RETI, UNO E DUE

Reti, uno.
” La confusione è assoluta; se chiedo a 30 ragazze dov’è l’imene, avrò 25 risposte diverse. I maschi hanno l’ansia da prestazione, le femmine temono di non piacere”. Così, due anni fa, una delle responsabili dei corsi Aied per l’educazione sessuale. La prima proposta di legge in Italia che preveda l’insegnamento della medesima nelle scuole è del 1910. L’ultima è ferma in Parlamento dal 1975.  “L”educazione sessuale è contro la fede”, dichiarò l’attuale Pontefice mesi fa. Qui, in proposito, trovate un’inchiesta di Maria Novella De Luca.
A mio parere, è da qui che occorre partire. Educazione sessuale nelle scuole nel senso più ampio possibile. Che significa anche riflettere sui generi sessuali e sugli stereotipi in cui entrambi vengono ingabbiati. Dal momento che le scuole medesime non riescono sempre (anzi: riescono sempre meno spesso) a provvedere per proprio conto, che sia legge. E’ uno dei punti che mi piacerebbe mettere sul tavolo il 7 marzo insieme a Chiara Lalli. Per questo, mi piacerebbe raccogliere le vostre esperienze e testimonianze: sui saperi di ragazzi e adolescenti, sulle incertezze, sugli esperimenti fatti in alcune scuole. Inviatemi le vostre storie via mail, la solita: loredana.lipperini@gmail.com.  Le pubblicherò qui.
Reti, due.
Non ripubblico quasi mai il testo della mia rubrica domenicale per Repubblica. Questa volta faccio un’eccezione. Perché il caso in questione è talmente virtuoso che, a mio parere, andrebbe esteso ad altre regioni. Ecco-
“C’è una caratteristica degli scrittori sardi che salta all’occhio di tutti: sanno fare rete. Non soltanto su Internet, come dimostra il lancio di un social network che si chiama Liberos e aprirà i battenti a marzo, ma ha già un sito (liberos.it), una pagina Facebook e un account twitter (@liberos2). Spiega Michela Murgia sul suo blog: “l’idea di Liberos nasce dalla constatazione delle difficoltà di sopravvivenza di tutti i soggetti della filiera sarda del libro. Gli editori sono in crisi, i librai indipendenti stanno chiudendo, i bibliotecari sono vittima di continui tagli ai finanziamenti e le associazioni culturali operano da sole in regime di disconoscimento del loro apporto al tessuto sociale dei territori in cui sono presenti”. Dunque Liberos si propone come rete per coloro che operano sul territorio, ma con un soggetto privilegiato: il lettore. Che non solo, attraverso il social network, può comunicare con autori, associazioni, librai ed editori, ma può ricevere la carta VIR, che sta per Very Important Reader. E qui viene il bello: attraverso la carta, il lettore accumula crediti chiamati “carisma”, acquistando nelle librerie affiliate a Liberos, o prendendoli a prestito dalle biblioteche o partecipando a festival ed eventi delle associazioni culturali del circuito. Più carisma, più bonus: per posti riservati, anticipazioni di lettura dei testi degli autori, possibilità di assistere al lavoro di editori e agenzie. Anche la carta (con un disegno dell’illustratore nuorese Manuelle Mureddu) è gratuita. Per inciso, “nella variante logudorese del sardo la parola Liberos significhi sia libri che liberi”. Cappello”.

21 pensieri su “RETI, UNO E DUE

  1. Non è un caso infatti che Citizen Ruth abbia trovato in italia la stessa accoglienza che si sarebbero potuti aspettare un branco di missionari fanatici approdando su un’isola abitata da antropofagi.Per ciò che concerne invece la seconda questione,proprio stamattina pensavo a una sorta di incubatrice per l’arte(slegata dalla politica)facendo riferimento metaforico a quanto un vecchio zio raccontava a proposito del suo lavoro svolto per conto dell’Etfas dal dopoguerra agli anni della milano da bere.Andare in giro nelle aziende agricole di ogni misura insegnando tecniche,fornendo supporto materiale e morale,dispensando consigli tramandati dalla cultura contadina,sottolineando l’importanza di sentirsi parte di un sistema e imparando nel contempo a vivere
    http://www.sardegnaagricoltura.it/multimedia/foto.html

