No, non so da dove cominciare, stavolta. E mi chiedo anche perché stia diventando così difficile parlare di femminicidio. I limiti delle parole, certo: ne scrivevo ieri, ed è e resta il dilemma di chi sa usare quelle, le parole, o prova a saperlo fare, e le vede ricadere, come uccelli uccisi dal gelo, davanti ai fatti che continuano ad accadere. I fatti sono noti: tre donne uccise in una manciata di ore, una quarta morente. Michela Murgia ne scrive oggi su Repubblica, e conclude:
“Finché non affronteremo il nodo del potere nascosto in quello che chiamiamo amore, il Paese che ammazza le donne non sarà un buon posto per nessuno”.
Quel nodo, che lo si voglia riconoscere o meno, si è aggrovigliato e stretto da quando siamo diventati soli, e sole, questo io credo.
Certo, ci sono a monte le solite questioni, ed è orribile scrivere questa parola, solite, perché nulla è stato fatto, proprio nulla, per risolverle: non una legge sull’educazione sessuale a scuola, unica possibilità per apprendere e decostruire i nostri falsi miti, le gabbie in cui tutte e tutti siamo rinchiusi per pigrizia, per ignoranza, per opportunismo. Non un lavoro capillare sull’immaginario, e per lavoro capillare intendo un lavoro su ciascuno di noi, quel prendersi il tempo per pensare, anche una manciata di minuti, prima di pronunciare o scrivere parola pubblica.
Semmai, quegli stereotipi si sono rafforzati. Di qua la femminista invasata e la donna vittima e debole, di là l’uomo carnefice (e debole a sua volta) e l’arguto negazionista da social. In mezzo, molta indifferenza e un certo crescente e disgustoso sciacallaggio, quasi sempre femminile, secondo il quale i femminicidi tornano comodi per parlare dei propri romanzi, sia mai se ne vendesse mezza copia in più.
Ma tutto questo fa parte dello stesso punto, oh quante volte ripetuto: la nostra solitudine in quanto esseri sociali. Poco conta se abbiamo accanto a noi un compagno o una compagna, figli, fratelli e sorelle, un gruppo di buoni amici. Siamo soli in quanto sradicati da una comunità, e quando il sostegno di quella comunità non viene riconosciuto, e quando la nostra eventuale appartenenza a quella comunità non scalfisce e intacca la nostra esistenza, non fino in fondo, allora sono le logiche del potere di cui parlava Michela a prevalere. Vince il più forte. E se non vince uccide. Non solo fisicamente.
Non si risolve tutto questo con uno schiocco di dita. E, certo, le parole sono impotenti. Tranne che in un punto: rivelarci a noi stessi, a forza di ripeterle. Per ritrovare quella che Primo Levi chiamò, a un certo momento, speranza (che esiste, e va coltivata. E va regalata a chi abbiamo intorno.
Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una infelicità perfetta. I momenti che si oppongono alla realizzazione di entrambi i stati-limite sono della stessa natura: conseguono dalla nostra condizione umana, che è nemica di ogni infinito. Vi si oppone la nostra sempre insufficiente conoscenza del futuro; e questo si chiama, in un caso, speranza, e nell’altro, incertezza del domani.
Bellissime parole. Magnifica citazione di Levi, così esatta. Grazie. C’è chi non si arrende
Secondo me a scuola, per dire, si fa qualcosa, e da tanto. Secondo me questa generazione, nel quadro di violenza solo simbolica e nella nonguerra che abitiamo ( una guerra delocalizzata), questa generazione è migliore di quella di prima. Manca invece una politica attenta, ed è un crimine. Che sorvegli e modifichi il simbolico mosso da media e pubblicità, le politiche sul lavoro, sui servizi sociali, che salvaguardi le politiche medicali ( aborto, pillola, consultori, cura di bambini e anziani..) e che prenda in carica i diritti delle emigrate quanto quelle delle cittadine native.
