MA SEGNALO ANCHE…

…l”intervento di Lorella Zanardo. E’ sul Feminist blog camp, ma è anche molto di più. Riguarda la difficoltà di relazionarsi fra donne. La difficoltà di empatizzare, di accettare modelli diversi dal proprio e di non farsi mettere in crisi da quella diversità, perchè tutti i modelli imprigionano, e la diversità arricchisce.  La difficoltà di riconoscere che esistono altre strade rispetto a quella propria e della propria cerchia affettiva, altri modi di concepire la femminilità, di vestirsi, di pensare, di stare insieme, di essere seduttive o di non esserlo. La difficoltà di liberarsi dalla rivalità e dalla competitività, che sono sempre state le bestie nere del femminile e che imprigionano le donne nel solito posto: il metaforico uscio di casa da dove guardare le altre che passano per raffrontarle a sè, rassicurarsi,  e condannarle.
Le divisioni di cui Lorella parla non appartengono solo allo stato attuale  del movimento, che come tutti i movimenti deve affrontare momenti di entusiasmo e momenti di tensione. Sono culturali e millenarie. Vanno affrontate non solo per una comune strategia politica, ma per riuscire – ora che dovremmo possedere gli strumenti adatti – a liberarci dei vecchi schemi. Riusciamo a farlo? Riusciamo, soprattutto, a condividerlo con donne di generazioni diverse, che sono cresciute con un immaginario che a un unico modello ha tentato e tenta di inchiodarle?
Sono sicura che da Torino, e non solo, arriveranno risposte. Altre ne cercheremo.  Perchè se non affrontiamo questo punto, non ne usciamo.

24 pensieri su “MA SEGNALO ANCHE…

  1. grazie Loredana. Segnalo l’intervento di DOnatella sul mio blog. Altri ne arriveranno ed è con grande apertura che vado a Torino oggi. Il rapporto intergenrazionale, per me, sarà la chiave per il futuro

  2. Lo stavo leggendo. Intergenerazionale e inter-genere. Altrimenti davvero rischiamo di ripetere il già visto: frantumazioni. Ma bisogna scavare a fondo, bisogna partire davvero dalla scuola e dalle giovani madri e dalle ragazze che lo saranno domani per spezzare la catena.

  3. Battaglia dura, durissima, ma non impossibile. Mi sento di dirlo dato che ho 27 anni, che sono sposata da 34 giorni, che sono lavoratrice a tempo pieno, che sono vittima (tuttora) di quei maledetti modelli e che per arrivare finalmente ad accettare (e vedere!) la verità sul femminile mi sono dovuta Scontrare con questo blog e SU questo blog. La svolta è recente.
    Si rende indispensabile davvero condividere il problema e la ricerca della sua soluzione con tutte le generazioni di donne e ragazze, consapevoli che certe donne e ragazze sono parte del problema e non sanno di esserlo, non hanno interesse a saperlo finchè vivono nel mondo dei sogni (problema femminile? Ma quale problema femminile!) ma che una volta che avranno aperto gli occhi non saranno più in grado di voltarsi dall’altra parte. Per me è stato così: io ero parte del problema ed è anche e soprattutto grazie a voi che non lo sono più. La presa di coscienza è dolorosa ma inevitabile: prima la si acquisisce e meglio è.

  4. Giulia, un grazie è poco 🙂 Significa che le parole possono servire a muovere qualche piccola cosa. Bisogna, come Lorella, andare nelle scuole. Bisogna lavorare sulla rete e sulla strada. Al di là del grande evento, perchè comincio a temere che i grandi eventi servano a molto poco: sono stati un modo importante di procedere e manifestare, ma ora vengono inghiottiti nel giro di poche ore. Davvero ancora grazie e…AUGURI!

  5. No grazie a voi. E preparatevi agli socntri, perchè sì, in strada e in rete si deve lavorare, il problema è lì e lì va affrontato quotidianamente. Lo scontro è inevitabile quanto indispensabile per entrambe le parti. Il difficile, suppongo, starà nel vedere quali sono “le parti del problema” che non sanno di esserlo e che possono diventare “parti della soluzione”.
    Forza e coraggio e grazie degli auguri
    PS
    nel mio piccolo in strada e in rete adesso ci sono anch’io 🙂

  6. @donatella un fortissimo abbraccio a te che hai scritto su “carta” tutto ciò che in questi giorni era nella mia mente. tutta la frustrazione nata da una continua, prolungata e dolorosa non corrispondenza tra noi stesse e ciò in cui crediamo e il mondo reale e quotidiano in cui viviamo.
    non posso dire di conoscerti, ma so che non smetterai di lottare, sarai forse un po’ più dura ma più libera. con affetto

  7. Mi unisco alle parole di Laura. Molti degli interventi da Lorella sono interessanti, in quello di Donatella mi ritrovo anch’io moltissimo, non senza il bello delle differenze che tra me e lei non sono mai state un ostacolo, semmai uno stimolo ad una crescita virtuosa e comune. Quella che continuo ad augurarmi per tutte.

