MORIRE DAL RIDERE

Accade questo. Ieri mattina, decisamente turbata dall’articolo di Alberto Asor Rosa su Il Manifesto, leggo la sua intervista a Repubblica, dove il professore precisa che “La mia proposta è una forzatura e le forzature servono a farsi capire meglio. A focalizzare l´attenzione sulle premesse”. Quali sono le premesse? Sono in un passo che accresce il mio turbamento, questo:
“Tutti abbiamo di fronte una responsabilità storica: accettare o meno la fatalità di quello che accade come avvenne nel ‘22 e nel ‘33. La prospettiva politica si è enormemente aggravata”.
Dunque, posto uno status su Facebook, dove dico di non concordare affatto con Asor Rosa. Ma di comprenderlo. Quel che avviene subito dopo, è antropologicamente interessante, ma umanamente (e culturalmente) tremendo.
Molti commentatori usano la facezia, e la facezia riguarda il palindromo. Diffidare dei palindromi, rimettere i palindromi nel sarcofago. Cose così. Molte altre, riguardano l’età di Asor Rosa: rincoglionito, rimettiti le pantofole. Cose così. Sulla bacheca di un collega, arriva, lapidario, l’esempio di umorismo nero rivendicato dal commentatore fighetto: “Eutanasia”.
Altri, nel frattempo,  invocano le responsabilità di Asor Rosa e degli intellettuali tutti nell’aver consentito, negli anni, la degenerazione della situazione politica. Altri ancora lo rimproverano aspramente.
Pochissimi si concentrano su quello che era il reale argomento dello status: le premesse della forzatura. Ovvero, la reale emergenza che ci avvolge.
Perché ne parlo? Non per esprimermi contro un social network: che non fa che riportare, rafforzandolo, un umore collettivo. Ma forse per rispondere implicitamente a chi, in questi giorni, mi ha chiesto se avessi perso il mio senso dell’umorismo.
Sì. E’ vero, non riesco a ridere, anche se ho sempre amato farlo.
Ma in un tempo dove ogni argomento si liquida con la battuta (oh, certo: nera. In tutti i sensi),  in un tempo drogato dalla risata registrata di sottofondo, ecco, gli angoli della mia bocca restano piegati verso il basso.
Non temete: siamo destinati a sparire, noi che non ci divertiamo. Una risata, davvero, ci seppellirà.

49 pensieri su “MORIRE DAL RIDERE

  1. hai ragione
    giorni fa scrissi dove sai tu (che qui non cito per evitare che qualcuno dei tuoi commentatori mi dica che cerco pubblicità come se il pensiero si potesse vendere…) dicevo scrissi un pezzo che aveva come titolo ma voi avete ancora voglia di ridere?
    e certo a me l’ironia non manca soprattutto l’autoironia
    ma faccio veramente fatica a capire le provocazioni che si nascondono dietro battutine macabre e anche stupide
    perchè quello che molti dimenticano è che per far ridere bisogna essere intelligenti
    altrimenti il livello è quello delle barzellette con le mele
    dai commenti sull’articolo di asor rosa che io ho ben riletto due volte emerge intanto che sono in molti ad aver paura della vecchiaia e quindi la risata sul rincoglionito con le pantofole è liberatoria ma illusoria
    che in molti hanno paura di uscire di casa e staccarsi da facebook dove si sentono legittimati a dire qualunque cosa e continuare a non fare nulla
    che ci sono tanti laboratori di scrittura perchè basta uno status per sentirsi scrittori
    e che pochissimi hanno compreso il senso di angoscia
    o forse
    ripeto
    è più facile ridere che pensare

  2. Mi dispiace che la tua pagina sia stata invasa da commenti idioti. Per altro si può dissentire in toto da Asor Rosa senza chiamare in causa l’età, il nome o la marca delle sigarette che fuma – ammesso sia un fumatore. Non sono un costituzionalista ma credo ci siano gli estremi perché Napolitano sciolga le Camere e ci mandi tutti a nuove elezioni. A titolo personale e per quel che vale, trovo ogni paragone con l’avanzare dei fascismi fuorviante. In questo blog se ne è discusso tante volte. La mia opinione è che trattasi di fenomeno nuovo e non paragonabile ad altri accadimenti passati.

  3. Non riesco a collegarmi al sito de *Il Manifesto* per leggere l’articolo (ho provato ripetutamente); mi limito a commentare le parole che riporti: “Tutti abbiamo di fronte una responsabilità storica: accettare o meno la fatalità di quello che accade come avvenne nel ‘22 e nel ‘33. La prospettiva politica si è enormemente aggravata”.
    La società italiana del ’22, così come quella tedesca del ’33, era fortemente in crisi; erano corpi sociali fragilissimi retti da governi altrettanto fragili, ciononostante, le possibilità di modificare gli atroci esiti futuri (53 milioni di morti) c’erano. La marcia del ’22 – più una “passeggiata dimostrativa” che un aggressivo e risoluto golpe- poteva essere bloccata con il semplice invio di formazioni dell’esercito, peraltro già allertate, ma, semplicemente, si decise di non farlo.
    Gli inviti all’accettazione passiva, alla mancanza di reazione, espressi negli enunciati che riporti sono, a parer mio, improponibili.
    Per ciò che attiene all’altro problema, l’attitudine (un automatismo?) diffusa su facebook a offendere la persona che ha formulato un giudizio, più che a commentarne in modo circostanziato il pensiero, suggerisco di mettere in pratica il motto di un grande del passato, un vero e proprio asso: “Io miro all’apparecchio, non all’uomo”.
    http://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Baracca

  4. se ho visto giusto hai colto nel segno.Avremmo già dovuto prendere atto del fatto che il Potere con le sue squallide pantomime se ne fotte di tutta l’ironia che gli oppositori riescono a distillare in virtù di una sensibilità che Lui non ha mai amato coltivare.Quel tipo sa benissimo dove vuole arrivare.Ma noi evidentemente ci accontentiamo delle valanghe di boutade che escono fuori dalle nostre sublimi disamine e che non tarderanno a travolgerci.Tempo di mostrare i denti
    http://www.youtube.com/watch?v=ucoOU5cRlyA