Parlare contro la violenza, la discriminazione di genre è un dovere e una militanza, in un paese con il 46pc di disoccupazione. Ma il faro illuminista puntato sulle passioni dà solo frottole, parallelamente al faro dei social puntato sulla solitudine o al faro dei diritti universali puntato sulle culture del mondo. Presa in carica delle ombre, oltre che militanza.
ps. 46 pc di disoccupazione o inoccupazione femminile
Grazie, Loredana Lipperini. Stupendo articolo. Hai centrato il problema menzionando la “solitudine” delle persone, della famiglia, di tutti noi.
Gentile Loredana Lipperini,
Vorrei dirle che non siamo così. Che io non sono così. Vorrei dirglielo. Vorrei.
Ma non ne sono sicuro. No porcalamiseria non ne sono più sicuro. Cosa siamo diventati noi. Uomini. Donne. Cosa?
La morte di Primo Levi mi interroga ogni giorno sullo stato-limite. E sul limite della speranza. E sul limite della parola. Nessuna ipotesi ad oggi pervenuta.
Sul limite della disperazione ho maggior certezza.
Un caro saluto e scusi l’invadenza.
Andrea
No , questo mondo – così come lo conosciamo – non è un posto sicuro per le donne. Questo noi donne lo sappiamo . Lo impariamo già nella tarda infanzia .. Tutte – indistintamente . E come un fardello questa consapevolezza ce la portiamo appresso fino alla tarda età . Perchè fra i tanti giri dell’esser noi frale – be’ .. c’è anche questo : essere nate donne e sapere che rischi corriamo . Tante questioni ci sarebbero da risolvere e tante contese da aprire e chiudere – certo . Ma una cosa è certa : finchè noi donne non ammetteremo certe verità e di quelle ci faremo carico e responsabilità – non potremo proporci nessun obiettivo serio . Orribile a dirsi ma così è . Che ci vuole poi a dire – più o meno – : “sono maestra di ballet e so che niente niente è semplice”? Non molto , in fondo . Solo , tutta la nostra verità.
La differenza che ci viene imposta e la differenza che, invece, ci spetterebbe di diritto e ci viene costantemente negata. La differenza che vede gli assassini delle donne sempre più “persone normali che perdono il lume della ragione”, ma che ammazzano per le stesse ragioni di cent’anni fa: mi tradiva, mi voleva lasciare, la volevo lasciare, è capitato, avevo bevuto, mi ero drogato, ero arrabbiato, ero frustrato, ero depresso, è stato un raptus…ogni giorno si infittisce l’elenco dei nomi nel Quaderno del Lutto, ma resta sempre e soltanto una notizia di cronaca, presto rimpiazzata da analogo caso più fresco. La rosa delle scelte, per una donna, è sempre più aleatoria: scegliere una gravidanza – non ci sono più consultori, non si trovano più medici che non siano obiettori – scelta di vita – non si può lasciare l’uomo che non si ama più, si rischia, appunto, la vita – scegliere di lavorare preservando la propria dignità – se il capoufficio molesta non è reato ma solo immaturità…
Cara Loredana,
Indignata e spaventata, vorrei condividere due notizie a poche ore di distanza l’una dall’altra, e inviterei chi legge a riflettere sulla piega che la nostra società sta prendendo, anche in rapporto alla visione che abbiamo del fatidico Straniero:
– da un lato, c’è la vergognosa sentenza palermitana, con l’immaturo 65enne a cui viene detto che dare delle pacche sul sedere (e peggio) alle colleghe è un atto scherzoso, e come tale andrebbe visto;
