ONCE UPON A TIME

Umberto Eco scriveva una lettera su Golem l’indispensabile:

Caro Simone Bartoletti,
Rispondo volentieri al suo messaggio [in calce a questo testo NdR] perché spero così di raggiungere altre persone che si trovano nella sua situazione, per dire loro candidamente come vanno le cose a questo mondo. Vengo anzitutto alla sua ultima richiesta, se io sia disposto a leggere il suo manoscritto. La risposta è no, e le ragioni sono tutte ispirate a un profondo principio di lealtà. Io (ma questa situazione è comune a molti scrittori e studiosi di una certa notorietà) ricevo ogni settimana almeno una decina di manoscritti (spediti da persone che non hanno avuto la delicatezza di fare come lei, e chiedermi prima se potevano inviarlo), dei generi più svariati, in gran parte racconti e romanzi, ma anche opere storiche o addirittura dimostrazioni sull’esistenza di Atlantide o del continente scomparso di Mu. A questi si aggiungono bozze di libri inviati liberalmente da editori stranieri che chiedono un blurb, e cioè una di quelle frasi di raccomandazione dell’opera che si stampano poi sull’ultima di copertina o in fascetta. Dieci manoscritti alla settimana fanno 520 all’anno. Una persona come me, che fa il professore universitario, dirige una rivista scientifica e due collane specializzate, è tenuto a leggere (e correggere, e rileggere) tesi di laurea voluminosissime e manoscritti inviati per la pubblicazione, per dovere d’ufficio, oltre a seguire quanto si pubblica nel proprio campo, per tenersi dovutamente aggiornato (anche se la mole di materiale che arriva è anche quella insostenibile). Anche a volersi eroicamente occupare degli altri manoscritti in arrivo, si può dedicare al massimo (diciamo) due ore giornaliere, strappate al sonno, alla lettura di tale materiale – a parte il fatto che, dopo aver letto per obbligo centinaia di pagine, ballano gli occhi. Tenuto conto che per leggere (bene) un manoscritto che può andare da cento a quattrocento pagine, anche procedendo a tre minuti a pagina (che è lo standard della lettura veloce ad alta voce), calcolando un libro medio di 250 pagine, saremmo a dodici ore, e quindi 24 giorni per libro, i conti sono facili da fare. 24 giorni per 250 libri fa 4000 giorni, e l’anno ne ha 365. Pertanto chiunque (che non faccia il mestiere full time di lettore per una casa editrice), ricevendo un manoscritto promette di guardarlo, mente. Al massimo lo annusa, ne legge le prime righe, ed emette un giudizio evidentemente poco fondato. A me non piace ingannare la gente in questo modo.
La informo di un altro particolare, su cui nessuno ha mai detto la verità. Quando l’autore noto di una casa editrice invia alla direzione un manoscritto che ha ricevuto, dicendo che vale la pena di prenderlo in considerazione, rarissimamente gli si dà ascolto. Vige la persuasione che l’autore noto abbia rifilato loro qualcuno che lo stava sottomettendo a molte pressioni e che se la sia cavata in quel modo. È triste ma è così.
Passiamo ora alle case editrici. Per antica e fondata esperienza non credo alle case editrici che sollecitano manoscritti. Di solito cercano autori a pagamento, sono disposte a pubblicare qualsiasi cosa e se non rispondono è perché ne hanno già troppa. Sul funzionamento di queste case si veda cosa racconto nel mio Pendolo di Foucault a proposito del signor Garamond. È un romanzo, ma fondato su fatti reali.
Una casa editrice seria e importante, che non sollecita pubblicamente manoscritti, ne riceve comunque tantissimi – certamente cento volte più di quanti ne riceva io. Di solito (ma non esiste una regola generale) cerca di farli guardare tutti. È improbabile che li possa leggere il direttore editoriale (altrimenti non avrebbe tempo per dirigere), e spesso li si affida a lettori esterni.
Quando lavoravo in una casa editrice ne conoscevo uno, intelligentissimo e con una penna intrisa nel vetriolo, che passava la giornata sdraiato sul letto e leggeva tutti i manoscritti che riceveva. Queste letture gli venivano pagate con molta parsimonia, ma tutto sommato così campava. Li leggeva davvero, e mandava giudizi di fuoco – anche se qualche volta esprimeva rispetto e ammirazione per qualche testo. In casa editrice si faceva fatica a leggere tutti i giudizi, di una o due cartelle, che costui inviava giorno per giorno. Io adesso non ricordo bene (anche perché di solito i manoscritti in arrivo sono di carattere narrativo, e io mi occupavo solo di saggistica) ma non ho presente alcun manoscritto che sia poi diventato un libro.
(segue qui)

20 pensieri su “ONCE UPON A TIME

  1. 1) La Lipperini, che riceve tonnellate di dattiloscritti da Zauberei e le altre fidelizzate, fa parlare Eco per se stessa, non osando dire loro apertamente le stesse cose. (Naturalmente riceve anche tantissimi volumi già pubblicati per una breve menzione su Repubblica, però riservata a pochi ed eletti lipperiniani).
    2) Ovvio che, se tutti scrivono e si propongono, gli editori non possono che scegliere a Caso, anzi, diciamola tutta, alla Cazzo.

