CONSIDERARE LE COLPE

Forse è il momento più difficile, questo. E non parlo solo del momento, che si ripete puntuale in tutte le epidemie della storia, in cui il flagello soffia più forte e improvvisamente ogni scetticismo vacilla, e ci si sente accerchiati, perché si moltiplicano le persone che conosciamo che hanno contratto il virus. Abbiamo paura. E nella paura accusiamo, cerchiamo colpevoli. I vecchi, nel caso. Accusati di non volersi “sacrificare”, come adombra oggi Chiara Saraceno. Sacrificare.
Mi raccontavano una fiaba, quando ero bambina, credo di origine giapponese o comunque orientale, dove la carestia soffiava su un villaggio e per non pesare sulla famiglia la più vecchia si rompeva i denti con una pietra per non mangiare, e sacrificava dunque la propria vita per permettere agli altri di andare avanti.
Si vorrebbe questo. Ma non, si badi, nei provvedimenti governativi che al momento ancora non conosciamo: negli umori generali.
Per colpa dei vecchi i miei bambini hanno giocato su un tetto durante la primavera.
Per colpa dei vecchi chiudono le scuole.
Per colpa dei vecchi la vita sociale dei giovani è azzerata.
Per colpa dei vecchi l’economia crolla e perderemo il lavoro.
Non per colpa di una pandemia, si badi bene. Non per colpa di un sistema generale che ha scavato nelle disuguaglianze, che ha impoverito i già poveri, che si rivela per quel che è stato ed è: insostenibile.
Dunque, le reazioni che insistono sulla “colpa” e sulla “mancanza di sacrificio” dei vecchi affondano le radici in un terreno già fertile. Lo scrivevo nel 2010, dieci anni fa, in “Non è un paese per vecchie”:
“Sono di più, hanno più soldi, hanno o hanno avuto buone posizioni professionali: questa è dunque la percezione degli anziani che filtra dai discorsi, dagli articoli, da non pochi politici. Per la prima volta, il falcetto di Giove non si alza per combattere un potere simbolico. Non è più tempo di contrapposizione di idee e di progetti. Non è il sistema culturale di ieri che viene contestato ai vecchi per essere sostituito da uno nascente. La questione è economica: i vecchi portano (porterebbero) via ai giovani denaro e lavoro. Il portafoglio sostituisce i valori, qualunque essi siano”.
Che poi, nella grandissima parte dei casi, questo non sia vero, poco conta. E aggiungevo:
“A giudicare dagli umori collettivi, i vecchi andrebbero – metaforicamente o meno – uccisi. Come in Diario della guerra del maiale di Adolfo Bioy Casares: dove i giovani di Buenos Aires decidono di colpo che chiunque più di cinquant’anni è inutile alla società, e dunque va cacciato e sterminato. Andrebbero cancellati, come ne Il signore delle mosche di Golding: dove si realizza il sogno oscuro di ogni adolescente: un mondo senza adulti. Andrebbero eliminati, come nel racconto L’esame di Richard Matheson, dove ogni anziano che non è più in grado di superare un test psicofisico deve venire ucciso.
I vecchi non meritano difesa, in una società dove i figli sono più infelici dei padri: infelicità reale, ma forse non completamente attribuibile alle deprecate pensioni dei nonni . Anche perché, molto spesso, sono proprio gli anziani ad essere i garanti delle famiglie: secondo il rapporto Istat del luglio 2009, “soltanto le famiglie con almeno un componente anziano mostrano una diminuzione dell’incidenza di poverta’ (dal 13,5% al 12,5%) che è ancora più marcata in presenza di due anziani o più(dal 16,9% al 14, 7%).”
In tutto questo, c’è il versante opposto. Coloro che attribuiscono “la colpa” ai giovani: indifferenti, bamboccioni, assetati di alcool e movida, aperitivisti da strapazzo, cinici runner, eccetera. Laddove è una generazione infelice, piena di paletti, orbata di possibilità, inchiodata al precariato quella di cui stiamo parlando. Che non ha colpa come non hanno colpa i vecchi, per quello che ci sta capitando.
Le colpe, semmai, starebbero nella politica scriteriata di tagli alla sanità. E in un sistema, di nuovo, che mostra tutte le sue crepe, e da quelle crepe esce la nostra disperazione come la scia di uno spettro.
E allora? Allora non ci sono conclusioni miracolose da trarre. Abbiamo paura, tutti. Cerchiamo almeno di non divorarci a vicenda. Cerchiamo di stringerci gli uni agli altri, se ci riusciamo. Non ci sono colpevoli: ci sono donne e uomini e bambini e vecchi spaventati, come ognuno di noi. Non è divorandoci a vicenda che ne usciremo. Anzi.

4 pensieri su “CONSIDERARE LE COLPE

  1. Vorrei sommessamente far notare che noi anziani creiamo un sacco di posti di lavoro. Solo qui al Lido di Venezia, per dire, c’è un intero esercito di badanti. Personalmente, è vero, mi bado ancora da me, ma io, si sa, non faccio mai testo. Al massimo qualche traduzione.

  2. Non avrebbe potuto dirlo meglio. E’ esattamente come ha detto lei. La situazione è davanti agli occhi di tutti. Non bastava la guerra tra poveri, la guerra ai giovani “scapestrati che non hanno voglia di fare niente perché choosy”, ai malati “che pesano sul sistema sanitario locale con le loro esenzioni”. Adesso siamo arrivati a fare la guerra agli anziani. Colpevoli di essere ancora vivi. Non so dove andremo a finire ma, ormai da tempo abbiamo preso la direzione sbagliata e stiamo cadendo sempre più in basso. Quando l’unico “valore” che conta è quello dei soldi si può solo finire a divorarci a vicenda. Grazie per questo post. E’ sempre confortante leggere giornalistə consapevolə e umanə come lei. Anche perché, purtroppo, siete siempre di meno.

  3. Visto che nella categoria dei “socialmente inutili” ci stanno finendo sempre più categorie di persone, mi domando seriamente dove vorrebbe arrivare la nostra società attuale, ovvero a chi si vorrebbe rivolgere: forse solo a pochi giovani adulti “alfa” ben dotati di denaro cui farebbe da pendant un esercito di schiavi e schiave pagato a meno del minimo di sussistenza ma che deve scoppiare di salute (pena sostituzione senza tanti complimenti) per servire i bisogni e gli sfizi dei primi !? Cioè: stiamo arrivando alla Salò pasoliniana!??

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