Come annunciato, ecco le prime due storie sull’educazione sessuale a scuola: da Milano, da Reggio Emilia. Tutte le esperienze e testimonianze che invierete alla mia mail verranno pubblicate. C’è un’idea che sta prendendo forma, grazie a voi: ne parleremo presto.
Milano, 2012
Scrivo al rappresentante di classe di mia figlia. Undici anni, prima media: “scusi, pensa che si possa chiedere di fare educazione sessuale?”
Risposta: “chiedo agli nisegnanti”.
Dopo un mese. “Ho chiesto: dice la prof che hanno gia fatto negli anni passati con la Asl, ma non è piaciuto. In terza media ( per me dunque tra due anni) la prof di scienze farà la riproduzione. Volevo chiedere: “intende le api, il polline ecc ? ma molte sono gia sviluppate, maschi e femmine vedono porno su internet quando vogliono!”. Ma poi non l’ho fatto. L’impressione che ho avuto è che venissi considerata un po’ morbosa perché di queste cose con le bambine non si dovrebbe parlare. Con l’altro figlio mi sono molto battuta e impegnata: risultato, mio figlio era preso di mira dalle insegnanti come il figlio di quella che vuole l’educazione sessuale e che protesta.
Lorella Zanardo
Reggio Emilia, 2012
Salve, come presidente del consiglio di istituto dell’istituto comprensivo A. Ligabue di Reggio Emilia (che include 3 scuole primarie ed 1 scuola media), volevo testimoniare che per noi l’educazione all’affetività é una delle priorità del piano dell’offerta formativa.
In particolare, in tutte le classi V elementari e le III medie vengono svolti incontri degli studenti con psicologi specializzati, per affrontare il tema dell’affettività e della sessualità in relazione alle capacità comunicative, relazionale e affettive degli alunni.
Ogni ciclo di 4 incontri per classe é preceduto e seguito da un incontro collettivo degli psicologi con i genitori, prima per presentare le finalità del corso, e poi a conclusione per riportare le esperienze vissute coi ragazzi, e discutere insieme i punti piú importanti emersi. Questi cicli sono molto apprezzati dai genitori, e sono stati sino ad ora svolti da una cooperativa di psicologi con molta esperienza, modulando gli interventi a seconda dei gruppi classe, e con un grande appoggio da parte degli insegnanti (in particolare della scuola primaria).
Alla scuola media é stato fatto un tentativo recentemente di sostituire agli psicologi gli insegnanti, cioé svolgendo un percorso simile con le sole risorse scolastiche, ma si é rivelato fallimentare ed é stato quindi deciso che la gestione da parte di psicoogi specializzati sia un elemento fondamentale per la riuscita del percorso.
Come genitore posso testimoniare che gli incontri svolti con le classi V sono stati molto efficaci, portando i bimbi a discutere apertamente sui vocaboli, sulle relazioni di genere, sull’immaginazione del loro futuro, e dando risposte chiare e non pregiudiziali alle loro curiosità ed incertezze, rendendoli più sicuri e tranquilli. La scelta delle se classi V e III é stata forzata da motivi di budget; stiamo cercando di reperire fondi ulteriori per estendere gli incontri anche alle I e II medie, dato che moltissimi genitori chiedono una risposta della scuola allo smarrimento e all’ignoranza che sembrano circolare tra gli adolescenti.
Silvia Prodi
Condivido l’impostazione e il programma di ‘reggio emilia 2012.’ ‘In In molte realtà meridionali, specie di provincia, la educazione all’affettività collegata alla sessualità e viceversa non solo restituirebbe chiarezza e serenità allo svluppo evolutivo dei giovanissimi in delicata corsa di formazione consapevole ma indirettamente riuscrebbe ad innescare la rimozione di molti ‘miti’ ancora resistenti di macismo, e di ottusa validità del patriarcato di cui i maschi restano psicologicamente convinti sostenitori mentre la percezione femminile resta troppo spesso passivamente acquiesciente per irremovibile consuetudine anche in presenza di soprusi, violenze e mortificanti infelicità.Di qui buona parte degli eccessi giovanili ritenuti spavaldamente dissacranti ed evasive dall’una e dall’altra parte con derive culturali alimentate da una diffusa comunicazione collettiva di basso livello e quindi di facile accessibile acquisizione. Per le ragazze in particolare, questo percorso colloquiale, esente- spero- da decaloghi moralistici – ritengo solleciti anche la chiara identificazione di sé come unicità fra il corpo e l’elaborazione della propria realtà intellettuale ed affettiva , unicità di cui tener conto nelle proprie scelte comportamentali e che almeno le predisponga ad esigere per sé rispetto e pari dignità.
