L'ETERNO PRESENTE DELLA RETE

A proposito di realtà aumentata, e usando impropriamente e alla larga la definizione. Mi dichiaro non convinta: secondo me i social e la letteratura sono poco compatibili, e anche i social e i circoli letterari di una volta. E’ buffa, la faccenda: da quando sono nati i blog (ivi inclusi i blog letterari o lit-blog) si cerca un corrispettivo. I blog sono le nuove pagine culturali, le nuove riviste letterarie, i nuovi luoghi di discussione. I blog, infine, fanno vendere libri.
Be’, insomma.
Però lo hanno detto e scritto, anche in tempi non così lontani, sostenendo che i consigli della rete hanno sostituito quelli dei critici letterari. Quando la presenza sui social si è fatta più massiccia di quella sui blog, voilà, i social medesimi sono la nuova frontiera di studio, e il racconto di quel che succede “là dentro” tracima “là fuori”, tanto per far capire di cosa parlano x e y qualora si ignorassero le loro bacheche. Serve? No. Neanche un po’.
E allora perché continui ad aggiornare il blog e a scrivere sui social? Legittimo chiedermelo, in effetti, perché me lo sto chiedendo anche io, da qualche tempo a questa parte. La risposta più onesta è “per me”. Per fissare pensieri. Per vederci chiaro. Per lasciare una traccia a me stessa. I blog non sono che un diario di bordo, e così nascono, qualunque cosa si possa dire ora. I social sono un racconto continuo delle vite degli altri, e per questo ci ipnotizzano e ci avvincono. Però la scrittura è un’altra cosa. Abbiamo bisogno di pensare al futuro per poter amare una persona o un amico, diceva – grossomodo- Camus ne “La peste”. E quando ci muoviamo in un presente eterno non possiamo amare.
Ecco, penso che per i libri (che sono comunque una forma d’amore) valga lo stesso concetto.

3 pensieri su “L'ETERNO PRESENTE DELLA RETE

  1. io so che quando chiudo gli account twitter e FB leggo il quadruplo, e che tanta gente mi ha confessato di preferire la Time line a un buon romanzo. sono arrivata insomma alla conclusione che i social siano gli unici responsabili della deriva culturale globale. i reality e i social, perché nessuno più è in grado di accettare sconfitte, perché volere è potere anche per l’uomo piccolo che non ha idea di ciò che vuole. ma è inutile ribadire ciò che ho scritto anche ieri sulla tua pagina FB. buona giornata. 😉

  2. Considerazioni che condivido molto, Loredana, soprattutto per quanto riguarda il discorso social vs blog. Mi ci sono interrogato anch’io a più riprese, in particolare all’ingresso in Facebook (inizio 2010) e poi all’uscita da lì (settembre 2014). Con queste conclusioni, che a distanza di anni ritengo personalmente ancora valide:
    1) «Che cosa mi colpisce di più di Facebook? Tutto insieme, il ritorno del passato, da quello più prossimo a quello più remoto, con una sua nuova declinazione al presente, ovvero una gigantesca dilatazione del presente. E questo che cosa sta a rappresentare? È segno di tempi chiusi al futuro o, al contrario, il fare alcuni passi indietro per prendere la rincorsa e così spiccare – tutti insieme – un balzo verso un futuro rivoluzionario? L’idea che mi sono fatto in questi due mesi è che, se mailing list e blog hanno rappresentato – almeno per me – un netto ampliamento degli orizzonti, Facebook è un po’ un’istantanea di quel che è stato fino a oggi e che aggiunge poco al già noto, se non mettere al corrente gli “amici” del nostro attuale “io”, ma senza per questo costituire necessariamente una porta per il futuro.»
    https://fogliedivite.wordpress.com/2010/04/14/piu-passato-un-presente-dilatato-o-anche-futuro/
    2) «l’impressione [è] che stare oggi sui social, come l’altro ieri su liste e bacheche, sia un po’ come ritrovarsi tutti quanti insieme in un bar, amici di vecchia data e mai visti di persona, conoscenti e perfetti sconosciuti, discutendo e giocando, condividendo e mascherando, sparando cazzate e pavoneggiandosi, scambiando mezzi sorrisi e palesi livori, tra gioia male esibita e malcelata perplessità.
    E c’è però chi ama di più ambienti più discreti e ristretti; chi ancora si attarda su un blog come fosse il tavolino di un vecchio caffè; chi ancora è più affezionato al mondo imperfetto ma vivo e sanguigno di ieri che a quello perfettino e anodino e asettico dei gadget superfighi e dei loro patiti di oggi e di domani.
    [C’è cioè chi sente ancora] il bisogno di non disperdere troppo ciò che pensa e dice e scrive, per brutto che sia.»
    http://nazzarenomataldi.com/2014/09/11/con-una-misura-di-saggezza/
    I social come aggiornamento e chiacchiericcio contini, allora; i blog come resistenza alla futilità e alla dispersione, e tentativo di mettere meglio a fuoco. Peccato che tutto il tempo sottratto dai primi releghi inevitabilmente i secondi a un ruolo sempre più marginale, di pura testimonianza.

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