  5. Ve lo copio qui sotto. Ribadendo che la proposta è inaccettabile, e si spiega solo con la “forzatura”. L’angoscia è condivisibile.
    Non c’è più tempo, di Alberto Asor Rosa
    Capisco sempre meno quel che accade nel nostro paese. La domanda è: a che punto è la dissoluzione del sistema democratico in Italia? La risposta è decisiva anche per lo svolgimento successivo del discorso. Riformulo più circostanziatamente la domanda: quel che sta accadendo è frutto di una lotta politica «normale», nel rispetto sostanziale delle regole, anche se con qualche effetto perverso, e tale dunque da poter dare luogo, nel momento a ciò delegato, ad un mutamento della maggioranza parlamentare e dunque del governo?
    Oppure si tratta di una crisi strutturale del sistema, uno snaturamento radicale delle regole in nome della cosiddetta «sovranità popolare», la fine della separazione dei poteri, la mortificazione di ogni forma di «pubblico» (scuola, giustizia, forze armate, forze dell’ordine, apparati dello stato, ecc.), e in ultima analisi la creazione di un nuovo sistema populistico-autoritario, dal quale non sarà più possibile (o difficilissimo, ai limiti e oltre i confini della guerra civile) uscire?
    Io propendo per la seconda ipotesi (sarei davvero lieto, anche a tutela della mia turbata tranquillità interiore, se qualcuno dei molti autorevoli commentatori abituati da anni a pietiner sur place, mi persuadesse, – ma con seri argomenti – del contrario). Trovo perciò sempre più insensato, e per molti versi disdicevole, che ci si indigni e ci si adiri per i semplici «vaff…» lanciati da un Ministro al Presidente della Camera, quando è evidente che si tratta soltanto delle ovvie e necessarie increspature superficiali, al massimo i segnali premonitori, del mare d’immondizia sottostante, che, invece d’essere aggredito ed eliminato, continua come a Napoli a dilagare.
    Se le cose invece stanno come dico io, ne scaturisce di conseguenza una seconda domanda: quand’è che un sistema democratico, preoccupato della propria sopravvivenza, reagisce per mettere fine al gioco che lo distrugge, – o autodistrugge? Di esempi eloquenti in questo senso la storia, purtroppo, ce ne ha accumulati parecchi.
    Chi avrebbe avuto qualcosa da dire sul piano storico e politico se Vittorio Emanuele III, nell’autunno del 1922, avesse schierato l’Armata a impedire la marcia su Roma delle milizie fasciste; o se Hinderburg nel gennaio 1933 avesse continuato ostinatamente a negare, come aveva fatto in precedenza, il cancellierato a Adolf Hitler, chiedendo alla Reichswehr di far rispettare la sua decisione?
    C’è sempre un momento nella storia delle democrazie in cui esse collassano più per propria debolezza che per la forza altrui, anche se, ovviamente, la forza altrui serve soprattutto a svelare le debolezze della democrazia e a renderle irrimediabili (la collusione di Vittorio Emanuele, la stanchezza premortuaria di Hinderburg).
    Le democrazie, se collassano, non collassano sempre per le stesse ragioni e con i medesimi modi. Il tempo, poi, ne inventa sempre di nuove, e l’Italia, come si sa e come si torna oggi a vedere, è fervida incubatrice di tali mortifere esperienze. Oggi in Italia accade di nuovo perché un gruppo affaristico-delinquenziale ha preso il potere (si pensi a cosa ha significato non affrontare il «conflitto di interessi» quando si poteva!) e può contare oggi su di una maggioranza parlamentare corrotta al punto che sarebbe disposta a votare che gli asini volano se il Capo glielo chiedesse. I mezzi del Capo sono in ogni caso di tali dimensioni da allargare ogni giorno l’area della corruzione, al centro come in periferia: l’anormalità della situazione è tale che rebus sic stantibus, i margini del consenso alla lobby affaristico-delinquenziale all’interno delle istituzioni parlamentari, invece di diminuire, come sarebbe lecito aspettarsi, aumentano.
    E’ stata fatta la prova di arrestare il degrado democratico per la via parlamentare, e si è visto che è fallita (aumentando anche con questa esperienza vertiginosamente i rischi del degrado).
    La situazione, dunque, è più complessa e difficile, anche se apparentemente meno tragica: si potrebbe dire che oggi la democrazia in Italia si dissolve per via democratica, il tarlo è dentro, non fuori.
    Se le cose stanno così, la domanda è: cosa si fa in un caso del genere, in cui la democrazia si annulla da sè invece che per una brutale spinta esterna? Di sicuro l’alternativa che si presenta è: o si lascia che le cose vadano per il loro verso onde garantire il rispetto formale delle regole democratiche (per es., l’esistenza di una maggioranza parlamentare tetragona a ogni dubbio e disponibile ad ogni vergogna e ogni malaffare); oppure si preferisce incidere il bubbone, nel rispetto dei valori democratici superiori (ripeto: lo Stato di diritto, la separazione dei poteri, la difesa e la tutela del «pubblico» in tutte le sue forme, la prospettiva, che deve restare sempre presente, dell’alternanza di governo), chiudendo di forza questa fase esattamente allo scopo di aprirne subito dopo un’altra tutta diversa.
    Io non avrei dubbi: è arrivato in Italia quel momento fatale in cui, se non si arresta il processo e si torna indietro, non resta che correre senza più rimedi né ostacoli verso il precipizio. Come?
    Dico subito che mi sembrerebbe incongrua una prova di forza dal basso, per la quale non esistono le condizioni, o, ammesso che esistano, porterebbero a esiti catastrofici. Certo, la pressione della parte sana del paese è una fattore indispensabile del processo, ma, come gli ultimi mesi hanno abbondantemente dimostrato, non sufficiente.
    Ciò cui io penso è invece una prova di forza che, con l’autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall’alto, instaura quello che io definirei un normale «stato d’emergenza», si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d’autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d’interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l’Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale.
    Insomma: la democrazia si salva, anche forzandone le regole. Le ultime occasioni per evitare che la storia si ripeta stanno rapidamente sfumando. Se non saranno colte, la storia si ripeterà. E se si ripeterà, non ci resterà che dolercene. Ma in questo genere di cose, ci se ne può dolere, solo quando ormai è diventato inutile farlo. Dio non voglia che, quando fra due o tre anni lo sapremo con definitiva certezza (insomma: l’Italia del ’24, la Germania del febbraio ’33), non ci resti che dolercene.