  8. Intanto, una prima risposta che arriva a tutt@: no, il centro sociale Askatasuna non è il forno della strega di Hansel e Gretel dove cuociono, per mangiarsele, bambine e bambini. È un luogo in cui si pensa, si parla, si produce cultura…

  9. Da uomo penso che l’emancipazione femminile sia un passo necessario per il progresso generale di tutta la società.
    Il superamento di queste preoccupanti divergenze di genere contro un genere mi sembra sia una pre-condizione per iniziare a preparare un terreno di reale uguaglianza, come occorre nei casi estremi delle battaglie contro un nemico dalle dimensioni sfuggenti e dalla forza secolarmente e sottilmente compatta.
    Sottolineo però polemicamente come il problema di genere per l’uomo non sia mai esistito, e forse la forza di cui parlo deriva proprio da questo.
    Wollstonecraft (la mamma, non la Shelley) rivendicava il diritto delle donne di poter dimostrare il loro vero valore; cosa non possibile a fine settecento.
    Non so se oggi abbia avuto veramente questa possibilità, ma di sicuro lo spettacolo di donne che si credono libere imitando miseramente modelli di comportamenti tipicamente maschili è degradante e non va a vantaggio della creazione di una valore condiviso dall’intera umanità.
    Sogno un mondo in cui non abbia senso parlare di donne o di uomini, ma solo di Individuo.
    Autonomo, indipendente, libero e consapevole.
    Per questo, l’apporto compatto del movimento femminile oggi è fondamentale.

  10. @Giuseppe: anche l’emancipazione maschile sarebbe un passo necessario per il progresso generale di tutta la società… Trovo un (bel) po’ di paternalismo nel tuo intervento, per quanto con le migliori intenzioni. Se noi donne siamo qui ad affrontare eternamente i nostri “problemi di genere” è anche perché la maggior parte degli uomini (te compreso) ritengono di non doversi porre, loro, un problema di genere.

  11. In questi anni di, se posso chiamarla così, ricerca femminista, mi sono concentrata soprattutto sulle questioni del corpo perché evidentemente mi toccano e lacerano più di altre. E le righe sul superare la rivalità e la competitività sono preziose. In particolare mi tocca da vicino la questione del valore della magrezza, che viene affrontato – e devo dirlo, spesso e volentieri dalle stesse femministe – in modo radicalmente sbagliato. Sbagliato a 1) contrapporre due (e solo due!!!) “tipi” di corpo, 2) a stabilire la predominanza ora di uno ora dell’altro, e 3) partire da uno sguardo maschile (“è più desiderabile questo di quest’altro”).
    Abbandonare l’occhio maschile per cercare il mio occhio femminile è una delle cose più faticose e dolorose che stia sperimentando in età adulta, forse proprio l’esperienza principale del mio percorso di maturazione.
    Grazie.

  12. Cip, la questione del corpo “è” lacerante, purtroppo. Perchè è sul corpo femminile che nei secoli è passata la gestione del potere.
    Però, posso dirti una cosa? A me non sembra che il femminismo riduca il tema a due “tipi” di corpo: questa, ahinoi, è la banalizzazione che viene data del femminismo da chi vuole vederlo come prescrittivo e moralista. Non è vero: non esistono due soli modelli, ma tanti quante sono le donne. Mi rendo conto che c’è una generazione, quella delle trenta-quarantenni privilegiate (intendo dotate di buon reddito: mai come in questi giorni, lavorando sulla maternità, sto toccando con mano la disparità fra nord e sud del paese), che è cresciuta con un solo immaginario, che è quello dell’aderire a un modello estetico da contrapporre al presunto femminismo anni Settanta. Ma quel femminismo non era come viene dipinto: c’era una non riproponibile allegria e una possibilità di scelta fra come essere, se sciatta o impeccabile, se selvaggia o modaiola, e tutte insieme in una sola persona. Oggi tutto questo non c’è: e non è il femminismo odierno a riproporre la dicotomia, ma le donne che temono che il femminismo voglia privarle del rossetto e del fard. Cosa FALSISSIMA. Ma ormai passata come reale. Per me il problema è qui: riuscire a ritessere rapporti generazionali che sono stati perduti (per responsabilità del femminismo storico, insisto e continuerò a insistere su questo punto).
    Nessun modello, ma tanti modelli. Nessun diktat, ma libertà di scelta. Nessuna condanna di chi non si conforma. E, soprattutto, consapevolezza che quel che vale per un pugno di donne con disponibilità economica, reti familiari forti, buona cultura, non vale per TUTTE le donne.

  13. @Ilaria e alle altre
    Se hai scambiato il mio pensiero per paternalismo, credo di non essermi spiegato bene.
    E’ vero che gli uomini non si pongono un problema di genere, ma credo che sia giustificabile perché sono o parti in causa o sono disinteressati alla questione o ne hanno un vantaggio.
    La questione che ponevo è: possibile che le donne riescano a litigare anche su questo punto che richiede invece una forte e consapevole unione?
    Capisco che non è semplice acquisire e far acquisire consapevolezza del proprio stato, ma credo che in fondo anche il post di Lipperini poneva proprio questo problema, “altrimenti non ne usciamo”.
    Il mio pensiero poneva semplicemente l’accento sul fatto che “l’uscita” interessa tutti i generi, maschili o femminili che siano, e non uno soltanto.

  14. Grazie Loredana, in effetti mi ero espressa male, perché pareva volessi dire “voi” sbagliate, mentre in quel mio “spiace dirlo” era inclusa proprio me stessa, che ha fatto e sta facendo una *enorme* fatica a guardare oltre i tre punti che elencavo nel mio commento.
    Tu hai fatto l’esempio “vetero”femminista della dicotomia sciatta/modaiola. Io mi riferivo in particolare alle due grandi “scatole” in cui quelle della mia età sono state collocate: le longilinee e le formose. Non è questo lo spazio adatto a questo discorso, e lo riprenderò (ora che finalmente riesco ad esprimermi meglio e senza intervenire a gamba tesa come facevo un tempo) se ce ne sarà occasione. Mi sento però di aggiungere che mi si rimprovera spesso di essere ossessionata da una questione marginale e facilmente comprensibile e superabile. A me causa grande dolore e grande fatica, invece.

  15. il commento di donatella era pazzesco, quello di loredana qui ancora più pazzesco, wow. (botta d’entusiasmo, che ve devo dì 🙂
    unica cosa, sul commenti di giuseppe savarino: ma come fai a dire che è giustificabile, fosse anche solo nell’accezione di comprensibile (e allora però era meglio dire comprensibile) che gli uomini non si siano mai posti il problema in quanto o parti in causa, o in quanto disinteressati alla questione o ancora perchè ne traggono vantaggio? scusa ma la cosa che a me fa più imbestialire è proprio l’atteggiamento di buona parte degli uomini che percepiscono tutte ste questioni come paturnie femminili, o in ogni caso come cose relative e pertinenti solo alle donne. ad esempio io spesso quando mi indigno per qualcosa poi, esaperata, dico sempre: ma a voi uomini non fa schifo, non vi sentite anche voi sdegnati di fronte a tante ingiustizie/volgarità e così via, oppure non vi da urto che vi hanno educato a percepire la donna come un culo, culo di un’immagine su un manifesto oppure culo di donna di un film porno, o cmq donna come immagine come modello (madre, escort, …) e molti di voi non hanno idea di cosa sia faccia senta pensi una donna, o cmq con tutte ste immagini molti di voi non hanno idea di come, banalmente banalmente, si “faccia” l’amore? ci sarebbero altre milioni di cose da dire, ma occorrerebbe più tempo per pensarle e scriverle (bene), e questa invece era la prima cosa che mi è venuta in mente, d’istinto.

  16. aggiungo, polemicamente, che non sono d’accordo sul fatto che “l’emancipazione femminile è una cosa di cui abbiamo, la società intera bisogno, bla bla”. penso, generalizzando, che oggi una donna media messa a confronto con un uomo medio sia più emancipata (da sè stessa, dai modelli, dai ruoli, e quant’altro). sono gli uomini che non hanno proprio mai messo in discussione un tubo. poi che le donne si facciano la guerra tra loro, è una realtà davvero drammatica e triste e dolorosa. ma insomma, ciò di cui abbiamo bisogno è che tutti maschi e femmine si emancipino, riflettano, insieme, costruiscano qualcosa di nuovo, insieme, utopisticamente o meno.

