No, non mi piace. Parlo del decreto legge sul femminicidio così come è stato raccontato. Premetto che non ho avuto modo di studiarlo nei dettagli, e che la sensazione che ho è che la ex ministra Idem avesse un’idea molto diversa (altrimenti, perché convocare le associazioni che si battono contro la violenza, giusto qualche settimana prima di essere messa alla gogna e costretta a farsi da parte?).
Non mi piace perché è un decreto repressivo. E molte di noi hanno detto e ripetuto che nessuna repressione e nessun giro di vite porterà a risultati se non si insiste sulla prevenzione. Scuola. Formazione degli educatori. Libri di testo delle elementari. Educazione al genere, all’affettività, alla sessualità. Da subito. Di questo non si parla.
Non mi piace perché non si parla di centri antiviolenza, e tantomeno della loro moltiplicazione e finanziamento, da quanto è dato almeno capire. Non si parla di centri di ascolto per uomini abusanti. Non si cerca di capire, formare e prevenire, ma si pigia sul pedale della guerra fra i sessi, fornendo a chi ancora sputa la parola femminicidio come una caramella mal masticata ottimi argomenti per parlare di espediente securitario.
Non mi piace perché glissa sugli strumenti fondamentali: un osservatorio che monitori i femminicidi, dicendoci quanti sono e come avvengono. Fin qui, le indagini statistiche, come detto centinaia di volte, sono incomplete e generiche.
Non mi piace perché, come ha dichiarato Michela Murgia, la non revocabilità della querela “è una grande responsabilità che lo Stato si assume perché chi impedisce alla vittima di revocare la denuncia deve poter garantire che l’inasprimento degli abusi non ci sarà. O che se ci sarà, la donna verrà protetta. Lo dico perché nella stragrande maggioranza dei casi dal momento della querela le cose per chi ha subito violenze cominciano a peggiorare”. Non solo, aggiunge Michela, “io ho sempre creduto che una donna debba avere la libertà di decidere se vuole o meno denunciare. Per questo non sono molto d’accordo con la procedibilità d’ufficio che prevede anche che possa essere il pronto soccorso a inviare una segnalazione a polizia e carabinieri. Questo vale ancora di più oggi: se una donna, a un certo punto, non se la sente di continuare l’iter processuale, deve poter fare un passo indietro. Non è giusto trasferire questo diritto alle forze dell’ordine. È un’ulteriore sottrazione che si fa a chi di violenze già ne ha subite parecchie”.
Non mi piace perché, come ha scritto Concita De Gregorio, “dire che la pena sarà di un terzo più severa nel caso in cui le vittime siano incinte o mogli o compagne o fidanzate del carnefice è comprensibile, dal punto di vista del legislatore, perché sì che battere una donna che aspetta un bambino o che ha un vincolo di fiducia con chi la aggredisce è più grave. Ma stabilisce anche una discriminazione culturalmente delicatissima verso le donne che non fanno figli e non hanno legami con un uomo. In che senso uccidere una donna non sposata e non madre è meno grave? Vale forse di meno per la società?”.
Non mi piace, perché come ha scritto Enza Panebianco, inserisce misure repressive nei confronti della lotta NoTav, di punto in bianco: ” il Decreto passa da un argomento all’altro e, coerentemente con l’idea che è sulle forze dell’ordine che decidono di investire invece che su altro, da quel che leggiamo si occupa anche di rafforzare le misure repressive contro chi si oppone in Val Susa alla realizzazione della Tav. Si parla di messa in sicurezza dei cantieri che si traduce in una maggiore militarizzazione ed espropriazione di quel territorio. In più sono previste punizioni più severe per chi osa varcare i confini dell’area in cui è realizzato il cantiere. Il governo ottiene così consenso su una misura repressiva con l’alibi di norme in difesa delle donne. La lotta contro la violenza sulle donne può essere realizzata legittimando autoritarismo e repressione? E’ possibile allearsi con chi autorizza le forze dell’ordine a manganellare ed arrestare gli/le attivist* #NoTav in nome della lotta contro la violenza sulle donne?”
Non mi piace perché, a quanto si legge, ha utilizzato la lotta di chi si oppone ai femminicidi e alla violenza sulle donne in chiave rassicurante, consolatoria, paternalista. Perché ha usato quella lotta come un fiore all’occhiello per legittimare l’operato di un governo che definire criticabile è poco.
E’ un passo, mi dicono amiche e compagne di strada. Per me, è un passo falso, compiuto di fretta e compiuto male. In una parola, servirà a poco. La battaglia è culturale, inclusa quella al cyberstalking.
Mi auguro che esista la possibilità di discuterne ancora, nonostante tutto.
Ps. Il blog chiude per due settimane, per necessità di una pausa della titolare. Ci ritroviamo a fine mese.
Concordo e sottoscrivo. Dàje.
Purtroppo, c’è già chi, come Francesca Comencini (a nome di Snoq? Tutto Snoq?) lo rivendica come una vittoria. Se questo DL passa come conquista delle donne, trattasi di falsità.
E’ evidendemente un’ipocrisia che crea un precedente, “giustificato”, per inasprire tout court la libertà repressiva istituzionale, di estendere il controllo sul web e in generale sul dissenso.
Io non so se, repressivamente, le leggi già in vigore su violenza privata e abusi non fossero sufficienti, o non fossero solo omesse per aquiescenza culturale dell’istituzione e sociale in genere, disinteresse che non viene minimamente smosso da una legge che inasprisce soltanto il rapporto con il colpevole, lasciando in ogni caso all’efficienza o meno delle forze dell’ordine, unico soggetto coinvolto dalla legge, la sollecitudine nell’agire nei casi segnalati che, a questo punto, sembrano assumere tutti la stessa gravità, che si tratti di comportamenti legati a condizioni transitorie o di vera e propria violenza fisica, meno il caso di una single, che sembra contare poco. (Un po’ come dare dell’antisemita allo stesso titolo a chi non condivide le politiche del governo israeliano come a chi profana i cimiteri ebraici e inneggia a un nuovo olocausto). Quindi anche a me è sembrata una difesa giuridico-repressiva formale, ma chi praticamente proteggerà le donne picchiate, resta il commissariato di zona, esattamente come prima, a meno che passino direttamente la mano all’eurogenfor, che risolverà manu militari un problema che è culturale prima che di pubblica sicurezza, la solita ipocrisia mirata.
Ciao Loredana, buone vacanze.
Leggeremo meglio il decreto, ma al momento mi pare che il femminicidio sia stato usato come imbiancatura di un sepolcro che nasconde norme di stato di polizia. 🙁
la irrevocabilità della querela lede la parte offesa in quanto non sono i diritti della donna a dover essere limitati ma quelli dell’uomo, in quanto una donna dovrebbe avere a disposizione tutta la libertà d’azione e a mio parere la irrevocabilità farà solo ridurre le querele e non incoraggia le donne a denunciare.
parlo da donna interessata in prima persona in una vicenda del genere.
Sono d’accordissimo su quanto detto nell’articolo di Loredana Lipperini.
Da parte delle istituzioni trovo che ci sia troppa incompetenza, superficialità e pressapochismo.
Concordo con Valberici. La prima impressione è che, con questo decreto legge, il governo abbia sfruttato la questione della violenza di genere come cavallo di Troia per fare passare alcuni provvedimenti restrittivi che ben poco c’entrano con la questione principale.
Ciao a tutti 🙂 Ad onor del vero, il Cdm ieri ha varato un sacco di norme, molto composite tra loro, con tema centrale-filo conduttore la sicurezza. Tra i diversi ambiti, la violenza di genere. E poi ci sono almeno altri 3 temi, tra cui gli interventi che nominate. La stampa ha ripreso di più il femminicidio (non saprei dire se è un bene o un male, dato che condivido in parte le vostre obiezione, ma per esempio penso che l’allontanamento del convivente violento sia un passaggio importante). Se vi va di leggere, sul sito del governo il comunicato è abbastanza chiaro (http://governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=72539 )
Scrivo perchè credo molto nel dibattito, ma è importante si sviluppi da premesse precise, per poter ottenere i migliori risultati 🙂 e magari potrà spingere a introdurre ulteriori migliorie in discussione parlamentare
Un pacchetto di misure urgenti che evidentemente ha usato il femminicidio come scudo mediatico, non trovi? 🙂
Dalla spiaggia non riesco digitare molto. Solo che sottoscrivo per intero, con un unico distinguo sulla Non revocabilita’ della querela, che secondo me ha il pregio di sottrarre le donne a ricatti successivi. Ma e’ un un dettaglio, rispetto alla’enormita’ di cio’ che manca.
secondo me è sbagliato parlare di femminicidio …
senza stanziamenti finanziari cospicui per i centri antiviolenza la parte relativa al femminicidio è una cattedrale nel deserto dei tartari.Una legge che usa scudi umani per difendere principi economici(al di fuori della questione Tav,come sarà possibile nel futuro manifestare le proprie rimostranze di fronte a qualcuno che ha già deciso per te?)
http://asgard.homelinux.com:7140/mp3/The%20Smiths/The%20Smiths%20-%20Complete%20discography%20(1983-1987)%20%5B256Kbps%5D/1987%20-%20Strangeways,%20Here%20We%20Come/09.%20Death%20at%20One's%20Elbow%20(1987).mp3
Stamattina ne hanno parlato diffusamente a Tutta la città ne parla, Radiotre:
http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-abcd569d-3669-4a5c-9763-04206df0535a.html
E’ intervenuta un’avvocato, che ha detto cose che condivido in pieno e che sono sulla stessa linea di quel che esprime Loredana in questo post.
Condivido l’articolo solo in parte: trovo giusta la critica all’irrevocabilità della querela, se è una querela di parte è giusto che possa essere ritirata. Ma non trovo fondate le critiche alla procedibilità d’ufficio che invece mi sembra sacrosanta, ovviamente quanto è fondata, quando si parla di violenze in famiglia e non di una semplice litigata in cui come ci può scappare il piatto tirato ci può scappare anche il ceffone. Così come trovo giusto anche l’aggravante: prevedere delle aggravanti non significa sminuire gli altri crimini, ma appunto riflettere il senso di gravità dell’atto compiuto, così come un omicidio è aggravato da un vincolo di parentela, anche l’abuso fisico dev’essere aggravato quanto ci sia un vincolo affettivo tipo more uxorio. Quello che non mi piace del decreto però è che non bilancia sull’altro piatto la tutela per chi si trovasse ingiustamente accusato da false accuse: false accuse che negli ultimi anni sono aumentate in maniera esponenziale.
Il DL sul femminicidio nasconde in realtà nelle sue pieghe un giro di vite anti-democratico contro qualsiasi forma di protesta legittima. Il DL é in realtà una dichiarazione di guerra contro situazioni come la protesta NO TAV in Val di Susa e la protesta NO MUOS in Sicilia ( ma , a cascata , contro molte altre situazioni simili). In pratica , trasformando i “siti di interesse nazionale” in siti militari a tutti gli effetti , permette alle forze dell’ordine di UCCIDERE chi si oppone alla follia di queste grandi opere. E’ un fatto gravissimo.Spero che le donne e gli uomini di buon senso non si facciano abbindolare….
Mi sembra come minimo un decreto figlio della fretta e dell’approssimazione, condivido le critiche; però sulla procedibilità d’ufficio sono d’accordo perché se vedo una persona che non ha il coraggio di difendersi da sola (denunciando) trovo giusto che possa denunciare io per lei. Buone vacanze intanto 🙂
E’ chiaramente il frutto di un compromesso tra componenti etereogeneri, cosa che, in polica e nella vita vera, accade molto spesso.
A Milano dicono: «Piuttost che nient, meglio piuttost» e mi sento di sottoscrivere.
Poi, ovviamenten col contributo di tutti, sara’ possibile migliorare.
Condivido l’articolo. Non sono d’accordo con murgia sulla critica alla procedibilità d’ufficio: può aiutare le donne che non hanno la forza?, il coraggio? di denunciare, aiutarle non lede la loro libertà, piuttosto le aiuta a divenire più consapevoli di sè come esseri umani fruitori di diritti
Anch’io non ho esaminato il testo del decreto ma mi pare siano da condividere le obiezioni di Loredana. Ne ho scritto anch’io su http://www.donnealtri.it. Mi sembra importante un dialogo tra donne e uomini ora che finalmente si parla di violenza maschile, proprio per respingere strumentalizzazioni e troppo facili risposte prevalentemente repressive da parte dello stato.
Avete un link per il testo integrale del decreto?
Gli ordinamenti giuridici, specie quelli penali, non possono che strutturare pene.
In effetti il DL non contiene nulla sulla prevenzione e poco o niente su misure cautelari e difensive efficaci prima che lo stalking diventi violenza fisica.
In effetti, se si volesse fare una campagna di sensibilizzazione, formazione ed educazione alla non-voilenza come mezzo per risilvere i conflitti interpersonali il governo e lo Stato italiano non dovrebbero nemmeno spendere soldi.
Basterebbe che Ministeri e Regioni scrivano progetti del genere e accedano ai finanziamenti del Programma Quadro Europeo di Ricerca e Sviluppo in materie Sociali. Quest’anno termina il settimo Programma e inizierà l’ottavo: 2014-2020.
A ben vedere dunque, non sono le leggi, men che meno quelle penali, a dover mettere un freno a questo tipo di violenze ma le iniziative degli enti preposti e anche di quelli privati, che il Programma Quadro ammette se fanno rete a livello nazionale e internaz (non ognuno per conto proprio).
Link: http://ec.europa.eu/justice/gender-equality/gender-violence/protecting-victims-of-gender-violence/index_en.htm
Condivido tutte le critiche per la demagogia del provvedimento e in generale la sensazione che il femminicidio sia stato usato come mano di calce per imbiancare il sepolcro dei provvedimenti per militarizzare la Val di Susa.
Tuttavia, il fatto che se ne parli e il governo si sia mosso mi fa essere ottimista riguardo a possibili margini di manovra in futuro.
Leggo l’articolo di questi giorni di Gian Antonio Stella, che inserisce il decreto in una prospettiva storica e fa notare il cambiamento di mentalità in corso. Fra l’altro cita una fonte interessantissima, l'”Enciclopedia della Polizia” in cui si definisce, per esempio, il valore diverso dell’adulterio, a seconda che a commetterlo sia il marito o la moglie. Da leggere!
Aggiungo per completezza un commento che mi ha inviato Celeste Costantino, deputata Sel:
Chiamiamolo pure con il suo nome “pacchetto sicurezza” e non sicuramente come è stato esemplificato nella comunicazione “decreto contro il femminicidio”. Quello che è stato annunciato non è altro che l’ennesimo decreto omnibus. Perché dietro il paravento del femminicidio troviamo provvedimenti che con questo non hanno nulla a che fare, tipo: proroga del termine in materia di arresto in flagranza durante o in occasione di manifestazioni sportive; norme in materia di concorso delle Forze armate nel controllo del territorio e per la realizzazione del corridoio Torino-Lione; contrasto alle rapine ecc.
É un’operazione a cui questo Governo ci ha abituati, come dimostra il “decreto del fare” appena approvato dalle Camere: c’è un provvedimento condivisibile (?) e intorno ad esso si inserisce di tutto e di più.