  6. E’ perfino superfluo dire che una provocazione come quella di Asor Rosa richiama il piano retorico con cui sono stati messi in atto i colpi di stato militari in Cile e in altri paesi durante il secolo scorso. Non ci sono dubbi che Asor Rosa l’abbia fatta fuori dal vaso, e non è certo colpa dell’eventuale incontinenza senile. E’ che i vecchi hanno a disposizione una prospettiva storica più ampia e colgono l’elemento concreto di emergenza, di novità, del presente. Sono paradossalmente meno rassegnati a ciò che sta succedendo, se non altro perché hanno visto qualcosa di diverso nella loro vita, e hanno, o pensano di avere, meno da perdere nel nominare le cose per ciò che sono. E allora si può arrivare a pensare che se la società non è più in grado reagire al proprio liquefarsi, non resti che la dittatura temporanea che resetta il piano istituzionale…
    Ma quale deus ex machina può redimerci da noi stessi? L’ottuagenario che risiede al Quirinale, alla testa dei Carabinieri e delle Guardie Forestali? E poi per fare cosa? Non scherziamo. Ma davvero, però.
    Più che soffermarsi sullo sfogatoio del social network, allora, sarebbe interessante appunto “focalizzare l’attenzione sulle premesse” di quel discorso. Che poi forse possono essere ridotte a una: Qual è il punto critico oltre il quale un sistema cracka e cosa succede quando si supera il punto di non ritorno? Dopo che il sistema politico si è reso totalmente autonomo dalla società; mentre la coesione sociale stessa dà evidenti segni di cedimento; quando imperversa lo scontro tra i poteri istituzionali che nei sistemi liberal-democratici dovrebbero bilanciarsi l’un l’altro garantendo la tenuta della cornice… che cosa rimane? Quale spazio o margine di manovra – a parte questa grande nicchia virtuale sulla quale scriviamo – rimane praticabile? Non la rivoluzione, di cui non si sente nemmeno l’odore e per la quale mancano le leve in un paese in cui la media dell’età è 45 anni. E nemmeno la dittatura “illuminata” old style paventata da Asor Rosa, alla quale mancherebbero gli attori.
    La verità è che nessuno è in grado di indicare una exit strategy verosimile, di fissare un punto di ripartenza, una base minimamente solida su cui puntare i piedi.
    Siamo stufi di ridere, sì. E troviamo insopportabili quelli che ancora si indignano, sbraitano, si scandalizzano. Resta da pensare che forse dobbiamo ancora qualcosa a noi stessi, la difesa di un briciolo di dignità umana e di intelligenza, mentre imperversa lo tsunami. L’alternativa è cedere alla disperazione dilagante, con quel rictus stampato sulla faccia, fino a morire dal ridere.

  7. Visto ieri sera “Silvio Forever”. Ci si chiede sgomenti come tutto questo sia stato possibile, anzi… sia ancora possibile. Ci si sente all’interno di una rappresentazione teatrale della commedia dell’arte italiana, con la nuova maschera Silvio Berlusconi che impazza sulla scena gigionando sulla base del canovaccio che si è cucito in testa.
    Vabbè che, come diceva il buon Guglielmo Crollalanza, siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, ma ogni tanto anche qualche episodietto di risveglio, da parte dei trasognati spettatori giù in platea, non guasterebbe:- (

  8. La parte francese della mia famiglia ogni volta che capita di passare del tempo insieme non manca mai di farmi notare (come se non ci arrivassi da sola) com’è scesa la considerazione internazionale dell’Italia da quando abbiamo lui al governo e in particolare negli ultimi due anni. In genere i miei cognati e nipoti me lo dicono un po’ sorridendo, con quell’aura di superiorità che i francesi hanno nei geni e tanto ci irrita…
    Da due giorni sono nostri ospiti uno dei miei cognati e famiglia: per la prima volta ho visto una presa di coscienza preoccupata da parte loro. Non ridono più di noi: si domandano, insieme a noi, come tutto ciò sia possibile.

  9. @Lipperini: Scusa, ho COMPLETAMENTE travisato le parole riportate; ho addirittura interpretato il testo al contrario, andiamo bene… Grazie per aver postato l’articolo. Rettifico la prima parte del mio intervento. In sintesi: no, neppure io sono d’accordo con la strategia di disimpegno indicata da Asor Rosa, in bilico tra la dimensione del drammatico e quella del grottesco (però in linea con la natura, l’essenza oramai schizofrenica, del Belpaese). Quando, qui sopra, ho fatto riferimento all’Italia del 1922, stavo appunto parlando… dell’Italia del ’22, in altre parole, formulavo una riflessione specifica su “quel” preciso momento storico (non vorrei che il passaggio venisse letto come tesi volta a supportare il suggerimento di A.Rosa. Voglio che questo sia chiaro). In breve: la forzatura delle regole democratiche tramite golpe, come opzione risolutiva per sospendere la degenerazione quotidiana, non è neppure nelle mie corde. La prassi alternativa? È la proverbiale domanda da un milione di dollari…
    Su umorismo cinico e battute fuori luogo: pure io ho smesso di ridere e pure da un bel po’.
    P.S.
    Confessa, dopo aver letto il mio primo commento, ti sei un po’ spaventata, eh? ;-))

  10. “Dopo che il sistema politico si è reso totalmente autonomo dalla società; mentre la coesione sociale stessa dà evidenti segni di cedimento; quando imperversa lo scontro tra i poteri istituzionali che nei sistemi liberal-democratici dovrebbero bilanciarsi l’un l’altro garantendo la tenuta della cornice… che cosa rimane?”
    Il punto di non ritorno sembrerebbe essere stato superato.

  11. “Certo che ho del fuoco.”
    Il mio eroe di questi ultimi tempi, tempi ultimi, si chiama Walt ‘nonchiamarmiwally’ Kowalsky. E’ vecchio, sputa sangue, è condannato, deve morire. E’ di destra, è un moralista, ha fatto la Corea e lì molte cose brutte, ha un lutto che non sa elaborare, se non mandando affanculo gli altri, e sè stesso.
    Con poche variabili, biografiche e culturali, mi ci riconosco in pieno.
    Con nessuna variabile, riconosco in pieno il ritratto del paese nel quale viviamo.
    Quando scopre di avere molto più in comune con quei fottuti musi gialli che gli abitano a fianco che con i propri figli, Walt si stappa, si libera, capisce dove indirizzare l’ultima parte della vita. A cosa ‘intitolare’ la propria morte. Come ‘viverla’, piuttosto che subirla nel rancore.
    E va. A determinare nuovi eventi, con un accendino come arma letale.
    E con un sorriso, nessuna risata, verso il benvenuto destino.
    Quello che Asor Rosa non comprende è che non vi è alcun Evento nefasto da scongiurare. Nessuna Marcia da interrompere, nessun Cancellierato di cui impedire l’assegnazione.
    La catastrofe è alle nostre spalle, e non ci ha avvertito.
    Il fascismo 2.0 è qui da un pezzo. Il Dispotismo demo-mediatico si propone e si illustra come modello efficace, vincente, anche fuori dai confini. Solo un po’ meno volgare. Cos’altro sono quei pagliacci che vanno a bombardare per rosicchiare un paio di punti al Front Nationale o al British National Party?
    Il ‘900 è finito, e ci è crollato addosso, più di venti anni fa. Ma ci siamo ostinati a non rimuovere le macerie. Ostruiamo le strade, impediamo la ricostruzione. Al meglio proponiamo grottesche New Town.
    Sputiamo sangue, siamo condannati. Ma non vogliamo morire.
    E’ umano, questo? Non credo proprio. Direi, invece, post-umano.
    Morire si deve. E’ necessario, perchè altro possa vivere.
    E si potrebbe scegliere come. E piuttosto che da zombies, morire da vivi.
    Toccherebbe a noi vecchi, qui, ora, andare sorridenti incontro al destino.
    Solo con un accendino in tasca. E dire:
    – Certo che ho del fuoco. –
    L.

