RISACCA

Questo non è il post che ho promesso ieri notte: semmai, questo è un modo per avvicinarsi a una riflessione conclusiva – ammesso che ce ne siano – e per condividere alcuni materiali e alcuni spunti che si devono anche agli ultimi avvenimenti.
Credo, dunque, che ci troviamo in un momento complesso. Lo definisco il momento della risacca.

Risacca – s.f. (moto di ritorno dell’onda fermata e respinta da un ostacolo ) fenomeno che si verifica più spesso e in maniera più accentuata sulle coste ripide.

Un anno fa, ho parlato qui di una sensazione sgradevole: ovvero, il presentimento di un rischio che riguardava la “questione femminile”. Eravamo reduci, nel settembre 2009, dal caso Noemi-D’Addario: la “questione femminile”, fino a quel momento sotterranea, era emersa e portata quotidianamente alla pubblica attenzione. Naturalmente, è stato importante. Altrettanto naturalmente, una problematica annosa e irrisolta è stata semplificata. Tre volte naturalmente, è stata, come temevo, edulcorata, addomesticata, resa innocua. La complessità del discorso è stata ridotta allo slogan del “nuovo femminismo”. Ora, il “nuovo femminismo”, analogamente a quanto è avvenuto con il “vecchio”, è stato chiuso nella cornice già nota. Ovvero, donne che rifiutano il corpo, la bellezza, il sesso. O meglio: donne che “hanno problemi” con il corpo, con la bellezza, con il sesso. Donne che impediscono alle altre donne di vivere serenamente e felicemente il corpo, la bellezza, il sesso.

Ma io non ne posso più delle brutte che difendono le belle, delle devastate in amore che mettono in guardia le donne corteggiate cercando di impedire a loro di provare a vivere un sentimento, di lesbiche represse
Ottavio Cappellani (Affari Italiani)

Come si arriva all’equivoco? Non in un unico modo. Primo, entrando a piedi pari nella narrazione di Silvio Berlusconi. Qui le belle tuse, di là il settore menopausa. O anche, qui la libertà sessuale, l’allegria, la felicità, di là le bigotte, le noiose, le moraliste. Questo è il frame, e in questo frame, ahimé, si è caduti. Il bersaglio si è spostato sul velinismo, e non su tutto quello che eventualmente suggerisce alle donne come strada privilegiata l’uso del corpo per ottenere qualcosa che altrimenti diventa molto più difficile ottenere, all’insegna di quello che non è solo uno slogan: my body is my business. E’ un errore. E’ come esaminare il risultato finale ignorando il percorso. E, soprattutto, lasciando sullo sfondo, sempre di più, tutti i fattori (disuguaglianza economica e professionale A FRONTE di migliori risultati scolastici, aumento di violenza e omicidi che hanno le donne come vittime) che fanno del nostro paese uno degli ultimi in materia di parità fra generi. Il “neo femminismo” che fa venire la pelle d’oca a molte giovani e colte colleghe viene equiparato a questo. Grave. Gravissimo. Perché chiunque avrà buon gioco a smontarlo. Come sta avvenendo in questi giorni.

“donna frustrata sessualmente” (Melania Rizzoli sulla finiana Angela Napoli)

Secondo passo: si sono moltiplicati a catena i discorsi sul femminile. Importante, qualora chi ha cercato, commissionato, pubblicato quei discorsi abbia un progetto non mirato esclusivamente al business. My book is my business. So che questo è un punto controverso e difficile e scomodo, ma provo ad accennarlo lo stesso, assumendomene la responsabilità. Io ho la sensazione che dopo il caso Noemi, molti editori abbiano cercato di pubblicare testi sulle donne in modo non molto diverso dalla caccia al mystery dopo Dan Brown e al vampiro dopo Stephenie Meyer. E’ normale. Ed è redditizio. Ma moltiplicare i discorsi alla cieca comporta dei rischi. Eccoli.

Ciò che il pensiero femminista più arcaico finge colpevolmente di non capire, è che in una società libera di cittadine e di cittadini maggiorenni nessuno può imporre a nessun altro un comportamento, un’ideologia, uno stile di vita. (Fabrizio Rondolino, Viva la gnocca)

Semplificare i discorsi significa perdere di vista il quadro generale. Ed ecco, che dopo il caso Campiello, rialzano la testa tutti coloro che non attendevano altro per banalizzare la questione femminile ad un solo stereotipo: il ritorno del femminismo normativo. Faccio un esempio. In un libro uscito qualche tempo fa per Neri Pozza, Maledette vi amerò, si omaggiano le eroine del fumetto porno italiano. L’ultima storia si chiama Amore libero, è firmata da Giovanni Romanini e Lucio Filippucci e ha come protagonista Cicciolina. Ad opporsi alla libertà sessuale dell’eroina è un comitato di femministe in tailleur con un ciuffo di peli che escono dai nei. Una semplificazione, certo: ma è quella semplificazione che è tornata come un macigno a schiacciare tutti i distinguo. Oggi.

