LO AVETE GIA' VISTO?

Maison Labranca non c’è più. Adesso c’è Labranca’s Eleven.
Motivazione del nome:
"I gruppi più o meno vincolanti e più o meno culturalizzati che nascono dentro e fuori Internet hanno nomi che risentono ancora pesantemente di una eredità ottocentesca o dichiarano comunque una conformazione intellettualistico-politica.
Il nome scelto da Labranca’s Eleven non richiede altre spiegazioni: deriva da un blockbuster americano in cui non c’è spazio per alcun riferimento culturale, ma ci sono solo la città, l’adesso, le luci, il denaro, abiti flashy e precisione progettuale.
E poi scegliere un nome che ha in sé un numero è sinonimo di successo, è dimostrato: dal Gruppo 63 alla P2.
Non tutti gli Eleven fanno o faranno qualcosa. L’appartanenza può essere dovuta a una semplice ispirazione.
Non siamo ancora undici, sto procedendo con cura alla scelta".
Visitate.

14 pensieri su “LO AVETE GIA' VISTO?

  1. “Sinonimo di successo”?!
    “Sto procedendo con cura alla scelta”?!
    I casi sono due: o indigestione di (auto)ironia; o postumi di indigestione da feste.

  2. Esempio di (auto)ironia.
    http://www.saltodelcanale.it
    Forse.
    [PS – Chiedo venia se per una volta, faccio eccezione alla consuetudine di non mettere nessun legàme, per così dire, autoreferenziale. Lo chiedo innanzitutto a me stesso, visto che tale “bizzarra” consuetudine è solo un mio veniale vezzo.] ;o)

  3. “…dal gruppo63 alla p2!”
    E’ una gran battuta, elegante, coraggiosa, un umorismo corrosivo e lounge. Proprio fico ‘sto Labranca.
    Ora scusate vado a leggere 1980. A me i libri di genere non piacciono particolarmente, l’ho preso per fiducia in Genna. Le primissime pagine mi catturavano, poi arrivo alla scena che lui, il cacciatore dello squartatore dello Yorkshire, dal favoloso cabalistico impensabile nome “Hunter”, deve formare la squadra, allora chiama la gente, tutti gli dicono si in un bel clima da uno per tutti e tutti per uno, sembra una roba prodotta dalla rai, non so una fiction sulla piovra. Oh, non mi sono perso d’animo, sto continuando, anche se a fatica. Cacchio, quando trovo i pezzi scritti in modo strano, insomma i pensieri dello squartatore o di non so chi, una vocina mi dice E vabe’ allora vai a leggere Voltolini che almeno una pagina così la sa scrivere da dio, ma io rimango attaccato al mio volume Tropea, annaspo, cerco di esaltarmi quando esce un nome di cantante, cerco di convincermi che sta tracimando la realtà, che il libro di genere forza se stesso e così apre ai miei occhi il 1980 come una scatoletta di sarde, ma niente: non ci riesco, direi una cazzata: le cazzate non le so dire. Procedo fino alla fine, se non altro per essere sicuro di non ricaderci.
    ciao
    (Genna ti voglio bene lo stesso)

  4. Ma allora, ritornando a quella volta che hai detto qui sul blog: E’ peggio che Einaudi si sia fatta sfuggire Peace che Bregola, ecco vorrei dirti che i Racconti felici sono molto più belli di 1980. Allora non potevo dirtelo perché Peace non l’avevo letto.
    E poi un’altra cosa, la scheda di Skill. Guarda ci ho pensato e ripensato se la mia era un’esagerazione, io a volte parto lancia in resta, Gianni Biondillo te lo può confermare, però sinceramente non mi pare di avere esagerato, la scheda scritta in quel modo è grossolana, fuorviante, non fa un servizio al lettore (che un po’ prende in giro per la supposta ignoranza) e nemmeno all’autrice del libro. Quello è un pessimo modo di lavorare. Ci saranno cose peggiori non lo metto in dubbio, ma anche questa è grave perché non si tratta dell’ultima sfigata casa editrice ma forse della più importante e amata. Ricordo che anche Giulio Mozzi sul suo blog segnalò una promozione di Einaudi (era una fascetta in quel caso) assolutamente fuorviante. Forse si dovrebbe cominciare a pensare che chi compra i libri è un essere pensante.

  5. Una delle cose più belle del mondo è cambiare idea:-)
    Ovvero: le prime pagine di 1980 mi avevano quasi entusiasmata. Poi, andando avanti, l’entusiasmo si è parecchio raffreddato. Dunque, retromarcia: einaudi ha fatto male a farsi sfuggire Bregola (comunque) e in fondo non ha perso nulla con Peace. Poi, se vuoi, potremmo discutere fino a dopodomani sui libri che partono molto bene e si incagliano a metà.
    Sulla scheda, Andrea, non ho nulla da aggiungere: se non, forse, che se andiamo a sottilizzare su quanti libri simulano il videogioco dovremmo andare a prima di Moresco, e arrivare, per esempio, a Gibson e al suo Aidoru. Ma è solo un esempio possibile, fra i molti.

  6. Mmmm. Non mi convince: un tentativo di imporre una controcultura del trash creando un’élite controculturale? Vedremo. Visivamente è tutto molto suggestivo, ma mi sembra contraddittorio. O forse quella di Labranca è sempre stata un’élite e non me ne ero mai accorta.

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