  2. Umberto Eco espone dei fatti ed è quello di cui abbiamo tutti bisogno.
    Poi quello che racconta in realtà mette molta tristezza e non c’è nessuno che abbia veramente ragione.

  3. Eco risponde in maniera precisa ed impietosa, e di questo non lo ringrazieremo mai abbastanza.
    L’unico dubbio che ho è: in questo panorama in cui spedire manoscritti alle case editrici è più una perdita di tempo che altro, le agenzie letterarie hanno un ruolo? L’esordiente spreca meno risorse a mandare un manoscritto a loro piuttosto che agli editori, o rischia di impelagarsi in situazioni stile autore a pagamento?

  4. Nessuna missione è impossibile quando la motivazione è forte. Se si perde una battaglia allora si cambia strategia, ma non si abbandona il campo. MAI.
    Quanto scritto da Eco è senz’altro vero (di certo molto verosimile), ma dubito che chi ha una passione che fa rima con ossessione si scoraggerà più di tanto.

  5. Caro Umberto Eco io non la stimo e non stimo le persone che le inviano manoscritti di conseguenza, perché significa che loro la stimano. Io ho pubblicato tre libri con picoli editori e i miei libri sono pietre miliari che quuesto paese non merita, come non si meritava geni come Gadda che chiamati maestri si irritavano invece di gloriarsi. Carmelo Bene è morto troppo presto ma non abbastanza per non svelare la dittatura ideologica della neoavanguardia, parte sistematica dell’ingranaggio contestatario di un potere anti-individualista e quindi anticulturale. Il caro Pier Paolo Pasolini lo chiamava fascismo di sinistra io lo chiamo semplicemente fascismo. E’ vero che i piccoli editori, ma solamente alcuni, o quantomeno acerti più di altri publicano tutto e si fanno pagare, ma ci sono anche quelli che selezionano rigorosamente e si fanno pagare lo stesso e allora? La dittatura delle Feltrinelli, dei poteri forti dell’editoria e della distrubuzione strozza e annienta la cultura, si pubblica materiale commerciale, di scottante attualità, in base ai capricci di un direttore editoriale che pensa alle vendite o peggio fa parte di un clan e pubblica gli amici con cui mangia il gelato e gioca tresette col morto, e questa sarebbe la cultura? Sono gli editori in mano ai clan, alle correnti alle cricche ad aver annientato la cultura e la democrazia, non certo i piccoli editori.

  6. Questa lettera è fastidiosa. E’ triste vedere come la saggezza sia diventata l’arte di svelare agli ingenui le-cose-come-stanno. Magari dovremmo tributare un plauso ad Eco per queste “sagge e lungimiranti” parole?
    E’ la descrizione sadicamente compiaciuto di puri meccanismi di potere, e l’intellettuale, quale si pone Eco, anziché criticarli, o guardarli da una prospettiva quanto meno extra-descrittiva, quasi quasi li presenta come dotati di per sé di un valore.
    In particolare è il principio di autorità che non mi convince, sul quale si basa, insieme alle crude dinamiche economiche dell’industria culturale, tutta l'”argomentazione” (che poi è una pura e semplice descrizione). E il principio di autorità e le pure dinamiche economiche sono la prima cosa che un uomo di cultura dovrebbe mettere in discussione.
    Questa lettera ha quel disincanto arrogante che tipicamente trasfigura “le cose come stanno” in “cose che è giusto che siano così”: si slitta facilmente dal fatto alla norma, il che è deleterio. Perché, ora, in generale, se non sono le persone di cultura a difendere l’industria culturale, chi lo fa?

  7. Magari sono stupida io, però nella lettera di Eco ci ho letto qualcosa di più della semplice descrizione di un sistema o della spietata difesa dei meccanismi su cui il mondo della cultura e dell’editoria sono fondati. C’è l’invito a non cercare subito il contratto col grande editore, ma di costruire un percorso solido, alla cui base ci sia il confronto con altri autori che è l’unica, vera arma per affinarsi e migliorare. Ci ricorda che una carriera, di qualunque genere (da qui il paragone illuminante col calcio) comincia dal basso e si costruisce col tempo. In tutto ciò non ci vedo nulla di spocchioso o di urticante, e se anche fosse -ma magari qui sono io ad essere fatta male- meglio avere una persona che parla in maniera chiara, mettendoci in condizione di elaborare una strategia per raggiungere il proprio obiettivo, piuttosto che vivere di false illusioni e di ipocrite pacche sulle spalle.

  8. Signor Foschini: a parte il fatto che l’umana decenza imporrebbe di pensare a lungo prima di autodefinire le proprie opere pietre miliari, la informo che su questo blog l’autopromozione non è gradita. Dunque, ho tolto i riferimenti ai suoi scritti. Grazie.

