PER RADIO RADICALE

Sì, questo è un post personale, almeno in parte. Riguarda una ragazza di vent’anni che in un pomeriggio di tarda primavera (o forse era estate, i ricordi sono lontani, si confondono, c’è un vestito bianco di garza in quei ricordi, e sandalini di cuoio, ma ogni cosa potrebbe turbinare e mescolarsi, potrebbe non essere così: ma c’era un giardino, e c’erano luci a illuminarlo) arriva in un palazzo di via di Villa Pamphili. Per la prima volta, la ragazza entra a Radio Radicale. Non molti mesi dopo, quella radio diventerà parte della sua vita: era già dov’è ora, in via Principe Amedeo, a due passi dalla stazione Termini, di fronte il bar dove consumava un panino, più avanti la trattoria dove mangiare, a volte, un piatto di riso. La redazione: poche stanze, uno stanzino per il montaggio dove, una volta appresi i segreti del Revox, la ragazza avrebbe passato le notti per montare quattro ore di inchiesta sul 12 maggio 1977. E lo studio, certo. Prima piccolo, una regia dove arrivava all’alba, la mazzetta dei giornali sottobraccio, certi 45 giri che aveva portato da casa, i vinili, perché allora funzionava così, chi era di turno accendeva il mixer, posizionava un disco sul giradischi, accendeva il microfono e si faceva tutto insieme, rassegna stampa e musica e parte tecnica.
Quella ragazza avrebbe poi sperimentato le prime dirette lunghe, con la musica, e i servizi registrati, e le telefonate degli ascoltatori, e le interviste.
E’ tutto là, negli archivi della radio: leggo gli argomenti, droga, ordine pubblico, Giorgiana Masi, caserme, la caccia, l’ergastolo, la censura al film “Il Papocchio”, persino un processo a Galileo Galilei. Riascolto quella voce di ragazza, che era la mia, ancora senza la traccia roca dei miliardi di sigarette fumate nel frattempo, ancora priva delle astuzie tecniche che negli anni (quarantatre) si sono accumulate. Riascolto i testi che non leggevano attori, ma redattori e amici di passaggio, le musiche, il titolo di quei lunghi pomeriggi (Qui studio). Penso all’immenso patrimonio, di cui la mia presenza è solo una parte nanoscopica, che Radio Radicale ha accumulato negli anni.
E mi rifiuto, sì, mi rifiuto di pensare che tutto questo venga cancellato per ottusa burocrazia, per lo stesso compitino che vuole espellere le femministe dalla Casa delle Donne, per un’idea fraintesa di azzeramento che si presume virtuoso e che distrugga il passato non per costruire il futuro, ma per immobilizzare tutti in un presente eterno dove tutto si consuma nell’arco di un tweet e di un post.
Conoscere per deliberare, era la frase che più si ripeteva ai tempi, ed è ancora qui, quella frase, a incorniciare la petizione per salvare Radio radicale. Firmatela.

9 pensieri su “PER RADIO RADICALE

  1. Ma i radicali non erano gli ultrà del liberismo? Non erano quelli che “meno Stato, più Mercato”? Non erano quelli che, per dirne una, promuovevano referendum contro il finanziamento pubblico ai partiti?
    Però, a quanto pare, per Radio Radicale questa logica non vale. Per Radio Radicale pecunia (pubblica) non olet.
    Complimenti per la coerenza.

  2. Cara Loredana Lipperini, immagino che l’appellativo di grillino sia rivolto a me. Guardi, è completamente fuori strada: sono del tutto agli antipodi rispetto al movimento grillino. Pensi che alle precedenti Europee le ho dato anche la preferenza.
    Al di là di come la si pensi sul merito, la sua reazione al mio commento mi pare avventata e gratuita. Non me l’aspettavo.
    Non mi aspettavo nemmeno, dalla Loredana Lipperini che ascolto sempre volentieri in radio e della quale ho letto un libro che ho reputato necessario e interessante, questo lasciarsi andare ad appiccicare etichette a chi si è permesso di dissentire su ciò che stava sostenendo (in realtà, se si leggono senza preconcetti le mie parole, non ho neanche dissentito sull’argomento “salvare Radio Radicale”: mi sono limitato ad evidenziare lo scarto – secondo la mia opinione, certo – tra ciò che i radicali dicono, in generale, e ciò che invece vogliono, per sé).
    Poi, magari, quest’incoerenza la vedo soltanto io. Magari mi sfugge qualcosa. In questo caso, avrei preferito che mi si spiegasse dove sbaglio, invece di liquidarmi con un termine sprezzante.
    Cordialmente
    Massimo Grande

  3. Non pensavo di aver usato un tono rabbioso. In ogni caso, se così è stato percepito, mi scuso.
    Resta il fatto che i lamenti per vedersi togliere i finanziamenti pubblici da parte di quegli stessi che, per dirne un’altra, hanno tra i tanti referendum promosso quello per la privatizzazione della Rai, suonano, almeno alle mie orecchie, alquanto stridenti.
    Ripeto: se, su questo punto, esistono argomenti che smentiscono questa mia impressione, sarei lieto di conoscerli.
    Saluti

  4. Da (piccolissimo) imprenditore del settore posso dire che Radio Radicale potrebbe dismettere la propria rete FM vendendola a prezzi di mercato per convertirsi alla molto meno onerosa (ma efficacissima) “visual radio” su digitale terrestre tv, al DAB+ (in netta espansione nell’ultimo anno) e confermando la sua presenza su web sia attraverso app compatibili anche con i nuovi smart speakers e con le nuove autoradio Android che presidiando i vari “aggregatori” (cosa che mi pare già faccia, almeno in parte): abbatterebbe i costi, eviterebbe una spartizione a prezzo stracciato della sua rete FM da parte dei soliti avvoltoi, migliorerebbe la qualità di ricezione. E se la potrebbe cavare benissimo con un finanziamento davvero irrisorio rispetto all’attuale.
    Certo, resta la contraddizione ideale di chi ha sempre professato idee ultraliberiste rispetto alla nozione stessa di “finanziamento pubblico”… in particolare sui partiti politici. Non è in discussione l’assoluto valore di Radio Radicale in sé (pure io l’ho ascoltata e la ascolto regolarmente da anni) ma la modalità di finanziamento: sarebbe interessante dibatterne serenamente e pubblicamente proprio in questo frangente (tenendo conto che altre emittenti hanno ricevuto fior di soldi e di facilitazioni operative grazie alla classificazione come “emittenti comunitarie nazionali”, ed evito di fare nomi perché si scoprirebbe che chi oggi guarda alla pagliuzza di Radio Radicale ha ben altre travi nei propri occhi…)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto