L'HO UCCISA PERCHE' L'AMAVO: CI SIAMO.

murgia“L’ho uccisa perché l’amavo” esce domani per Laterza: è un piccolo libro scritto con Michela Murgia in una manciata di settimane (è stato annunciato a me a dicembre, mentre ero in Val d’Aosta, ed è stato concluso a gennaio, mentre Michela era in Val d’Aosta, per chi crede nelle coincidenze. Noi sì). Lo presenteremo a Roma, lunedì 22 aprile alle 18.30, presso la libreria Giufà, e lo presenteremo alla Fiera del Libro di Torino il 18 maggio. Lo presenteremo anche altrove, cercando di incastrare i tempi complicati di tutte e due.
Quello che è importante è il vostro riscontro: perché quello che si propone il libro non è raccontare storie (altri e altre lo hanno fatto ed è importante che si continui a fare), ma ragionare sulle parole che vengono usate per raccontare le storie. Per questo, vi posto qui un frammento del capitolo introduttivo. Ma prima, ancora una volta e come sempre, grazie, commentarium: se non ci foste voi, non ci sarebbero spunti, idee, riflessioni che diventano, ancora una volta, parole nuove. A domani!
“Per chi di parole vive, per chi alle parole crede, non si può che cominciare da qui, da quel racconto deviato che riporta tutto a un concetto “naturale” (si è maschi e femmine per natura e non per cultura) ancora non scalfito nonostante i secoli. Di nuovo c’è che quel malinteso concetto di natura, uomini forti e donne deboli, uomini predatori e donne prede, si miscela con un generale terrore dell’abbandono che oggi ci riguarda tutti, donne e uomini. Ma le donne, diceva una psicologa tempo fa, temono di essere lasciate, gli uomini lo rifiutano. Per cultura, e non per natura: il femminicidio si chiama così proprio perché definisce un tipo di delitto che avviene all’interno di relazioni impregnate di una struttura culturale arcaica, che ancora non si dissolve. Non tutte le relazioni sono così, non sempre. Ma un poco di questa eredità ci riguarda tutti, uno per uno e una per una, e anche con questo bisogna fare i conti, anche questo dobbiamo imparare, a non dire “a me non succede e neanche a quelli che conosco”. Bisogna guardare oltre. O guardarsi dentro, che è ancora più difficile”.

15 pensieri su “L'HO UCCISA PERCHE' L'AMAVO: CI SIAMO.

  1. Cara Loredana, quello che dici è vero. Anche io ho sempre pensato che fossero storie lontane da me, quando due estati fa, dopo avere cercato di rintracciare per mesi su un cellulare “non raggiungibile” la signora che da dieci anni mi affittava una casetta al mare, venni a sapere dai vigili della cittadina in cui abitava e poi da articoli di giornale che era stata uccisa dal marito in un momento di depressione-rabbia-chissà cos’altro. L’ha uccisa, impiccata e poi si è impiccato lui. Non era una mia amica, ma una donna che conoscevo bene, che frequentavo per dieci giorni l’anno, con cui parlavo e che ogni tanto mi confidava di avere un marito un po’ orso e di essere costretta a viaggiare spesso da sola. Un orso omicida. Ed ecco che quello che sembrava lontano, povero, ambiguo, diventa vicino, chiaro e incomprensibile, e fa parte di te.

  2. Poi ci sono i casi come quello odierno dell’avvocatessa sfregiata con il vetriolo. Sfigurata a vita. Rischia di perdere la vista. Non entrerà mai nelle statistiche del femminicidio, ma appartiene di diritto alla categoria di chi ha avuto la vita distrutta perché un uomo non sa accettare un rifiuto.
    Spetta a noi uomini prenderci determinare responsabilità. Quando penso che le mie figlie potrebbero in futuro incontrare uomini che le crederanno di loro proprietà, o che si sentiranno impauriti dalla loro indipendenza e piena parità, sento un brivido lungo la schiena.

  3. Quoto StefanoD, che tocca il punto. Il femminicidio è la parte visibile del fenomeno (visibile, poi, entro certi limiti, data la carenza di dati); ma di tutte le violenze fisiche e psicologiche, degli stalking, chi tiene il conto? A quanto ne sappiamo, il tasso italiano di omicidi di donne potrebbe essere più basso di quello di certi altri paesi solo perché molte donne nel nostro paese sono ancora troppo impaurite per reagire. E continuano, magari, a subire angherie che nessuno conosce. Non sappiamo se è così, ma potrebbe. E’ verosimile. I negazionisti, se non agissero (come di solito agiscono) per pulsioni proprie poco confessabili che hanno a che vedere con il fatto che si sentono minacciati da chi parla di certi temi alla luce del sole, potrebbero utilmente riflettere su questo. Speriamo che qualcuno di loro lo faccia, prima o poi.

  4. Cara Loredana
    anche oggi un uomo ha inseguito la sua ex con la macchina, l’ha uccisa e poi ha tentato il suicidio. Perciò ho deciso di acquistare il tuo libro e fare la mia parte su un argomento così drammatico.
    Una piccola osservazione. Qualche volta su argomenti cultural-letterari si assiste ad un parossismo minuzioso e pretenzioso da far cascare le braccia (avevo in mente un altro tipo di caduta). Lo so, posso benissimo passare oltre…

  5. io l’ho “divorato” in questo wwekend e volevo dirti grazie di averlo scritto, e che il pezzo in appendice sulle donne vittime di tratta mi ha colpito per il fatto che io davvero mai avevo pensato che il problema violenza avesse anche quella sfaccettatura.

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