  9. Ma poi, perché spedire il proprio manoscritto a Eco? io la trovo una cosa, non dico stupida, ma inutile. Non fa l’editore, non é un segnalatore, nè c’era bisogno che lo scrivesse per capire che è molto impegnato.
    Io, avessi un manoscritto per le mani, a Eco non lo spedirei mai. Lo stimo, lo seguo, di lui ho letto parecchio, ma mi sta antipatico. Il motivo non lo conosco, e mi rendo conto del contrasto tutto mio fra ammirazione e non simpatia. Ma non posso farci niente, questione di pelle, e il frutto di sè lo si dà a chi ci è caro.

  10. In linea con Denise e Zilberstein. Questione di stile: sul modo di dire le cose ‘come stanno’ preferisco di gran lunga il doctor House.

  11. Ecco, appunto. Perché spedire il manoscritto a Eco? E’ autosqualificante. Non perché simpatico o antipatico, ma perché farlo equivale a violare la solita, sempre ripetuta (ma evidentemente mai abbastanza) regola per cui se mandi un romanzo porno a Salani, una storia della filosofia ad Arcana e una raccolta di versi a Codice sei un ignorante presuntuoso che pretende di proporsi presso qualcuno cui lui stesso non si è dato la briga di attribuire una fisionomia se non precisa perlomeno non vaga. Mandare un manoscritto all’intellettuale italiano più famoso nel mondo significa non tener conto del suo status e di ciò che tale status comporta. E’ un comportamento scellerato che, per quanto mi riguarda, meriterebbe una punizione – altro che semplice indifferenza.
    La triste realtà è sempre quella: la maggior parte della gente pretende di parlare senza aspettarsi di dover, ogni tanto e comunque in prima istanza, ascoltare. Così si scambia l’idea di buttar sangue per produrre immaginario o cultura in generale con la semplice affermazione del proprio ego, dimenticando che la comunicazione non è mai a senso unico.
    O meglio: per quel genere di comunicazione ci sono i sanitari del bagno di casa.

  12. Cara signora Lipperini chi le dice che io non abbia pensato a lungo? chi le dice che per forza di cose io esageri, chi le dice che quello che dico deve essere per forza falso, chi le dice tutto questo, l’umana decenza? Comunque mi sembra che almeno una persona abbia manifestato il suo dissenso nei confronti di Eco, e questo mi rallegra, tra l’ altro lei è simpatica ad Antonio Veneziani quindi tutto sommato la perdono, comunque le mie opere sono pietre miliari e ci ho pensato a lungo, come ho pensato a lungo che l’umana decenza non c’entra, ma l’invidia e il pregudizio sì. Andrea Foschini

  13. Eco ha ragione da vendere. Ha chi pretende di uscire con un editore alla sua opera prima, COSTRUTTIVAMENTE e REALISTICAMENTE consiglia:
    Innanzitutto prova a partecipare a piccoli premi, concorsi. Pubblica stralci sul web, sotto poni la tua opera al giudizio altrui. Fatti conoscere.
    È il consiglio più saggio e costruttivo che abbia mai letto in proposito. Inoltre ha lo straordinario pregio di essere PRATICABILE.

  14. 1. Loredà il signor Foschini ” ti perdona”! Son cose eh? 🙂
    2. Anche io ho avvertito il fastidio di Valeria e Denise. Però condivido anche chi ha sottolineato la questione del percorso condiviso tra pari che si confrontano io l’ho fatto – in un gruppo di cari amici che poi hanno continuato più seriamente, e alcuni di loro hanno pubblicato con case editrici abbastanza note -Fazi, Minimum Fax, per dire – Mi pento spesso di essermi tirata fuori da quel gruppo e da quel fare, ma posso testimoniare che quello che dice Eco – parti dal basso, confrontati tra pari vai piano piano sulle riviste sulle opere collettanee etc funziona davvero. Ci vuole certo un accanimento che io non ho avuto, ma tant’è.
    Piuttosto, l’ho trovato un po’ meno brutale di quanto avrebbe dovuto, un po’ meno serio ed esplicito sulle reali dinamiche del mercato editoriale. Qui forse dissento da Denise, ho avuto come la sensazione che non dicesse tutta la verità – perchè se questa era tutta la verità essa era in palese contraddizione con il nostro rammarico condiviso, sulle logiche di mercato. Non mi pare che parli poi tanto delle logiche di mercato – da quel punto di vista è piuttosto ovvio.
    3. Io per mio, la lettora retribuita lo farei volentierissimo:) Ndo ce se candida?

  15. Che mattacchione di un Eco!
    Mi allinea a quanti han detto: ma perché spedire un manoscritto all’Umberto? E aggiungo: ma perchè poi un intero manoscritto e non una sinossina striminzitina, magari gustosa e pepata giusto per incuriosire, che forse qualche possibilità di essere letta ce l’ha?
    Ma a me sto discorsino dell’Umberto mi puzza di peana…. con tutta l’esposizione che si è andato a cercare, bulimica e scatenata quasi, è antipatico poi dire: guardate sono impegnato. Ma grazie! Lo sapevamo. Vuoi che lo sappiamo di più?
    Scommetto che a Dan Brown non arrivano tutti sti manoscritti…

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