In questo caso, questa pratica diventa più pesante perché – ancora una volta, come con lo “svuota carceri” – si utilizza il corpo delle donne per promuovere dibattiti e legittimare azioni politiche che con le donne nulla hanno a che vedere.
Abbiamo assistito durante l’esame dello “svuota carceri” a un dibattito in cui il M5S e la Lega ci accusavano di mandare per strada gli uomini violenti, gli stalker. Falso, non è mai stato così. Come avevamo sostenuto anche con il voto sulla Convenzione di Istanbul – e con noi l’intero Parlamento – il tema della violenza contro le donne si affronta non da un punto di vista securitario, ma attraverso la prevenzione e alla recidività degli uomini maltrattanti si risponde con un carcere riabilitativo. Soprattutto, abbiamo detto – l’accordo era trasversale – che è con il finanziamento e il sostegno ai centri antiviolenza che si aiutano le donne in un percorso di liberazione e, aggiungo io, di autodeterminazione. Questo avveniva appena qualche settimana fa. Oggi invece si sostiene altro e si decide di dare un colpo al cerchio e uno alla botte.
Così si rimette mano alla legislazione con l’inasprimento delle pene e inserendo la non revocabilità della querela – e su questo ci misureremo a partire dal confronto con le operatrici dei centri antiviolenza – ma di questi stessi centri, che con tanta retorica vengono evocati, in questo decreto non si fa alcun cenno. E da qui invece occorrerebbe partire.
Capisco che i familiari delle vittime guardino a questa iniziativa del Governo con interesse: sono persone private delle loro figlie, sorelle, madri, il loro dolore è troppo grande e la frustrazione è forte di fronte a una politica che è stata sorda davanti alle ingiustizie subite anche nelle aule dei tribunali dove la vittima spesso è stata trattata come carnefice.
Ma alle donne, tutte, sia a quelle che applaudono contente che a quelle che hanno solo parole di condanna, voglio rivolgere l’invito ad un tempo di riflessione: abbiamo un’estate per leggere accuratamente il testo e fare le dovute considerazioni nel confronto soprattutto con chi in questi anni, spesso in solitudine, ha lavorato per porre un argine alla violenza.
Una cosa è certa o per lo meno io ne sono convinta: bisogna fare un’opera di svelamento nei confronti di questo decreto rispetto a quello che c’è e a quello che non c’è. Come Sinistra ecologia e libertà abbiamo presentato una bozza di proposta di legge per l’introduzione dell’educazione sentimentale nelle scuole, abbiamo chiesto che venga istituito un Osservatorio nazionale sulla violenza e sulla mercificazione del corpo femminile nei mezzi di comunicazione e abbiamo lanciato l’allarme sui centri antiviolenza. Io in prima persona ho intrapreso un viaggio nei centri, l’ho chiamato #RestiamoVive, per testimoniare le difficoltà in cui versano queste strutture preziose e capire come intervenire al meglio per poterle mettere nelle condizioni di operare. Solo così potremmo parlare davvero di legge contro la violenza maschile sulle donne e non di decreto sicurezza.
Condiviamo. Più cultura in merito, più formazione fin da piccoli.
Con una Scuola più presente e impegnata.
Con insegnanti preparati e genitori più responsabili e attenti.
Ci vogliono dei ‘contenitori’ in grado di tutelare, proteggere ma anche educare.
Buona estate
Aggiungo ai diversi link sul dl-femminicidio questa analisi del Laboratorio Sguardi sui Generis. E ricordo che negli ultimi tempi la violenza repressiva in Val di Susa sembra essersi concentrata sulle donne, oggetto di provvedimenti repressivi.
Ci vuole tanta buona volontà per augurare “buone vacanze”, ma ce la metto tutta.
anch’io penso che il DL sia il risultato frettoloso di un governo superficiale.
la lotta al femminicidio, come in generale quella a ad altri reati, può essere vinta solo attraverso un’evoluzione culturale. quindi il decreto doveva essere preventivo, di educazione e non di repressione.
