OH MAMMA!

Stereotipi/uno.
La vostra eccetera, ieri, ha partecipato con enorme piacere alla chiacchierata di Fahrenheit con Emma Bonino, a seguito dell’eccezionale beffa della medesima cui i media hanno abboccato senza riserve. Bravissima.
Stereotipi/due
Da qualche giorno si polemizza a proposito degli scrittori minorenni. L’innesco viene da un articolo di Giorgia Grilli su Tuttolibri, dove la medesima, docente di letteratura per l’infanzia, prende in esame alcuni testi fra loro diversissimi. Cito:
“Destinazione Tokio Hotel (Mondadori), di Dorotea de Spirito,16anni;Bryan di Boscoquieto (Newton Compton),di Federico Ghirardi, 17 anni; I regni di Calaspia (Mondadori), di Suresh e Jyoti Guptara, due gemelli angloindiani che hanno iniziato a scriverlo a 15 anni; La prima volta che ti ho rivisto (Fanucci), di Lorena Spampinato, 18 anni; Love is Forever (Falzea), di Ilaria Marullo, 16 anni; e ora, con un clamore quasi imbarazzante ad opera della stessa casa editrice che lo pubblica, Eroi del Crepuscolo (Einaudi Stile Libero), di Chiara Strazzulla,17anni”
Diversissimi, insisto. Se posso dire la mia, impossibile paragonare le operazioni rosa-teen a quella che Grilli chiama “la mole gratuitamente enorme del più trito fantasy”. E non perché la parola fantasy sia di per sé assolutoria. Ma perché nei libri citati, in sfumature diverse (molto mediocre nei gemelli, più interessante in Ghirardi e Strazzulla) c’è lo sforzo di costruire un impianto narrativo, e di sostenerlo, e di renderlo coerente. Cosa che manca in non pochi scrittori adulti.
Grilli, infine, aggiunge che non dirà nulla di questi libri perché sono falsi, costruiti a tavolino, frutto di editing selvaggio. E invita a leggere Aidan Chambers, settantaquattrenne idolo degli editori per ragazzi: contro cui la sottoscritta non ha nulla, salvo diventare automaticamente guardinga quando sente odor di incenso e incensamenti.
La polemica, come è normale, monta.
Interviene Vittorio Avanzini di Newton Compton raccontando di come si è arrivati alla decisione di pubblicare Ghirardi, e specificando un paio di cose sul genere fantasy:
Mi lasci spendere ancora qualche parola per chiarire i motivi per cui, in questo periodo, il genere fantasy ospita così tanti giovani o giovanissimi autori. Non si tratta, come lei scrive, di «una rincorsa folle da parte di tutte le case editrici», ma di un fatto sociologico-letterario molto particolare. Dopo i grandi successi degli anni Settanta e Ottanta, infatti, il fantasy ha conosciuto un tramonto che ha portato il genere a scomparire dalle librerie (lo stesso Tolkien, uscito pressoché ignorato con l’editore Ubaldini, avrebbe trovato il successo che merita grazie a un’intuizione della Rusconi diretta da Cattabiani). Certo, un piccolo gruppo di appassionati ha continuato a coltivare questo tipo di letture animando siti internet e fanzine: contenuti che, rimessi in circolazione, hanno contribuito a una nuova, recente esplosione dei romanzi d’ambientazione fantastica. Ovviamente, dati i circa venti anni di “silenzio” del fantasy, è successo che si è creato un forte salto generazionale tra gli autori classici e gli autori contemporanei, questi ultimi sempre molto giovani – basti pensare all’americano Christopher Paolini o alla bravissima italiana Licia Troisi (e nessuno ha gridato allo scandalo quando i loro libri sono stati pubblicati!) – proprio perché sono stati i giovani a “impossessarsi” del genere facendolo proprio e vivificandolo.
Interviene lo stesso Ghirardi:
Perché quello che scrive Chambers dovrebbe essere più autentico di ciò che scrive un ragazzo che adolescente lo è per davvero? Un adolescente conosce altri adolescenti e pensa come un adolescente. Certo, se si vuole ottenere un dettagliato quadro psicologico di questa fase della vita, forse un ragazzino non è in grado di fornirlo, ma se si tratta di descrivere situazioni, sensazioni ed emozioni credo proprio che lo sia.
Purtroppo interviene anche la di lui mamma, con una lettera di cui per ora tacerò.
Fine della cronaca, per ora.
Riflessioni della vostra eccetera, con premessa: l’aureo recinto dei bambinologi e adolescenziologi mi ha sempre fatto un po’ paura. Generalizzando, ho spesso l’impressione che i medesimi si ritengano depositari di verità precostituite, e che si rifiutino di adattare la realtà effettiva alle proprie idee. Oltretutto, non ho mai capito come si faccia a separare la “letteratura per l’infanzia” dalla “letteratura”. Non ho mai capito perché gli esperti di cui sopra non accettino, salvo rare eccezioni, che It sia da anni uno dei libri più letti nelle medie inferiori. Né comprendo perché alla parola fantasy (per non parlare dell’horror e del goth) segua automaticamente la reazione disgustata, sempre salvo benemerite eccezioni.
Ciò detto, l’articolo di Giorgia Grilli è condivisibile su alcune cose, e ingeneroso su altre.
E’ verissimo che nell’editoria italiana esista la rincorsa all’adolescente. Ma gli editori inseguono sempre qualcosa o qualcuno: autrici zozzone, noiristi per caso, memorialiste rosa, seguaci di Grillo (al singolare), blogger, calciatori. E’ faccenda nota e non riguarda soltanto i libri: a singola opera di successo segue la serie dei cloni.
Ma fra i medesimi si possono trovare storie interessanti, e trovo francamente ottuso mescolare tutto nello stesso calderone. Vero, un libro come Destinazione Tokyo Hotel è imbarazzante. Non solo perché è in tutta franchezza bruttissimo, neppure utile per uno squarcio generazionale, pubblicato al solo scopo di acchiappare le fan di Bill e soci. Né è stato sottoposto all’editing selvaggio di cui ha parlato Grilli: a Rimini, l’autrice ha dichiarato che è stato pubblicato così com’era.
Ma altra cosa è Eroi del crepuscolo. Che non è affatto un libro impeccabile: l’ho scritto ieri sul quotidiano, e lo ripeto, avrebbe avuto bisogno di liberarsi di un eccesso di Tolkien. Ma indubbiamente la storia tiene: e condurla per quasi mille pagine non è bulimia letteraria, quanto l’adesione ad un modello narrativo non soltanto tolkieniano, che ha bisogno di sviluppare una serie di azioni in un tempo lungo. Può non essere condivisibile: ma merita rispetto. Analogo ragionamento è possibile fare su Federico Ghirardi, che assai più piacevole di molti maggiorenni.
Tre considerazioni finali e semplicissime
Primo: se proprio gli editori devono rincorrere qualcuno, meglio che acchiappino uno storyteller in erba piuttosto che il solito biografo di se stesso
Secondo. Per gli editori, e per i critici. Sarebbe bene comprendere che la convinzione secondo cui i ragazzini sono indotti ad acquistare il libro di un coetaneo è, perdonate la finezza, una stronzata. Meyer è adulta e vaccinata, Moccia pure. E, grazie al cielo, anche King. L’anagrafe interessa i giornalisti (purtroppo), non i lettori.
Terzo. Appello alla signora madre di Federico Ghirardi, che interviene a gamba tesa nella questione con una minacciosa lettera alla Stampa. Signora, la prego, si faccia da parte. Se suo figlio è stato in grado di scrivere e pubblicare, saprà anche difendersi da solo. Stritolato fra la mamma e l’esperta di letteratura per l’infanzia, il giovane Ghirardi ha, al momento, la mia personale solidarietà. Anche se deciderà di deporre la penna e di fare altro della sua vita.