  2. Per la precisione:
    “non posso passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione” (Benedetto XVI)
    Ora, si può non essere cattolici (e infatti il catechismo e l’ora di religione non sono imposti a chi non intende avvalersene), ma bisogna essere proprio dei semplicioni per credere che l’educazione sessuale possa essere impartita senza un’antropologia di riferimento, così come si scrive un manuale per l’uso di una stampante. E’ evidente che identità personale, relazioni affettive ed espressione sessuale delle medesime si declinano a seconda di una visione del mondo che non è neutra, e come tale non può essere imposta per legge a chiunque frequenti una scuola pubblica. E’ molto più sensato che la scuola si apra a progetti che vengono proposti al consiglio d’istituto (magari anche più di uno) e tra cui si possa scegliere quali attuare, mentre alunni e famiglie sceglieranno se frequentare o no.
    L’alternativa è il solito giacobinismo fintamente ingenuo e fintamente laico, che spaccia la propria presunzione per Natura o Ragione.

  3. Il punto, secondo me, è che andrebbe articolata compiutamente l’idea di libertà religiosa per non dare l’idea, che invece spesso si dà da parte della chiesa cattolica, che il proprio punto di vista sia il solo a concepire quell’antropologia non contraria “alla fede e alla retta ragione”. Non amo i sincretismi, meno che mai quelli religiosi ma una concezione della libertà che non teme di aprirsi all’Altro, anche nell’esercizio della propria fede, non potrebbe che far bene al superamento di tutte le neutralità. Che non esistono eppure nuocciono…

  4. Parlavo con una mia amica e tua collega – che potremmo irretire 🙂 perchè si vuole occupare di queste cose ora – e dicevamo come, alla fine 194 svuotata e diseducazione sessuale sono parenti della stessa regressione, per cui alla fine tutto è determinato da una colonizzazione del corpo sociale sul corpo singolare in conseguenza della quale, non è assolutamente necessario che una donna sappia come funzionino le sue viscere. A me per altro piacerebbe molto con qualche collega di psicologia evolutiva e che già lavora nel sociale pensare a un progetto concreto. Anche questo lo mettiamo un po’ in agenda.

  5. Valter Binaghi, scusami, ma mi sembra che il tuo argomento “prova troppo”. Non solo l’educazione sessuale, ma direi nessuna materia umanistica può essere impartita senza una visione del mondo e un’antropologia di riferimento. La scuola pubblica dovrebbe allora rinunciare ad insegnare la filosofia, la storia, la letteratura, il diritto, l’educazione civica, o meglio dovrebbe delegarne l’insegnamento a soggetti esterni che presentino appositi progetti al consiglio d’istituto (se ho capito bene la tua proposta).
    Non è meglio ammettere che la scuola pubblica possa proporre anche l’insegnamento di alcuni princìpi basilari di educazione sessuale, più o meno con gli stessi criteri con cui vengono insegnati il diritto e l’educazione civica?

  6. Guardate, io penso di essere arrivato al punto più basso dell’attenzione prestata da un credente ai pronunciamenti delle gerarchie cattoliche (per ragioni che non sto a spiegare), quindi il mio intervento sopra non voleva essere altro che un chiarimento diciamo epistemologico, su due punti che mi sforzo sempre di ribadire:
    1) Non esiste educazione sessuale che non presupponga una educazione alla maturità della relazione personale, perchè nell’essere umano la pura sessualità è un’astrazione
    2) L’idea di maturità e di relazione personale comportano una visione del mondo, una filosofia se non una religione, che può essere proposta e non imposta per legge
    3) Quel che la legge può (e secondo me deve) stabilire è che i luoghi dell’educazione devono prevedere un campo dedicato a questi aspetti, il che attualmente non accade, per un retaggio plurisecolare che demanda queste cose alla famiglia e al costume, senza accorgersi che la famiglia è frantumata e il costume è Sanremo

  7. @Talia
    L’aspettavo da un momento all’altro un intervento simile.
    Non è così. Le materie umanistiche consistono nella ricostruzione storica (e quindi per forza di cose plurale) dei momenti più importanti di una cultura letteraria, artistica, filosofica.
    La pedagogia delle relazioni e l’idea di maturità umana che sottende è per forza di cose singolare e prescrittiva. Ridurre la sessualità alla sua meccanica e alla contraccezione lo è più di ogni altra, e più pericolosa perchè surrettiziamente presentata come “neutra” o “moralmente indifferente”