– dall’altro c’è un attivista di origini iraniane, ma nato in USA, che inneggia tranquillamente alla legalizzazione dello stupro perché, secondo lui, le donne che accettano di entrare nella casa privata di un uomo, automaticamente dovrebbero prevedere la possibilità di un rapporto sessuale, deciso da lui come e quando lo vorrà. La prossima manifestazione dovrebbe contemporaneamente, avvenire in più paesi tra cui Serbia, India, Inghilterra e altri 41 paesi. So che in Serbia la polizia ha negato l’autorizzazione perché lo scopo dell’evento va contro la legge serba in vigore (e menomale…). Ma il fatto non è tanto quello di guardare a questi soggetti come a dei folli isolati o meno; il fatto è che questo tizio non fa altro che affermare di seguire la tradizione islamica, secondo cui la donna è legata alle decisioni maschili e deve pertanto non essere vista come un essere umano a tutto tondo. Come dire, se uno stupra la moglie di un altro, o la sorella di un altro, il torto vero e proprio lo fa al “proprietario” di quella donna. Niente di più. Il link alla notizia l’ho visto su un giornale croato (vivo in questo paese), te lo posto:
http://www.jutarnji.hr/najpoznatiji-zenomrzac-na-svijetu-u-subotu-organizira-skupove-u-43-zemlje-svijeta-pobornici-legalizacije-silovanja-okupit-ce-se-i-u-beogradu-/1513754/
(zenomrzac vuol dire letteralmente “uno che odia le donne”)
Ma compare anche sul Washington Times:
http://www.washingtontimes.com/news/2016/feb/2/roosh-v-pro-rape-activist-organizes-covert-meeting/
Con questo non voglio dire che dovremmo percepire ciascun seguace dell’Islam come un potenziale stupratore; ma mi chiedo, e lo chiedo a lei, come gestire mentalmente e culturalmente una oggettiva differenza di vedute, soprattutto quando certi comportamenti maschili sembrano essere condivisi a livello diffuso, e non percepiti come PROBLEMATICI. E a casa nostra, la situazione, anche se non così estremizzata, non mi sembra delle più felici. A casa nostra, il gioco del rispetto, con la parità di genere presentata ai bambini come parte di un percorso di vita che rende adulti responsabili di una comunità civile, ebbene tale gioco viene visto come MALATO e perverso, mentre se, da domani, un uomo, in ufficio, mi darà una pacca sul sedere, dovrò prenderlo come uno scherzo e riderci sopra, a star sentire il giudice che ha emanato la sentenza in Sicilia (peraltro mia regione di origine)?? O farò meglio a seguire il consiglio di J. Robards quando memorabilmente dice alla Cardinale (del resto, in quel film, una ex prostituta, sposatasi per procura) “Pretend it’s nothing!”????? Oppure (cronaca celebre di qualche anno fa), prima di uscire per strada dovrò ricordarmi che, se porto i jeans, sono inconsciamente aperta allo stupro e il mio NO non varrà una cicca??? Sono ferita, confusa, addolorata. Mi scuso per la lungaggine.
Grazie per tutto il lavoro che svolge e per questo blog.
Serena
Gentile Serena, sull’Islam credo di avere già risposto nella serie di post sui fatti di Colonia. Un cordiale saluto.
@Serena: dispiace constatare che ogni volta che ci si trova davanti un nome “musulmaneggiante” molte persone perdono la loro capacità di giudizio. Roosh Valizadeh, il tizio responsabile della chiamata per quell’ “evento internazionale” – che nel frattempo è stato annullato ovunque perché ovunque c’era gente che si era detta pronta ad aspettarli per saccagnarli di legnate – è sì di origini iraniane, ma questo non significa che lui o la sua famiglia siano musulmani. In Iran ci sono anche cristiani, bahai, zoroastriani, atei ed ebrei.
Se poi si va a guardare il suo sito (qui: http://www.donotlink.com/ccL), si scopre che non solo nella redazione lui è l’unico a possedere un nome “musulmaneggiante”, ma che c’è anche un “Resident Theologian” che è, a suo dire, un monaco cattolico, che insegna come il patriarcato sia voluto da Cristo e altre cose del genere. Il sito, inoltre, sostiene che in Europa sia in atto un complotto da parte dell’elite politica per “islamizzare” il continente. Come se non bastasse, Valizadeh è pure un sostenitore di Trump. Insomma, il mondo è certamente pieno di musulmani misogini, ma lui non è uno di questi. Anzi, è uno che i musulmani li odia.
Lui è un occidentale misogino, il cui sito fa continui riferimenti all’eredità del cristianesimo e alla cultura dell’Occidente, in particolare alla cultura statunitense. Bastava letteralmente cliccare sulla pagina “About” del suo sito per scoprirlo.