è vero che l’educazione ci mette molto tempo a dare risultati, ma siamo terribilmente in ritardo e bisognava cominciare. questo DL è un’occasione persa. poteva essere un primo passo se insieme alle norme repressive avesse contenuto anche norme preventive, educative e rieducative. Penso che non bisogna accontentarsi e pretendere di più.
alle donne dico di non abbassare la guardia, questo decreto non le difende e non le protegge, anzi per certi aspetti le discrimina ancora.
Concordo pienamente. Lo scopo del decreto non è di affrontare il problema del femmincidio, che non si affronta in termini meramente repressivi, ma di introdurre misure repressive e dicontrollo sociale che fanno comodo in varie situazioni fra cui i Notav in via di definizione come terroristi.
Commissione Europea:
In effetti, se si volesse fare una campagna di sensibilizzazione, formazione ed educazione alla non-voilenza come mezzo per risilvere i conflitti interpersonali il governo e lo Stato italiano non dovrebbero nemmeno spendere soldi.
Basterebbe che Ministeri e Regioni scrivano progetti del genere e accedano ai finanziamenti del Programma Quadro Europeo di Ricerca e Sviluppo in materie Sociali. Quest’anno termina il settimo Programma e inizierà l’ottavo: 2014-2020″.
Approfondiamo, cara Loredana Lipperini, perchè non si accede ai Finanziamenti Europei.
Teniamo presente che, in un periodo di ‘crisi estrema’ come quelllo che stiamo vivendo, molte donne non denunciano o ritirano la denuncia, perchè non hanno un LAVORO e, in caso di divorzio (che di solito avviene in seguito), il
coniuge non versa gli alimenti, perchè spesso dichiara che non ha un lavoro. Nei paesi del nord Europa, lo Stato lo mette davanti alle sue responsabilità assicurandogli un lavoro …
(spero vivamente che questo commento esca, anche se è oggettivamente polemico. Ma necessario).
Se non ci fossero così tanti problemi seri di mezzo mi siederei con i popcorn a guardarvi.
a. Mesi fa, quando dicevo a Loredana che non aveva il monopolio sul fenomeno femminicidio e che la battaglia stava rischiando di andare verso l’approvazione di una leggina repressiva, mi prese cortesemente in giro, dandomi del poco informato.
Uh, ma che bvuttina questa legge. Com’è vepvessiva.
Cucù. Il monopolio non c’è più.
E quale associazione parla a nome delle Vere Donne (trademark/copyright)? Nessuna a nome di nessuna (appunto) e le leggi sono andate come sono andate. Anarcoidi come sempre. Figlie bastarde di genitori ripudianti.
Questo l’aveva già detto Sofri?
Certo.
b. Quando si accennò ai problemi della legge sullo stalking ci fu una levata di scudi (ricordo un commentatore che mi perculò nemmeno tanto velatamente, bontà sua). Oggi Michela Murgia scopre la non ritrattabilità della querela…e via tutti ad annuire con aria grave e pensierosa e a sprecarsi in dotte dissertazioni sulle implicazioni da stato di polizia.
Sorpresa: dopo la tiratina d’orecchi davanti al funzionario di polizia (!) – senza né difesa, né altro (!!) – lo stalking diventa perseguibile d’ufficio. Che è pure peggio.
c. Solo oggi la cara Concita scopre che battere una donna e farle perdere il bambino è più grave che battere una donna e basta.
Si chiama procurato aborto (sìsì, proprio quello di Di Cataldo) ed esiste da molto tempo. Non siamo più fermi al mulieris portio vel viscerum. Abbiamo scoperto che la depenalizzazione dell’aborto in Italia è una colossale bugia.
d. E ops. La cara Concita fa sue alcune osservazioni banali: considerare più grave x implica considerare meno grave y. Ma se qualcuno dicesse che punire il femminicidio più che il maschicidio è una sottile discriminazione verso gli uomini, che argomenti adoperereste? Ce l’ho: un disequilibrio per riequilibrare un disequilibrio. Ehi, funziona. Fa il paio con credere, obbedire e combattere.
e. “La battaglia è culturale. Mi auguro che esista la possibilità di discuterne ancora, nonostante tutto.”