  12. Condivido la sensazione di angoscia, Asor Rosa la suggerisce molto bene. Ma non possiamo prendere nessuna scorciatoia.
    Mi spaventano confusione e disinformazione, il sommerso di piccoli spostamenti quotidiani antidemocratici che avvengono in tutti i settori; le lacune sulle rivolte nel Mediterraneo, sul nucleare: ci sono segnali che dovremmo essere in grado di cogliere, valutare, e a cui dare la priorità. Molti lo fanno già, senz’altro nella Rete, ma fuori non è così facile. Alcune priorità appartengono ancora al ‘familismo amorale’, proprio quello del libro di E.C.Banfield.
    La scorsa settimana ero a un convegno sulle energie rinovabili, il breve discorso di uno dei relatori, un esperto dell’Onu, era riassunto in diapositive chiare e semplici.
    Una, sulle basi che rendevano possibile la consapevolezza di un problema a livello nazionale, chiariva:
    “Basic premise for democracy:
    One is about the individual person being able to make an informed choice.
    The other is that the individual person will be able to understand the consequences of the informed choice”.
    Quindi,a parer mio, niente scorciatoie.

  13. In termini diversi, ma non poi tanto diversi, diceva le stesse cose Zizek nel suo libro sulla violenza (si gira sempre attorno a questo tema): perche’ un governo democratico deve permettere azioni che vanno contro la sua stessa sopravvivenza? Benjamin scrive il suo saggio sulla violenza a partire dal dibattito sulla legittimita’ o meno dello sciopero generale, azione che verra’ poi integrata nel corpus giuridico di non tantissime nazioni, ma inizialmente presentatasi come uno strappo legislativo. Risposte facili e ovvie non ce ne sono, ma siamo certo in una fase pericolosa e meschina, pericolosa forse proprio perche’ meschina.

  14. Credo che Asor Rosa non abbia colto il senso della tragedia storica che l’Italia vive da più di venti anni, e indicando una reazione del tutto inadeguata compia due errori: uno di metodo, un po’ come chi vuole fare la guerra al terrorismo con l’esercito e si trova a combattere contro un nemico inafferrabile perché senza truppe; e uno di opportunità, perché nello stato di afasia mediatica di cui è preda l’opposizione, che letteralmente non è in grado di difendersi, non si può offrire un’occasione così su un piatto d’argento a gente come Ferrara, a cui non sembra vero riproporre il clichè dei comunisti violenti antidemocratici mangiabambini.
    Io credo che quello che abbiamo di fronte sia veramente il fascismo 2.0, che in linea con l’evoluzione dei tempi si è accorto quanto sia dispendioso e alla lunga impossibile mantenere in piedi un apparato repressivo e un regime totalitario. E poi, a che pro? Se l’obiettivo è gestire il potere, non è meglio affidarsi alle leggi del marketing e alle certezze dei grandi numeri, che consentono di calcolare la dimensione del dissenso e mantenerla a un livello che non solo non rappresenta un pericolo, ma ne fa anzi un buon target a cui vendere una serie di prodotti che vanno da Zelig a Saviano (quando lo pubblicava Mondadori)?
    A questo “regime soft”, o democrazia autoritaria, dittatura mediatica, non importa come lo chiamiamo, non si può rispondere con le armi grevi della tutela armata della Repubblica. Questo potere ha in sé un che di impalpabile, inafferrabile, ed è su quel piano che dovrà essere combattuto e sconfitto. Come e da chi, purtroppo non si vede all’orizzonte. Ma non come dice Asor Rosa, che con questa uscita ha fatto secondo me un danno di dimensioni difficili da quantificare.

  15. Walter la classe dirigente tutta – salvo qualche eccezione – vive in un universo parallelo non condiviso da noi umani. Mai mi sarei creduta nella vita di poter solo pensare una frase del genere, tuttavia eccoci qui!

  16. Sono tempi cupi per chi, come me sa “solo” ridere. Vero ma per chi sa fare “altro”, come te si resta sempre in sella. Oragna figatafa!

  17. La bacheca a cui si allude è la mia. Mi sia concesso di saltare a pie’ pari sul commento “eutanasia”: tutti sappiamo che in rete chiunque dice la qualunque, e così vanno i network.
    Mia (nostra?) è la colpa di non aver voluto ragionare sulle reali motivazioni che stanno alla base della forzatura di Asor Rosa. È vero. Occasione mancata. Ho preferito dargli del rimbambito che aprire un dibattito sulla fine delle istituzioni.
    Però. A mia discolpa, due piccolissime precisazioni:
    sono anni, quindici lunghissimi anni che a migliaia ragioniamo, soffriamo, ci contorciamo su quelle motivazioni, né più né meno di Asor. Cavando intuizioni, analisi, supercazzole e pochissime soluzioni. Continuiamo, certo. Ma concedendoci anche qualche spuntino all’ombra di una presa per il culo.
    Sono anni, quindici lunghissimi anni che a migliaia cerchiamo, tentiamo, ci pizzichiamo i fianchi per non cedere del tutto e dire: sparategli!
    Non perché siamo (scusate il plurale maiestatis) anime candide, o supporter del “porgi l’altra guancia e mezza chiappa” ma perché vorremmo preservare quel folle amore, quel rispetto quasi ossessivo, quella passione sfegatata per la politica.
    Io penso – anzi, lo sento dentro – che ogni qual volta si urla «galera!», «arrestateli tutti», «stato d’emergenza», si chieda alla politica di tacere, di sedersi in un angolo, e di starci fino a sera. A cui, di norma, segue la notte.
    Scrivono i Wu Ming, in risposta al post di Lipperini: «I vecchi hanno a disposizione una prospettiva storica più ampia e colgono l’elemento concreto di emergenza, di novità, del presente. Sono paradossalmente meno rassegnati a ciò che sta succedendo […] E allora si può arrivare a pensare che se la società non è più in grado reagire al proprio liquefarsi, non resti che la dittatura temporanea che resetta il piano istituzionale…».
    Asciugo il concetto: quando hai una prospettiva storica più ampia, arrivi a invocare una dittatura temporanea. All’anima. E quando ce l’hai ristretta, la prospettiva?
    Non mi sfugge il senso delle parole di Asor Rosa. Il suo allarme e la sua (la nostra) disperazione. Ma non mi sfugge neanche il profondo senso di sconfitta di cui si fa interprete. Affidando alla forza (bruta, militare, gerarchica) la soluzione del problema.
    Un problema che ci riguarda così da vicino da trovarci impreparati.
    Concludono i Wu Ming: «Siamo stufi di ridere, sì. E troviamo insopportabili quelli che ancora si indignano, sbraitano, si scandalizzano. Resta da pensare che forse dobbiamo ancora qualcosa a noi stessi, la difesa di un briciolo di dignità umana e di intelligenza, mentre imperversa lo tsunami».
    Vero, appunto.

