NUMERI

Da L’Unità (ed era prevedibile che i dati sarebbero stati questi, temo):
Lungi dall’essere pari, le opportunità per le donne in Italia sono un terreno sempre più accidentato, soprattutto nel lavoro. Nel rapporto 2009 sul “Gender gap” del World Economic Forum, la penisola scende al 72esimo posto su 134 paesi dal 67esimo del 2008 e dopo l’84esimo del 2007.
L’italia è superata anche da Vietnam, Romania e Paraguay, precede appena la Tanzania, è terzultima in Europa. A pesare è «la persistenza di indici negativi sulla partecipazione delle donne alla vita economica», in primis la disparità di salari e redditi rispetto agli uomini.
«I paesi che non capitalizzano sulla metà delle loro risorse umane minano la loro competitività», ammonisce il rapporto.
La classifica stilata dal Wef, l’istituzione che organizza il forum di Davos, copre il 93% della popolazione mondiale, assegnando ai paesi scandinavi il podio delle pari opportunità tra donne e uomini. Al primo posto si piazza l’Islanda (quarta nel 2008), davanti a Finlandia, Norvegia e Svezia. Seguono Nuova Zelanda, Sudafrica, Danimarca e Irlanda.
Sorprendente il Lesotho al decimo posto (dal 16esimo), davanti quindi a tutti i big europei. La Germania è 12esima, il Regno Unito 15esimo (entrambi in leggero calo), la Spagna 17esima e la Francia 18esima.
Agli ultimi posti nel vecchio continente Repubblica Ceca (74esima) e Grecia (86esima). Il rapporto
assegna poi il 31esimo posto gli Usa, in discesa di 3 posizioni e il 75esimo al Giappone.
A spingere l’Italia nella retroguardia è soprattutto il sub-indice su «partecipazione e opportunità nell’economia» 96esimo posto) a causa delle disuguaglianze rispetto agli uomini nei salari (116esimo posto), nel reddito da lavoro (91esimo) e nella partecipazione alla forza lavoro (88esimo).
Ovvero, solo il 52% delle donne fanno parte della popolazione attiva contro il 75% degli uomini e il reddito medio delle donne è la metà rispetto agli uomini, 19.168 dollari l’anno contro 38.878.
Vanno molto meglio le aree di «potere politico»  (45esimo, grazie alle donne che siedono in parlamento e al governo) e «scuola e istruzione» (46esimo posto), meno bene di quanto ci si potrebbe aspettare il settore «salute e attesa di
vita» (88esimo posto).
Tra gli altri dati evidenziati dal rapporto la differenza nella disoccupazione tra donne (7,87%) e uomini (4,88%), come pure l’età media di matrimonio (28 anni).
Rispetto al 2006, anno del primo rapporto sul “Gender gap”, il voto all’Italia è solo marginalmente migliorato: laddove 1 rappresenta la parità, la penisola è passata dallo 0,646% allo 0,68%, mentre  l’Islanda e i principali paesi nordici veleggiano sullo 0,82%. All’estremo opposto Pakistan, Chad e, ultimo di tutti, lo Yemen (0,46%).
«Per avere società economicamente competitive e prospere è necessario coinvolgere le donne su un livello pari degli uomini in tutti gli aspetti della vita», sottolinea il rapporto e «l’integrazione di donne e ragazze è tanto più imperativa se si vuole una ripresa rapida e sostenibile della crisi finanziaria».

3 pensieri su “NUMERI

  1. Per avere società economicamente competitive e prospere è necessario coinvolgere le donne su un livello pari degli uomini in tutti gli aspetti della vita», sottolinea il rapporto e «l’integrazione di donne e ragazze è tanto più imperativa se si vuole una ripresa rapida e sostenibile della crisi finanziaria». Competere, competere…………………….
    Ma nè io, che ormai sono fuori dai giochi, nè soprattutto mia nipote, che è giovane vuole essere ” integrata ” cioè divorata da questo mondo malato, dai ” valori ” maschili, dalla competitività, da una vita senza respiro: quello che lei vuole e che io mi auguro per lei e per tutte le giovani è un mondo diverso che non si fondi sulla competitività, ma sulla collaborazione, che dia tempo e respiro, anche per seguire i propri sogni, per crescere anche spiritualmente; un mondo prospero, sì, ma non solo di beni materiali; un mondo, ovviamente, in cui le donne siano realmente rispettate , cioè la loro visione della vita possa concretizzarsi , un mondo a misura anche di donna non solo di uomo e figuriamoci di macchina. Ho riscontrato questo volere in diverse giovani donne, non sembrano tanto entusiaste di mondi costruiti dagli uomini a loro misura, della loro tecnologia, spesso la trovano estranea, fredda, ed è logico non essendo un nostro prodotto; con questo non voglio dire che rifiutino tutto in blocco ma che sentono molto l’esigenza di co-costruire, di realizzare le loro proprie visioni

  2. Quando leggo queste classifiche, rimango sempre un po’ perplesso. In Paraguay non sono mai stato, ma chi ha stilato la classifica, è andato in Romania o in Vietnam negli ultimi due anni? Bah… 🙂
    Blackjack.

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