Diciamo anche che hanno abbondantemente rotto i coglioni i moralisti/e, normalmente lerci/e più di tutti gli altri, che ostentano finta perplessità sulla questione.(commento a Rondolino)

Dire cosa non ha aiutato è molto semplice (aggiungo che l’assoluta incapacità di molto “movimento” delle donne a unirsi per un obiettivo concreto, come una riflessione comune sull’immaginario femminile nei media italiani, ha contribuito non poco: e, purtroppo, sono stati i sospetti reciproci e le divisioni vecchie e nuove a prevalere). Dire cosa fare è, come sempre, difficilissimo. Dal canto mio, continuerò a fornire materiali e occasioni di riflessione. Questo, come sempre, è il primo passo. Per me.

192 pensieri su “RISACCA

  1. @Madame Anais. Sì, riconosco il suo contributo molto utile, da rifletterci su.
    @Wu Ming 1. A prescindere dal fatto che differenze comunque rimangono pure a livello intellettuale, mi riferivo ad una situazione ideale, in cui ciascuna/o ha la possibilità di lavorare sulle proprie potenzialità. Ma l’intervento di Madame Anais mi pare abbia resa frivola la mia domanda. Quindi mi fermo qui.

  2. @ Simone,
    ma cristo, stiamo parlando di libertà di critica sì o no? Tu fai una scelta, io posso criticarla. E’ l’ABC e non capisco dove porti negarlo. Hai usato tu il verbo “criticare”. Non “impedire” la scelta, non “reprimere” la scelta, non “rendere impossibile” la scelta. Hai detto “criticare”. E criticare una scelta (qualunque scelta) si può, sempre. Lo si farà più o meno a ragion veduta e più o meno a cazzo di cane, ma se parli del criticare, chiunque è libero di criticare le scelte di chiunque altro. Si chiama “libertà di parola”, e non capisco dove stia il punto di frizione. Io parlo sul piano generale, perché se rimaniamo con gli occhi fissi agli esempi che proponi, non ci si rende conto della pericolosità del principio che rischia di affermarsi. Qui non si tratta di me che critico una specifica scelta, ma di chiunque che è libero di criticare o meno qualunque scelta altrui. Non impedire, ma criticare sì. Dopodiché, certo, è politicamente rilevante criticare i dispositivi. Ma si è anche liberi di criticare le singole scelte, rilevante o irrilevante che questo sia sul piano politico.

  3. X valeria
    Bè la differenza tra intelligenza e stupidità è un po’ diversa da quella fra belli o brutti. se uno nasce bello o brutto ( non è nè colpa nè merito suo poi da adulto starà a lui/lei che rapporto impostare con la propria fisicità se lasciarla com’è o ricorrere alla chirurgia estetica tenendo presenti i dispositivi e i condizionamenti della società che impone determinati modelli di bellezza e bruttezza.
    Con l’intelligenza è un po’ diverso, a mio parere nessuno nasce stupido (ovviamente parlo di persone non affette da disabilità mentali quello è tutt’altro discorso in cui non sarebbe peraltro corretto parlare di “stupidità”), stupidi si diventa, lo stupido è spesso una persona che non ha curiosità per ciò che la circonda, che, pur potendolo, non legge, non s’informa, non viaggia nè col corpo nè con la mente, non guarda al di là del suo naso per paura o per pigrizia mentale.
    Certo ammesso e non concesso che le definizioni di intelligenza e stupidità siano chiare e univoche. E non lo sono affatto

  4. @Wu Ming1: no, non in generale. Stai sul punto: vuoi conservarti la libertà di criticare la scelta di una donna o sottoscrivi l’idea: eguale riconoscimento alle scelte, nessuna critica ad esse per rischio di paternalismo. Critica dei dispositivi. Giuro che si mi dici che sei d’accordo ti mando a quel paese come ha fatto Tarantino ieri con i giornalisti e faccio finta di odiarti lo stesso. No problem, man.

  5. @Simone, allora ti faccio anch’io un esempio specifico, di una donna che fa una scelta sul proprio corpo.
    La Binetti indossa il cilicio. Io non glielo voglio impedire e sarei contrario a qualunque intervento per impedirlo, però su questo suo portare il cilicio posso o no impostare un discorso critico? Posso dire che secondo me quella pratica (molto in voga nell’Opus Dei), pur liberamente scelta, è indicativa di qualcosa di sinistro, di una visione del mondo che mi fa gelare il sangue? Posso dire che se quella visione del mondo tornasse egemone com’era un tempo, per noi sarebbero cazzi amari?
    Analogamente, potrei spostarmi sull’altro lato del dibattito sul corpo, e, pur non volendo impedire a nessuno una scelta su se stesso, fare un discorso critico sulla visione del mondo che vedo operante in altre scelte, es. precipitarsi in mille al centro commerciale di Viggiù per partecipare a un provino per aspiranti veline o letterine o chessò io. Per me è un “cilicio” pure quello. Libere di portarlo, ma anch’io libero di dire che la cosa non solo non mi convince, ma mi avvilisce pure.
    No, non mi incastri, man. Voglio conservare a me stesso e a chiunque la libertà di esprimere un’opinione *critica* (cioè, come dice anche l’etimo, improntata al distinguere) sulle scelte compiute da chiunque, donna o uomo che sia. Che si tratti di votare per il rifinanziamento della guerra in Afghanistan o diventare l’amante di un ufficiale delle SS, di raccogliere firme contro l’aborto o tatuarsi una svastica sulla fronte. Sono tutte scelte, no? E io sono libero di criticarle.