  18. @ giorgio cappozzo
    “Quando ce l’hai ristretta, la prospettiva” non pensi che possa esserci niente oltre quello che c’è. Soprattutto se hai vent’anni e sei cresciuto con Berlusconi e il PD a saturare l’orizzonte. Puoi essere anche incazzato nero, ma non credi più che una qualche salvezza possa arrivare dalla politica parlamentare o dalle istituzioni. Un vecchio come Asor Rosa invece ci crede ancora, o meglio, crede ancora che si debba e si possa salvare lo stato inteso come istituzione prodotta dal patto sociale. E prende una cantonata, di metodo, ovviamente, perché non si può salvare la democrazia attraverso la dittatura (e non si affida la salvezza della patria ai Carabinieri…), e di merito, perché ha ragione Luca, il disastro si è già consumato, sta alle nostre spalle. Pensare che ci sia una Grande Onda da arginare è sbagliato. Lo tsunami si è già abbattuto, è stato lento, trentennale, ma inesorabile.
    Si tratta di fare i conti con questa realtà di fatto. Scommettere sulla sopravvivenza dell’umanità al maremoto. Se si ancora abbastanza coraggio per credere che quella sopravvivenza sia possibile.

  19. La differenza sostanziale con il 22 è che all’epoca a capo dello Stato c’era il re, oggi abbiamo Giorgio Napolitano.
    Ma per piacere non dilettiamoci coi giochetti della storia. Che non si ripete mai, men che meno sotto mentite spoglie.

  20. Sempre sulla sinistra che non vince e soprattutto non è più socialista.
    Io da anni sostengo che il libro più importante in tema uscito in Italia è “Per una sinistra reazionaria” di Bruno Arpaia.
    Lì si trova diagnosi e prognosi.
    Nessuno qui l’ha letto?

  21. @wu ming
    «una qualche salvezza possa arrivare dalla politica parlamentare o dalle istituzioni». tu dici che il ragazzo di vent’anni non ci crede. Asor Rosa sì.
    Allora io ripenso alle parole di Asor e chiedo: l’idea tutta novecentesca (perdonatemi ‘sto teribbile passaggio) dell’intervento dello Stato, delle sue componenti militari, armate, ha l’odore della salvezza? e soprattutto della politica parlamentare? Per me no. Ha l’olezzo della peggiore idea di Stato, di gestione della Storia. Antica, vecchia, stantia. Buona forse per gli allora regimi comunisti. dove tutto diventa democratico, basta che lo si faccia noi.
    poi penso ai ventenni. e alla manifestazione del 14 dicembre a roma. c’è la violenza anche lì, è vero. ma c’è anche ribellione.

  22. @ giorgio capozzo
    Provo a esprimermi più chiaramente. Un’ipotesi così assurda e antidemocratica come quella espressa da Asor Rosa può venire in mente solo a uno (senz’altro figlio del Novecento) che pensa esista un corpo sano dello Stato intaccato da un cancro “berlusconiano” e quindi in grado di reciderlo. Costui crede insomma che lo Stato possa e debba temporaneamente sbarazzarsi dell’ambito politico e resettarlo. Hai detto bene: è un’idea “antica, vecchia, stantia. Buona forse per gli allora regimi comunisti, dove tutto diventa democratico, basta che lo si faccia noi.” E’ l’idea in sostanza che fatto fuori Berlusconi e la sua gang le cose possano risollevarsi. Asor Rosa crede che un atto di forza istituzionale possa risolvere la situazione. Ed è un’idea sbagliata non solo dal punto di vista metodologico e di principio, ma anche sul piano politico, perché non si capisce quali forze potrebbero emergere da un’eventualità del genere. Se non è la società a risollevarsi, a reagire alla liquefazione politica e istituzionale, non saranno certo le istituzioni o la politica a risollevarla, tanto meno a risollevare se stesse.
    Per altro, aggiungo che un atto politico radicale e unilaterale giunti a questo punto ci starebbe tutto, secondo me: fare saltare il tavolo del confronto parlamentare, laddove il Parlamento è diventato plateale mercato delle vacche e delle prebende. Ma quale forza politica oggi avrebbe il coraggio di secedere sull’Aventino come nel 1924? Chi si sentirebbe in grado di osare tanto?
    Quanto alla ribellione del 14 dicembre o alle molte altre manifestazioni di questi ultimi mesi, da un lato sono ancora poca cosa rispetto al livello di devastazione sociale e politica che avanza, dall’altro non rappresentano già una ricomposizione, un’ipotesi d’alternativa possibile. Mi sembrano piuttosto sussulti di resistenza, di dignità, di rabbia, accomunate anche da una profonda quanto inevitabile disillusione rispetto all’ambito della politica, che è ormai sempre più sganciato dalla realtà materiale del paese e del mondo.
    Detto questo, e a scanso di equivoci, io credo che in questo momento nessuno sia legittimato a cedere alla disperazione. Credo che ognuno di noi debba decidere dove piantare in terra lo scudo e dire: “Io da qui non mi muovo”. Perché come diceva oggi un delegato sindacale all’attivo nazionale della CGIL: “Chi lotta può perdere, ma chi non lotta ha già perso.”

  23. @wu ming
    sottoscrivo tutto tranne il mio cognome, che contiene 2 p (:-))
    e tranne l’idea che quelle manifestazioni siano “solo” sussulti.
    certo, non sono atti costituenti di un partito, di un regime o di altro, ma sono tracce, suggestioni, spifferate alle orecchie della politica. che matematicamente sceglie di ignorarle.
    lì è il nodo. dismettere la politica conduce a due esiti: il berlusconismo e all’idea messianica e salvifica dello Stato padre.

  24. una piccola aggiunta: «un atto politico radicale e unilaterale giunti a questo punto ci starebbe tutto, secondo me». l’Aventino non condusse a cose buone e giuste, se ricordo bene. 🙂
    tra noi e berlusconi c’è il popolo. quando proponiamo un atto radicale, in nome di chi parliamo?
    è una domanda a cui – giuro – non so cosa e come rispondere.
    (e forse è proprio per uscire da questo comune dilemma che asor rosa propone la forza)

  25. @ giorgio cappozzo
    L’Aventino non condusse a cose buone, è vero. Però si verificò nella fase ascendente del nuovo regime mussoliniano, mentre oggi il regime berlusconiano è agonizzante. Ma sia chiaro: non penso che un Aventino risolverebbe un bel niente. Tutt’al più metterebbe le cose in chiaro. Se io sono seduto a un tavolo di poker e mi accorgo che quello che vince sta barando a ogni mano, che faccio? Gli dico che è un baro e continuo a giocare o faccio saltare il tavolo? Siamo sempre lì, mi rendo conto, al sussulto di dignità. Ma tant’è. Che poi “sussulti” non ci piace? D’accordo, usiamo un’altra parola. Basta che ci capiamo.

