Ma come, anche tu? E cosa può infine contare l’ennesimo rigo-appena in questo torrente di parole, ricordi, commemorazioni, prese di distanza dalle commemorazioni, rivendicazioni sulle note di io-lo-conoscevo-meglio?
Niente. Conta per me, ed è per questo che scrivo di Marco Pannella.
Lo chiamiamo Penna Bianca, per gioco, e lui lo sa.
La frase di Walter Baldassarri, direttore dell’agenzia Notizie radicali, nella stanzetta con due telefoni e due macchine da scrivere (una elettrica) dove – era gennaio, 1976 – le ragazze, Graziella De Palo e io, arrivano smarrite chiedendo se possono dare una mano.
Hanno, le ragazze che stanno per compiere vent’anni, sognato a lungo sulla copertina disegnata da Pino Zac per “Il mondo”. Pannella come Robin Hood. La penna invece della spada. Le ragazze non si trovano a proprio agio nei discorsi dell’ideologia, che le lasciano come distaccate dal mondo reale. Le ragazze si trovano ancor meno a proprio agio negli scontri in cui si sono trovate quasi coinvolte (quasi: facoltà di lettere, autunno 1975, fasci contro rossi). Le ragazze sono convinte che la via dei diritti sia una buona via da percorrere, e forse l’unica in cui esserci in prima persona abbia senso. Dunque, hanno bussato a via di Torre Argentina 18 (attente alla portiera, si arrabbia sempre) ed è stato loro aperto.
Lui, Pannella, apparirà dopo. Dopo Angiolo Bandinelli, dopo Gianfranco Spadaccia, dopo la soave Adele Faccio, dopo Emma Bonino. Apparire è il verbo giusto.
La ragazza che ero ne ascolta prima la voce: “Vaffanculo”, è la parola, udita dal corridoio, e rivolta – ma sorridente – a un ragazzo che gli ha dato del lei. “Devi, aggiunge, darmi del tu”.
La ragazza ne ammira le idee, l’altezza, il timbro, il coraggio, l’imprevedibilità. Ne è attirata e insieme spaventata, perché intuisce che chiede un’adesione totale, e lei è restia a concederla, come sempre, come ora. Ma lo ammira e continua ad ammirarlo.
Ne ammira, per cominciare, la prosa. Una prosa torrenziale, inizialmente, barocca e puntuta. Non c’è quasi punteggiatura, negli articoli di Pannella. La ragazza, secchiona com’è, aggiunge timidamente le virgole e i punti prima di ribattere l’articolo sulla matrice per il ciclostile.
Ne ammira il corpo, il modo in cui lo strapazza, con i miliardi di sigarette francesi senza filtro e i digiuni. Tre cappuccini al giorno, senza zucchero, da prendere rigorosamente al bar Pascucci, la cui insegna, nel maggio del 1977, sarà trapassata da un proiettile, simile a quello che uccise Giorgiana Masi. E cosa scrisse, allora, Pannella. Cosa disse in Parlamento! Quei lupi che scendevano dalle montagne travestiti da agnelli per uccidere! Quei lupi mai puniti. Anzi.
Il corpo che diventa politica. Quando si presentò con un fiore alla sede del Pci, a Botteghe Oscure, e rimediò uno sventurato ceffone, e naturalmente quella divenne la notizia, e dalla stanzetta lo sentivamo rispondere, non so a chi, “la guancia mi fa male, ma il dolore non è quello”.
La politica che non ha un percorso prevedibile. Non so più a quale congresso (Bologna, forse) si presentò con due parole, un invito che divenne il titolo di Notizie radicali giornale, che andavamo a stampare in via Dandolo, dopo che Piergiorgio Maoloni, dal suo ufficio al Messaggero, lo aveva disegnato alle tre del mattino. Le parole erano “Disorganizzatevi scientificamente”. Ci interrogammo, la ragazza e i suoi compagni di strada, che oggi sono un po’ ovunque, sul senso. Credo di averlo capito molti anni dopo, il senso, e di essere profondamente d’accordo.
Cosa altro? Mille cose, concentrate in due anni soltanto, dal 1976 al 1978, congresso di Bari, quando la ragazza votò contro la mozione e se ne andò dalla segreteria nazionale e per un po’ continuò a fare Radio radicale e infine prese altre strade, senza mai dimenticare e continuando a essere grata per quello che in quei due anni aveva imparato: scrivere, osservare, reagire, lottare (con gentilezza, lei ci credeva, che volete farci), demistificare, usare le parole.
