Bene, questo appena trascorso 8 marzo ci insegna parecchie cose. La prima e la più importante dovremmo già conoscerla: questo paese è disinteressato ai femminismi. I medesimi sono stati utili, nel periodo recente che va grossomodo dal 2007 al 2012, per pura cosmesi partitica. Adesso, care e cari, ci sta la crisi, non disturbate i manovratori e sappiate che le cose importanti sono altre.
Altre, sempre. Poco conta che sia noto in ogni dove che parità di genere e crescita sociale e culturale ed economica vadano di pari passo. La narrazione che è passata allegramente è che tutto questo non è vero, sveglia! Ce lo dice la pancia, ce lo dice la gente, ce lo dice pure il governo, guarda un po’.
Le cose importanti sono altre, e va bene. Come se lavorare contemporaneamente per l’immaginario e per il sociale non significasse progettare il futuro: non tappare un’emergenza, ma perseguire una strategia che non riguardi il dannatissimo destino individuale e contingente. Ma quello dei figli. Dei figli dei figli. Del mondo in cui noi, care e cari, non ci saremo, ma che siamo chiamati a consegnare a chi dopo di noi verrà.
E dunque, il lavoro sul linguaggio e sulle scuole è una fesseria, così si dice e scrive sui graziosi social network. Peccato che altrove si lavori, e con efficacia, proprio sulle scuole, che dovrebbero essere il luogo da cui tutto comincia.
L’ultimo esempio è il progetto che si chiama “Il gioco del rispetto“: uno dei molti che cercano di proporre educazione sentimentale e affettiva e anche sessuale nelle scuole. Tappano buchi, dal momento che una legge non c’è, come avviene nella stragrande maggioranza dei paesi europei. Tranne l’Italia.
Bene, come viene raccontato il progetto? Così, così, così, così.
Normale, direte voi. Certo, è normale e prevedibile che a opporsi siano le solite frange conservatrici ultrareligiose. Meno normali i moltissimi, non conservatori e laici, che si disinteressano alla formazione nei primi anni di vita e socialità. Che si disinteressano delle bambine e dei bambini, lasciando campo libero. Perché la faccenda non è importante. Perché la questione di genere è secondaria, roba da Erinni, da femministe noiose, da borghesucce che prendono la tisana perché, loro, certo, cihannolostipendiogarantito e passano il tempo così.
Da quanto tempo viene detto che non è vero e che è facilmente verificabile, dati alla mano? Da anni, ma a chi trova straordinariamente appagante la lamentazione o l’aggressione o lo sfogatoio via web, non interessa. Allora, che questa lamentazione o aggressione o sfogatoio non portino da nessuna parte dovrebbe ormai essere chiaro: credete di fare la rivoluzione via social e state semplicemente portando profitto a Facebook, il che va benone, per carità, ma non fa avanzare nessuno di un solo passo per uscire fuori dalla melma attuale.
Questo ci insegna l’otto marzo del “non ci ho capito niente ma aggredisco lo stesso”. E a questo punto, commentarium, c’è una sola cosa da dire, per una volta un poco maleducata.
Studiate, cazzo!
l’altro giorno quell’esagitato che conduce virus ha chiamato il vecchio Gervaso, che ha citato Montanelli un po a cazzo, o il Montanelli sbagliato(devo verificare): “Conosco molti furfanti che non fanno i moralisti, ma non conosco nessun moralista che non sia un furfante”. Forse sono io che sto citando l’episodio senza che sia così attinente al post. In ogni caso penso che la strategia dei reazionari sia quella di affibbiare etichette per non iniziare neanche la discussione sperando di cavarsela con una battuta(visto che purtroppo l’ordinamento giuridico non gli permette più di cavarsela con mezzi più bruschi, almeno fuori da casa)
Purtroppo, cara Loredana, abbiamo perso tempo prezioso. Gli anni del boom sono stati impiegati in altri Paesi per avanzare e progredire sul terreno dei diritti civili e sociali (o almeno provarci). Da noi nulla di nulla: passata la “sbornia” degli anni Settanta, ci siamo rinchiusi nella “Milano da bere” degli Ottanta, nel “grungismo” anni Novanta, nella effimerissima euforia degli anni Zero (dove però già cominciavano a spuntar fuori le prime vittime e i primi seri segni di decadenza) e infine nel disincanto e nella crisi totale (non solo economica, naturalmente) degli anni Dieci… Nell’epoca accelerata dell'”essere senza tempo” dubito che si possa pensare di fermarsi a studiare. C’è da correre, da correre, da correre, per percorrere più velocemente possibile la “road to nowhere” di byrniana memoria.
