NERD DELLA FINANZA, CAMBIAMO LE PAROLE

La cosa più difficile è uscire da una cornice linguistica e narrativa che ci costringe a ragionare solo in termini imposti. Abbiamo perso molte parole, negli ultimi anni, e quelle che abbiamo imparato sono acronimi, o comunque provengono dal gergo finanziario: Btp, Def, Spread, Bot, Pil, Mot, Cct e così via. Quel che ripetiamo docilmente, fino a trasformarci in nerd delle percentuali,  è un linguaggio che non è nostro e che non comprendiamo fino in fondo, ma che, ci è stato detto e ne siamo stati convinti, è l’unico da adottare.
Ci è stato detto anche che occorre ragionare con le parole della finanza o di quell’economia “distorta” messa sotto accusa dagli stessi economisti (almeno, quelli come Joseph Stieglitz). Ci è stato detto che è superfluo, anzi rischioso, anzi “vecchio” tirare in ballo welfare, diritti, progetti, per non parlare di termini come “società”, “felicità”, “utopia”. Che è roba da sessantottini ingrigiti, da professoroni noiosi, da intellettuali perditempo, insomma.
Può essere. Allora, citerò uno squisito intellettuale, tutt’altro che perditempo e tutt’altro che noioso,  come Eugenio Lecaldano, filosofo e bioeticista, che ieri pomeriggio, durante una discussione a Reggio Emilia per le Giornate della laicità, si è chiesto: “Dal momento che occorre solo parlare di conti, qualcuno sa quanto è costata allo Stato italiano la legge 40, solo col suo corredo di ricorsi (bocciata 20 volte su 28 pronunciamenti di tribunale, ci si ricorda qui) e referendum? Quanto ha appesantito se non danneggiato il nostro bilancio?”.
Dimenticarsi dei diritti, e creare mostri come questa e altre leggi, rendere più precarie le donne e i giovani, fare spallucce davanti allo scivolar via dei saperi (evidenziato anche come causa della nostra bassa produttività) significa anche essere anti-economici, è la conclusione. A cosa serve ragionare sulle parole, limarle e torcerle e renderle nitide, nel solo ambito letterario, se quelle parole appartengono, ormai, a pochissimi?
Buon lunedì.

6 pensieri su “NERD DELLA FINANZA, CAMBIAMO LE PAROLE

  1. VOGLIO LOREDANA LIPPERINI in Parlamento ! Finora nessun “politichetto” aveva detto parole cosi sensate sulla legge 40, nessuno .

  2. A proposito di parole. Geek era la parola da utilizzare al posto di nerd. Nerd ha più il significato di sfigato (relativo prevalentemente al comportamento e all’aspetto) che di smanettone, cioé geek (relativo prevalentemente alle capacità).

  3. …proprio data la connotazione semantica tendente allo sfigato andante, direi che “nerd” si attagli perfettamente a discorso!

  4. Ho letto il commento di Perilli e… Grazie, mi hai strappato una risata 🙂
    *
    Loredana, segnali una questione drammatica e, da parte mia, condivisa. Credo nella parola, profondamente, e le mie parole scritte non corrispondono a questo credo, lo so, non sono potenti né attuali. Né i miei argomenti sono efficaci o, almeno, io non sono in grado di renderli tali né ne ho la forza. Ma vorrei dirti che sento anch’io una spaccatura tra i pochissimi e… non so dire: gli altri? i tanti? Non lo so ancora perché questi altri, o questi tanti, mi sorprendono quando trovano le loro parole, ed in esse mi riscopro.

  5. Copio anche qui i due conti fatti da Maurizio Cassi.
    “Dice l’Osservatorio sul turismo procreativo (denominazione irritante, perché trattasi di emigrazione forzata e non di turismo) che ogni anno vanno all’estero 4.000 coppie, di cui 2.000 per omologa e altrettante per eterologa. Da come è stata fatta l’indagine (contattati i 90 centri maggiori, di cui solo 39 hanno risposto) si capisce che se va bene hanno censito la metà delle coppie, ma più probabilmente di meno; le stime (spannometriche) che faremo, pertanto, andrebbero moltiplicate almeno per due per avere valori più realistici. Ma, tanto, quello che ci interessa non è essere precisi (cosa impossibile con dati così approssimativi e incompleti), ma avere un’idea almeno dell’ordine di grandezza di cui stiamo parlando: sono milioni di euro? decine di milioni? miliardi? Proviamo a ragionare.
    Supponiamo che un’omologa costi circa 4.000 euro (il che è di certo troppo poco, ma meglio essere prudenti) e un’eterologa circa 6.000; e che tutte queste 4.000 coppie debbano sostenere spese di viaggio per circa 2.000 euro. Già così, si arriva a una spesa annua di 28 milioni di euro; con dieci anni di vigenza della legge, fanno la bellezza di 280 milioni (ma è più probabile che il conto superi i 500, date le insufficienze di cui si è detto prima: 39 centri censiti nell’insieme di tutti i paesi di destinazione, quando solo in Italia ce ne sono 358…). Non so quanto siano costati i 28 procedimenti giudiziari, perché non ho assolutamente idea dei costi in ambito giuridico; ipotizzando 500.000 euro a procedimento (vari gradi di giudizio, la Corte Costituzionale, ecc.), dovremmo aggiungere al conto di cui sopra altri 14 milioni di euro.
    Ecco di cosa stiamo parlando: di centinaia e centinaia di milioni di euro. Non milioni, e neppure decine di milioni: centinaia di milioni.
    Adesso facciamo dei conti veramente antipatici, considerando il tutto esclusivamente sotto l’aspetto economico. In Italia circa i 2/3 delle coppie si rivolgono al settore pubblico, e quindi possiamo ipotizzare che di questi circa 200 milioni (280 meno le spese di viaggio, che non ci sarebbero state in assenza della legge 40: scegliamo sempre l’estremo inferiore della forchetta, per prudenza) 67 si sarebbero trasformati in fatturato per i centri italiani; dato il livello di tassazione vigente (intorno al 44% complessivo sul PIL), 29 sarebbero rientrati nelle casse dello Stato e gli altri avrebbero contribuito a generare ulteriore reddito attraverso la spesa di chi li ha percepiti; 133 sarebbero stati a carico dello Stato, fatto salvo quanto recuperabile con il ticket. Le famiglie avrebbero pagato solo il ticket, risparmiando il resto.
    Questa, ovviamente, non è una stima scientifica e probabilmente contiene anche qualche errore dato il carattere di estemporaneità con cui è stata effettuata; però per i maniaci del “quanto costa” può avere un’utilità: alle coppie colpite da infertilità la legge 40 è costata almeno 300 milioni, ma quasi certamente molto di più. Allo stato, di certo il costo dei processi. Ma soprattutto la disaffezione di parecchie migliaia di cittadini, che non ha prezzo”

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