  26. L’altra sera ho sentito Michela Murgia fare l’esempio di una suoi zia che, davanti alle immagini delle manifestazioni del 14 dicembre, ha commentato (in sardo, traduco): “si, va bene, ma ora stanno esagerando”, senza entrare nel merito di cosa fosse giusto o non giusto in quella protesta. L’esempio serviva a dire: ecco in che modo si diventa sottomessi alla televisione: non ci si pone il problema di cosa è giusto e cosa non lo è, si giudicano solo gli effetti visibili.
    D’accordissimo con Michela, commento a mia volta l’apologo: è il momento in cui ciascuno deve chiedersi, anche nel piccolo e nel picoclissimo del quotidiano, cosa è giusto chiedere, e cosa è giusto fare per ottenerlo. E non recedere dalla sua posizione, neanche quando ti dicono che così esageri. La forza degli opliti era anche nell’enorme peso dello scudo allacciato all’avambraccio sinistro, che rendeva impraticabile la ritirata. Ma lo scudo degli opliti va allacciato al braccio non solo per i grandi eventi che scuotono l’opinione pubblica e occupano per un giorno o due le prime pagine, ma anche e soprattutto per le lotte quotidiane che ciascuno conduce sulla propria mattonella: il berlusconismo non è (solo) Serse che invade l’Ellade, ma (anche) il piccolo persiano che è nel tuo posto di lavoro, nella tua strada, nel tuo condominio, fors’anche a casa tua.
    @ Valter
    Un’eventuale vittoria di un’eventuale sinistra ha senso solo a due condizioni: che sia davvero una sinistra, e che vinca perché si presenta come sinistra. Ma una vera sinistra dev’essere costruita dal basso: se aspettiamo l’azione di un presidente (supposto) di sinistra, o l’accidentale (per magagne altrui) vittoria di uno schieramento che è a sinistra solo perché a destra non c’è più posto, siamo già in una prospettiva provvidenzialistica, cioè di destra.

  27. @ girolamo
    giusta precisazione. Anche se nella mia testa la metafora dello scudo piantato per terra era più “nordica” che “greca” :-), intendevo dire esattamente quello che hai detto tu. E aggiungerei che il persiano (o il beserk vichingo), oltre a essere sul posto di lavoro, sul pianerottolo e in casa nostra, può perfino essere dentro di noi.

  28. @girolamo
    Dal basso, certo. In questo momento, dal grado zero della cittadinanza: la minaccia concreta di un regime che fa strame delle Istituzioni più elementari. In tempi normali non basterebbe, ma questi non sono tempi normali.
    @Wu Ming4
    Sono d’accordo sull’Aventino, ma chiederlo a questo PD mi sembra utopistico. Forse più probabile un sussulto di dignità da parte di Napolitano, già una volta reo di aver presidiato un regime liberticida (Ungheria, 1956), forse oggi capace di riscattarsi con un atto doveroso.
    Sciogliere le camere.
    Bella l’immagine del tavolo da gioco, te l’ho già rubata per un post.

  29. @valter
    sciogli le camere, magari fai un governo ponte, nuova legge elettorale che escluda berlusconi dall’esistere politicamente, e vai a nuove elezioni e magari vinci. tutto bellissimo.
    ora, se io fossi un berlusconiano non te lo perdonerei, e farei di tutto, molotov comprese, per prendermi quello che mi hai tolto, tenendo in tasca ben stretto il santino di Silvio.
    ma a noi non frega un cazzo dell’altra metà del paese, no? noi siamo i giusti.

  30. L’articolo di Asor Rosa è diviso in due parti: la prima fornisce un’analisi lucida della deriva, o meglio, della caduta nell’abisso in cui ci sta trascinando la cricca affaristico-delinquenziale. Oppure in cui ci ha già trascinato. Analisi che io condivido totalmente. La seconda è una scelta, se così si può chiamare, di assoluta disperazione. Io condivido anche questa, anche se una parte di me è costretta a essere d’accordo con la posizione di Wu Ming 4, cioè l’impossibilità/assurdità di una specie di colpo di stato benigno non si sa organizzato e gestito da chi (i Carabinieri?). Però Wu Ming 4 e, credo, con lui molti altri, si ferma qui. Non sembra esistere una vera alternativa di lotta. Là è impossibile e sbagliato, qua siamo bloccati e impotenti. A meno che non cedere alla disperazione e non muoversi da qui abbia un significato pratico di lotta, cioè corrisponda ad azioni precise.
    *
    Io credo che intanto andrebbe portato avanti un vero sforzo di comprensione. Si è citato il ’22 e la Germania. A me pare che l’analisi più lucida sulla presa del potere del nazismo resti quella di Lukacks: il nazismo come strumento del grande capitalismo imperialista tedesco, che cercava un’occasione di nuova espansione, dopo due guerre disastrose che l’avevano messo in ginocchio. E il fascismo italiano come strumento della borghesia italiana, che aveva, non dimentichiamolo, l’esigenza di fare uscire il paese dal latifondo, per creare una nuova classe di consumatori.
    *
    E la cricca affaristico-delinquenziale come mai sta vampirizzando il paese? Solo perché ha in mano la televisione? Cioè ha preso il potere con l’inganno? Io non lo credo. Capire di chi sono stati lo strumento sarebbe un obiettivo importante da raggiungere. Per dire, se davvero il mondo imprenditoriale italiano volesse spazzarli via oggi nessuno vedrebbe più le loro smorfie horror in tutti i programmi televisivi.
    *
    Ovviamente capire non è risolvere il problema in sé. Però un’analisi vera sulle cause può preludere alla ricerca di una via d’uscita, per esempio sapendo cosa combattere e perché. Invece questa sinistra non sa superare le frasi a effetto tipo “lo stupidario quotidiano di Berlusconi”. Non c’è un progetto di cambiamento vero perché non si ha il coraggio di analizzare fino in fondo il disastro di questo sistema economico-sociale. Per esempio, non si ha il coraggio di uscire dal dramma che deriva dal fatto che dove governa la sinistra spesso usa gli stessi sistemi della destra (privatizzazioni, precariato, esternalizzazioni dei servizi, tagli, familismo ecc). In alcuni casi continua a stare al potere solo perché dall’altra parte c’è un’accozzaglia disorganizzata e divisa di farabutti buoni a nulla.
    *
    Un’altra analisi forse altrettanto disperata quanto quella di Asor Rosa è di Zagrebelsky: i governi nazionali non contano nulla, sono caste di tipo parassitario che da un lato assecondano dal punto di vista giuridico le decisioni gà prese dai tecnocrati che stanno dietro alla globalizzazione capitalistica mondiale e dall’altro pensano ai loro interessi privati. Il rimedio proposto è ovviamente inconsistente: rafforzare gli organismi di controllo istituzionali ecc. Cioè mettiamo un cerotto sulla ferita di una pallottola calibro 7.62 NATO.

