PASSAPAROLA, DOVE SEI?

Oh, guarda, la vecchia storia dei market movers. Ogni tanto torna il vecchio mantra: le recensioni cartacee non spostano nulla, bisogna investire sui blog e sui social network. Oppure: basta avere le conoscenze giuste, magari strette via social, e pubblichi. Oppure ancora: i social e i blog sono la via per la popolarità letteraria.
Anche questa è faccenda di cui si è scritto e stra-scritto, però ogni tanto fa bene rinfrescare la memoria. E cominciamo col dire che non esistono dati che ci assicurino sull’importanza dei blog e dei social per la vendita dei libri. Chi scrive in fascetta: millemilionidimiliardi di copie vendute in quindici minuti grazie al passaparola fa il suo lavoro (a volte maluccio, ma siamo clementi). Promuove, dunque mente: in ottima o in pessima fede, poco conta.
Ora, il passaparola è faccenda sfuggente: c’è, certo, ma non è facilmente governabile da una casa editrice.  Personalmente ho visto il passaparola in azione soprattutto in due casi: quando uscì Accabadora di Michela Murgia e quando uscì Gomorra di Roberto Saviano. In entrambe le circostanze, la spinta promozionale degli editori non fu potentissima, agli inizi. Divenne notevole quando già i due libri avevano fatto un bel pezzo di strada, quasi a sorpresa, in virtù del passaparola medesimo. Perché e come scattò? Difficile dirlo. Libri giusti al momento giusto, lettori appassionati, nel caso di Saviano “anche” la rete. Anche e non solo, e di certo non i social network che mancavano all’appello, ancora.
Per il resto, spiacente, non ci sono prove. Nessuno ha ancora capito come si sono mossi davvero  gigaseller più-che-pop come Twilight e Cinquanta sfumature di grigio. Sì, la rete, anche, forse. Ma ancora una volta, conta quell’arrivare tempestivamente, che è faccenda che nessuno può prevedere: al massimo, un editore può inserirsi nella scia con uno, due, cinquecento epigoni che infine sfiancano il lettore e uccidono il filone, come è avvenuto con il fiorir di vampiri galanti e frustatori da redimere con l’amore.
A muovere un libro, ci diceva lo studio di due anni fa,  sono ancora alcune trasmissioni televisive e alcuni premi (uno, sostanzialmente, lo Strega). E i blog? I blog sono importanti, ovviamente, ma per chi li scrive e nel rapporto che si instaura con i lettori. E, come scriveva il buon eFFe nel 2012 (come passa il tempo, vero?) perché sono uno spazio pubblico dedicato alla lettura, e sarebbe importante essere responsabili delle parole che vi si affidano, recensioni e segnalazioni incluse. Ma non si può avere tutto.
Ma come, ma allora? E tutti quegli scambi reciproci, e reciproche carinerie, cui si assiste sui social, e che a volte sfociano in recensioni, su web e carta, e altre volte invece si avvitano in un’infinita e sfiancante catena di maldicenze-invidie-sospetti-rancori? Sono inutili. Perchè poi si vanno a controllare i dati di vendita e ci si fanno due risate: ma anche no, perché non c’è niente di cui ridere.
Detto questo, mantra per mantra, ripeto quello che mi è più caro: proprio perché i tempi sono grami, in ambito editoriale, e proprio perché non vale la pena trascorrere le giornate pensando che dai social e dagli influencer “verrà qualcosa di buono”, questo sarebbe un ottimo momento per godersela, la scrittura. Per dedicarsi alla medesima e non alle pubbliche relazioni. Sono convinta che le cose cambieranno, perché le storie sono necessarie agli esseri umani, qualunque sia la forma che assumono e qualunque sia il supporto su cui vengono narrate. Poi, naturalmente, ciascuno faccia ciò che crede: basta non rimanerci male quando arrivano i rendiconti, però.

Un pensiero su “PASSAPAROLA, DOVE SEI?

  1. Sono anch’io per quella cosa di redimere a frustate i vampiri galanti perchè – sebbene sia un homo novus ripieno di fate l’amore e non la sua alternativa e ritenga , con Isacco Asimov, che la violenza sia l’ultima risorsa dell’inadeguato – quando avevo sei anni ( 1974 ndr ) incappavo tutti i giorni nel giovane bidello Pietro che era uguale al Rupert Everett degli eighties /Dylan Dog di Stano, ma credeva fermamente nella rivalutazione di Torquemada perchè il suo papà lo aveva raddrizzato quando era il caso con castighi anche quando il delitto era ben poca cosa. Il bidello Pietro ha segnato i mei anni verdi e temo che esista un altro me che nelle assemblee è segretamente d’accordo con chi propone di tagliare le manine a chi infligge i tags x marcare il territorio sulle pareti del condominio.
    Schizzo ai freni, claro que si.
    Credo fermamente nel passaparola perchè assomiglia a quel giochino che fanno i bimbi quando hanno l’età x subire il bidello Pietro ovvero quel sussurrarsi all’orecchio una parola x vedere , dopo che ha attraversato i padiglioni auricolari di tanti cuccioli, quanto sia diversa da quella che è partita. Rabarbaro diventa Rapallo o riverbero. Il processo garantisce un minimo di sorpresa in chi alla fine prende il coraggio a due mani e legge il libro.

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