  6. @Wu Ming 1.
    “Posso dire che se quella visione del mondo tornasse egemone com’era un tempo, per noi sarebbero cazzi amari?”
    Scusami, davvero solo per capire. Stai parlando di una visione del mondo egemone, non di una scelta individuale.
    Ma qui si ipotizza, in astratto, di scelte individuali fatte all’interno di visioni non egemoni.
    E in effetti, è la visione egemone del corpo femminile che critichiamo qui, non le singole scelte delle donne.

  7. @Wu Ming1: non ti incastro, voglio capire. E in effetti sì, su questo punto c’è distanza. Sul decidere singolarmente di portare il cilicio, fare la velina et alia io non voglio impostare nessun discorso critico. Anche se naturalmente posso ritenerlo non il massimo della vita. Per due ragioni ben precise: 1. Perché c’è il rischio che, legittimando “di diritto” questo discorso, si apra lo spazio, “di fatto”, a critiche o moralistiche o paternalistiche o altro. Chi le controlla più? C’è il rischio che magari uno o una dica che la Avallone quel vestito avrebbe anche potuto non metterselo: in nome di cosa potrei contenere questo tipo di critica visto che di diritto ho legittimato la critica a scelte libere? Se legittimo questo discorso ho molto da perdere e credo nulla da guadagnare. 2. Perché così pongo il problema in termini più politici di dispositivi e salvaguardo nell’analisi un punto cruciale: che tra dispositivi e scelte dei singoli non c’è rapporto causale lineare, deterministico.

  8. @ Valeria,
    no, sto parlando della scelta singolare di portare il cilicio. Cosa che, almeno in occidente, fa parte di una visione del mondo non egemone.
    E’ invece egemone la visione del mondo che inferiamo dalla scelta di partecipare ai provini per veline negli ipermercati.
    Vorrei comunque capire con quale rasoio di Occam voi riusciate a stabilire in maniera così netta dove finisca il piano generale, o il dispositivo, e dove cominci la singolarità. Io non sono affatto sicuro di sapere dove stia questa linea di confine oltre la quale non ci si dovrebbe avventurare nella critica, e infatti continuo a sostenere che esistono *tante* scelte *diverse* che non si lasciano rappresentare da un modello astratto (es. “La Scelta Di Una Donna Sul Proprio Corpo” oppure “La Scelta Di Un Elettore Nel Segreto Dell’Urna”) e su cui quindi non è possibile esprimersi una volta per tutte (“Dimmi se ritieni lecito criticare La Scelta Di Una Donna Sul Proprio Corpo!” oppure: “Non vorrai mica criticare La Scelta Di Un Elettore Nel Segreto Dell’Urna”?). Non esiste LA scelta e io mi ritengo libero di vagliare (o almeno provare a farlo), in ogni scelta, se e come sia stata condizionata da cosa, che influenza abbia sugli altri etc.

  9. @ Simone, e perché “non lo ritieni il massimo della vita”? Guarda che basta che inizi a rispondere a questa semplice domanda, e stai già facendo un discorso critico. E non c’è niente di male. C’è il rischio di aprire lo spazio etc. etc.? E’ il rischio della libertà d’espressione. E si combatte nella battaglia delle idee, non interdicendosi la presa di parola per tema del “paternalismo”.

  10. In parole mooolto povere.
    Quando tu dici: “Rispetto la scelta di X ma non la condivido”,
    uno potrebbe chiederti: “Per quale motivo non la condividi?”
    Se tu rispondi e spieghi il motivo, stai già impostando un discorso critico.
    Davvero, è una banalità di base. Mi sembra incredibile doverla ribadire.

  11. Vabbè però non si può limitare il diritto di critica perchè si ha paura di una certa critica moralistica e paternalistica se tali critiche ci saranno ho il diritto di criticarle a mia volta, ma non posso tacitarle.
    Libertà di scelta, libertà di annalizzare criticamente queste scelte, i motivi, i condiziionamenti ecc.. e il diritto anche di criticare le critiche, analizzarle, destrutturarle ecc..

  12. @Wu Ming1: naturalmente io posso avere la mia opinione anche sulla scelta di una donna. Non chiedo un esercizio zen di assoluta indifferenza. Dico solo che non mi interessa articolare un discorso critico nello spazio pubblico in merito a queste scelte. Tutti qui. Ti a

  13. @Paolo 1984. Mi era sfuggita la tua risposta. Non lo so se la differenza tra qualità fisiche e intellettuali sia poi così netta, e se delle une non si sia responsabili e delle altre sì.
    Io credo che ci siano, inevitabilmente, diverse forme nello stare al mondo, sia fisiche che intellettuali, e che utilizzare canoni esterni per decidere quale sia la forma migliore mi pare frivolo più che sbagliato.
    Ci sfugge in questo modo la dimensione tragica dell’esistenza. Per questo dicevo, e non era una battuta, che come esiste una ‘moralina’ esiste anche una ‘estetichina’.
    .
    @ Wu Ming 1. Io sto cercando veramente di capire, Wu Ming 1. E, per questo preferisco il piano concreto degli esempi.
    Da parte mia io non critico il fatto che la Binetti porti il cilicio come non critico il fatto che qualcuno incida il proprio corpo con piercing e tatuaggi.
    Riconosco che queste scelte individuali siano dettate da visioni del mondo diverse e a volte opposte, che io posso non condividere (una sola o entrambe) e anzi, legittimamente, criticare. Ma i due piani, tra una pratica individuale e una visione del mondo, per me rimangono diversi. Anche se certo la seconda condiziona la prima (non esiste ‘scelta’ senza un sistema, anche implicito, di riferimento).
    Se invece una visione del mondo, entro cui è stata operata una scelta individuale, vuole diventare egemone allora io ho tutti i diritti di oppormi con tutti i mezzi.
    .
    Non mi pare che ci sia bisogno del rasoio di Occam per operare questa distinzione.

  14. X valeria
    Sì infatti precisavo che dire cos’è l’intelligenza e cos’è la stupidità non è affatto facile, io tendo a fidarmi della mia secondo cui lo stupido è chi manca di curiosità verso se stesso, i suoi simili, ciò che lo circonda, il mondo, chi, pur avendo i mezzi per farlo, non tiene “alllenata” la sua mente studiando, leggendo, confrontandosi con gli altri, cercando di essere “empatico” (con l’empatia entriamo nella sfera dell’emotività ma c’è anche chi ha parlato di intelligenza emotiva quindi si può parlare di stupidità emotiva) e di vedere gli altri esseri umani non come mezzo ma come fine riprendendo Kant.

  15. Simone e Valeria. Boh, forse diamo un significato diverso al verbo “criticare”. Evidentemente voi lo usare come sinonimo di “stigmatizzare”, oppure “moraleggiare”, non so bene. Io parlo di “fare un’analisi critica”, anche radicale, anche dura. Se fare un’analisi critica di scelte e comportamenti, cercando di ricondurli a contesti e dispositivi e condizionamenti, è visto come qualcosa di arrogante, paternalistico, autoritario o che altro, che dire? Per me si pregiudica qualunque possibilità di capire il mondo. Io comunque continuerò a farla lo stesso, quest’analisi critica, tra me e me oppure pubblicamente.

  16. Ultimo commento, anche perché mi si incrociano gli occhi e le dita, dopo un pomeriggio passato davanti al computer, a lavorare e a saltellare sul blog.
    E, anzi, chiedo scusa anche del mio italiano sempre più sgangherato.
    .
    Wu Ming1, mi pare, e parlo per me ovviamente, che, nella sostanza, siamo d’accordo.
    Credo che ‘criticare’ un comportamento cercando di individuare i contesti, i dispositivi e i condizionamenti da cui nasce sia legittimo. Senza questa operazione ogni tentativo di destrutturare gli elementi del contesto da cui nasce mi pare impossibile.
    Rimane il fatto che per me, a livello individuale, ogni comportamento che non danneggi un’altra persona, è legittimo (non stigmatizzabile).
    Oltretutto, e questa è una critica che faccio anche al mio modo di formulare fino a qui la questione, una scelta individuale è condizionata da tanti e tali fattori, il più delle volte inconsapevoli, che mi pare molto arduo esplorare. E’ difficile dall’interno, figuriamoci dall’esterno.
    Per cui quando parliamo di contesti da destrutturare possiamo riferirci solo a ‘visioni del mondo’ e ‘sistemi di riferimento’ molto generali.
    .
    E ora chiudo il computer. Ma credo che oltre il punto in cui sono arrivata, almeno per oggi, non riuscirei ad andare.