87 pensieri su “OH MAMMA!

  1. Lungi da me impedire a chiunque di fruire di quel genere di produzione testuale. Esiste un genere-stroncatura, come esiste un genere-invettiva, che ha i suoi quarti di nobiltà (Artaud, Majakovskij etc.). Ma chi si produce in troppe invettive dà l’idea di essere in cerca di un pretesto per sfogarsi. Un pretesto qualunque. A quel punto, per sfogarsi è meglio un po’ di attività fisica. E chi si produce troppo spesso in stroncature dà l’impressione di essere un/a frustrato/a. E chi trascorre le ore a fare qualcosa di sgradevole per poi potersene lamentare, ha pieno diritto di farlo, ma io ho pieno diritto di dire che mi sembra un insulto a chi il tempo non ce l’ha e desidererebbe averlo per fare qualcosa che gli piace.

  2. Visto che si parla di Sturgeon propongo una prima direttiva che vieti fermamente di interferire nello sviluppo naturale di un genere letterario o negli affari interni di uno scrittore minorenne finché egli/ella non avrà sviluppato la maturità necessaria per stroncarsi da solo/a.
    ^_^

  3. @mario pasqualotto
    Dal blog di Licia Troisi (post dedicato alla medesima polemica qui dibattuta):
    “Resto convinta che si debba scrivere per divertimento e per esigenza, e che la pubblicazione debba essere un accidente, un esito del tutto collaterale al processo di scrittura. Non si deve scrivere con l’intento di pubblicare e diventare famosi. Non lo deve fare un adulto, figurarsi un ragazzo”
    Sottoscrivo

  4. Ma certo che si scrive per divertimento!
    Però per Licia è un lavoro, mica un passatempo. Ha deadline da rispettare, progetti da gestire, agenti da incontrare. Se non si divertisse, smetterebbe. Poco c’è da aggiungere, perché è un mestiere stressante.
    E poi non ho mai parlato di scrivere per “diventare famosi”. Ho detto, in riferimento proprio a Licia (che conosco e saluto), che può capitare che si crei intorno a uno scrittore un bel seguito di appassionati. Da gestire in qualche modo, sotto il profilo personale e umano. (Ho visto con i miei occhi la calca che la seguiva per Lucca C&G, prima e dopo l’incontro al pubblico…). Licia in questo è molto equilibrata, ma non penso abbia avuto vita facile ad accettare tutta l’attenzione rivolta su di lei negli ultimi anni, al punto che in quello stesso incontro lucchese qualcuno le ha chiesto: “Esiste un prima e un dopo Licia Troisi?”. Bella responsabilità.
    Qui stiamo discutendo proprio di questo: sono pronti, questi nuovi giovani scrittori, a subire gli effetti collaterali delle luci della ribalta? Ne sono consapevoli? Se sbattono forte il muso, chi si assume l’eventuale colpa? Niente drammi, per carità… ma un po’ di attenzione e di riflessione e di discussione non fa certo male. E siam qui per questo.

  5. Licia in verità aveva scritto questo:
    “Mi tocca invece concordare con la Grilli su un altro punto. Questo boom degli scrittori giovani incoraggia al “successo facile”. Ce ne sono tanti, ma tanti di ragazzi che vogliono “diventare famosi come XXX”, ove XXX = un qualsiasi giovane scrittore di oggi, che vogliono essere pubblicati per essere famosi. Ecco, questo lo trovo triste. Resto convinta che si debba scrivere per divertimento e per esigenza, e che la pubblicazione debba essere un accidente, un esito del tutto collaterale al processo di scrittura. Non si deve scrivere con l’intento di pubblicare e diventare famosi. Non lo deve fare un adulto, figurarsi un ragazzo.
    Ecco, la pubblicazione di tanti giovani incoraggia questo modo di vedere la scrittura: come una via alternativa per diventare famosi. C’è chi partecipa a Veline, e chi sfonda scrivendo un libro. Ecco, non è bello.
    Precisazione: non dico che gli autori giovani pubblicati siano in qualche modo complici o partecipi di questo processo. Semplicemente il mercato e la società sono fatti in modo tale che la loro scrittura e il loro successo vengano percepiti in questa maniera distorta.”
    Ciò detto, mi pare che anche là si discuta con interesse e senso, per cui col permesso di Loredana la linko:
    http://www.liciatroisi.it/blog/2008_06_26/i-miei-due-cents-sul-boom-degli-scrittori-minorenni/#comments

  6. Posso dire una cosina piccola piccola, timidamente, da semplice lettrice che non ha mai recensito un libro in vita sua?
    ecco, io non credo che chi ha scritto Q abbia bisogno di consigli di lettura ( o manuali ) su come si costruisce un mondo… 🙂
    basta, era tutto qui. Scusate.