ovazione
“In termini strettamente quantitativi, è incoraggiante il fatto che l’aumento degli anni medi di istruzione pro capite nel primo decennio del XXI secolo sia stato il più elevato di sempre: si è passati da 8,3 del 2001 a 10,8 del 2010 con un incremento del 2,9 % annuo (3,6 % al sud), in confronto all’ 1,7 % dei trent’anni precedenti. Inoltre, ed è la cosa più importante, la quota della popolazione con un’età compresa tra i 25 e i 64 anni che ha portato a termine l’istruzione terziaria (università) dal 9,4% del 2000 al 14,5% del 2009”
G.Toniolo, la crescita economica italiana, 1861-2011 contenuto in L’Italia e l’economia mondiale, dall’Unità a oggi
Come non aver capito molto di quel che si intendeva ma commentare lo stesso. Grazie del contributo, Jackie Brown 🙂
Dall’estero davvero sembra che l’Italia (a causa della crisi economica?) stia scivolando pian piano verso una forma di fascismo soft. La disperazione, l’aggressività, gli istinti più bassi trovano nei social network la propria cassa di risonanza. La violenza verbale da social network pero’ é tutt’altro che nuova, ricalca perfettamente le modalità e le tematiche del fascismo tradizionale.
Il post l’ho capito, non ho commentato quello.
Studiate, cazzo.Il gioco del rispetto, l’ho studiato un poco, ed effettivamente mi sembra più che comprensibile la reazione delle frange “ultraconservatrici religiose” , ma anche l’imbarazzo di tanti laici e progressisti. Un imbarazzo anche amplificato da alcuni tentativi di appoggio al progetto dati via radio e televisione che ho ascoltato, che però invece di difendere e sostenere, erano tutti pagliescamente tesi a minimizzare a sminuire tranquillizzando i genitori e l’elettorato.
Certo i fini sono lodevoli ma i mezzi possono anche disorientare qualche avanguardia. Tralasciando i travestimenti ludici che pure possono educare per gioco, e pure le rappresentazioni indifferenziate del maschile e femminile ( anche se personalmente questa indifferenziazione non mi sembra per niente giustificabile; le donne fisicamente diverse dagli uomini ) . quello che credo abbia fatto prurito un po’ a tutti è la parte in cui si dice che “i bambini/e possono esplorare i corpi dei loro compagni/e (utilizzare uno stetoscopio se si riesce a reperirlo), ascoltare il battito del cuore a vicenda…” e “ovviamente i bambini/e possono riconoscere che ci sono delle differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell’area genitale”. Per questo bisogna “nominare senza timore i genitali maschili e femminili”. Anche qui il fine è lodevole, confrontare sensazioni e percezioni imparando a conoscere il proprio corpo e quello degli altri. Ma nella pratica come avviene, cosa avviene.. i bambini devono spogliarsi, ( o essere spogliati) togliere la maglietta la canottiera, mettere la mano sul petto nudo dei propri compagni entrare nella loro intimità fisica, come prima di allora hanno fatto probabilmente solo i loro genitori. Di certo si confronteranno sensibilità diverse, alcuni bambini proveranno un forte pudore altri invece una specie di attrazione. Gli insegnanti pur se adeguatamente preparati devono far fronte a tutto questo, con una professionalità che per quanto elevata , alcuni potrebbero ritenere non sufficiente a rispettare questa profonda intimità. Insomma mi sembra che l’allarme sia abbastanza giustificato e non è detto che chi si oppone al progetto sia un fascista o un furfante
Ciao,k.
Sì, Loredana, è giusto. C’è ancora molto da studiare.
Scorrevo i commenti del secondo link postato, quello del Messaggero/Udine (articolo scritto da una giornalista, peraltro). Un commentatore, di cognome Chiavone, risponde all’articolo dicendo che il titolo è fuorviante e di parte, al che un garibaldino gli risponde: “Certo che con un cognome del genere potresti anche evitare di rispondere a questo tipo di articoli”.
Bisogna ripartire dalla scuola ed investirci. Checché ne pensino certi politici, già alla scuola primaria le differenze di genere si sentono moltissimo. I bambini assorbono come spugne quanto avviene nel loro ambiente. Sai quante maestre mi dicono che i loro alunni di religione islamica non le considerano per niente in quanto donne (e anche i genitori)? Sai quante bambine e quanti bambini mi domandano di spiegar loro la riproduzione nella specie umana, o perché gli organi genitali vengono chiamati in tanti modi?
La scuola purtroppo non accetta sempre la sfida, e demanda alla grado superiore, compiendo un errore enorme. E per quel poco che conta la mia esperienza, bisogna cominciare prima possibile, sicuramente già alla materna, a consapevolizzare i bambini e le bambine su certe questioni. Senza dimenticare la loro età, certo. E mi sembra che questo progetto, tuttora in fase sperimentale come dicono le ideatrici, vada nella giusta direzione.
Eppure tutti i politici sono diventati esperti di didattica, o si risvegliano parlando di scuola a sproposito solo quando devono racimolare qualche voto.
Caro k., sembri appena uscito da uno dei deliranti (e purtroppo partecipatissismi) convegni dell’avv.Amato. Come ho detto a lui direttamente, le famiglie italiane -in particolare quelle “religiose”- non educano AFFATTO i loro figli al sesso e men che meno al rispetto intra e inter-genere. Dunque, è molto più preferibile che tale educazione sia data in maniera esauriente in un ambiente “protetto” come la scuola piuttosto che i ragazzini se ne facciano una tramite amici, social network o, peggio, youporn. Del resto, la nostra diseducazione sentimentale e sessuale è certificata persino da studiosi molto ascoltati in area cattolico-integralista (penso a Recalcati, Andreoli e Pasini, tanto per fare 3 nomi). Dunque, superiamoli certi (falsi) pudori. Noi adulti, però; perché il problema siamo noi, non i bambini che diciamo di voler proteggere: siamo noi a non essere all’altezza delle sfide educative che ci vengono dal mondo circostante e dunque ci ripariamo molto ipocritamente dietro comode scuse (il pudore) o argomenti fuorvianti (la libertà educativa o la pretesa esclusiva di “somministrare” l’educazione ai figli da parte delle sole famiglie di provenienza) pur di evitare di parlare ai nostri ragazzi -ma soprattutto a noi stessi- di questi temi.
Il fatto che sia utile e possibile un educazione all’affettività e alla sessualità, non implica il fatto di dover accettare acriticamente qualsiasi modello educativo proposto. Il gioco del rispetto ormai è trasformato in un vessillo ideologico, da attaccare o difendere a seconda delle posizioni, magari ci erano anche delle cose buone. Sta di fatto che per molti non era ritenuto un modello adatto per l’educazione dei bambini e così hanno espresso la propria opinione contrariè. Mi sembra che il comune di Trieste abbia ridimensionato di molto l’iniziativa, ammettendo di fatto che molte criticità erano presenti. Personalmente una delle cose più sbagliate che ci ho visto è la rappresentazione del babbo e della mamma fatta con lo stesso identico disegno, solo un ciuffo di capelli più per la mamma. Questo non mi sembra educare alla differenze ma nascondere le diversità.
In alternativa segnalo che nelle librerie cattoliche sull’argomento ci sono diversi libri, si potrebbe provare a confrontarsi anche su guei modelli.
Comunque a proposito di fascismi di cui parlava elegantemente più su Roberta, mi chiedo se si possa anghe annoverare come squadrismo mediatico in branco il boicottaggio contro D&G colpevoli di aver espresso la propria vergognosa opinione personale sul concetto di famiglia.
ciao,k.
Caro k., le Associazioni cattoliche di cui tu condividi le ragioni non si limitano a “segnalare criticità” magari collaborando costruttivamente con chi ha proposto un modello di educazione che altrove è accettato senza grossissimi problemi (al massimo con qualche sano dibattito): ne chiedono e ne ottengono la CENSURA PREVENTIVA.