La conoscenza si rivela a noi dalla lettura dei libri giusti al momento giusto. Mentre incontrare l’insegnante guru è cosa rarissima. Occorre puntare alla rete web come risorsa. Non si può passare attraverso una scuola che cade a pezzi per risolvere un problema di estrema urgenza come la conoscenza di noi stessi e della sessualità. Non si riesce a fare didattica di alto livello su il sapere di base, illudersi di poterlo fare su problematiche di questa natura, oltre che utopico, direi che tradisce una certa non coscienza della complessità della materia stessa.
!) c’è un aspetto scientifico (riproduzione, apparato riproduttivo, patologie varie, gestazione, parto, etc.) che andrebbe studiato nell’ora di scienze
!!) c’è un aspetto scientifico-sociale (controllo delle nascite, contraccettivi, aborto, legislazioni, chirurgia rituale invasiva, chirurgia estetica, etc.) che andrebbe studiato nell’ora X?
!!!) c’è un aspetto psicologico-sociale (identità sessuale, relazione di coppia, emancipazione sessuale, pornografia, sessualità e religioni, pressione autoritaria sull’individuo, morale sessuale, violenza sessuale, pedofilia, etc.) che andrebbe studiato nell’ora X??
Al di là delle difficoltà logistiche nel realizzare qualcosa del genere (il quadro è sommario) rimane il fatto che nessun insegnante ha il diritto di entrare nella sfera intima di un adolescente imponendo concetti e concezioni razionalizzanti in materia psico-sessuale, culturale e sociale. E la questione vale anche per gli aspetti puramente scientifici, che non vanno mai al di là di “questo è un pene” e “questa è una vagina” e della loro funzionalità per la riproduzione (basti pensare alla fisiologia del piacere sessuale che è una sorta di tabù), determinando quindi una imposizione conservativa su ciò che è necessario sapere e su ciò che invece non ha alcun interesse per una società capitalizzata, specie se reazionaria e sessuofobica come la nostra.
Ripeto. Il web può essere una risorsa straordinaria. Si tratta di credere nella libertà della persona e non nell’imposizione di nozioni impartite dall’alto. Un adolescente è in cerca di libertà e libertà occorre dargli, spiegando semmai come usare la Rete in maniera produttiva per le nostre ricerche, che in questo caso sono assolutamente intime e personali.
se la pratica dell’educazione sessuale prendesse insieme all’altra di vivere da soli un periodo lungo fuori dalla famiglia d’origine e non ancora dentro un nucleo stabile le cose potrebbero persino aggiustarsi da sole
http://www.youtube.com/watch?v=t70JBQIFkhc
Innanzitutto, chissà perché, ma mi aspettavo che il primo esempio di Buone Pratiche arrivasse proprio da Reggio Emilia. E bravi ad aver preferito gli psicologi agli insegnanti, competenze e formazione sono molto diversi per i 2 ruoli.
Poi: credo che educazione all’affettività sia il contenitore giusto per affrontare una serie di temi – perché non bastano le api e i fiori come non bastano i cappucci sulle banane cari a qualche commentatore di questo blog.
Ancora: io ritengo che, per quanto sia difficile che compaiano dal nulla gli insegnanti giusti (ma per fortuna esiste la formazione al ruolo, che anche se non crea guru aiuta i perplessi) e per quanto l’autoeducazione sia una risorsa preziosa, uno dei gossi nodi da sciogliere sia quello dell’influenza del gruppo dei pari sui comportamenti degli adolescenti (e qui bisognerebbe aggiungere pure tutta la parte sull’immaginario deteriore che oggi viene messo a disposizione di chiunque – l’autoeducazione può anche andare a trovarsi il peggio del peggio).
Quindi, ben venga chi propone, non impone, un percorso attento proposto da un terzo polo (no famiglia, no gruppo di pari) capace di entrare in relazione con gli adolescenti e di rispondere a domande che loro, molto spesso, non sanno nemmeno formulare a sé stessi in modo appropriato.
Devo dire che la Silvia Prodi mi ha messo di buon umore oggi. E anche la storia della tentata sostituzione di psicologi con insegnanti. Ho provato a portare nelle scuole un progetto destinato agli insegnanti per fornire loro alcuni strumenti e riflessioni che la psicologia poteva dare all’insegnamento. Reazioni pessime – spesso e volentieri – perchè si tendono a sovrapporre le due competenze e i due ruoli che invece sono radicalmente diversi.
Da insegnante posso solo confermare che la frenata su educazione all’affettività e alla sessualità non viene – in nessun modo – da famiglie e da alunni (che anzi la chiedono e richiedono a gran voce). Nemmeno in certi casi dai fondi (si era trovato chi, molto competente, l’avrebbe fatto a titolo gratuito sperimentale, su una classe, per poi passare l’anno successivo alla richiesta di fondi comunali, provinciali, circondario). Peccato che la scuola tutta quanta freni troppo spesso. Insegnanti soprattutto. Spaventati.
Nella scuola non esiste nemmeno una buona educazione musicale, s’è per questo (cioè alla medie c’è ma prima e dopo no, salvo casi eccezionali), dunque il sistema scolastico italiano ha numerose falle e non offre al suo cittadino una formazione che si possa dire completa, ricca, equilibrata.
Rimane il fatto che insegnare musica è un qualcosa che si fa attraverso una disciplina codificata nel tempo, e che in nessuna maniera il concetto di “educazione sessuale” può essere ricondotto/codificato, fatta esclusione appunto degli aspetti prettamente scientifici, a/in una disciplina. Pretendere dalla scuola il ruolo genitoriale e l’educazione agli affetti è assurdo. Pretendere dalla scuola, e aver ottenuto, storicamente, l’insegnamento della religione cattolica, è qualcosa di altrettanto assurdo.
Questo non è un paese libero. E un paese non-libero produce una scuola di basso livello poiché controllata ideologicamente.
In un paese non-libero anche la discussione su un blog si estingue.
(non certo per la mia presenza lol)
Ho qualche dubbio su cosa si intenda per educazione sessuale su lipperatura, in sintesi mi pare che qui principalmente la si voglia svuotare il più possibile da qualsiasi afferenza con la maternità..magari in seguito verrà spiegata meglio. Comunque per rimanere su questioni più semplici e chiare, nell’articolo più sotto linkato da repubblica, si porta come esempio virtuoso il famoso liceo di Roma dove è stato installato il distributore di preservativi. Grande evento che oltre a scandalizzare i porporati, ha come conseguenza sull’immaginario quella di trasmettere l’idea che il sesso come qualsiasi altro bene di consumo deve essere disponibile in qualsiasi momento 24 ore su 24, ricreazione compresa. Come l’acquisto di merce non deve essere differito dal desiderio , è un Diritto del consumatore, magari se un giorno qualche studentessa resterà in cinta potrà sempre fare causa al provveditorato perché la macchinetta in quel momento non erogava.
Educare e informare penso sia giusto , ma la Chiesa Cattolica giustamente fa bene ad opporsi a queste trovate becere e a quest’idea della sessualità .
Ciao,k
L’opposizione della chiesa è di natura ideologico-conservativa. Non inventiamoci palle.
@ k.
a parte che la scuola a una certa chiude, un distributore non trasmette nessuna idea ( che non sarebbe neanche male ).
é in generale difficile presumere gli effetti sull’immaginario degli altri.
avete per caso letto del caso dei due 15enni accusati di aver fatto sesso in una scuola a Bassano? Non ho mai approfondito la notizia avendo provato fastidio gia’ solo nel leggere i titoli dei giornali…addirittura rainews ha dedicato attenzione al caso visto che la ragazza ha ricevuto la pena piu’ pesante: 3 giorni di espulsione contro uno soltanto del ragazzo.
bene, mi sono appena imbattuta nella lettera dei rappresentanti dell’einaudi – l’istituto scolastico in questione – a risposta di quanto sia stato detto dai media fino ad oggi circa l’accaduto.
vale la pena leggerla.
http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=182826&sez=LAPOSTADEILETTORI
io non sono una professionista del settore ma vi chiedo che risposta seriamente educativa si puo’ costruire in questo caso?
