LEZIONI DI PANICO

Se ne sta parlando da qualche giorno, fra amici e sodali, ma non solo. Ieri, per dire, il Corriere della sera riportava un sondaggio che vede oltre il settanta per cento degli italiani contrari all’abolizione della legge 194. Personalmente, condivido quanto scrive oggi su La Stampa Antonio Scurati a proposito del referendum. Sono anzi convinta che a questo punto il ricorso al medesimo potrebbe far cessare  il sinistro balletto intorno alla legge che non da oggi, e non con la moratoria richiesta da Ferrara, è cominciato. Ci torno prestissimo. Intanto, vi posto l’intervento di Scurati.

L’Italia non è un Paese cattolico. Le chiese sono vuote, le vocazioni estinte, i testi sacri ignorati. Soprattutto, le scelte di vita fondamentali degli italiani non sono ispirate ai precetti della Chiesa. Si tratta di un fatto di portata ben più ampia della laicità dello Stato. Si tratta di riconoscere che la grande maggioranza degli italiani vive e pensa da laica e da materialista. La questione dell’aborto ne è la dimostrazione: si rimettano gli antiabortisti alla volontà degli italiani. Se davvero sono convinti del carattere universalistico della loro idea di sacralità della vita, propongano un referendum. Verrebbero pesantemente battuti. Lo dicono i sondaggi, lo dice un’onesta osservazione del mondo, lo dice l’intelligenza della contemporaneità. Questa facile previsione dovrebbe già di per sé stabilire un principio indiscutibile: nessun iter legislativo di revisione della 194 è ammissibile se non lo stesso dal quale quella legge scaturì 27 anni or sono. Vale a dire il grande pronunciamento democratico del referendum. Ogni altro percorso sarebbe esercizio dispotico di potere politico, manipolazione faziosa degli strumenti di deliberazione legislativa, oltraggio al comune senso della vita degli italiani odierni.

Ma perché allora le voci più oltranziste degli apparati ecclesiastici e quelle dei laici in odore di conversione sono tanto in dissonanza con il sentimento della vita della maggioranza dei loro contemporanei? E’ forse una fede più salda a ispirare la loro veemente difesa del presunto “valore della vita”, è forse una ragione più alta? No, è un panico morale. La stigmatizzazione dell’aborto legale come crimine contro l’umanità, i toni efferati con cui si evocano “genocidi paranazisti” e “stragi di innocenti” testimoniano non di una forte e libera identità culturale cristiana in seno alla nostra società ma di un suo smarrimento, di un’improvvisa e angosciante sensazione di debolezza dei confini del gruppo dei cattolici nel mondo attuale. Nuovi attori sociali fanno il loro ingresso prepotente e caotico nella società civile – le donne emancipate, gli omosessuali, le giovani generazione compiutamente atee e materialiste pur essendo estranee al comunismo – e gli alfieri della tradizione vengono presi dal panico, reagiscono tracciando una linea netta tra il bene da un lato e il malvagio dall’altro. Presi dal panico, cercano incarnazioni del peccato, rappresentazioni instabili e a rapida coagulazione del male. E’ un cattolicesimo debole questo in preda al panico morale, non un cattolicesimo forte della propria convinzione metafisica. Un cattolicesimo che si svilisce a dottrina morale e di lì subito precipita in partito politico, per altro oramai minoritario, sebbene assurdamente corteggiato e blandito da tutte le altre forze dell’arco parlamentare.

Questi cattolici in preda al panico vanno rassicurati: la morale cattolica non è l’unica morale, la civilizzazione umana non cessa con il tramonto dell’egemonia culturale del cattolicesimo, la visione del mondo laica e materialista porta con sé un nuovo umanesimo. Anche per il pensiero materialista la persona umana è un valore supremo, non meno che per lo spiritualismo cristiano, solo che nell’ottica di un’etica laica la persona è l’insieme delle condizioni di vita materiali di un individuo, non un riflesso indecifrabile di un sempre più enigmatico volto divino. La visione materialista – dalla quale scaturirono le correnti migliori della tradizione socialista – non avendo altro orizzonte che quello dell’esistenza terrena, la prende terribilmente sul serio. Quest’ottica conduce a farsi carico dell’esistenza umana nelle sue condizioni concrete invece di limitarsi a proclamare genericamente il principio a priori della sacralità della vita.