Si era provato a discuterne, a dire che non eravate voi a decidere come sarebbero andate le cose, ma ci avete gentilmente sbattuto la porta in faccia, qui e altrove, chiudendo ogni possibilità di discussione. Ora è oggettivamente tardi.
—
Adesso, invece, tocca proprio a noi raccogliere i cocci di una legge frettolosa e repressiva, per incollarli in un sistema che si vuole e si protesta democratico e liberale.
Perché?
Perché altri poi, magari sorbendo il tè con la Maraini sulla terrazza dell’attico di Roma, possano discettare della necessità che in un paese civile, liberale e democratico debba – imperativo categorico – garantire, favorire e sostenere le libertà individuali.
Perché non credo – ma potrei pur sbagliare – che una sentenza possa recitare: “Tizia e caia, con i loro movimenti per le donne, non volevano questa legge, quindi non l’applichiamo. Si rieduchi il condannato in un centro che non esiste, finanziato con fondi per cui nessuno ha mai lottato davvero”.
Qualcosina dovremo pure inventarcela per non fare di tutt’erba…un fascio. Quel fascio. Sempre noi, gli arnesi del patriarcato. Quelli grigi e sapientoni.
E visto che nessuno si è premurato *prima* di darci un valido supporto teorico o anche solo di discutere del problema della tutela penale del femminicidio e della violenza sulle donne, perché appunto era un problema da criptoconservatori, che scattavano pavlovianamente solo per difendere lo status quo ante, lo faremo un po’ a mozzi e un po’ come viene viene.
Denuncia anonima? E che ci vuole. Sputiamo sul 333. “Superiori interessi tutelati” e passa la paura.
Arresto obbligatorio? Per…uhm…cyberstalking – roba che qui nemmeno sappiamo come si pronuncia. Un controllino su facebook e arriviamo a sirene spiegate. Ipod > repeat > play: “è sufficiente ingenerare uno stato d’ansia nella vittima”.
E pazienza se non saremo chirurgici, come dovremmo essere in un vero paese liberale e democratico (in quest’ordine). Si sa, son problemi di epistemologia da salotto, di lana caprina. Capziosità criptoconservatrici. Cassandrate patriarcaloidi.
In fondo abbiamo un’estate intera per leggere il decreto. Volete che non riusciamo a risolvere il busillis?
Concordo sulle considerazioni generali di Loredana, qui, e ribadite nell’intervento su Radio Città del Capo. Nel merito dei provvedimenti, mi sembra però positivo un punto evidenziato nell’intervento dell’avv. Susanna Zaccaria ( della Casa delle Donne) alla radio, cioè il gratuito patrocinio per tutte le donne che denuncino violenza, a prescindere dal reddito… Immagino che la non-indipendenza economica delle vittime di violenza domestica possa essere un forte deterrrente al denunciare anche nelle famiglie di ceto medio… almeno se una sa che non si deve sobbarcare pure le spese dell’avvocato c’è un motivo in meno per rassegnarsi a subire.
Sulle aggravanti per la violenza assistita da minori, su donne incinte, o su donne con cui l’aggressore ha un rapporto concordo con Remo.
“Si era provato a discuterne, ma ci avete gentilmente sbattuto la porta in faccia, qui e altrove, chiudendo ogni possibilità di discussione. Ora è oggettivamente tardi.”
concordo con questo commento precedente.
Non volere “leggi e norme speciali” equivaleva a essere “negazionisti”, misogini, maschilisti, criminali ecc. Nemici del popolo.
Ora è un po’ tardi, ma non proprio.
