NON E' UN PAESE PER VECCHIE SU REPUBBLICA

Leonetta Bentivoglio recensisce Non è un paese per vecchie su Repubblica di oggi.  Un grazie è poco.
Esiste un invecchiamento accettabile? C´è un´odierna prospettiva in grado di difenderci dalla sofferta percezione della nostra decadenza? Sono domande che aggrediscono chiunque attraversi – un po´ piangendo per lo stato delle cose un po´ ridendo per i molti aspetti grotteschi del degrado – il viaggio perturbante e intrepido nella terza età compiuto da Non è un paese per vecchie (Feltrinelli, pagg. 206, euro 15) di Loredana Lipperini, già autrice (nel 2007) di un´indagine altrettanto problematica, Ancora dalla parte delle bambine. E rispetto a quel libro di successo, fotografia di una generazione di ragazze «che volevano diventare presidenti degli Stati Uniti e hanno partorito figlie che sognano di sculettare seminude al fianco di un rapper», questa nuova impresa della scrittrice (giornalista culturale e animatrice del blog www. lipperatura. it) può fungere da complemento necessario. È l´altra faccia della luna, ma la luna è la stessa. Perché se è vero che lì si parlava di bambine e qui di «vecchie» (parola impronunciabile e scabrosa), ciò che sospinge entrambi i percorsi è l´urgenza delle donne di essere considerate innanzitutto persone, come in anni non lontani chiese, evidentemente inascoltato, il femminismo.
In tal senso Non è un paese per vecchie (titolo che declina al femminile quello di un agghiacciante romanzo di Cormac McCarthy e del film dei fratelli Coen che ne è stato tratto) può anche farsi leggere come la cronaca di una sconfitta. Com´è potuto accadere?, è l´interrogativo che ronza nella testa di chi affronta quest´analisi preziosa di un´epoca di smarrimenti identitari, brutali discriminazioni anagrafiche e di genere, supplizi che ci s´infligge per contrastare l´età reale, testimonianze di disgusto socialmente incoraggiato verso il corpo femminile non più fertile. Fanno davvero tremare i tanti dati forniti dal libro, che parte sondando il popolo degli anziani in generale. I vecchi fanno paura perché sono troppi. I vecchi, e soprattutto le vecchie, non appaiono in televisione, se non ridicolizzate o umiliate nell´antico ruolo di megere. I vecchi rubano lavoro ai giovani. I vecchi, sebbene spesso garanti delle famiglie (lo dimostrano i rapporti Istat), non meritano difese, e molti, in questo paese di vecchi ma non per vecchi, finiscono per scivolare in condizioni infami di abbandono.
Legittima questo panorama di ferocia conclamata l´idea più o meno inconscia che sia lecito infierire sulle incarnazioni del massimo tabù. «Per la vostra generazione il tabù era quello del sesso, ora è quello della vecchiaia e della morte», suggerisce all´autrice sua figlia. Mostrarsi vecchi è quindi pericoloso e osceno: bisogna essere efficienti e colmi di desideri. Giovinezza è l´imperativo di un paese la cui popolazione invecchia sempre più, nel continuo dilatarsi di una categoria umana che incute terrore, e questo alimenta pregiudizi e rifiuti. Il gioco si fa duro quando si pesca negli anfratti oscuri della rete: su YouTube si grida che «i vecchi devono crepare», e sgorgano dai blog fiumi sciagurati di insulti.
La faccenda si aggrava ulteriormente con la distinzione di genere, perché allo scherno e alla violenza si somma l´ingratitudine sociale: la maggior parte delle «vecchie» italiane fanno le nonne a tempo pieno, e su di loro pesa la cura di case e famiglie. Utili, funzionali? Macché. Soltanto vecchie. Perché la morte della bellezza femminile, nell´immaginario collettivo, riflette la morte stessa del femminile. Lo sa bene la pubblicità, di cui Lipperini smonta meccanismi e strategie. Limite invalicabile sono i cinquant´anni, quando si precipita nell´«abisso» della menopausa, là dove s´aprono zone di delirio in cui le donne, più che mai afflitte dall´incapacità di guardarsi allo specchio, si trasformano in maschere della chirurgia estetica: un altro modo di annientare il corpo, una versione capovolta del disformismo delle giovani anoressiche.
Spicca tra i corollari di questa situazione folle il fenomeno «coguare», caricature di tardone assatanate a caccia di giovanotti, mentre puntano a fremiti passionali per strade molto più fantastiche le «vecchie» del clan Twilightmoms: mamme e nonne (con tanto di sito) innamorate dei ragazzi-vampiri che campeggiano nei libri prediletti dalle adolescenti; e cosa importa se figlie e nipoti le sbeffeggiano: le stagionate fan di Twilight vivono una loro rinfrancante trasgressione all´interno di un esistere al femminile snaturato e irrigidito dalla perversione dello sguardo sociale sull´età del declino. La verità è che il tema della vecchiaia fa luce sui guasti dell´intero sistema, segnalando che «l´alternativa non può che essere radicale: cambiare la vita», scriveva Simone de Beauvoir. Libera e audace fino in fondo, Lipperini ne è convinta: «Di questo abbiamo bisogno. Ora».