  7. Non so se trovo più deprimente l’immagine dello scrittore proposta (tra gli altri) da Rilke nelle lettere al giovane poeta o quella editorialese e contemporanea proposta da Mario pochi post sopra, o quella ingegneristica-formulare proposta da Gamberetta.
    Insisto: dal quel che vedo il mercato italiano dei libri non ha capacità né professionalità né (ahimè) etica per seguire la crescita degli autori, salvo forse rare eccezioni. Solo uno dei nostri mille ritardi rispetto alla modernità, nel male e nel bene.

  8. Grazie Wu Ming… il tuo è l’unico intervento che vale la pena di considerare ‘umano’. Non mi sorprende. Ognuno è quello che scrive: spesso è così. Sono un tale che lavora in una delle ‘fabbrichette di merda’, con 43 gradi oggi a mezzogiorno, e trovo il tempo, anche, e a fatica, di fare le cose che mi piacciono. Come te non mi piacerebbe fare il lavoro del Gamberetta, che sembra un caporeparto frustrato che tormenta l’operaio delle agenzie di collocamento per vedere ‘l’effetto che fa’…
    buona discussione a tutti.

  9. ah, non avevo visto ciò che ha scritto ‘piccoolo e una volta sola’…semplicemente perfetto. A tutti (eccetto ‘Luther’, naturale): leggetevi ‘Q’… e tacete. Cortesemente.

  10. Ancora tu, uomo Gambrinus?
    Una volta si diceva “pensare prima di parlare”. Guarda che da questi parti Q lo conoscono a memoria…

  11. Era elementare, Watson, che lo conoscessero: come era elementare – di conseguenza – non insegnare nulla a Wu Ming.
    ‘Pensa’ quanto vuoi ma non parlare… Watson.

  12. Per stare in clima fantasy, l’assalto dei troll!
    Rispondo a Paolo.
    Editorialistico va bene, anche volendo “marchettaro”. A ognuno la sua immagine di scrittore. Per me è uno che si sbatte davanti al computer, che si diverte e bestemmia, che cerca e non trova e poi ri-cerca e trova. Come quando ti devono rifare il cesso, e il tuo bagno sembra una grotta grigia (un dungeon si direbbe nel fantasy, parola sdoganata), e poi i muratori piano piano montano il lavandino, la vasca e le piastrelle e tutto sembra poi lindo.
    Ma sono in vacanza per due giorni, e mi sono già acceso una birra (anzi è la seconda Ceres da 66 cc), quindi forse ho peccato di troppa poesia. Quello che volevo dire è che bisogna farsi il culo, non rifare il cesso. E sulla lunga distanza.

  13. Qualcuno sembra la strega la strega di Biancaneve rediviva che si guarda allo specchio e chiede…. e lo specchio gli risponde: è più bello il troll…
    Si spera che questi personaggi ( le streghe vanitose ) siano solo frutto di… fantasy!
    adiòs

  14. Pubblicare un libro a 16-17 anni ti fa sentire figo. Come pubblicare un disco sempre a quella età e avere un’orda di groupies sotto il palco (più le loro mamme, s’intende!). Il mercato teen tira: difficile che un ragazzino dei nostri giorni possa scrivere un’opera letteraria o una canzone in grado di resistere all’usura del tempo ma credo che tale aspetto non sia contemplato da chi di mestiere fa il talent scout per una casa editrice o per un’etichetta discografica. E’ vero ciò che dice la signora Lipperini: “gli editori inseguono sempre qualcosa o qualcuno: autrici zozzone, noiristi per caso, memorialiste rosa, seguaci di Grillo, blogger, calciatori.” Questo è, appunto, il mercato. Stamattina mi sono fiondato in libreria per acquistare una copia de ‘Il Castello nella Foresta’ di Norman Mailer. Ho la casa stipata di libri comprati o ricevuti, almeno 20 ancora intonsi, però a 42 anni faccio ancora cose di questo genere: apro gli occhi alle 4:00 del mattino e penso: “Tra appena 5 ore aprono i negozi e, cascasse il mondo, VOGLIO l’ultimo romanzo di Mailer”. Trascorro in ansia il passaggio dalla notte all’alba; alle 9:00 in punto sto aiutando la commessa a tirare su la saracinesca. Numero di copie presenti sullo scaffale: 2, contro pile e pile di roba idiota che però vende come il pane. Teenagers, ma anche attempati signori grafomani, casalinghe mentalmente disastrate, divi del calcio, etc. Triste? Certamente, ma è il mercato, bellezza. Mica stiamo parlando di letteratura. E dire che quando avevo 16 anni, se qualcuno mi avesse domandato: “Ni’, che vuoi fare da grande?” non avrei esitato un nanosecondo a rispondere: “Norman Mailer”. Da grande, naturalmente. Drogarsi, attentare alla vita della tua dolce metà, vivere l’esperienza di una guerra, frequentare locali malfamati, può anche non essere necessario. Ma devi diventare un po’ grande, questo sì. Conviene. Sempre che tu abbia come mito Norman Mailer, chiaro.
    Ho una nipotina di 5 anni che quando parte per la tangente a inventarsi le storie mi tira scemo: orchi, trolls, streghe baffute, cavalieri con la panzetta e l’alitosi (ma senza paura), principesse col wonderbra incantato, ranocchi da parlamento…basta darle un imput e lei ti fa fare un giro nella sua meravigliosa testolina. Martina, orgoglio dello zio Nino. Giorni fa ho gambizzato un editor che le stava offrendo delle caramelle. “La piccola ha solo 5 anni”, gli ho spiegato mentre lo caricavano sull’ambulanza. “Deve crescere, drogarsi, accoltellare i fidanzati, fare le sue esperienze, capisce? Per sentirsi tremendamente sola tanto da dover scrivere c’è tempo.” Lui mi ha buttato un’occhiata tra il sofferente e il compassionevole e mi ha fatto: “Non c’è più trippa per scriba, questo è il mercato, imbecille!”