Per questo motivo, la predicazione massimalista degli antiaboristi, così come la crociata contro gli anticoncezionali che l’accompagna, rischiano di apparire come le aberrazioni di un umanesimo senz’uomo. Anzi, senza la donna. La religione teologica della vita, nei suoi eccessi fondamentalisti, predica la cura dell’anima dopo la morte o il culto del principio della vita prima della nascita, a rischio di una sostanziale indifferenza per la storia umana che si svolge nel mezzo, nella parentesi tra le cose prime e le cose ultime. L’etica laica si ribella a questa visione, il suo umanesimo materialista le oppone non un’irresponsabilità nichilista ma una appassionata perorazione dell’esistenza. Ci può essere un’immorale vigliaccheria nell’incantamento per gli assoluti, nella predicazione di principi sacri. A questa, il laico materialista preferisce la coraggiosa lotta con l’angelo della storia e con il demone della contingenza.

Invece di divinare la vita in una macchia di gelatina fetale, il laico materialista si affannerà ad aprire asili cui le madri lavoratrici possano affidare i loro bambini, a riaprire consultori dove le adolescenti possano essere educate sessualmente e assistite medicalmente per evitare gravidanze improvvide, a creare condizioni di lavoro stabili per futuri eventuali padri responsabili, si chiederà come vivranno i bambini non voluti, non amati, i bambini deformi e malati fin dalla nascita, come vivranno miliardi di uomini messi al mondo in condizioni miserabili e in assenza di metodi anticoncenzionali, preferirà un aborto medicalmente assistito a un feto strappato a cucchiaiate dal ventre materno. Insomma, il laico materialista sceglierà il male minore per un bene possibile invece di aborrire il male assoluto in nome di un bene impossibile.

 Il sì alla vita del laico materialista benedirà la creatura in carne e ossa, anche a costo di dire di no al brivido misticheggiante per ciò che rimarrà increato. La carne, le ossa, le lacrime, il sangue sono l’unica cosa che ci riguarda in quanto cittadini membri di una comunità politica. Messe tutte assieme fanno ben più di una poltiglia di materia cieca, fanno l’unica misura comune a un’umanità magari disperata ma ancora appassionata di se stessa. Essere laici e materialisti, oggi più che mai, significa dover fare i conti con lo spettro del nichilismo, ma significa anche prendere sul serio l’esistenza e la sofferenza degli uomini.

19 pensieri su “LEZIONI DI PANICO

  1. E’ molto bello questo articolo, e il sondaggio del corsera rincuora, ma tutto sommato era prevedibile.
    Non vedrei però la questione antiaborto così legata al canto del cigno della cultura cattolica, la quale è di fatto agonizzante e per tanto non più causa ma strumento di altre forze, che di fondo tutto sommato se ne fottono. Giuliano Ferrara è cattolico quanto me che sono ebrea: personalmente ritengo che gliene freghi pressochè niente dell’aborto, ma sagacemente e maschilisticamente ha individuato uno dei temi nevraligici della debolezza della maggioranza, che tristemente non sa essere compatta su cose così macroscopiche. E’ meno compatta della popolazione che rappresenta.
    Sento però a un livello più generalizzato, un problema tra maschile e femminile, e che mi ricorda certe teorizzazioni di Irigaray, e delle analiste femministe che indicavano in certi comportamenti maschili l’invidia di non essere inclusi nella procreazione. O se volgiamo essere più gentili la tristezza e il dolore, per non essere inclusi nella procreazione, per avere un ruolo meno fondante ecco. Un tentativo in forma politica di dominanre qualcosa che la natura, in una prospettiva che l’uomo ha sempre sfruttato come vincente, ha sempre sancito come femminile. e ora gli sti ritorce contro.

  2. Io purtroppo non sono così convinto che l’Italia non sia un paese cattolico. E’ un paese dominato mentalmente dal cattolicesimo. Quante parrocchie ci sono per ogni consultorio? Quanti conventi per ogni asilo? Quante università private cattoliche per istituto di eccellenza laico? Ospedali? Mi fermo. E rabbrividisco.