17 pensieri su “NON E' UN PAESE PER VECCHIE SU REPUBBLICA

  1. Va anche detto che contemporaneamente “Libero” (ciao ragazzi, lo so che passate ogni giorno da queste parti: preso il caffè?) mi dedica un bel paginone dal titolo “Neofemminismo”, sottotitolo, “Le streghe sono tornate e ce l’hanno con Libero ma non ci fan tremare”, firmato addirittura da Francesco Borgonovo. Un capolavoro di finezza, a suon “a noi le mummie non piacciono” e “La notte delle gnocche viventi”. Ringrazio di cuore: non osavo sperare tanto. 🙂

  2. Noto solo in margine, e poi chiudo definitivamente, come le polemiche di questi giorni in cui sembra centrale l’inno alla carne e al corpo (delle donne) e lo sberleffo alla condanna platonica della materia (e alla relativa dicotomia tra spirito e corpo), si rivelino, nella loro sostanza, ‘platoniche’ in quanto al corpo e alla carne, come li sperimentiamo empiricamente, sostituiscono una ‘idea’ del corpo e della carne, per cui in realtà, senza saperlo, tornano alla demonizzazione della materia che, per sua natura, è corruttibile.
    Ma di questa corruttibilità nessuno parla, se non per condannarla spietatamente. Per cui davvero ben venga i tuo libro.

  3. Beati i vecchi, ho letto da qualche parte (mi si è concellatato il nome dell’autore dall’appunto), che “non temono di sbagliare le decisioni che determineranno il corso della loro esistenza, non temono
    di non avere successo, non temono di non trovare lavoro o di non fare
    carriera, non temono di morire prima del tempo… Per un giovane
    la morte è una perdita secca. Il vecchio ha fatto i suoi giochi. Può vivere
    ormai senza ansia”. Senza nulla togliere alla disperazione della tua analisi*-°

  4. Comunque i giornalisti di Libero hanno nei confronti di Loredana Lipperini la stessa attenzione (morbosa) dei digossini che tengono sotto controllo i telefoni. La seguono con l’assiduità dei fans più accaniti.

  5. Le ragazze nate in primavera
    hanno nuvole in testa
    e vento nei capelli
    Le mani come nidi
    da riempire di sogni
    e di mari in tempesta
    Le ragazze nate in primavera
    ostinate guerriere
    ispirate da Marte
    hanno frecce di sole
    e faretre di luna
    sulle spalle leggere.
    Le ragazze nate in primavera
    non invecchiano mai
    e si vestono a festa,
    con mazzetti di viole
    fra ingrigiti capelli
    per il tempo che resta.
    ( Sara Ferraglia)

  6. Troppi complimenti, poi quelli di Libero pensano ad una cosca prezzolata. Intervista anche con Massimo Maugeri. Giorni affannati. Nelle prossime presentazioni ricordati di citare l’apporto fondamentale di D’Andrea G.L.

  7. Dopo giorni di attesa alla cartolibreria mi hanno consegnato trionfanti il libro… di McCarthy :))
    basta avere pazienza, e noi donne ne abbiamo, no?

  8. Mi permetti queso link?
    http://www.repubblica.it/cronaca/2010/09/13/news/sereni_padri_separati-7018364/
    «Non è un paese per padri separati», se vogliamo usare ‘sta formula ormai un po’ trita. Nel paese dei décolleté inquadrabili, magari si inquadri anche il fatto che nelle cause divorzili quasi sempre la ragione viene data, di default, alle donne, almeno da quel che mi risulta.
    La ragione ancestrale in Italia a me pare che sia che il sistema giuridico (che è maschio) ritiene le donne esseri inferiori e quindi le tutela oltremisura; e le giudici femmine fanno corporazione di genere e spesso parteggiano per le mogli, a prescindere.
    Marco Pellitteri

  9. Dopo aver letto il libro della Lipperini, mi verrebbe voglia di sparire. Il libro è un ritratto reale e impietoso di una società che non accetta d’invecchiare. Come donna, che ha superato i fatidici cinquanta, si proietta un futuro poco roseo. Non inseguo la bellezza perduta ad ogni costo, mi interessa conservare una parvenza di decoro e dignitosità. Ha perfettamente ragione la scrittrice: l’unica soluzione è cambiare la vita.
    E anche la società deve cambiare….

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto