Molto spesso, non sono stata e non sono d’accordo con lei, soprattutto sulla vicenda della “chiusura” del pensiero filosofico della differenza rispetto al reale. Questo non significa non riconoscere i debiti che il movimento delle donne ha nei confronti di Luisa Muraro. E trovo molto bella l’intervista che le ha fatto Simonetta Fiori. Eccola.
«Nascere donna è un´indicibile fortuna», sostiene Luisa Muraro, 81 anni, protagonista del femminismo italiano e del pensiero della differenza. Alla misteriosa “grandezza” delle donne ha voluto dedicare il suo ultimo lavoro, Non è da tutti, che è una sorta di manifesto-bilancio di decenni di militanza attiva, di ricerche filosofiche, di letture e di incontri con pensatrici di varia ispirazione, nella comunità di Diotima e nella Libreria delle Donne (Carocci, pagg. 126, euro 13). Un affascinante racconto sull´”eccellenza” femminile – un tempo la chiamava “superiorità” – che esce nel breve arco di tempo tra la splendida piazza di “Se non ora, quando?” e la prossima festa dell´8 marzo. E che segna una rottura rispetto al codice esoterico prediletto dalla sua comunità. Pagine nitide e colloquiali, che indagano sul “segreto” delle donne, un dono che affiora “tra le cose ordinarie della vita”, non appariscente come la carriera o la promozione sociale, ma un´avventura sotterranea che presuppone un modo unico e insostituibile di intimità con il genere umano. Un privilegio che si manifesta nel vivere quotidiano, “nel rapporto con la casa, con le creature piccole, con i cibi e – quando c´è l´amore – con l´uomo”. È la “superiore capacità femminile del sentire”, cui gli uomini pervengono solo in casi eccezionali. «La donna e Dio hanno un loro segreto di cui Adamo, raffigurato dormiente, non verrà mai a capo», dice Muraro ricorrendo alle parole di un illustre teologo.
Questo nuovo libro colpisce anche per la forza comunicativa, che per certi versi è inedita.
«È difficile rendere chiaro l´impensato, che richiede uno sguardo e un ascolto più ampio. Io mi ci sto avvicinando, ma questa è una parabola personale. C´era una Carla Lonzi che aveva il dono della lingua e della scrittura, autrice di testi molto nitidi. Mi fa piacere che si noti questo mio sforzo».
Però non è sempre stato così.
«Sì, lo so. Tuttavia noi ci siamo ancora. E la nostra sfida permane. In Italia il pensiero della differenza resta vivo, e non è un risultato di poco conto».
Ma non ritiene che adottare un codice esoterico sia stato un errore?
«Abbiamo fatto errori sicuramente e quello del linguaggio è sempre un terreno insidioso. Sono d´accordo: l´esoterismo è un rischio. Dobbiamo lavorare sul pensiero e sulla scrittura. Anche se a me non è mai mancata l´abitudine di comunicare. Nella mia regione, che è il Veneto, anche gli aristocratici si mescolavano con i contadini. E io che vengo da una famiglia della microborghesia ho sempre parlato con tutti. Però lo ammetto: ho scritto libri difficili».
In Non è da tutti è ribadita una sua vecchia tesi.
«Metto in guardia dalla posizione falsamente femminista di considerare il sesso femminile come la grande vittima di una grande ingiustizia maschile. Questa semplificazione è tipica della politica dei diritti che porta a sopravvalutare quello che si può ottenere in nome dei diritti e a sottovalutare le persone con le loro risorse. Il rischio è di rimpicciolire ciò che moltissime donne mettono in gioco nel rapporto con il mondo e con l´altro sesso».
A un movimento tradizionale che aspira all´eguaglianza e alla parità lei oppone il pensiero della differenza. Ma, nell´attuale emergenza, ha un senso questa distinzione polemica? Non c´è il rischio di dividersi dinanzi alla necessità di porre un argine comune alla regressione della condizione femminile?
«Non condivido la premessa. È l´immagine della donna che sta regredendo, non le donne nella realtà. È una delle scissioni prodotte dal tempo presente. Ne soffre la politica, divenuta spettacolo e mercato di bassa lega. Ne soffrono le arti. Ne soffre la filosofia. C´è un enorme avanzamento delle donne, anche se per rintracciarne i segni dobbiamo ricorrere a criteri diversi rispetto a quelli dell´emancipazione».
Quali?
«Pensi all´autonomia personale, alla capacità delle donne di muoversi da sole per i loro progetti. Pensi alla non dipendenza dagli uomini rispetto ai loro destini: quante donne oggi partoriscono da sole? Più in generale, ora le donne possono esercitare un doppio sì: alla realizzazione di sé e al desiderio di maternità. La mia generazione non aveva questa libertà. Quando ho avuto un bambino mi sentivo lacerata. Ora le giovani donne hanno molti problemi, ma non sono lacerate».
Questo è indubbio, però comporta prezzi altissimi.
«Una condizione molto faticosa sì, ma anche bella. Nella nostra civiltà che non è contemplativa l´intensità delle cose da fare, la rapidità del movimento, la molteplicità delle ispirazioni non è segno di infelicità, ma di ricchezza. Sono d´accordo che ci debbano essere nuove soluzioni. Non può durare così. Dalle donne viene richiesta una tensione estrema, però è anche ammirevole. Ho sentito uomini dell´industria e della cultura elogiare la loro bravura».
Talvolta le ammirano ma non le assumono, perché fanno figli e dunque sono un peso per l´azienda.
«Fanno i loro interessi e bisogna impedirglielo».
Ma allora perché polemizzare contro il femminismo dei diritti?
«L´eguaglianza è un bene irrinunciabile, ma poi c´è un gioco più alto, e lì bisogna lanciarsi. Il bisogno di diritti è senza fine se io rinuncio alla libera realizzazione di me. Si reclama, si piange, si scivola nel vittimismo, senza mai trovare soddisfazione».
Lei pensa davvero che in Italia la condizione femminile goda di buona salute?
«Non voglio essere fraintesa. Certo che siamo ai limiti e molte promesse – emerse negli anni del femminismo – non sono state mantenute. Ma la stessa manifestazione del 13 febbraio ha dimostrato che esiste una società femminile che non è affatto acquiescente con la volgarità maschile nella vita sessuale».
Ma lei non s´era pronunciata contro la manifestazione?
«No, mai. Io ero intervenuta contro l´appello, che era scritto in un modo sbagliato. Prevaleva un tono offensivo verso le donne che si prostituiscono, e questo era contrario allo spirito del femminismo. Ma non volevo certo negare lo straordinario slancio di quell´appuntamento».
È nata una nuova pagina del movimento delle donne?
«È stata la dimostrazione di una vitalità che in molti non avevano saputo vedere. Le donne hanno dimostrato con disinvoltura e allegria di non essere complici di un modello maschile esemplificato dal capo del governo. Che l´opera sia completata, certo non si può dire. Ci vorrà un´altra ondata di femminismo, oppure finalmente andremo incontro a una risposta più intelligente da parte degli uomini».
Ha mai pensato di nascere maschio?
«No. Da adolescente, calzando un paio di braghe di mio fratello, mi sono risarcita di certi torti che mi faceva la femminilità. Capeggiavo la banda dei fratelli mediani – sono sesta di undici figli – ed andavo a tirare con la fionda. Poi avevo un particolare rapporto con i cappelli maschili: quando ero di cattivo umore ne indossavo uno. Così in famiglia erano avvertiti: quel giorno mordevo».
Forse non sono stato chiaro. “Ragiona sulle modalità discorsive” non lo diciamo allo psicologo, ma a chi chiede l’intervento dello psicologo. Ovvio che per intervenire in questo modo anche lo psicologo deve interrogarsi su quelle modalità discorsive. Tra l’altro gli strumenti per interrogarsi non sono affatto scontati essendo da reperire fuori della psicologia, e sono oggetto di studio di una parte “de voantri”.
Andrea e Gina scusatemi del mood azzannistico di stamattina:) anche se ribadisco il concetto però il tono poteva essere più carino.
Andrea ma tu lo sai esattamente quanto noantri lavoriamo su cose che esulano dal nostro contesto? Quando la gente ha a che fare con l’orizzonte psicologico ne ha io credo sempre un’idea un po’ riduttiva. Sai che si commercia con molta filosofia, molta filosofia del linguaggio, molta teoria della critica letteraria? Sai che ci sono biblioteche intere, su queste cose? A me dispiace reagire con stizza – e se vige uno stereotipo culturale la colpa non è certo solo della cultura – ma qui se non ce se comincia a incazza da qualche parte non se ne viene mai a capo.
Zauberei, sto parlando di un paradigma che studiano i tuoi colleghi, che a me interessa perché ce l’avevo in testa pari pari prima di leggere qualcosa sull’argomento. Io non sono ‘la gente’, non ‘suppongo’, non ho a che fare con ‘l’orizzonte psicologico’, non mi interessa il ‘commercio con la filosofia’ né con ‘la teoria della critica letteraria’. Mi interessano delle cose precise che hanno a che fare con la vita delle persone.
Scusami ma questa discussione non fa per me.
Andrea non sarai come loro ma allora dimostralo eh:) Perchè se gli altri ti fraintendono – ammesso ma non ancora dimostrato – se invece gli altri ti dicono che sei arrogante – e questo mi pare sia stato dimostrato, è sempre colpa degli altri? troppo sensibili? cretini? che non capiscono il tuo genio segreto? Tu parli di un paradigma che studiano i miei colleghi – come se io e i miei colleghi ne studiassimo uno di paradigma – ma mica mi è tanto chiaro a quale ti riferisci. Sei generico. Anche parlare di cose che hanno che fare con le persone è un tantino vago, altro che molto più concreto delle teorie Dio le abbia in gloria. E perchè la discussione non farebbe per te? a per te eccome, perchè io so che sei in gamba e hai delle cose interessanti da dire. Solo che se ti mantieni su assunti generici e fai lo sborone, ti cucchi le reazioni incazzose.
Famo pace perchè so che ci stiamo a pizzicà per delle cavolate. Se vuoi dirmi meglio quello che pensi io te leggo.
Io non sono ‘arrogante’. Per essere arroganti non basta essere duri, bisogna anche trattare gli altri con presunzione. Tra me e te chi ‘presume’ dell’altro, sei tu.
Quanto alla vaghezza, pensi di essere molto precisa in quello che scrivi?
Ok, non c’è bisogno di rispondere. Su Lipperatura avrò una media di venti messaggi all’anno. I blog letterari non sono più il mio mondo. Quello che dovevo dire su binarismo eccetera l’ho detto. Ho aperto la pista, andate avanti voi che siete capacissime. Grazie. Un bacione
Grazie Andrea per essere passato di qua, per quello che ci hai portato, tutto quello che ci hai portato, compreso il tuo stile nel congedarti. Sentirò la tua mancanza…meglio, vorrei andare dove vai tu, ti cercherò e forse mi fermerò dove tu ti fermi :-).