Mille cose, mille intuizioni: i requiem di protesta a Radio radicale. Le riunioni notturne, oh certo, con i soliti trilioni di sigarette. Marco pensa che. L’attenzione e la sagacia. I colpi di scena. Il quorum alle elezioni del 1976. Il famigerato bavaglio. L’aver capito l’importanza dei media. Teleroma 56, telecamera fissa. Gli appelli. Gli scrittori e i pittori e gli intellettuali che facevano un salto a via di Torre Argentina. Il non avere eredi e averne tantissimi proprio perché non ce n’è uno solo. L’aver tracciato una strada per molti.
Per me, che sono scappata presto ma non sono scappata mai, sicuramente, e addio, e grazie per tutto il pesce.
come sempre imparo
emoziono
grazie per farci-farmi sempre vedere
sapere
LOREDANA..
dario
pura emozione
grazie
Nicoletta
ma “grazie per tutto il pesce” è una citazione di Douglas Adams?
Eh sì.
senza di lui avrebbero spopolato i Carlo Giovanardi. Basterebbe concentrarsi su questo per capire quanto è stato importante(piuttosto, penso che da grande laico amasse tutti senza affezionarsi a niente e nessuno in particolare. com’erano i vostri rapporti quando le vostre strade tornavano ad incrociarsi?)
Alla fine, le parole migliore le aveva già dette De Gregori: aveva due pistole caricate a salve e un canestro pieno di parole, scaricò le sue pistole in aria e regalò le sue parole ai sordi. E, almeno ai tempi, era sempre con le spalle al sole, a calpestare nuove aiuole. Poi, certo, probabilmente alcune aiuole ha smesso di calpestarle, (ma consiglierei di andare a vedere cosa dicono di lui quelli che, per una ragione o per l’altra, sono stati al gabbio, e l’hanno riconosciuto come un fratello in un mondo nel quale si facevano e si fanno cori da stadio per incitare a buttare via la chiave). Però la gran parte di quelli che lo ricordano con la bocca piegata in un perfido sorriso (ma fate così anche quando muore il vostro calciatore preferito? Sottolineate che a 40 anni aveva la pancetta e non saltava più, o andate a riverervi su youtube le imprese dei vent’anni?), aiuole non ne hanno mai calpestate (e molti, fra loro, si sono esibiti nella poco cortese arte della delazione), o hanno smesso ben prima di lui: da qui il loro sorrisetto ammiccante. Per parte mia, forse sono state più le volte in cui eravamo su fronti opposti che quelli in cui siamo stati dalla stessa parte della barricata (magari io con un sasso e lui con un fiore, però il lato era lo stesso), ma negare di esserlo stato significherebbe negare la barricata e pentirsi di esserci stati.
Dice che Pannella preferiva le critiche. In questo clima di beatificazione, dove chiunque, dai preti ai giornalisti fanno a gara a mettere bocca anche solo per parlare un po’ di sé, non parrebbe. Proverò brevemente a contentarlo. Stamani canale 5 ha mandato in onda un filmato in cui il Nostro stava alla finestra e ( in favore di telecamera) parlava ai piccioni come un novello San Francesco Pannella già pronto agli altari.; “ Guarda il piccolino! Guarda la mamma che lo aspetta!” esclamava rivolgendosi con amore ai pennuti. Peccato che il Nostro, la stessa commozione, non la provasse per esempio per i piccoli umani che già sgambettano e che lui ha contribuito a eliminare con la sua indimenticabile battaglia per gli aborti a gogo.. Ma forse sarebbe fargli torto a riconoscerlo come l’unico indispensabile Generale di queste sciagurate battaglie. Le forze erano altre e mi piace immaginarlo come un visionario cinico che si è messo a cavalcioni al nascente individualismo consumista facendone un forza pseudopolitica, finto democratica ma in realtà autoritaria , con a capo un despota che si muoveva con agilità e scaltrezza tra i palazzi del potere e i media, atteggiandosi ora santone ora a capo istituzionale. Un falso un bugiardo un buffone, che forse alla fine ha finito per ingannare anche se stesso. Potrei finirla qui ma non vanno dimenticati i suoi discorsi alla radio, su cui si può dare un giudizio più diretto, quegli interminabili discorsi astrusi incomprensibili a chiunque ( tranne che ai soggiogati adepti) rafforzavano si la sua aura di guru che parla per enigmi, di fatto secondo me non esprimevano altro che il disprezzo che nutriva per il genere umano. Adesso, nella santificazione mediatica nella marmellata mediatica di questi giorni, dove tutto si mescola, succede che viene arrestato il noto ginecologo Severino Antinori, accusato di aver espiantato gli ovuli a una ragazza con la violenza. Ecco signori miei, come non vedere in questa sovrapposizione di immagini. il Sacerdote che per favorire il viaggio nell’aldilà del Faraone, sacrifica la giovane donna e dopo averla legata al letto, le strappa gli ovuli con la forza per offrirli, nella cerimonia funebre, alle divinità dei Diritti Civili.
ciao,k.