  17. A, vabbé, allora pure io ve lo devo: “grazie men”.
    Caro Simone Regazzoni, mi fai sentire tanto ‘io tra di voi’, ma va bene lo stesso 🙂

  18. Davvero interessante il documentario proposto da Madame Anais, secondo me centrale nel dibattito. Dispositivi, meccanismi, scelte, apparirebbero sotto una luce diversa se si disinnescasse il problema a monte. Ma il problema non è una bazzecola, qui siamo in Italia, la terra che ospita il vaticano, e l’idea portante del documentario andrebbe a scoprire il piumone di ipocrisia che avvolge il nostro modo di vivere e, successivamente, di pensare. (quando dico nostro mi ci metto dentro perché pensiamo di esserne immuni e invece non è così.)
    Che PUTTANA come termine diventi sinonimo di rivolta, di libertà, di autogestione del proprio corpo come poi è, (stando a vedere i dati del documentario e anche i miei che, operando in un motel, ho una discreta visuale, seppur in “micro”, sulla questione, e posso confermare che sono di più quelle che lo fanno per scelta che le costette. [che identifico principalmente nelle straniere, anche se non ho dati per dirlo]) è una battaglia che dovrebbero fare le femministe come chiunque abbia a cuore la causa delle donne.
    In Italia i bordelli li hanno fatti chiudere, e possiamo immaginare come verrebbe accolta anche la sola ipotesi di riaprirli. E anche l’equiparazione delle prostitute agli altri lavoratori, con tutti i diritti che seguirebbero, non credo verrebbe vista di buon occhio. Come per altre cose, tipo le droghe, ho la netta impressione che si preferisca mantenere “i vizi” della nostra società sotto il bel piumone di “ipocrisia” che dicevo all’inizio. Per mille motivi. Madame Anais dice che il problema non è solo nostro, l’america è esportatrice sana di questa ipocrisia. Parlando di noi, se consideriamo che il vaticano vede il sesso necessario “solo” per la riproduzione e che invece la nostra società ce lo propina ossessivamente “solo” per godimento possiamo cominciare a capire il perchè del piumone. C’è molto da riflettere. Grazie per il documentario, lo diffondo come posso.

  19. Ero fuori sede, ho letto tutto d’un fiato.
    Chiedo @ REGAZZONI:
    Simone nel tuo primo commento, del 7 settembre dici che il “complimento” (lo virgoletti tu) di Vespa è “assolutamente fuori luogo”.
    Perché fai questa critica sulla libera scelta di un singolo? Non sei per un (ti cito) “eguale riconoscimento alle scelte, nessuna critica ad esse per rischio di paternalismo”?
    Dici ancora: Avallone “ha saputo liquidare nel migliore dei modi” Vespa. Modi differenti sarebbero stati peggiori? Li avresti criticati? Non sarebbero stati altrettanto libere scelte? E se lo sono perché questo della Avallone è stato il migliore dei modi? C’è una classifica (dal migliore al peggiore) dei modi di comportamento?
    Poi dici: “Silvia Avallone è una brava scrittrice. Sì, alla premiazione aveva un bel vestito. E sì, è pure una bella ragazza.” E’ una annotazione critica la tua? Attraverso quale sistema di dispositivi puoi affermare questo? Gusto personale? Opinione personale, e paternalista (il dovere di difendere la Avallone che si difende benissimo da sola, mentre sulla bellezza adamantina di WM1 mai una parola spesa), o idea del bello condivisa? Grazie a quale canone, che mi stai imponendo, puoi affermare questo?
    Credi che stia facendo ironia?
    Un saluto alla crew.

  20. Un link che mi sento di consigliare:
    in questo thread è stato nominato Massimo Recalcati.
    Recalcati è uno psicanalista che si occupa soprattutto (ma non solo) di disturbi del comportamento alimentare (anoressia, bulimia etc.)
    Qui:
    http://bidieffe.net/?page_id=443
    c’è il video di una sua conferenza, che funge anche da presentazione al suo libro L’uomo senza inconscio. E’ roba densa, anzi densissima. L’inizio risulterà ostico a molti, ma bisogna avere pazienza perché, pian piano, tutto si fa più comprensibile. Dal diciassettesimo minuto in avanti il discorso si fa più chiaro e ricco di esempi (“principio di prestazione”, ossessione salutista, culto nevrotico del corpo, rimozione della pulsione di morte, paranoia, melancolia etc.). Magari non si è d’accordo su tutto, ma è illuminante.

  21. Grazie Loredana, questo suo post fa davvero molto bene il punto della situazione, così come i suoi libri.
    Credo che un passo individuale sia raggiungere la capacità di allontanarsi il più possibile dal concetto di giudizio, che non potrà mai essere puro, mai unicamente personale, mai certo di non perdersi nel ragionare delle parole…
    E pensare che le cose più importanti per la vita di ciascuno e con l’Altr*, potrebbero essere così terribilmente semplici!
    Come mangiare, dormire o fare bene all’amore…

