcisistica di vedere il mio nome in copertina fa passare tutto in secondo piano?
    Sto ovviamente buttando lì le prime cose che mi vengono in mente, ma visto lo stato dell’arte e le trasformazioni in corso, penso che noi autori per primi dovremmo porci il problema di come affrontare la situazione, invece di subirla, di scrollare le spalle, o di lagnarcene. E non è facile per niente, sia chiaro.
    Poi in certi casi la situazione può essere complicata dal fatto che uno è sia autore sia editore, come Sandrone, e allora magari gli tocca fare come il detective protagonista dei suoi romanzi, cioè sdoppiarsi 🙂 Ma, come che sia, è il risultato pratico quello che conta.
    Si può quel che si fa.

  38. Tralasciando il discorso sulla bassissima qualità del libro in questione (il paragone con Barker e Gaiman è inaccettabile), bisogna dire che Wunderkind ha venduto pochissimo e, di conseguenza, la Mondadori ha smesso di investirci.
    Qual è il problema?
    L’autore firma un contratto, e nel contratto sono espressamente disciplinate le condizioni del rapporto fra autore ed editore. Il mio consiglio agli autori è quello di leggere tutte le clausole e sollevare le proprie perplessità prima della firma.
    Non vuoi che il tuo libro sia diviso in tre parti? Non firmare.
    Vuoi tenerti i diritti del formato elettronico? Fai inserire una clausola apposita o non firmare.
    Il potere contrattuale dell’autore esordiente è minimo e, in generale, l’atteggiamento dello scrittore medio è di resa incondizionata al sistema. Paola Boni, autrice di Amon, ha ammesso candidamente: “durante il primo incontro con Casini mi è stato proposto appunto di partecipare a questo progetto e di scrivere una storia che avesse come protagonista un evocatore di demoni”. Indovinate cosa ne è uscito? Un libro indecente. Mark Menozzi, autore de Il Re Nero, a specifica domanda ha risposto: “… a distanza di anni si (Pierdomenico Baccalario) ricordò del mondo fantasy che avevo creato e mi propose di scrivere dei romanzi che ne parlassero.In questo modo”. Se possibile, il risultato è stato ancora peggiore di Amon. Continuando su questa via, gli autori diventeranno le puttane degli editori più di quanto già non lo siano. E allora altro che Tokyo Hotel e angeli innamorati, YA banalotti e biografie di icone gay…

  39. Caro Zweilawyer: naturale, è semplicissimo.
    Qualche particolare.
    1) Qual è il problema? Il problema è che ci è stato raccontato e ci viene raccontato che l’eBook è, per gli editori italiani, il sol dell’avvenire. Invece, qui abbiamo la dimostrazione che viene considerato rimessa. E ribadisco che questa pratica va ben al di là del singolo caso. Wunderkind può piacere, non piacere, suscitare le reazioni più contrastanti: non è questo il punto, non mi interessa. Mi interessa sottolineare l’evidente contraddizione fra quanto dichiarato da un editore e quanto messo in atto.
    2) Un autore deve essere in grado di tutelarsi o di essere ben tutelato da un agente. Non sempre avviene. E’ un motivo sufficiente perchè l’editore faccia tutto quel che vuole? No. Non per me, almeno.
    3) Sul fatto che ci sia la tendenza a reclutare autori come polli da batteria e far loro scrivere quel che fa figo (e procura denaro, nelle intenzioni) in quel momento, concordo con te. Ed è esattamente avvertendo questo pericolo che parlo di abdicazione dell’editoriale.
    Infine. Quanto detto può portare a due atteggiamenti: quello di chi sì dà di gomito e gode dello spettacolo (evviva, un autore maltrattato da Mondadori). E quello di chi almeno prova a pensare che questa pratica riguarda, potenzialmente, tutti coloro che scrivono. Nonchè tutti coloro che leggono. E che non vogliono che gli autori diventino meri copisti dei desiderata degli editori. Non mi sembra una questione piccola.

  40. Bè, probabilmente non è inutile ricordare che la quota di mercato del gruppo Mondadori nell’intero mercato editoriale italiano ammonta a più del 27%, il che intossica un po’ i discorsi su modo di produzione capitalistico e libera concorrenza. O mangi questa minestra o salti dalla finestra, e l’appeal pesa. Più delle dichiarazioni, contano i fatti: gli editori molto grandi, in generale, temono (più che auspicare) la diffusione dei lettori digitali perché sanno che questa si tradurrebbe in una progressiva perdita di controllo sul mercato. Perché poi una volta che uno ha comprato un ebook reader ha (avrebbe, visto il panorama ancora desolante) la possibilità di scegliere. Il che, da un certo punto di vista, non va affatto bene.

  41. “E’ grottesco che un e-book sia venduto anche solo alla metà del prezzo di copertina di un libro cartaceo” dice Wu Ming 4
    Se un libro carteceo costa 20 ed un ebook costa 10 (quindi il 50% in meno), cosa vuole dire quella frase? Che il prezzo è troppo basso o troppo alto? Cosa fa il prezzo in un libro “dematerializzato”? Boh.

  42. Come lettrice mi sento presa in giro, e sono offesissima dalle risposte di mondadori.
    Io non penso che mondadori sia il male, e non dico (dicevo) “non compro libri mondadori perché mondadori è di Quello Lì”.
    Mi sono arrabbiata leggendo dell’ebook, ho scritto chiedendone conto, e mi viene risposto come se fossi una deficiente?
    “Gentile Valentina,
    se fosse stata percorribile l’ipotesi di una pubblicazione in cartaceo l’avremmo senz’altro preseguita. Purtroppo sia il primo che il secondo volume della saga hanno avuto una percentuale di reso talmente alta da rendere assai difficile la prenotazione presso i librai. Anche se lo avessimo proposto saremmo riusciti a distribuirlo in pochissime librerie e pochissime copie. La scelta di investire comunque nella cura redazionale del libro credo dimostri il nostro rispetto nei confronti dei lettori e dell’autore
    Cordiali saluti”
    Cioè, a prescindere da quanto ci sia di vero in queste affermazioni, mi state dicendo che un colosso come Mondadori, un’entità talmente grande e ricca da avere più del 27% del mercato editoriale italiano, non ha i mezzi per stampare quelle due o tremila copie per soddisfare i lettori che come me hanno già i primi due volumi di Wunderkind?
    Certo, a un’azienda multimiliardaria come mondadori poco importa che ci siano persone che magari il lettore eBook non possa permetterselo, perché prima deve pagare la bolletta dell’acqua, o che a leggere sul computer gli venga l’emicrania per giorni, o che per qualsiasi motivo non possa o non voglia leggere un eBook.
    Ribadisco che personalmente non ho nulla contro gli eBook. Nella mia personale wishlist c’è un ereader che prima o dopo (molto dopo, se continua questo andazzo) comprerò.
    Ma c’è anche il fattore estetico – come dire – mi piace che le cose abbiano un certo ordine, una certa forma compiuta.
    La foto della mia libreria che gira su facebook non è nata come provocazione. L’ho pensata in un momento di rabbia. In un momento in cui mi sono sentita impotente.
    Lo dice chiaramente quest’altro post: http://www.conparolenostre.it/blog/188-lettori-di-serie-b.html
    Siamo lettori di serie B. Gente che in fondo non conta.

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