  17. L’argomento è molto complicato, anche perché si parla spesso di femminismo senza tener conto del fatto che occorra al tempo stesso parlare di maschilismo. Ovvero, che non si può considerare un movimento come quello femminista o una condizione (come quella della donna) senza tener conto dell’uomo e della cultura in generale di cui entrambi fanno parte.
    A mio parere il femminismo ricomincerà a parlare alla gente (non solo alle donne, ma anche e soprattutto agli uomini) quando saprà analizzare una società tutta, nel suo complesso e nella sua complessità.
    Ho due immagini, al momento, nella mia testa.
    La prima è la copertina di Panorama del 17 Aprile 1977. Il titolo è “La rabbia delle sedicenni: ADDOSSO AL MASCHIO!” (pensavo di scriverci sopra un articolo).
    La seconda è la mia compagna, olandese, che da un anno e mezzo vive con me in Italia.
    Riguardo alla copertina penso: nel 1977 la copertina di Panorama mostra due ragazze che inseguono un ragazzo con bombolette e una sorta di bastone. Gli articoli all’interno della rivista parlano di coscienza femminile, parità dei sessi e fine della società gestita dal maschio. Una Nuova Era ahead of Italy! Nel 2011 abbiamo veline, escort, presidenti del consiglio che si trombano minorenni e stacchetti televisivi (non cito le pubblicità ecc… fondate sull’immagine della donna oggetto-sessuale).
    Riguardo alla mia compagna: è stupita di quanto le donne in italia (al di là della femminilità o meno, che non ha nulla a che vedere col ruolo che si ricopre nella società) esistano e pare siano felici di esistere solo e soprattutto come accompagnatrici dell’uomo.
    Domanda:
    Ma cosa è successo negli ultimi 35 anni?
    E come si è passati alle copertine del 1977 alle tette e ai culi degli ’80 ’90?

  18. @matteo e giuseppe mi sembrate mossi da buone intenzioni e mi sembra che i vostri sforzi vadano nella direzione giusta.
    posso proporvi un “gioco”? provate a chiudere gli occhi e a immaginarvi donne. siete una donna ad un colloquio di lavoro, una donna ad una riunione, una donna che prova un vestito, una donna che in metropolitana passa davanti ad un cartellone 6×3 di tette e culi di donna, provate a pensare come se foste noi, quali sarebbero le vostre reazioni? poi confrontatele con quelle che avete avuto nei vostri “panni maschili”, parlatene con le vostre compagne, amiche, madri, colleghe ecc
    poi se avrete tempo e voglia rileggetevi i post di loredana, dove certamente si parla di femminismo e maternità (non solo eh loredana^-^) ma soprattutto di genitorialità, di parità di doveri e diritti, di congedo parentale maschile, di rottura dei meccanismi di omologazione, sarà una lettura interessante vedrete!
    benvenuti! la strada è lunga, il cammino impervio ma due nuovi compagni di viaggio (ognuno con il suo bagaglio e le sue capacità) fanno sempre piacere!

  19. Laura mi chiede:
    “ma come fai a dire che è giustificabile, fosse anche solo nell’accezione di comprensibile che gli uomini non si siano mai posti il problema in quanto o parti in causa, o in quanto disinteressati alla questione o ancora perché ne traggono vantaggio?”
    Intendevo in effetti utilizzare il termine giustificabile nel senso di comprensibile, ma non di “condivisibile”!
    Individualmente, ci potranno essere uomini interessati alla questione, qualcuno ha parlato anche di “uomini emancipati”.
    Ma non illudiamoci (tutti, uomini o donne) che questo possa verificarsi a livello di diffusione di “genere”.
    Se vogliamo essere ipocriti, va bene tutto, ma come si può chiedere a chi detiene il potere di cederlo (anche in parte) a suo detrimento?
    E’ come volere un dittatore che rinunci spontaneamente al proprio ruolo, solo perché pensa che una parte della popolazione è danneggiata dal suo modo di governare.
    In questo ambito, le donne sono le protagoniste e devono farsi carico di rilevare lo stato di degrado e il disagio di una società, piena di “cartelloni 6×3 di tette e culi”, ecc.
    Personalmente, quando succede di trovarmi davanti a queste situazioni (giusto per stare al “gioco che ha chiesto Laura atena) provo disagio e quasi tristezza per tutta questa miseria, ma ne provo di più quando vedo le file davanti a Mediaset per fare le “letterine” (si chiamano così?) a Striscia la notizia o in altre insulse trasmissioni (tra l’altro viste purtroppo a maggioranza dalle donne!).
    Oppure quando sento le donne (proprio loro) parlare della selezione di Miss Italia o simili, senza provare non solo un minimo di vergogna ma addirittura anche un po’ di invidia, nemmeno tanto velata.
    Nei miei panni maschili vi posso dire che non lo ritengo uno spettacolo dignitoso, preferirei piuttosto parlare di “individui” e non di maschi e femmine o peggio ancora di maschi contro femmine.
    Da qui però a dire che siano tutti gli uomini (o gran parte di essi) a pensare o ad agire per questo, ce ne passa.
    L’uomo può affrancarsi dal “maschilismo”, ma non combatterà mai una battaglia per i diritti civili e “per la rottura dei meccanismi di omologazione” delle donne perché sa- istintivamente- che perderebbe parte delle sue “comodità”, del “potere” acquisito nei secoli e forse anche, secondo alcuni, la “mascolinità”.
    E’ parte in causa, appunto.
    E spero con questo di non essere frainteso né di essere considerato come chi voglia lavarsene le mani o come chi non abbia compreso l’universalità della questione.

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