  8. (Mo’ evitiamo gentilmente di trasformare il dibattito nello svisceramento delle posizioni di binaghi. Daa litigata co’ binaghi, der penziero de binaghi, di oh binaghi8 ma ci va a messa o no? trombò prima del matrimonio? come concilia battesimo e preservativi? Ecco scusate sono stanca e chiedo al dibattito di rispettare il tema del dibattito).

  9. proprio ieri ho reperito su una bancarella di libri usati a un euro il famoso “Al di là delle labbra” di Elisabetta Leonelli…è del 1983, ma su certe cose sarebbe ancora molto utile.

  10. E’ il tema del post, mi sembra, quello di parlare di cosa si possa e si debba intendere per educazione sessuale. Per questo io trovo riduttivo e dannoso che fra ciò che mi sembra corretto che tale educazione comprenda, non vi siano punti di vista più ampi di quelli imposti da leggi in parte non scritte – e che sono d’accodo con Binaghi, andrebbero invece scritte e presto – e in parte scritte, il Concordato, che travalicano il senso di una società così come si va costituendo. Io non penso che la libertà religiosa cattolica abbia il diritto di sentirsi minacciata da ciò che considera educazione “neutra” se per neutro si intende l’aspetto informativo di quell’educazione. Non trovo corretto che quella neutralità si pretenda di superarla introducendo il solo punto di vista cattolico quando si va ad educare alla relazione. E non parlo solo del contributo che potrebbero dare altre religioni già presenti nel Paese, ché anzi se dipendesse da me le terrei fuori tutte dall’educazione sessuale e persino dall’educazione alla relazione, parlo del contributo di discipline importanti riconosciute tali in accademia o non, come ad esempio l’Orientamento fondato su approcci di accompagnamento alla scelta, di educazione alla consapevolezza, etc.

  11. Grazie per la segnalazione di Liberos. Da avida lettrice, pur non essendo sarda, mi sono iscritta in anteprima perché ne condivido il codice etico e perché spero di poter contribuire nel mio piccolo a tenere in vita un circuito che viene progressivamente fagocitato dal mainstream, a tutto danno del pluralismo e dell’indipendenza delle idee. Mi piace molto questa forma di resistenza attiva, felice di dare il mio sostegno a scrittori, editori, librai sardi.

  12. (donatella io pure sono d’accordo con bianghi su un mucchio di cose – accade spessissimo con i suoi primi commenti. Poi si trollizza e regolarmente si finisce a parlare solo di lui e della sua aggressività. )

  13. Capito, Zaub.
    A proposito di educazione ai sentimenti (preferisco parlare di relazione) voglio riportare una piccola esperienza con dei bambini e bambine di terza media che interpellati a proposito di ciò che temevano di più riguardo la novità rappresentata dal cambiare scuola per andare alle superiori, risposero quasi tutti e tutte comapatti/e: i ragazzi temevano di non riuscire a stabilire rapporti sereni con i nuovi docenti e le ragazze di non poter avere rapporti soddisfacenti con i nuovi compagni e compagne di scuola. Questo fatto può darci indicazioni sui possibili contenuti di un corso di educazione sessuale che non sia meramente informativo, io credo perché si potrebbe cogliere l’opportunità di sfatare lo stereotipo in base al quale le femmine sarebbero più inclini alla relazione e i maschi al ruolo e ai problem che pone il potere (rapporto con gli insegnanti dicevano quei bambini, non con i compagni, non con il resto del personale della scuola). Quindi per fare un buon lavoro sarà necessario avere presenti dimensioni formative che davvero non sfiorano nemmeno lontanamente la libertà religiosa. Non volevo insistere ma spiegarmi:-), Zaub.

  14. Ipotesi: Binaghi dice cose (più) interessanti (d altri).
    Magari l’ “educazione sessuale” non è proprio una materia come le altre.
    Magari è molto utile per rispondere bene ai quiz fatti per strada ma non funziona altrettanto bene per prevenire malattie, gravidanze precoci e aborti, per esempio.
    Mah, è solo un’ ipotesi.