  3. Meritano senz’altro anche i due interventi di Massimo Adinolfi: il primo su Left Wing <a href=”http://www.leftwing.it/cultura/105/la-moratoria-della-modernita” rel=”nofollow”>qui<a>, il secondo sul mattino di oggi e sul suo sito, <a href=”http://azioneparallela.splinder.com/” rel=”nofollow”>azione parallela</a>.

  4. “si chiederà come vivranno i bambini non voluti, non amati, i bambini deformi e malati fin dalla nascita, come vivranno miliardi di uomini messi al mondo in condizioni miserabili e in assenza di metodi anticoncenzionali, preferirà un aborto medicalmente assistito”
    Sono favorevole, al mantenimento della 194 ma trovo abbastanza oscure le frasi che ho quotato, cosa significa ” bambini malati” fin dalla nascita? Spesso nascono dei bambini con delle malformazioni che vengono sanate felicemente, e cosa vuol dire il riferimento ai bambini messi al mondo in condizioni miserabili? I bambini africani nascono in tali condizioni, appunto, ma il rimedio sarà in un diverso sviluppo di quel continente, a meno che di non pensare che nessuno più figlierà in attesa di raggiungere livelli di vita più degni.
    O si vuole uno screening di massa per evitare qualsiasi imperfezione?
    La natalità non può dipendere soltanto dall’essere sufficientemente ricchi o progrediti, e nemmeno da non essere malati, cerchiamo di distinguere e di svolgere ragionamenti meno enfatici e vaghi.
    L’aborto è uno strumento che interrompe la gravidanza di chi non si senta di continuarla per una serie di motivi , non trasformiamolo in una leva di sviluppo sociale o altro, anche perchè con la povertà ha poco a che vedere, non mi risulta che le donne povere abortiscano maggiormente di quelle ricche. In questo senso l’articolo di Scurati è abbastanza superficiale.
    rose

  5. Ciao Zauberei, io se permetti, si fa per cazzeggiare, darei un’ altra interpretazione (la mia favorita) sui moventi di Ferrara: non credo che abbia “sagacemente individuato ecc.”, secondo me ci crede davvero. Come ha creduto in Craxi e poi in Berlusconi ora ha deciso di credere in Ratzinger o meglio nella Chiesa. Ha bisogno di un “maggiore” accanto a cui schierarsi e di cui essere il corifeo.
    Come dice per primo di se stesso, è un fazioso, ma per esserlo ha bisogno di trovarsi una fazione altrimenti è orfano. Ora la sua fazione, deluso dal berlusconismo, è la chiesa.
    In ciò non ci vedo un’occhiuta strategia politica (se vogliono beccarsi una legnata provino a toccare l’aborto), ma una semplice pulsione a schierarsi, ad apparire, a ricoprire il ruolo dell’ateo devoto.
    Ma io sono ingenuo e semplificatore, lo ammetto.
    Le osservazioni di rose mi paiono sensate.

  6. devo dire anche a me rose, ha interessato. Non so cosa risponderei ma ci dovrei pensare, il che vuol dire un bel po’.
    Nautilus ciao – che ne so? Potresti pure a vere ragione eh, ma boh non so…

  7. Ci sono malformazioni diagnosticabili in sede prenatale che sono curabili dopo, a volte lo sono proprio se diagnosticate prima della nascita. E ci sono malformazioni e malattie che NON sono curabili, come ad esempio, la fibrosi cistica per cui le aspettative di vita si sono alzate a ca. 30 anni, nel migliore dei casi.
    Tu te la sentiresti, Rose, a imporre la nascita di un figlio destinato a soffrire e a morire? Credo che Scurati intendesse questo: che esisterebbe il diritto non solo della donna, ma anche del nascituro a crescere amato e sostenuto, che questo dovrebbe valere a maggior ragione per chi parte segnato da quello che il pensatore cattolico “irregolare” Vito Mancuso chiama “il dolore innocente”.
    Credo che oggi dobbiamo essere contrari sia al fondamentalismo cattolico sia da eventuali deliri eugenetici, anche se i secondi sono, almeno da noi, più uno spauracchio dei primi che una realtà minoritaria.

  8. Sono ateo, materialista, e al famoso referendum sull’aborto votai NO (come la maggiornaza degli italiani). Oggi voterei ancora NO, perché ritengo che la legge sia necessaria.
    Tuttavia l’articolo di Antonio Scurati è aberrante. Questa esaltazione del “materialismo laico” mi sembra una versione riveduta e corretta del “materialismo dialettico” di buona memoria. Ci mancava solo che ci parlasse del “Sol dell’avvenir”… ma andiamo! Tutto ciò fa un cattivo servizio alle ragioni dei progressisti attenti ai diritti della generazione presente, ma anche sensibili ai diritti delle cosiddette “generazioni future”. (Ne parla anche Adriano Sofri nel suo ultimo splendido libro “Chi è il mio prossimo”, Sellerio 2007).

  9. Ma io credo che sia un po’ ipocrita e anche scivoloso, spostare la questione sulla qualità della vita del nato. Perchè nessuno può decidere meglio di me che esisto e nel momento in cui esisto se devo campare o meno e se la mia vita è godibile, da biafratico handicappato o che. E comunque – non si fa un figlio per altruismo, non si fa un figlio per responsabilità sociale, et similia. Nè quando si incontra un aborto lo si fa per il contrario di queste cose. Se no, non farebbe soffrire così tante donne.
    Io credo invece che io che già esisto e sono donna esistente evo avere il diritto di decidere se da una devo diventare due. Io voglio che la mia cultura rispetti intanto la mia vita.

  10. cara helena,
    quando leggo qualcosa, soprattutto se importante, non posso pensare cosa vogliano dire le parole al di là della loro lettera, non ti pare?
    Scurati si è espresso male, anzi in modo ambiguo,e quel suo riferimento alle condizioni misere e cioè estremamente povere del tutto inaccettabile.
    Io sono favorevole alla 194 perchè sono per l’autodeterminazione femminile, ti suona strano vero? ma non condivido l’impianto dell’articolo di Scurati che afferma concetti che si basano su quanto la maggioranza desidera, ora tu dimmi, se la maggioranza, come probabile, in un referendum decidesse di espellere tutti i migranti, saresti d’accordo?
    Penso di no, perchè esistono delle decisioni che non si prendono a maggioranza e basta, anche la stessa legge 194 è stata il frutto di un compromesso meditato dal parlamento e soltanto dopo a maggioranza è stata confermata da un referendum previsto da una legge della repubblica e non certamente improvvisato alla belle e meglio.
    E qui mi tocca rimarcare anche un altra castrooneria dell’articolo laddove si parla del referendum che dovrebbe sistemare la questione una volta per tutte sorvolando allegramente su cosa questa affermazione voglia dire in termini giuridici , culturali e infine politici.
    Mi chiedi se vorrei partorire un figlio destinato a soffrire e morire per una grave malattia e io ti rispondo che non lo farei, anche se dobbiamo riconoscere che gli aborti di questo tipo sono una minoranza, infatti la chiave di volta della legge e, non a caso è giustamente la salute psichica e fisica della gestante e non soltanto malattie accertate del concepito.
    L’aborto in sè non è eugenetico ma le nuove biotecnologie riproduttive lo possono essere, non domani e nemmeno domani l’altro, magari tra cento anni, cara helena, e la politica per me deve avere lo sguardo lungo come la letteratura. Ecco perchè l’articolo di Scurati non mi è piaciuto, l’ho trovato vecchio e povero culturalmente. Siamo nel 2008 e non negli anni Settanta dove tra l’altro il problema principale era la depenalizzazione dell’interruzione della gravidanza.
    Rose

  11. @helena
    tu hai scritto :”Tu te la sentiresti, Rose, a imporre la nascita di un figlio destinato a soffrire e a morire?”. Forse mi sbaglio io, ma quella che hai descritto è la condizione di tutti gli esseri umani, a prescindere dalla malattia.
    Per il resto l’articolo di Scurati secondo me propone spunti interessanti anche se tremendamente superficiale in molti punti.
    Infine un’ultima cosa: non sarebbe più sensato spostare il tema della discussione sulla prevenzione? In un società civile come dovrebbe essere quella in cui viviamo le gravidanze indesiderate sono ingiustificabili: ci sono così tanti e diversi modi di prevenire una gravidanza che è un dovere della società far si che questi siano chiari a tutti. Alla fine, comunque, si resta sempre di fronte alla responsabilità individuale, è chiaro, ma questo è un atlro discorso.

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