  15. OT
    Sentire la Lipperini a radio3 fa sempre venire un po’ di brividi.
    Per il resto.
    Volevo solo ricordare una cosa sul genere fantasy, in cui credo molto (nel genere e nella regola). In un mondo fantasy può succedere qualsiasi cosa, basta che sia assolutamente coerente con le regole “interne” di quel mondo. E quelle regole le stabilisce l’autore: punto e basta. Se uno non ci vuole stare, meglio lasciar perdere il genere (o quantomeno il libro). E francamente è anche bello potersi liberare della gravità e del metodo sperimentale in un’opera letteraria. Preferisco la macchina del tempo al compendio di fisica che ci vuole per poter capire parecchi passi “Incontro con Rama”.
    Oltretutto, cara Gamberetta, sonnecchia Omero e non vogliamo far riposare qualche volta pure questi giovanissimi autori? E francamente è impossibile godersi un libro leggendolo con la lente d’ingrandimento. O quanto meno (relativizzo l’idea) è per me una frantecamento di palle spaventoso.

  16. p.s. Per non scomodare il buon Omero. Prendiamo ad esempio la prima trilogia di Indiana Jones, un autentico calderone di strafalcioni storici e logistici. Ma questo toglie per caso un grammo della straordinaria bellezza di quei film?

  17. Dico, brevemente, la mia.
    L’articolo della Grilli è una minchiata – del livello delle cose dette da Natalia Aspesi sul Signore degli Anelli. Ma contiene un grano di verità. Ci arrivo con ordine.
    M’interessano due cose che sono emerse dalla discussione fin qui. La prima: la questione della verosomiglianza narrativa. Condivido il fatto che ogni polemica debba mantenersi entro certi confini – scrivere è un lavoro, è faticoso, e bisogna avere rispetto del lavoro altrui. Ma, da lettore, considero la mancanza di ‘realismo’ (inteso come: ‘effetto di senso’ e non come: ‘aderenza alla raltà consensuale’) un peccato gravissimo, il peggiore che uno scrittore possa commettere. Il fantastico (lo diceva Lovecraft, lo diceva Tolkien, l’han detto tutti i padri del genere) deve, proprio perchè racconta eventi difficili da credere, essere particolarmente credibile. Il problema non è la presenza di leoni in Grecia. Il problema è la credibilità della loro presenza. In un fantasy, se c’è birra gelida in estate, mi devi spiegare come e perchè: è questo il bello del gioco (e confondere ‘fantasy’ e ‘mitologia’ vuol dire cadere in un luogo comune retoricamente utile, ma le cui trappole, son sicuro, Wu Ming conosce bene). In caso contrario l’ambientazione diventa colore e non elemento narrativo. Che senso ha dire che è un altro mondo, se poi funziona come il nostro però con le palle di fuoco? E’ la birra, non le palle di fuoco, a fare il _vero_ fantasy, a farmelo respirare, sentire e vivere.
    Poi, non ho ancora letto il romanzo e non mi esprimo: magari nel contesto la birra ci sta benissimo. Colgo solo lo spunto per un discorso generale, perchè ogni volta che sento ‘tanto è fantasy e devi sospendere l’incredulità’, prima tremo, poi mi vien voglia di picchiare qualcuno.
    C’è un altro elemento di complessità. Come dicevo, scagliarsi contro le pubblicazioni ‘teen’ in quanto tali è sbagliato – ed è segno, per come la vedo io, di invidia sciatta verso sedicenni che riescono a fare quanto alcuni sognano per una vita intera.
    Ciò detto trovo che nel fantasy (che è il campo che mi interessa) la corsa al teenager sia deleteria. Mi sto contraddicendo? Non credo, e spiego perchè.
    Il fantasy ‘classico’ (quest, mostri, magia e spade) è uno dei generi più difficili da scrivere che ci siano, forse il più difficile in assoluto. Pochi l’han fatto bene, nella Storia, e molti fantasy, di adulti e piccini, di fantastico non hanno proprio nulla: sono solo il nostro mondo con gli elfi al posto dei cantanti di MTV, e due palle di fuoco ogni tanto.
    Sparare sul mercato prodotti che non sono ‘riflettuti’ (intendo una riflessione narrativa, non necessariamente un pippone para-accademico) rischia di affossare il genere, rischia di chiuderlo nella gabbia della ‘letteratura per ragazzi scemi’. Se un lettore poco attento ma curioso sente parlare mille volte del libro X, che è un fantasy, poi compra il libro X e lo trova una schifezza, dirà “il fantasy è una schifezza”. Analisi affrettata, magari, ma ricordiamoci che il signor lettore in questione non fa per lavoro il critico, fa, diciamo, il gelataio. E vuole spendere bene il suo denaro. Compra Trudi Canavan, lo trova quasi illeggibile, e non mette mai le mani su Martin, per dire.
    Ora, non prendiamoci in giro. O abbiamo una leva di geniali autori che scrivono benissimo il genere più difficile che esista (ripeto: il fantasy classico è, credo, anche più difficile del già infernale ‘fantastico’), o è stata immessa sul mercato una quintalata di merda. La spia non è il fatto che sia scritta da “giovani”, ma che sia scritta da una stessa identica categoria demografica: non mi insospettisce la gioventù in sè, non il contenuto, ma la struttura dell’evento. Se all’improvviso tutti i laureati in lettere della Sapienza iniziassero a scrivere fantascienza, mi insospettirei nello stesso modo.
    Magari il libro della Strazzulla è un capolavoro. Lo spero, perchè lo leggerò e non voglio leggere merda. Magari lo è quello di Ghirardi. Idem. O dei due tizi indiani. Nessuno di questi, finora, mi ha incuriosito granchè, ma a tutti darò una possibilità, perchè amo essere sorpreso e spesso mi capita di esserlo. Però che siano tutti dei capolavori, o anche soltanto che siano tutti libri ì validi, mi sembra molto difficile. Non per motivi di età, maturità o altro: per pura statistica.
    Semmai c’è da chiedersi: perchè in Italia si continua a non riuscire a fare un discorso _serio_ sul fantastico? Little, Big, di John Crowley, è considerato da molti (perfino tromboni ultra-tradizionalisti come Harold Bloom) uno dei più grandi libri del Novecento, eppure da noi non esiste. Su questo, credo, varrebbe la pena interrogarsi: non è detto che le risposte siano ovvie.