  15. L’educazione sessuale a scuola penso sia necessaria. Le forme e le tipologie di insegnamento le lascio a persone più qualificate di me. Ridurle però a una cosa inspiegabile in quanto troppo personale e soggettiva la trovo però una idea balzana.
    Ultimamamente mi trovo a parlare con amici che, per motivi diversi, hanno difficoltà ad avere figli. Vederli in difficoltà enorme, dal punto di vista psicologico spesso, nell’affrontare problemi nei confronti di una situazione descritta dalla propria famiglia come la più naturale del mondo, e vederli incapaci di accettare l’idea che non è proprio semplice rimanere incinta a 40 anni, mi fa pensare che urge, in un ambiente terzo che non sia la famiglia, una educazione sessuale . Se poi uno se la vuol fare da quelli di Militia Christi o da due professori svedesi dediti all’amore libero questo è un problema che riguarda le nostre sensibilità…così come si scelgono le scuole per la loro qualità o per il loro indirizzo pedagogico, beh le si può scegliere per la qualità dell’insegnamento sessuale. E se poi non si accetta che si insegni sesso a scuola beh allora si può obiettare e non far partecipare i propri figli come avviene con la religione ora.

  16. Senza dimenticare che ci sono dei discorsi fondamentali che non appartengono al campo della fantasia ma rappresentano l’unico terreno fertile per il rispetto reciproco, come l’omosessualità, per esempio. Perché la differenza tra Militia Christi e gli svedesi (cito questi due per continuare nell’esempio, ma potrebbero essere altri) c’è e non è una differenza tra soggetti sullo stesso piano, poiché da una parte c’è chi lede diritti umani e dall’altra chi si pone come obiettivo il rispetto di tutti.

  17. @Zauberei
    Sospetto che i termini “troll” e “aggressivo” per te siano sinonimi di non-allineato. Rileggendo tutti i commenti di questo thread l’unico “aggressivo” mi pare proprio il tuo, che spaparanza in romanesco un “ad personam” del tutto ingiustificato. L’imbarazzo che nasce quando qualcuno ridefinisce i termini di un problema in modo diverso da come si vorrebbe posto, è molto significativo. Altro che psicologia, quando il “diverso” è ammesso solo se timido e subordinato, è il pensiero unico (tanto esorcizzato) che fa capolino.

  18. Guarda Donatella – soltanto a scuola mia quando ero piccola sono riusciti a evitare i temi performativi, se un corso è ben fatto – strutturato in forma di incontri di gruppo in cui i temi e le domande emergano dal gruppo stesso – se ne possono toccare tantissimi e si possono fare un sacco di cose belle – ne sono convinta, tante discussioni che intrecciano diversi piani del rapporto tra i generi e che danno l’occasione di ripensarci su e maturarci. Ma a scuola mia (come raccontai altre volte qui) venne un tizio aprì una valigetta mostrò dei campioni di anticoncezionali, e mentre la sua freddezza difensiva ci faceva ammazzare dal ridere, lui teneva la sua conferenza.
    Voglio solo aggiungere – per Pino Valente con cui mi trovo molto d’accordo – che quando una formazione e un approccio è serio, cioè portatore di complessità anche fruibile da linguaggi diversi, beh è pazzesco come le matrici culturali più disparate trovino aree di convergenza. La complessità sta nel centro di una margherita di discorsi, è il polline. Le punte dei petali sono i dogmatismi.

  19. educate educate educate e mi raccomando, non dimenticatevi di includerci anche le relazioni affettive e sessuali tra persone dello stesso sesso, ché quant’è bello e di aiuto per un ragazzino/a sentirsi mettere sullo stesso piano di valore e rispetto -in tutta naturalezza- eterosessualità e omosessualità. baci e buon lavoro!

  20. Bellissima metafora, Zaub, quella della margherita e di dove si vanno a collocare i dogmatismi!
    Sono certa che nel Paese ci sono risorse, in termini d competenze di donne e di uomini che sono già al lavoro, sono certa cioè, di una ricchezza da valorizzare ma anche da far emergere, per questo il lavoro di Loredana è fecondo e foriero 🙂

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