@#
In effetti è una questione filosofica difficile, quella della costruzione dell’immaginario e della trasmissione delle idee. Comunqe qui su lipperatura ne viene parlato spesso, ricordi per esempio la polemica sulla foto premiata al wordpress, che rappresentava una donna velata che assiste un ferito,, e qui, da alcune avanguardie” ritenuta colpevole di reiterare nell’immaginario lo stereotipo della donna capace di curare..
Con i distributori automatici in effetti come dici te, la situazione è diversa ma forse peggiore, perché oltre al piano simbolico si entra direttamente nei meccanismi di comportamento quotidiano. Pensa per esempio distributori di merendine con cui si offre cibo, ma anche l’idea di cibo sempre disponibile, in ogni momento, il che tende a far perdere ai ragazzi e la capacità fondamentale di gestire il proprio appetito, e così tra i giovani aumentano i vari tipi di disturbi alimentari .
Con i distributori automatici di preservativi penso sia un po’ lo stesso
Ciao,k.
@ k.
Il fatto è che l’immaginario è spesso alimentato e costruito anche da chi ne parla. In questo caso l’idea di sesso come merce è più immaginaria che reale, e pensata come reale da chi pensa che faccia parte dell’immaginario collettivo, e invece esiste più nei discorsi. Che il sesso si possa pagare non ne fa una merce, e un distributore di preservativi può far pensare al sesso, ma non può portare al collegamento sesso-merce. Il preservativo è merce. Il collegamento lo si stabilisce se c’è un pregiudizio di partenza, appunto l’idea sesso-merce. Ma da dove nasce quest’idea? E soprattutto a chi appartiene, cioè chi è che si comporta avendo in testa quest’idea? Siamo sicuri che stiamo pensando alle persone giuste?
Io non saprei dire se i distributori di preservativi siano una buona idea, una cattiva idea, o un’idea più o meno neutra. Non saprei neanche da quale punto di vista giudicarli. Però per esempio, rientrando la contraccezione in un contesto di salute sociale, può rientrare in un ambito di pubblica sicurezza, e magari non è buona cosa che siano merce, ma che siano forniti a chi ne ha bisogno, ad un prezzo che copra solo i costi di produzione. Magari potrebbero darli gratis a chi ha la media dell’8.
È un problema pensare che i beni di consumo siano sempre disponibili, ammesso che qualcuno lo pensi?
@ k: Non credo che il distributore di preservativi a scuola sia pensato in questo caso per l’uso immediato, tipo mi scappa da trombare tra fisica e latino. Forse si è pensato che per un adolescente che ne abbia necessità, tra chiederli al vecchio farmacista del quartiere amico di mamma o andare apposta al supermercato, sia più semplice procuraseli così…Né temo sia la disponibilità di preservativi a far insorgere il bisogno di sesso a degli adolescenti. In Italia al contrario i rapporti non protetti tra i ragazzi sono superdiffusi.
(Poi sinceramente non capisco in questo caso il collegamento tra sesso e consumo: qualsiasi anticoncezonale è a pagamento, dunque non bisogna usarli?)
@# in linea molto generale la disponibilità dei beni si può considerare una buona cosa, riportata in ambito pedagogico però il discorso cambia molto, perché qui è necessario costruire nell’individuo la capacità di corretto utilizzo di questi beni. Ho citato prima l’alimentazione; i bambini che non hanno cibo a sufficienza vivono un dramma , ragazzi lasciati soli in casa con il frigorifero a disposizione o con macchinette che erogano patatine e cioccolata a piacimento, possono comunque andare incontro a problemi, diversi, ma a volte anche più gravi del denutrimento.
Il collegamento sesso merce può darsi sia una mia interpretazione, forse favorita dalle migliaia di messaggi pubblicitari in cui cè questa sovrapposizione, ma per rispondere anche a Francesca, non è dato solo dal fatto che i preservativi si pagano, quanto appunto dalla eccessiva pervasività del messaggio. Aggiungo che non troverei niente di male, se prima di usare un preservativo una ragazzina ne parlasse con la mamma o col “vecchio farmacista suo amico, invece di lasciarla sola davanti a una macchinetta.
ciao,k.