  22. Mi unisco ai ringraziamenti a Loredana Lipperini, a tutte e tutti e soprattutto a Simone R. e WM1, che saluto (anch’io ho perso un po’ di chili!). Dall’incipit ai ringraziamenti in questo thread abbiamo un *problema di traduzione*, di pratica linguistica condivisa. Intendo: anche non considerando i personaggi.
    “Man”, in USA, e’ appellativo neutro, utilizzato nell’esperienza corrente per interloquire con uomini e donne, dal supermercato al tinello. Il che, mentre solleva interrogativi sui modi in cui traduciamo “dibattiti” e “narrazioni” (che provengano da oltreoceano, dagli scantinati bui del proletariato del lavoro sessuale, o dai privee dell’informazione italiana) contribuisce a limare il fastidio provocato a tratti dalla sensazione di assistere qui a un combattimento fra galli. La forma della discussione, “commento al post”, non ha aiutato (ping pong, livelli che si sovrappongono, rigidita’ visuale).
    Ma, verdad: questo confronto e’ stato interessante.
    Arrivo tardi e mi dispiace. Sono stata chiamata in causa: ho fatto parte a lungo del Sexyshock (esperienza conclusa). Ho partecipato anche in altri modi a quel “movimento” delle donne che ha faticato “a unirsi per un obiettivo concreto”, in cui “le divisioni vecchie e nuove hanno prevalso”. Ho gestito per quasi tre anni insieme ad altre donne, fino a giugno scorso, un sexyshop al femminile a Bologna; fra l’altro in base a un movimento di appropriazione del mio (del nostro) piacere, del mio (del nostro) immaginario sul corpo, della mia (della nostra) esperienza sessuata. Non solo sessuale. Si, concordo: discutere fa bene.
    Io sotto i bombardamenti ci sono. Non ho Churcill a cui tornare. La commissione di controllo sulla TV della Bonino non e’ uno strumento che mi risolve i problemi (ne avete parlato su questo blog?) perche’ come emerso nella discussione ci sono disuguaglianze strutturali nell’accesso al mercato del lavoro, alle risorse, all’autorevolezza della parola, alla costruzione di immaginario. Mi sento chiamata anche perche’ ho firmato la curatela dell’edizione italiana di “Temporaneamente tua”, il libro sul mercato del sesso di Bernstein, citato da Simone R., e ho scritto la frase che cita. Che qui parafraso per utilita’ di discussione.
    Il problema e’ il peso specifico della *rilevanza pubblica* della domanda sul grado di liberta’ e agency nell’accettazione di un contatto precario all’universita’ rispetto al grado di liberta’ e agency di una lavoratrice sessuale (o altro). Il fatto proprio di poterla porre, quella domanda. E di chi, la puo’ porre. Considerato che entrambe sono situazioni tutta’altro che numericamente marginali. Per quanto riguarda le lavoratrici dell’informazione, della televisione e dello spettacolo, si ricorda, c’e’ il problema aggiuntivo della responsabilita’/connivenza sulla produzione di modelli, narrazioni, corpi. Per cui l’accanimento e la necessita’ del giudizio si fa’ piu’ pressante, per chi vuole fare la sua parte perche’ il mondo sia un posto in cui le soggettivita’ hanno spazio.
    La domanda di Lipperini sul “fattore trendy” dell’attenzione editoriale alla “questione femminile” ha senso. A patto di non proporre visioni monolitiche del mercato editoriale o culturale: in Italia le giornaliste si sono mobilitate; l’accademia pullula di donne in gamba che a “farsi fare il commento dal prof” non ci stanno, vere mine vaganti, col morso troppo stretto per fare danni eclatanti, ma e’ un geiger che trova i suoi esiti. Qualche tesi di dottorato che diventa libro e qualche inchiesta onesta le mettiamo in conto, no?
    A proposito di produzione editoriale a strascico, di altro segno, segnalo uno spassosissimo instant book uscito subito dopo l’affaire Noemi, che probabilmente avete visto recensito qui o altrove
    http://www.malvestite.net/2009/06/18/elisa-alloro-noi-le-ragazze-di-silvio/
    “Noi, le ragazze di Silvio”.
    Stando alla discussione: la critica alle potenziali flessioni liberali e “nihiliste” della proposta di Simone Regazzoni e’ comprensibile – per quanto riguarda *lineari declinazioni politiche*, soprattutto da una prospettiva statuale. Con il piccolo problema che nessuno di quelli che scrivono qui ha in mano un governo. È una proposta che trovo fondata, sottile, utile. Solo apparentemente non operativa, se si tratta dello slalom cui siamo costrette per comperare i regali a delle bambine o bambini.
    (Con affetto e senza polemica: dell’enfasi dei Wu Ming sull’esperienza della genitorialita’ mi sento di dire che, in generale, l’avevo gia’ notata da un po’. Quindi: 1) l’esperienza effettiva ti cambia la vita, ti apre degli spazi conoscitivi che neanche immaginavi. Non lo sto dicendo ai Wu Ming che lo sanno benissimo. Ma, 2) non solo i padri e le madri assumono lo sguardo dell’infanzia e ne fanno pratica, o possono parlare di quell’esperienza, bensi’ chiunque abbia avuto rapporti educativi con dei bimbi. Me lo annoto e lo metto li’. Fine dell’incidente. È solo il mio modo per sottoscrivere l’appello di tutti alla liceita’ di qualsiasi esercizio di critica, o lettura degli altrui comportamenti “in situazione”).
    Idem la questione del contrattualismo, uno dei temi su cui si sono scannate per anni le esponenti di diverse correnti del femminismo americano, guarda un po’. Com’e’ andata li’? Da cui una domanda non retorica con cui mi sono scontrata nella pratica per anni: il “movimento delle donne” e’ il mezzo? “Il movimento” al singolare, proprio con questa parola ce l’ho. È il mezzo unico?
    Soprattutto, la proposta di Loredana Lipperini partiva, anche, da qui:
    “Il bersaglio si è spostato sul velinismo, e non su tutto quello che eventualmente suggerisce alle donne come strada privilegiata l’uso del corpo per ottenere qualcosa che altrimenti diventa molto più difficile ottenere, all’insegna di quello che non è solo uno slogan: my body is my business. E’ un errore.”
    E allora se la proposta e’ questa, analizzare i dispositivi attraverso cui si costruisce (non diro’ “la puttana” diro’: ) l’ “errore”, non pare forse un esercizio fine a se stesso, una questione “solo” filosofica. E non sembra piu’ un’esagerazione parlare di quanto la mole di paternalismo nei confronti dei comportamenti femminili faccia problema, ne’ dei rischi di atteggiamenti normativi e moralistici che appiccicano sulle vite delle donne immagini disincarnate, siano straripanti curve o variazioni sul tema dell’isteria. Non voglio fare l’esegeta (eh, si, ho capito la consecuzio della frase di Lipperini. L’errore, dice, e’ nella messa a fuoco del problema).
    La messa a fuoco. Non penso debba essere sulla *strumentalita’* del corpo. Finiremmo per assumere quella visione duale (ma no, ovvio, certo che no!) che diamo per scontato vada scartata.
    Visto che siamo in rete, non in un salotto o a un seminario accademico: il problema e’ il commento, non la scollatura. Right?
    Che si dia per scontato che “una donna” prima di vestirsi ci debba pensare due volte, per me *e’ un problema*. Sono bombe, proprio qui sulla mia testa.
    Scusate la lunghezza, ma ho letto molto e mi e’ venuta voglia di scrivere un po’.
    Per me ci vuole un altro thread! 🙂