  18. Guardate che le bevande fredde in estate c’erano anche prima dei frigoriferi. In Cina già nel 500 a.C. sapevano conservare il ghiaccio invernale fino all’estate successiva. Anche in Grecia si scavavano buche profonde in cui si pressava la neve, che in quel modo non si scioglieva. Nel ‘600, in Francia, le bottiglie chiuse venivano fatte ruotare in acqua e salnitro, procedimento che abbassava la temperatura.

  19. Non dico che il freddo l’hanno inventato con i frigoriferi.
    Ma il procedimento non è scontato. E per scontato non puoi darlo. Altrimenti non è fantasia, è onanismo.

  20. Ma in un romanzo posso nominare una candela senza dover spiegare come si otteneva e lavorava la cera. Penso che per una bevanda fredda valga la stessa cosa. Altrimenti un libro diventa illeggibile, se ogni volta l’autore deve spiegare tutto. Non è più narrativa.

  21. Se le candele le fanno in un monastero sulla punta dell’Everest, oh, come devi spiegarmelo. Se anche c’è un modo ovvio io, lettore, non lo so e non sono tenuto a saperlo. In un mainstream, forse, puoi evitare di spiegarlo. In un fantasy no, perchè ‘fa’ il mondo. E’ il genere, baby!

  22. Allora devi farlo per ogni oggetto che viene nominato, dato che tutto il mondo di un fantasy “fa” monastero sul cocuzzolo della montagna… Non puoi nominare un paio di stivali, o una picca, o un paio di baffi, senza spiegare come conciano le pelli e di quali animali, come cavano la pietra o estraggono il metallo, come ottengono lame di rasoio.

  23. comunque loredana, se pensi che non si capisca che la recensione al libro della Strazzulla l’hai fatta per mettere una toppa e fare un piacere agli amici di Einaudi, ti sbagli. E in ogni caso ti conviene che si sappia e che si pensi che è una marchetta, piuttosto che fare passare come convinte le cose che scrivi, perchè allora ci faresti la figura di chi proprio non ha un’idea di cosa sia la letteratura. Quel libro è indifendibile, anche dal più sprovveduto dei lettori, dal punto di vista strettamente letterario. Il che spiega perchè riferirsi all’età dell’autrice, nel criticarlo, ha un senso, eccome. E’ l’unico motivo per cui lo hanno voluto pubblicare, cavalcando l’onda della moda dei giovani autori. E tu ti metti in una posizione imbarazzante, nel difenderlo.

  24. Carissimo anonimo che tale non è (uffa, ma non ti stanchi mai?). Se avessi voluto fare un piacere a qualcuno, non avrei espresso riserva alcuna sul libro. Cosa che invece ho fatto e ho ribadito.
    Non ti chiedo quale sia il punto di vista “strettamente letterario” secondo te perchè non ho alcuna intenzione di continuare questo tipo di discussione. Quanto alle motivazioni di Einaudi, non le conosco nè intendo conoscerle: personalmente le interpreto più come apertura al fantasy (che caratterizza una bella fetta dell’editoria italiana, nel bene o nel male) che come ricerca della o del minorenne.
    Comunque.
    Ognuno ha la sua opinione, ognuno i suoi imbarazzi: quelli che ti spingono a scrivere banali infamità non mi interessano.
    Chiudo qui.

  25. Anche a me farebbe piacere sapere cosa sia il punto di vista strettamente letterario. in generale non mi convincono i punti di vista strettamente qualcosa. Non mi piacciono i punti di vista stretti.

  26. A mio modesto avviso il libro della Strazzulla, che ho comprato fiducioso e finito di llegere affaticato, è banale, sciatto, noioso, piatto, insulso…insomma, per dirla alla Fantozzi, una cagata pazzesca! Secondo me le case editrici dovrebbero affiancare a degli autori giovani i migliori editor, e probabilmente, dico probabilmente, quì non è stato fatto; ciò mi dispiace perchè a rimmetterci è la Strazzulla, l’Einaudi ed anche la fantasy, il genere di libri da me molto amato.

  27. scusate per l’errata citazione di Fantozzi: lui dice BOIATA!!
    scusate pure gli errori di battitura nel mio post qui sopra (llegere=leggere, rimmmeterci=rimetterci!!

  28. Faccio parte di coloro che leggevano fantasy, derisi e disprezzati dai propri coetanei alcuni anni fa. Premetto che giudico con le molle i pareri di certi soloni, sopratutto quelli che si occupano di letteratura per l’infanzia: mi sembra che i loro giudizi sfocino spesso in un lamento per una età dell’oro che non esiste più. Ricordo certi giudizi ai limiti dell’insulto di Faeti sugli anime giapponesi che denotavano più ignoranza e presunzione piuttosto che competenza. Ma sto uscendo dal seminato.
    Credo che l’origine di certe diatribe siano gli strumenti promozionali con cui ci vengono proposti i libri. Il libro non è un detersivo, come ho letto in un blog di una scrittrice assai nota, non è un prodotto qualunque… si presume che un autore che abbia raggiunto certi risultati abbia delle qualità strordinarie, o almeno lo pensano in molti…
    Allora, non è vero che quando Licia Troisi venne pubblicata non ci furono delle polemiche. Io personalmente la stimo pochissimo come scrittrice, ma mi rendo conto che il mio giudizio potrebbe anche essere errato: del resto ho più di trent’anni e cerco altre cose nei libri che leggo rispetto a un adolescente. Descrivere Licia Troisi e Christopher Paolini (ancora peggio, imho, viso che il suo ciclo è un plagio di Star Wars) come dei geni del fantasy, proporre i loro scritti come esempio supremo senza attribuire loro un target adatto ( quello degli adolescenti) è stato uno sbaglio, mi sembra.
    Paolini viene però dagli Stati uniti: se vogliamo era già stato indicizzato alla fonte e quindi non ha destato lo sconcerto e la rabbia della vicenda di Licia Troisi
    C’è, però, anche un fantasy per adulti, un fantasy che richiede mondi coerenti, trame credibili, personaggi a tre dimensioni, omicidi, stupri, lotte politiche ecc… un fantasy ADULTO, che è stato schiacciato e nascosto da quasta ventata di bambinismo.
    Chi ha mai sentito parlare di Michele Giannone, di Andrea d’Angelo, di Francesca Angelinelli, di Luca Tarenzi o di Claudio Tassitano? Chi di loro è stato intervistato da giornali e televisioni? La verità è che si è voluto giocare sul caso letterario, non solo puntando sul fantasy, reso di moda da HP e SdA. E’ giusto far produrre alla Troisi libri come in catena di montaggio? E’ giusto puntare su due ragazzotti che temo verranno bruciati dopo il loro esordio? Lasciare maturare un pochino i vari Ghirardi e Strazzulla, avrebbe fatto loro del male? Sempre che non si voglia affermare che costoro siano già autori maturi. Per quanto mi riguarda ho letto in fanzine e in siti per appassionati cose migliori… oltretutto gratis.

  29. Io parlo da parte degli autori definiti “baby”,infatti ho 17 anni e ho pubblicato il primo libro a 16.Ho letto alcuni lavori di questi miei coetanei, in particolare di Federico Ghirardi e di Chiara Strazzulla.Buone storie entrambe, la prima un po’ particolare nel suo genere e la seconda tipo romanzo del ciclo cavalleresco,ma in alcuni punti mancanti di accurato approfondimento.Hanno lati buoni e lati cattivi, come tutte le cose a questo mondo.Essere critici significa distinguere ciò che è bene da ciò che è male, sempre secondo il parere di chi critica.Nell’essere scrittore giovanissimo ci sono lati negativi e lati positivi.I negativi riguardano forse non tanto la mancanza di esperienza di cui ci accusano gli adulti, quanto la focalizzazione di questa esperienza in tanti campi diversi assieme.Questo fa sì che non si ha una cultura ben definita, ma cangiante, multiforme,le cui componenti sono spesso contrastanti.Io ritengo che la cultura sia un insieme di dettagli combinati in vario modo tra loro, e che il processo di formazione di tale cultura inizi già dall’infanzia.Non deve stupire che quando si è giovani e specie adolescenti si vuole sperimentare, alla ricerca di nuovi dettagli e di nuove combinazioni. A volte riesce bene, perfettamente, altre è un disastro.Altre volte ne viene fuori qualcosa di indefinibile, strano e originale,non bello ma affascinante.Poi si cresce,i dettagli si saldano tra loro, e la cultura personale diventa formazione di carattere stabile.Ma può cambiare,può arricchirsi come affievolirsi,può perdere dettagli e aggiungerne altri nuovi.L’essere umano di ogni età è in perenne cambiamento, tutti i più grandi scrittori,da Omero a Umberto Eco sono portavoce di questa realtà.Dunque,ogni età ha la sua cultura e la sua saggezza,quindi un bambino può descrivere in un libro la sua realtà e non avere nulla da invidiare alla realtà descritta in un libro da “ansiano”.E,tanto per citare un uomo che di saggezza ne aveva tanta,CS Lewis diceva che per lui se una storia non valeva la pena di essere letta a 10 anni,allora non valeva la pena di essere letta nemmeno a 40.

  30. Ma perchè i critici si ostinano a commentare libri che non hanno letto e che mai leggeranno?
    Mi riferisco al commento della Signora Grilli a proposito degli scrittori emergenti ed in partcolare a “Love is 4ever” della Marullo che, intanto, non è sedicenne ma ha 19 anni e poi leggete il piacevole romanzo che ha per altro un finale molto realistico e inaspettato, è scritto in ITALIANO!!!!

  31. Non c’è tanta differenza tra leggere e scrivere, anzi avvolte io faccio più fatica a leggere che a scrivere. Il vero problema,ritengo,è che questi adolescenti siano davvero degli “immaturi”. Credo che la parola adolescenti usata nella critica di Grilli vada intesa nel senso di “immaturi”. E tutti possono esserlo, dai bimbi di 5 anni ai vecchi di 70, perchè immaturo è colui che non vuole crescere. Crescere significa elevarsi ad un piano superiore, avere consapevolezza delle cose nuove che ci circondano. Questi baldi giovanotti, soprattutto la Strazzulla, credono fermamente di essere nati imparati. Non si arricchiscono di nuove esperienze, quindi non crescono. Invece bisogna sempre aprirsi alle novità che il mondo offre e, nel bene come nel male, stupirsene e farne tesoro. E il mondo è così vasto e misterioso che sono sicura che nemmeno un vecchio di 100 anni lo ha contemplato tutto.

  32. @mariateresa
    non è questione di fatica: per scrivere, bisogna leggere, ovvero conoscere il mondo letterario, se lo si vuole frequentare. Impararne i meccanismi, esattamente come per tutti gli altri mestieri. O andresti a farti operare da un chirurgo di quindici anni?
    E l’età è importante, perchè ogni anno che passa porta con sè un pò di esperienza e aggiunge un frammento all’opera di comprensione del mondo. Chi è molto giovane questa esperienza non la può avere, anche se molto spesso gli adolescenti credono che ciò che è interessante per loro debba esserlo per tutti. E’ normale: è un’età in cui si cammina di preferenza intorno al proprio ombelico. Non c’è niente di male, perchè è una fase di crescita, e i ragazzini non hanno altro dovere che questo, crescere. E il far loro credere che sono depositari di chissà quale talento, perchè i casi di enfant prodige sono più unici che rari, sono come una mano schiacciata sulla loro testa.

  33. Intervengo in quanto stroncatore amatoriale di fantasy orribili e appassionato di letteratura fantastica. Quella buona, e quella tremenda.
    La questione anagrafica. Nulla vieta che un quindicenne scriva una storia meravigliosa. O che un feto detti alla madre il caso editoriale del secolo comunicando in morse attraverso le scalciate. Più seriamente: China Mieville ha scritto il primo libro a diciotto anni, e Anselm Audley a diciassette. Sono entrambi autori di altissimo livello, quindi è dimostrato anche empiricamente che uno scrittore molto giovane POSSA scrivere un buon libro. E non ricordo che qualcuno dei critici amatoriali assatanati abbiano mai affermato il contrario.
    Ammetterete comunque che è difficile. Per scrivere bene bisogna leggere molto e allenarsi. ma non è questo il vero problema. Il punto è che Chiara Strazzulla, Federico Ghirardi, Elisa Rosso, Luca Centi e Licia Troisi hanno tutti una caratteristica comune: scrivono male. Questo sotto i punti di vista di coerenza logica, originalità, credibilità dei personaggi e ritmo della narrazione – per non parlare del livello stilistico, che nemmeno tiro in ballo perché si potrebbe definire il tutto “inutili regolette formali”. Che ciascuno di questi libri sia completamente assurdo sotto i punti di vista che ho elencato sono disponibile a sostenerlo quando volete, e in diversi anni di attività come critico amatoriale – con ripetuti contatti con gli autori e loro fan – sto ancora aspettando che qualcuno li difenda con argomentazioni valide.
    C’è un progetto dietro, c’è un’opera, c’è fatica? Benissimo. Se a qualcuno non crea problemi leggere libri dove gli eventi si succedono senza il minimo criterio di coerenza, i personaggi si comportano come improbabili alieni allucinati anziché come esseri umani e non c’è un’idea originale che sia una, a me non sembrano difetti che si possano compensare in alcun modo. Non ce l’ho col fatto che i summenzionati scrittori siano giovani – uno dei miei bersagli preferiti è GL D’Andrea che non lo è, per esempio – ma i loro libri, secondo tutti i criteri che ho elencato, sono orribili. Se la pensate diversamente, sarei più che felice – e non sarei l’unico – di discutere su quali siano le incongruenze logiche e come evitarle. Se dovessero apparire sulla scena nostrana BRAVI scrittori giovani ne sarei soltanto felice – perché non dovrei? Leggere mi piace. Venero gli autori che mi piacciono come le peggiori fan sedicenni dei tokio hotel, se qualcuno dice una parola contro Erikson o Mieville lo sfido a singolar tenzone. Perché dovrei comportarmi diversamente con un mio connazionale, se il suo libro fosse davvero bello?
    La signora Postorino ci ha gentilmente fornito un meraviglioso esempio di risposta valida e argomentata alle critiche. Si difende con argomentazioni facilmente confutabili (come ha fatto Gamberetta pochi post dopo), e appena riceve risposta si ritira dalla discussione contestandone il tono. Questo atteggiamento inizia a diventare leggermente sospetto dopo che per diversi anni non se ne vedono altri. Inizio a sospettare che esista un legame statistico fra la difesa del bon ton e l’apprezzamento per la brutta narrativa.
    Sono particolarmente sorpreso da quel che ha detto Wu Ming 1 sulla critica. Ha usato argomentazioni così inflazionate e prive di validità logica che iniziavo a chiedermi quando saremmo arrivati ai diritti delle balene. Seriamente, non me lo aspettavo da una persona che di solito si dimostra del tutto razionale nelle sue apparizioni sul web – e da uno scrittore di cui mi è stato parlato molto bene anche se ammetto di dover ancora suoi libri (solisti o collettivi). Rispondo ad alcune delle cose da lui dette perché vorrei sinceramente spiegazioni. Dovrò rispondere con banalità già sentite, ma banalità già sentite sono le affermazioni, quindi non so cosa farci. Mi scuso per la lunghezza del post.

    E la strega di “Hansel e Gretel” come cazzo avrà fatto a tenere il forno acceso dentro una casa fatta di marzapane e con vetri di zucchero alle finestre senza che l’intera casa si sciogliesse? INVEROSIMILE. Come il fatto che, pur non essendosi mai visti leoni in Argolide, Ercole ne uccida uno e ne vesta la pelle. Tze’… Storielle che non stanno in piedi. Realismo, porco zio, realismo!

    Sono sicuro che sai bene quanto chiunque altro la differenza fra mito, fiabe e narrativa fantastica. Perché dire un’idiozia simile allora? Davvero, che c’entra?

    Più in generale, già la pratica costante della stroncatura è un po’ una roba da frustrati, ma portare avanti un blog interamente consacrato alla stroncatura delle versioni nostrane di un particolare sotto-genere va al di là del commentabile.

    A differenza di gamberi fantasy, il nostro sito si occupa – appunto – soltanto di stroncature fantasy, quindi mi sento leggermente chiamato in causa xD.
    Mi diverte abbastanza leggere un’accusa di frustrazione a persone che non conosci e di cui nemmeno (mi par di capire) segui regolarmente gli articoli. Soprattuto quando segue un bel discorso sul rispetto del lavoro altrui, la critica “facile” e quant’altro.
    Fare recensioni può essere divertente, esattamente come leggerle. Soprattutto se sono scritte con ironia. Gamberetta fa anche un servizio, informando i lettori di cosa conviene comprare e cosa no. Noi ci limitiamo a far ridere la gente, come abbiamo riso noi leggendo gran brutti libri. E’ da frustrati? In base a cosa? Al massimo abbiamo un senso dell’umorismo discutibile.

    Trovarsi una vita da vivere no? Quante ore al giorno prende una simile livorosa “attività”, tutta reattiva e subalterna all’iniziativa e alla fantasia (scarsa o meno che sia) altrui?
    C’è gente sprofondata nelle miniere o inchiavardata in fabbrichette di merda che si bacerebbe i gomiti per avere anche solo un pizzico di tempo liberato, ogni tanto pensiamo a loro e vediamo di non sperperare quello che abbiamo in grazia.

    Ehm, dove sono finiti tutti i paladini del “non attacchiamo la persona” xD? Vale per gli autori ma non per i loro lettori? Davvero, io ho un grande senso dell’umorismo e ormai questa discussione mi sembra scivolata ben oltre il livello della logica, quindi non mi offendo di certo. Ma a te che te frega di come uso il mio tempo libero? Pensa, lo uso perfino per leggere articoli di fisica! Questo è sicuramente molto più improduttivo e sfigheggiante che scrivere recensioni per a) far ridere della gente b) far sapere che un libro fantasy non si merita i loro soldi.
    In ogni caso, quella delle miniere è tragicomica. Ti dirò di più: gli orsi polari sono ormai prossimi all’estinzione, l’entropia dell’universo aumenta ogni secondo e non ci sono più le mezze stagioni. Ma questo che c’entra con le recensioni fantasy, di preciso? Se anche i recensori stessero effettivamente perdendo il loro tempo – il che è un’opinione legittima, quanto credere che scrivere orrendi libri fantatrash sia una perdita di tempo – davvero, che c’entra con le miniere? Se iniziassimo a fare recensioni positive cambierebbero le condizioni di lavoro medie del mondo? In questo caso, spiegami soltanto come e apro immediatamente un blog di lodi sperticate. Autori che adoro non ne mancano, solo mi diverto di più – come i miei lettori – a commentare quel che non mi piace. E gradirei argomentazioni attinenti, perché altrimenti perdiamo tutti il nostro tempo , oggettivamente.

    Il cecchinaggio degli autori è una pratica troppo facile e banale, una scorciatoia per evitare la critica vera, che invece costa la fatica di gettare sguardi non consueti, stabilire connessioni inattese, allargare i contesti, unire ciò che è diviso e dividere ciò che è unito.
    Certo, può capitare di dire che un libro ti fa schifo, e spiegare il perché, ma dedicarsi anima e corpo alla stroncatura è un’altra cosa. L’acribia fanatica e la “vis tetrapilectomica” con cui alcuni si dedicano a tale missione fa pensare che *non si veda l’ora* di trovare un’opera che faccia schifo, e si legga ogni testo con quegli occhiali.

    Ormai colleziono definizioni sempre più barocche della “critica vera”, ne ricordo una che comprendeva macchine da guerra estetiche e filosofi schizofrenici, ma lasciamo perdere. La critica vera è qualcos’altro? Benissmo, allora quella non mi interessa. Chiamiamo quello che facciamo noi “parlare dei libri”. Diciamo quello che ci piace, o nel nostro caso che non ci piace. Per quale ragione questa sarebbe un’operazione stupida, illegittima o semplice? Quanto a spaccare il capello, sarei felice di vedere spiegazioni puntuali di quali siano le critiche “irrilevanti”. Le incongruenze logiche dei libri elencati sopra riguardano elementi assolutamente vitali della trama, spesso l’intera trama è basata su assurdità totali (come nel caso de “gli eroi del crepuscolo” e “il libro del destino”). La pensate diversamente? Discutiamone. Gamberetta ha elencato una serie di punti deboli del libro. Pensi che quella della birra sia irrilevante? Non condivido, quoto Francesco Dimitri. Ma se anche è così, cosa pensi delle altre argomentazioni? Riguardano punti assolutamente centrali della trama.
    Non vedere l’ora che un’opera faccia schifo? Ma davvero, perché dovrei? Mi diverte leggere qualche fantatrash ogni tanto. Ma il 90% dei libri che leggo li leggo perché mi aspetto siano belli, e sicuramente preferirei prendere uno da cui mi aspetto una ciofeca e trovare una meraviglia che il contrario. Se poi pensi che io, Gamberetta, o chi altri abbiamo pregiudizi negativi, gentilmente vieni sui nostri blog e indica QUALI punti delle recensioni trovi non condivisibili. Non ricordo che lei – o noi – abbiamo mai respinto qualcuno interessato a discutere. Fare vaghe accuse generiche di spaccacapellismo è parlare del nulla.

    Più difficile – perché più umano – è saper criticare, anche duramente, senza mai dimenticare che un’opera, buona o cattiva che sia, può essere costata a chi l’ha scritta impegno, progettualità, fatica, amore. La “cultura del sospetto” che vede in ogni autore un potenziale truffatore da smascherare va nella direzione diametralmente opposta a quella che interessa a me, cioè la lenta e faticosa costruzione di comunità basate su “circoli virtuosi” e rapporti reversibili tra autori e lettori.

    Davvero, questa domanda non è affatto retorica: leggendo il libro, cosa dovrebbe mai importarmi dell’amore che ci ha messo l’autore? Se domani scoprissi che Mieville ha scritto i suoi bellissimi libri per potersi comprare un SUV e non glie ne importa niente della narrativa, varrebbero meno? Perché è la logica conseguenza di apprezzare DI PIU una cosa in quanto scritta con passione.
    Io non ho niente contro Federico Ghirardi – abbiamo anche avuto contatti assolutamente civili su internet – e come persona posso stimarlo per la sua passione. Ma cosa c’entra col suo libro? La trama non sta in piedi, e sono pronto a fare un elenco delle incongruenze logiche. Non credo che lui sia in malafede o che altro. Semplicemente il suo libro fa schifo secondo una serie di criteri. Quindi io lo leggo per sghignazzare, e poi consiglio a chi non ha la mia stessa passione per il trash di leggersi qualcosa di meglio.
    PErchè questo è il punto: di meglio c’è eccome. Si trovano tantissimi libri con una trama solida, idee originali, POV che se ne sta ben fermo, descrizioni curate, personaggi credibili. Tutti criteri analizzabili con una certa oggettività. Perché dovremmo dire di apprezzare autori italiani che sono mille chilometri sotto? E perché non dovremmo sconsigliarli con tutto il cuore sui nostri siti – o prenderli in giro, se è il nostro genere di umorismo?
    Scusate per l’estrema lunghezza del post, ma tenevo a rispondere a Wu Ming 1. Saluti a tutti!

  34. PS.: Accidenti, che stupido! Ho visto ora che il post è vecchissimo :S. Ci sono arrivato attraverso link e non ho controllato la data. Scusate ancora per l’intervento post-mortem della discussione!

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