  31. Compadres,
    senza polemica, anzi con empatia e cuore in mano, vi pongo una domanda.
    Perchè volete tenere in piedi la baracca? Pensate che questo forse salvi il culo alla povera gente che vi sta a cuore? Guardate che non è così, e sono i fatti sotto i nostri occhi a dimostrarlo. Anche, forse soprattutto, quelli fuori dai confini di questo letamaio. Il culo della povera gente non conta niente. Almeno fino a quando i medesimi poveracci non capiscono e decidono di portarlo in tanti fuori, il culo, e nudo, e dire, ok adesso sfondamelo davanti a tutti. E loro ne sfondano un po’, e poi un altro po’, e poi succede un macello, e alla fine ne saltano parecchi anche dei loro, di culi. Ipotesi qui da noi ancora remota.
    Vi rendete conto che quando parliamo di ‘ste robe, e delle cosiddette vie d’uscita, i nomi che ricorrono di più sono: Napolitano, Scalfari, Scalfaro, Rossanda, Camilleri, Asor Rosa, e il più ragazzino è Zagrebelsky? E una seduta spiritica non la vogliamo fare? Così magari aggiungiamo Dossetti Berlinguer Calamandrei, e se ci va di culo che ci risponde, pure Gramsci.
    Parliamo di ultraottantenni. Gente rispettabile per carità, alcuni addirittura amabili, e pure con diverse magagne, ma chi non ne ha. Che se vogliamo Scalfaro e Napolitano erano dei bei reazionari cinquant’anni fa, e adesso dovrebbero garantire per tutti e porre argine alla deriva. Così va il mondo.
    Ma voi lo sapete bene cosa significa questo. Che il punto di non ritorno è superato da un pezzo, che non puoi rattoppare più nulla. Una sinistra, che fa la sinistra, che vince le elezioni. Cioè in pratica sarebbe Niky e la fabbrica? Qualcuno ci crede davvero? Siate onesti, non dovete convincere me ma voi stessi.
    La baracca deve venire giù, e state certi che verrà giù. Sei mesi, un paio d’anni o cinque, fa differenza solo per chi nel frattempo continuerà ad accappottarsi e rimetterci le penne, ma la sostanza è la stessa.
    Solo le generazioni meticce potranno ricostruire su questa terra. Ma ci vogliono quindici anni. Dopo l’azzeramento.
    L.

  32. @Giorgio
    No, io non ragiono così. Per me metà del paese non è composta da minus habens. Hanno diritto di scegliersi un governo. Ma non un Nerone che incendia la città di tutti. E’ a questo che siamo, non a normale alternanza.
    Io ho sopportato democristiani e socialisti, Berlusconi non sono in grado: non è un avversario, è una cancrena.

  33. @Luca
    quando scrivevo di una sinistra dal basso non intendo dire che esamino i vari partecipanti al torneo elettorale per attribuire dal basso (piuttosto che accettarle dall’alto) patenti. Intendo dire che io (come te, come Valter, come tanto, presi uno per uno) faccio cose (“di sinistra”) nei termini in cui ne scrivevo. A volte le mie “cose di sinistra” sono scritti e hanno per qualche minuto uno sbiadito eco nazionale, a volte sono lotte talmente locali da essere scambiate per lotte sindacali. In tutta franchezza, non mi pongo il problema di rifondare o salvare, e neanche quello di accompagnare o accelerare il crollo: faccio. Non ho attese messianiche di fabbriche altrui: dobbiamo essere noi la fabbrica di noi stessi.

  34. @valter
    chi ha detto che è composto da minus habens? non credo affatto che il berlusconismo sia una cosa da “stupidi”, come non era il fascismo.
    (sui democristiani come governo sano, poi, avrei molto da eccepire. ma è un altro discorso)
    @girolamo
    è vero, procedere senza attese messianiche. tratto drammatico di molta sinistra

  35. Perchè parlate tutti di Aventino? Posso fare una proposta? Non si potrebbe invece risalire alla rivoluzione francese e disseppellire il giuramento della Pallacorda? L’opposizione non ha le palle per farlo? Certo che non le ha. Una grande manifestazione nazionale che abbia un solo obiettivo: raggiungere i due milioni. Questi due milioni sarebbero la legittimazione dell’autoproclamazionedell’opposizione ad assemblea nazionale. SE NERONE COMPRA TUTTI I PARLAMENTARI IL PARLAMENTO STESSO NE ESCE SNATURATO. L’assemblea nazionale sarebbe la premessa dello scioglimento delle camere. Senza un colpo del genere il notaio Napolitano non lo svegli! Se ho detto una cazzata ditemelo. Condivido le premesse di Valter, Wuming4 ed anche di Asor Rosa.