Sono stufo di sentire le lagne di chi rappresenta la lobby più potente d’Italia giocando a fare la vittima quando è carnefice: accettino una volta e per tutte il dibattito aperto e la smettano di zittire gli altri con la scusa del “Bene” di cui sarebbero infallibili Numi Tutelari, solo allora meriteranno rispetto.
Quanto a D&G sono colpevoli di aver insultato i tanti bambini concepiti in modo “non tradizionale” ma non per questo amatissimi dai loro genitori, le tante famiglie (etero e non) che li accolgono e di averlo fatto perdipiù da una posizione davvero imbarazzante: quella di gay dichiarati, ricchi e potenti, che hanno convissuto (trasgredendo quei princìpi cattolici cui tanto si appellano) costruendo la loro fama non solo sul loro innegabile talento ma anche sulla “trasgressività” del loro modo di vivere, guadagnando ampiamente dal “mercato gay” e che oggi, forse presi dal timore della vecchiaia incipiente e da qualche senso di colpa di troppo, si rifugiano nella “famigghia” di italica e cattolica memoria facendo i testimonial (involontari?) della visione chiusa e retrograda portata avanti in Italia dalla Chiesa cattolica. Anche questa non è una semplice “opinione”, caro k., e tu lo sai molto bene: è uno dei tanti (troppi) spot a favore dei clericali concepiti a scapito di tutti gli altri. Per capirci bene, non è l’opinione in sé a turbare, è il suo essere apodittica, il suo pretendersi “buona e giusta” ESCLUDENDO TUTTE LE ALTRE a renderla “fascista”: se avessero espresso la loro idea precisando di considerare le altre famiglie coi loro figli parimenti dignitose, nessuno li avrebbe boicottati. Ma dubito che tu sia in grado di cogliere la differenza, caro k.
Le associazioni cattoliche ( e non solo) chiedono inanzitutto che i genitori siano informati circa i contenuti dei programmi di educazione all’affettività e alla sessualità proposti ai propri figli. Se i programmi non sono ritenuti idonei, ovvio che chiedono la “CENSURA”, dei programmi stessi o quantomeno la possibilità esentare dalla frequentazione. Questo lo ritengo un diritto sacrosanto e anche un dovere .
Come giustamente è ritenuto lecito opporsi alla costruzione di un tunnel ferroviario, nonostante il progetto sia sostenuto da europa, francia italia ministero regione e decine di studi sull’ambiente, che è di tutti. così è lecito interessarsi ai programmi educativi dei figli propri. Programmi educativi che pur sostenuti dalla giunta e dal consiglio d’isitituto etc. possono, come in questo caso, risultare un po’ smandrappati a tanti altri soggetti istituzionali e non.
E attenzione a non fare confusione, Dolce e gabbana NON hanno insultato i bambini in sé, ma il modo di procurarseli, che spesso avviene attraverso pratiche a dir poco controverse, in contrasto con i diritti del fanciullo della donna e di ogni persona.
Detto questo almeno te mi rispondi sempre, magari lo fai per “Attivismo, ma potrebbe apparire anche una gentilezza di cui chiedere grazie, io invece siccome scrivere mi sta fatica scrivo di rado e appaio magari più gnorante di quanto non sia, ma almeno non sembro un molestatore..
Ciao,k.
Caro k., come ho già detto all’avv.Amato, se questi sono i presupposti, allora bisogna abolire la scuola tout court in quanto quasi tutti gli insegnamenti possono collidere con le idee educative delle famiglie. E poi chi decide la loro “idoneità”? Le Associazioni Cattoliche magari da sole??
D&G nell’insultare il modo di “procurarseli” (oddio!!) hanno insultato direttamente sia i figli che i loro genitori e le loro famiglie: siamo alla vecchia distinzione tra figli legittimi e figli naturali… anche lì si voleva colpire il modo in cui sono venuti al mondo e si finiva con il marchiare sia loro che le loro famiglie. Possibile che i cattolici siano così ossessionati dalla modalità di concepimento da non vedere più né i figli come esseri umani, né le loro famiglie? Come, non sono (siete?) “per la Vita” (con tanto di maiuscola) ad ogni costo!?? Non vogliono (volete?) vietare l’aborto anche in caso di stupro della donna??