@Adrianaaa: non ho perso la capacità di giudizio, né mi sono espressa in opinioni che estremizzano lo “scontro tra culture” di cui si è discusso qui alcune settimane fa. Volevo solo portare all’attenzione il fatto che lo stesso protagonista di questi eventi utilizza strumentalmente la relazione tra una distorta “identità musulmana” (fanno fede le dichiarazioni riportate nell’articolo croato, oltre che il sito personale, che non avevo postato per non dilungarmi), e la violenza di un sessismo che, quello sì, non conosce distinzioni di fede, razza e altro. Grazie comunque del commento. Cordiali saluti.
Il fatto però è proprio che il tizio non è musulmano, e anzi il suo sito fa appello al Cristianesimo per portare avanti le sue idee misogine e sostiene che l’Islam vada combattuto.
Non riesco a trovare il video postato originariamente dal magazine online bosniaco Blic, ma ricordo di aver assistito a un’intervista dove tale Roosh sosteneva di 1) essere cresciuto in un ambiente pienamente consono con i dettami musulmani, anche per il fatto di avere un padre sciita e fedele al proprio credo (Roosh è comunque armeno-iraniano, mi scuso di non averlo specificato prima) e 2) nell’intervista il nostro afferma quanto l’articolo croato riporta, e cioè (traduco la frase letteralmente): “Da dove pensate che provengano le mie idee sulla mascolinità e il patriarcato? Sto solo mettendo in pratica i tradizionali valori musulmani”. Ora, questo velare la violenza autorizzata contro le donne utilizzando una patina di “Islam” è esattamente fare il gioco di chi inneggia allo scontro culturale forzato. Cioè, si sta servendo una pappa pronta a chi crede che la violenza sia solo proveniente da Est, quando ovviamente non è vero. Io non mi stavo unendo a un simile coro, nel mio primo commento. Stavo solo condividendo una riflessione aperta e preoccupata, senza esprimere giudizi in un senso o nell’altro, se non la piena condanna del sessismo e della sua matrice essenzialmente violenta, per le donne residenti a qualsiasi latitudine. Il sito del tizio fa sì appello al Cristianesimo, ma numerose dichiarazioni sue personali rimandano a una vicinanza ideologica con la propria educazione familiare, di matrice islamica. Lo scollamento tra informazioni così contrastanti è quanto meno singolare. Non credo si tratti, in tutti i casi, di “manipolazione” da parte di media occidentali. Sarà comunque mia cura riportare, qualora le trovassi, ulteriori indicazioni e fonti esterne rispetto a quanto ho qui affermato, per non dare l’idea che stia solo insistendo per avere ragione 🙂
Quelle dichiarazioni erano false, le aveva rilasciate come un modo per trollare chi gli si opponeva a Toronto. Si può leggere tutto qui: http://www.wehuntedthemammoth.com/2015/08/13/roosh-v-prepares-for-toronto-by-pretending-to-be-muslim-urging-followers-to-have-sex-with-feminists/ Purtroppo il forum in cui annunciava la fantomatica “Operazione Califfato” non è al momento visibile. Sono però visibilissimi i molti post in cui il suo sito sostiene che essere islamofobi è perfettamente naturale (http://www.donotlink.com/framed?619964), che stare con donne musulmane è un buon modo per combattere l’Islam (http://www.donotlink.com/framed?761653), che le elite europee stanno, appunto, cercando di islamizzare l’Europa (http://www.returnofkings.com/71667/plan-of-global-elites-to-enable-islamic-invasion-of-europe-revealed), che femministe e marxisti sono alleati dell’Islam radicale contro Israele (http://www.donotlink.com/framed?619964). C’è inoltre un post in cui lui stesso propone di schedare, sorvegliare e eventualmente imprigionare i musulmani dopo averli sottoposti a un “test delle vignette” (http://www.donotlink.com/d7c4). Non mi stupisce, tuttavia, che il giornale che hai linkato abbia ripreso proprio quelle dichiarazioni, dato che nell’Europa che non vuole accogliere i profughi sono terribilmente di comodo. Inoltre, la gente ci crede perché corrispondono perfettamente alle loro paure, e nessuno si preoccupa di verificare. Anzi ti invito, se il sito ha una sezione di commenti, a spiegare l’origine di quelle dichiarazioni, e a contattare il giornale per chiedere una rettifica.