  23. @ Biondillo: non ho mai detto che non si possano più esprimere giudizi (estetici, per dirla con Kant, o altro). Infatti sono il primo che li esprime e che rivendica il diritto di farlo. Né tantomento che non si debbano criticare comportamenti o parole che possono danneggiare in qualche modo Altri: che sia una frase o un gesto sessista o razzista. Il che è un’altra cosa ancora. Dico solo che trovo pericolosa l’analisi critica delle scelte delle donne in merito a quella che ho chiamato la propria narrazione. Ergo: “riconosco” eguale dignità a tali scelte. Per essere chiaro ecco lo slogan: eguale dignità a Belen Rodriguez, Binetti o Michela Marzano. Sono narrazioni e scelte ben diverse, ma che riconosco a pieno. Il che non significa che non possa apprezzarne alcune piuttosto che altre (il cilicio della Binetti non è per me il massimo della vita). Ma significa che a partire da questo apprezzamento non articolerò mai un’analisi critica. Per essere chiari: non criticherei mai Belen in quanto modello di questo o quello, pericoloso per questo o quello. Mentre esteticamente posso dire che preferisco Belen alle altre due.

  24. Molto interessante quello che hai scritto Maja, solo che apre un mare di possibilità di commenti.
    Urge davvero altro thread sui modelli. In questo momento appena leggo questa parola mi si chiude il cervello.
    .
    @Simone R. Riguardo al giudizio (fatto salvo quello kantiano, ovviamente) credo che il tipo di ascesi che proponi riguardo all’astensione da pericolose analisi critiche, che io in teoria condivido, sia molto pià facile da dire che da praticare. Anche da te 🙂
    Avevo infatti notato, e annotato mentalmente, questa tua frase in un commento ormai lontanissimo:
    “Quando Margo St. James, fondatrice dell’organizzazione per i diritti delle lavoratrici del sesso COYOTE dice “Ho sempre pensato che le puttane fossero le sole donne emancipate” credo esageri. Ma gli riconosco pieno diritto di sentirsi una donna emancipata. Perché dovrei dare meno credito alle sue parole rispetto a quelle di altre donne”.
    .
    Secondo i presupposti di cui parlavamo prima, Margo St. James non ‘esagera’, fa qualcosa di scorretto, perchè paragona, stabilendo un più e un meno, scelte diverse. Dunque le va riconosciuto il diritto di sentirsi una donna emancipata, ma non di stabilire se lo sia più o meno di un’altra.
    .
    Credo che il pericolo delle narrazioni di sé e delle autorappresentazioni stia nel fatto che chi si narra, soprattutto se pensa di appartenere a una minoranza discriminata, tende a legittimarsi rispetto agli altri, non tanto in quanto ‘uguale’ ma in quanto ‘più’.
    E ricade così nello stesso schema di chi la discrimina e viene meno agli aurei presupposti di cui sopra.
    .
    Sono noiosamente puntigliosa, lo so, ma non riesco a correggermi.
    (autonarrazione, Simone, devi accettarla così. La narrazione. I miei commenti no, ovviamente 🙂 )

  25. @ Valeria: sottoscrivo tutto. Hai ragione a essere precisa. E anche a farmi le pulci. Se quello che dico non tiene, occorre rivederlo. Hai ragione sulla difficoltà: la tentazione di partire con la critica è sempre forte soprattutto di fronte ai casi per noi più disturbanti. E hai ragione anche sul mio “esagera”. Quel mio “esagera” tagliava corto con quella formula per poi dire che riconosco pieni diritto ecc. Che è poi il punto che mi interessa. Naturalmente la formula “le puttane sono le sole donne ecc.” è assolutamente e profondamente criticabile proprio perché va contro l’idea di eguale riconoscimento. Avrei dovuto essere più preciso.

  26. Ok, ci siamo capiti, grazie, non volevo essere petulante.
    Io però ancora mi sto rivoltando tra le mani questo thread come il cubo di Rubik, prima o poi mi ci vedrai ricapitare.
    Intanto buon tutto a tutti.

  27. Donne che ambiscono ad essere oggetto di desiderio senza essere soggetti desuderanti e senza capire che il desiderio non nasce dal corpo che ne è vettore: abito danzante che diventa bello nelle energia che solo una bella testa e un bel cuore sanno sprigionare

  28. Intervengo di nuovo, con un pò di ritardo rispetto ai commenti, dovuto al lavoro di divulgazione informativa in cui ero impegnata.
    trascrivo il report stilato da Stickyboy questa mattina da Google Anaytics.
    Il POWER TOOL ripreso e divulgato dai vari Collettivi di Sex Workers nel Globo è stato visto in data di ieri 16/09/2010, in “mondovisione”da utenti nei seguenti paesi;
    – Italia
    – Regno Unito
    – Spagna
    – Canada
    – Francia
    – Stati Uniti
    – Danimarca
    – Svizzera
    – Germania
    – Nuova Zelanda
    – Olanda
    – Belgio
    – Austria
    – Brasile
    – Perù
    – Polonia
    – San Marino
    – Portogallo
    – Finlandia
    – Ungheria
    – Tailandia
    – Russia
    – Argentina
    – Messico
    Come si evince, il soggetto “prostituzione” è Universale, come tale va analizzato e compreso. La sua narrazione è globale.
    “@Madame Anais. “Sì, riconosco il suo contributo molto utile, da rifletterci su.”
    @Veleria. Benissimo, mi fa piacere che ti possa servire.
    “@Madame Anais: io sono per la regolamentazione in Italia delle sex workers (ad esempio sul modello della legge tedesca se non erro del 2002). Ho anche scritto un articolo in merito che dovrebbe uscire a giorni sul Secolo XIX di Genova.”
    @Simone Regazzoni. L’ avevo intuito, bene. Puoi condividere l’articolo quando esce? Lo leggerei volentieri. Grazie.
    “@Madame Anais. prendo atto che esiste un settore dell’economia capitalistica in cui lo sfruttamento è l’eccezione e gli sfruttati sono una minoranza. Buono a sapersi. Lo dico senza alcun sarcasmo.”
    @Wu Ming1. Da sempre, le donne, hanno usato la prostituzione per crearsi un indipendenza economica dagli uomini. E’ questa idea sovversiva che il potere combatte con la narrazione delle “vittime e delle sfruttate”. Ti consiglio la visione della storia di Norma Jean Almodovar, contiene altri elementi che credo possano interessare il vostro Collettivo.
    @Alessandro Ansuini. Grazie per il commento e, per l’intenzione.
    Concludo con la segnalazione dell’ ottima e agguerrita rivista digitale di Cinema, unica nel genere, Rapporto Confidenziale, che ha ripreso il TOOL
    http://www.rapportoconfidenziale.org/?p=8884
    Ultime parole su Margot St James…
    Margot ha creato le COYOTE nel 1973, negli Stati Uniti. Per avere idea del contesto in cui si muoveva ri-consiglio ancora la storia dell’altra storica rappresentante delle COYOTE, Norma Jean Almodovar – Tralasciando gli aspetti “biologici” della questione, interessantissimi ma troppo vasti e inutili ora – Le parole di Margot vanno giudicate nel contesto in cui si muovono certe dinamiche. Siamo in Guerra.
    Power To The Sisters
    xxx
    M.dme Anais

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