  36. @Wu Ming, Cappozzo e tutti
    Da quando la discussione è stata presa in mano dagli uomini, con lo sparire via via delle donne delle prime battute, l’atmosfera si è resa sempre più inquietante e sinistra – e non intendo politicamente. Intendo paurosa.
    Contenuti condivisibilissimi e illuminanti, ma che mi fanno venire i sudori freddi, ad un livello intuitivo e allo stesso tempo concreto.
    ‘L’onda è già passata, il fascismo 2.0 è qui da tempo, non servono argini per ciò che è già fra noi’, riassumo semplicisticamente.
    Siamo sicuri?
    Io dico che siamo un vaso colmo. Uno di quei vasi colmi a cui continui ad aggiungere gocce, una dopo l’altra. All’inizio titubante, timoroso di vedere l’acqua spandersi tutt’attorno. Poi sempre più baldanzoso, perché anche se l’acqua è sull’orlo sembra non versarsi mai, qualunque cosa tu aggiunga. Poi diventi incurante, ti abitui, e pensi che, qualsiasi carico tu aggiunga, l’acqua rimarrà nel vaso.
    Ovviamente non è così. Basterà davvero una proverbiale goccia, piccola piccola, che a quel punto avrà conseguenze imprevedibili anche a chi la promuoverà.
    Cari amici uomini, non sottovalutiamo le possibili conseguenze di questo clima. Quando, dopo magari anni di studi sulla nonviolenza, senti una voce di pancia che dentro di te erutta un odioso “qualcuno gli spari”, più e più volte, come accade sempre più a tante persone, occorre fermarsi e guardarsi. Non è una questione di giudizio né sicuramente del voler sparare davvero a qualcuno, ma se la violenza, dentro di noi e attorno (nelle continue umiliazioni al buon senso e a tutto ciò che per noi ha significato sociale prima ancora che politico) sale in questo modo disordinato, le conseguenze possono essere più dirompenti e perniciose di quel che pensiamo.
    Pensate davvero che il peggio sia continuare più o meno così, solo con malaffari simili? Avete idea delle conseguenze di un consolidamento della nostra situazione, ancora forse per poco percepita come anormale?
    Ad esempio: vi rendete conto di quanto sia vulnerabile internet all’interno di un paese dispotico? (basterebbe una delle leggi già proposte e blog come questo non sopravvivrebbero)
    O le vere conseguenze di una magistratura imbavagliata (magari giustificata da un equilibrio istituzionale completamente spezzato e sancito da cambiamenti o svuotamenti costituzionali, vero punto di non ritorno) con una mafia che sempre più in profondità mette le sue radici di gramigna nei rami dell’economia ancora vitale del paese, avvizzendola senza futuro?
    Se davvero le analisi più fruttuose di fascismo e nazismo possono essere ricondotte a un ‘cui prodest’, a chi giovano le possibili peggiori conseguenze di questa situazione? Io vedo, principalmente, il sistema mafioso. Aiutatemi voi a focalizzare lo sguardo, perché mi rendo conto anch’io che dire ‘mafia’ significa ormai dire tutto e nulla. Questo andazzo non giova al sistema imprenditoriale sano, che ci guadagnerebbe in affari e in posizione internazionale da ben altra situazione. Solo la mafia ci guadagnerebbe da un Paese così impoverito e immiserito anche culturalmente: alla fine sappiamo che i capitalisti hanno bisogno di un continuo potere d’acquisto del popolo, anche minimo, per poter prosperare. I mafiosi hanno solo bisogno di schiavi.
    Davvero, guardiamo ai risultati delle azioni, e a chi giovano: magari capiremo che D’Alema è nelle mani di Nicola Latorre così come Berlusconi è nelle mani di Dell’Utri, che i due sono controllori, non bracci destri, e che giocano per la stessa squadra, che non è mai la nostra. Come spiegarsi, altrimenti, che un giocatore non stupido come D’Alema abbia sempre fatto scelte che, al di là delle intenzioni sbandierate, hanno avuto come ultime conseguenze di favorire piani peggiori di Berl. e soprattutto chi per lui? Se un giocatore fa sempre autogol i casi sono due: o è molto stupido o gioca per l’altra squadra. Ma chi rappresentano davvero Dell’Utri e Latorre, che – controllate pure in internet – sono usi a mandarsi frequenti messaggi di stima pubblici e al limite del messaggio in codice? Voi, fini analisti, aiutatemi a capirlo. Wu Ming, Cappozzo e gli altri, cosa ne pensate? Certo, parlo solo di due persone con nome e cognome quando il problema è un intero sistema, ma se riusciamo a scoprire il vero nome del sistema tramite questo esempio… (e berlusconismo non vuole dire nulla). Come per i demoni, saperne il vero nome è un buon inizio.
    Infine, vogliamo nominare questo fantasma terribile che si aggira per l’Italia, quest’onda in agguato, ancora in incognito, ma che si nutre di ogni odio e di ogni umiliazione, bellamente ignorato da analisi che parlano con leggerezza di scossoni dovuti?
    Questo fantasma si chiama guerra civile.
    Che è una violenza disordinata come quella che ci ritroviamo dentro, e porta in direzioni imprevedibili, e paurose. Sicuramente non la auspico, perché ci guadagnerebbero gruppi che nel disordine prosperano, vendendo e usando armi, e sempre quelli sono. E nel disordine il timone è preso mai chiaramente e mai democraticamente, ma da gruppi già organizzati e sotterranei.
    Non prepariamo tutto questo dolore.
    Occorre una exit strategy prima di questo. Va bene piantare il proprio scudo ogni giorno per qualcosa. Ma se prendessimo una sola cosa e lo scudo lo piantassimo tutti assieme?
    Basta, stasera mi sentivo apocalittica e ho lasciato la chiarezza ad altri. Spero solo il mio commento serva a stare un po’ più attenti a ciò che si auspica. Bòn!

  37. Sogno da mesi che Napolitano sciolga la Camera dei Deputati , e intendo l’intervento di Asor Rosa come un grido d’allarme, prima che diventi impossibile ed inutile lanciarne.
    Un grido d’allarme perché si tenti qualcosa prima che la democrazia si autodistrugga, ricordando le forzature che Italia e Germania non fecero non, lasciando così a Mussolini e Hitler la possibilità di cancellare qualunque regola democratica.
    Volendolo considerare come la teorizzazione di un colpo di stato, invece, sarebbe meglio proseguire con questo quotidiano scivolamento in attesa della mossa finale contro la Magistratura e la Costituzione per arrivare alla cancellazione di tutte le regole della democrazia, o forzarne alcune per arrestarne la completa distruzione? E’ più pericoloso questo decennale attacco alle regole da parte di un’ enorme potenza mediatica-finanziaria con lo scopo di demolire tutto l’impianto democratico, o l’attacco momentaneo di alcune regole con lo scopo di salvaguardarlo?
    Dobbiamo avere paura di forzare le regole per impedire l’elezione di candidati :inquisiti, imposti dai padroni del partito, che detengono gran parte dei mezzi di comunicazione del Paese? Della sospensione dell’immunità parlamentare? Si ha paura di una forzatura delle regole che restituisca capacità di azione alla Magistratura ?
    AAA pensa ad una forzatura delle regole democratiche per salvare la democrazia.
    B forza le regole democratiche per distruggerla.
    lucio

  38. @ Sara Biga
    Personalmente non mi auspico proprio niente. Ho detto come la vedo: il vaso è tracimato da un pezzo, senza fare l’onda e senza schizzi, piano piano. La gang al potere (dichiaratamente berlusconiana o indirettamente tale, poco mi importa) può compiere atti formali di rottura definitiva delle regole, ma quelle regole già adesso sono decadute di fatto. Si può fare tutto, quindi non si fa niente.
    Il fantasma della guerra civile lo vedo eccome, anche se non credo che potrebbe essere combattuta come in Jugoslavia. Anche in questo caso penso a qualcosa di più strisciante, che si sta già dispiegando, se non altro nell’encefalo di chi vive in questo paese. Io stesso ho usato un’immagine guerresca e viriloide, è vero. Ma sono convinto che ormai si debba difendere ciò che di umano e di umanista rimane in noi dalla mostruosità che avanza da ogni lato. Sono anch’io convinto che una fila di scudi possa reggere meglio di uno solo e mi auspico che sia ben lunga e resistente. Ma i motivi per cui resistere, giunti a questo punto, credo che ognuno debba trovarli più in se stesso che fuori di sé.

  39. Direi che la lieta novella è che non possono essere usate immagini guerresche e viriloidi, ma che le immagini guerresche e viriloidi possono essere usate da tutti, indipendentemente dalla sesso biologico, senza che ciò sia socialmente sanzionato. Quindi non ‘normare diversamente’ (quel che fa Biga), ma de-normare, cioè liberare.

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