L’esperienza di Reggio Emilia è molto simile a quella organizzata nella quinta di mia figlia, salvo per il fatto che nel nostro caso si è trattato di una eccezione e non della regola virtuosa di tutto l’istituto. La situazione a Milano è, purtroppo, quella che descrive Lorella, in molte scuole. C’era un progetto della ASL per le elementari, ora è stato sostituito da una formazione degli insegnanti che ha avuto come risultato la fine, o quasi, di qualunque lavoro serio e diffuso su affettività e sessualità. Ed è una formazione sulla quale ho trovato un articolo, ma non ho notizie più precise. Un fallimento.
Chiaro che se poi gli insegnanti di tutte le materie, anche alle medie o alle superiori, volessero a parlarne da tanti punti di vista, sarebbe una bella cosa. Ma non si può escludere l’intervento di professionisti/e con competenze specifiche. E con progetti che devono e possono benissimo essere condivisibili per persone con posizioni etiche e religiose diverse.
Ho trovato il progetto dell’ASL dell’unico grande comune che, a quanto mi risulta, fa in Italia educazione affettiva, il comune di Trento. Lo segnalo come esempio, e anche perché, leggendolo, mi pare in alcune parti migliorabile – ad esempio per quanto riguarda l’età di riferimento per cominciare a parlarne, ma non solo. Non so quanto mi piaccia poi l’idea di un ente unico, forse sarebbe meglio un patrocinio del Comune e la segnalazione di una serie di scuole e associazioni alle quali rivolgersi per i corsi, tenendo conto del fatto che i fondi non sono facili da trovare al momento, e quando i corsi si tengono, spesso vengono pagati grazie ai contributi “volontari” dei genitori.
Ecco il corso che si tiene a Trento: http://www.apss.tn.it/public/allegati/DOC_617929_0.pdf
Mi auguro che sarà possibile, qui o altrove, scambiarci informazioni sui progetti che riusciremo, io spero, a far nascere in diversi comuni. Quella del patrocinio è un’idea per aggirare le resistenze di alcuni dirigenti e diffondere informazioni sull’importanza di questi corsi, ma ovviamente ci saranno anche altre possibilità.
Mi hanno segnalato questo articolo sull’educazione sessuale a scuola, argomento che trovo importantissimo e che purtroppo spesso è sottovalutato. Io sono stata fortunata, alla mia scuola media, al terzo anno, corso con più incontri con psicologo, ginecologo e facilitatore, bella esperienza ma ora più che mai, troppo tardi e troppo poco. Ecco, sono contenta che ci siano ancora programmi ben fatti e ben gestiti, ancora ovviamente non si sa quanto dureranno, ma davvero qualche incontro in un anno all’interno della carriera scolastica basta? No, assolutamente. Ho poi notato che non si dice niente al liceo, ma come? E’ il periodo dove i ragazzi cominciano effettivamente a sperimentare il sesso e non ci sono spazi per informarsi e documentarsi? Quando ero al liceo io erano accadute tante novità: l’introduzione degli anticoncezionali a cerotto, il referendum sulla fecondazione assistita, e nessuno che parlava di questi argomenti, tutto veniva affidato ad un insegnante di religione e potete immaginare il livello dei dibattiti sulla fecondazione e degli anticoncezionali meglio non parlarne. E l’università? Almeno uno sportello informativo? Ci sono moltissimi studenti fuorisede che potrebbero aver bisogno di indirizzi e di informazioni e non le hanno, anche perché con i tagli alla spesa sanitaria molti consultori della asl non sono più a libero accesso come una volta ma dietro ricetta medica (medico che magari hai a km e km da dove studi), se c’è il pronto soccorso ginecologico non lo sanno (e lo paghi), magari non conosci i consultori privati (spesso a pagamento, non sempre laici). Insomma, bisognerebbe differenziare i servizi offerti alle varie fasce scolastiche: è chiaro che i bambini delle elementari necessitano di programmi di promozione diversi da progetti per i liceali o gli universitari, ma fare, progettare, discutere, perché qui davvero ci sono ragazzi che brancolano nel buio più totale in merito a contraccezione e sesso.