Le donne e gli uomini adulti di buona volontà possono trattare con rispetto i loro figli maschi e femmine, e dare un contributo determinante a contrastare il fenomeno, nonostante questo DL che lo aggraverà.
Diana Corsini
Molto brevemente. Su questo blog non si è mai sostenuto che occorrevano leggi speciali e repressive, ma che serviva una legge su formazione e prevenzione. Questo è stato detto e ripetuto e lo ripeto ancora, casomai servisse. Non bastano le donne e gli uomini di buona volontà nel loro privato. Anche perchè quel privato sta diventando l’unico orizzonte possibile, temo. Quanto alle porte sbattute in faccia, Quello di prima: una cosa è non volere leggi repressive, un’altra è negare il femminicidio. Purtroppo, uno degli effetti dello sciagurato “pacchetto sicurezza” è di rafforzare le posizioni di chi nega.
A me non piace perché mette le donne, e solo le donne, nella condizione delle sempre vittime. E gli uomini,e solo gli uomini, nel ruolo dei sempre violenti. Il che è falso.
Come è falso il “femminicidio” in sé, visto che su duecento omicidi all’anno per violenza famigliare, la metà viene comessa da donne, che uccidono 70 uomini e altre 25 donne.
Come è falsa “l’emergenza” del fenomeno, dal momento che i dati sono stabili, e semmai in leggero calo, da anni.
Come è falsa l’idea che i maschi vadano rieducati e non ci sia necessità di alcuna autocritica da parte femminile.
Come è falsa ed omissiva tutta la citazione dei dati sulla violenza di coppia e sulle cause di morte per le donne: mai un dato a confronto con gli uomini (si vede che avete paura della realtà, dove le morti 7 a 3 a danno dei maschi) e negazione compusiva del fatto che la maggior causa di morte per le donne sono le malattie cardiovasoclari seguite dai tumori, altro che violenza! E per far alzare il dato sulla violenza si è fatto media tra le percosse e la critica al modo di vestire o pettinarsi, facdno schizzare il dato di molti punti percentuali (cfr. note metodologiche ISTAT).
Come è falsa, strumentale e soprattutto _truffaldina_ la ragione per cui il decreto Serafini vorrebbe finanziare con 85 milioni di euro le “cooperative di donne”: quei soldi faranno la stessa fine dei finanziamenti alla stampa o alle Associazioni Sportive e finiiranno nelle tasche dei partiti. E se non li hanno concessi, almeno qualcosa di buono hanno fatto. Con quei soldi ci si comprerebbero 3 o 4 F35.
Certo, dire che il re è nudo (anzi la regina) vi farà inviperire, ma questa è la realtà: sulla violenza conto le donne si fa pressione mediatica e sciacallaggio perché consente di ritagliarsi fette di potere e di visibilità altrimenti impossibili.
@Carlo Orecchia: potrebbe per favore indicare in modo preciso la fonte dei suoi dati? Cioè, quale documento ISTAT, con titolo, data di pubblicazione e, se disponibile, link al testo e ai dati? A me non quadrano, ma magari mi sbaglio io.
L’Italia è il paese delle “dighe legislative” e dei neologismi che ricoprono sotto l’asfalto giornalistico fenomeni ben più complessi come dimostrato da questo post. Credo che lo stesso errore si stia compiendo per quanto riguarda la legge contro l’omofobia: repressione vs evoluzione. Sul versante della formazione aggiungerei una postilla: è vero, l’uomo abusante va educato, guidato, recuperato, assistito… E la donna? La sua educazione sessuale e affettiva è perfetta? Le sue capacità di scelta e di gestione del rapporto sono ineccepibili? Le donne che “abbracciano” e favoriscono il femminicidio si riconoscono da un miglio di lontananza: quando reagiscono lo fanno a un minuto dalla fine. La loro. Educazione affettiva e prevenzione anche per le donne dunque.
A parte che metà dell’articolo della De Gregorio sostiene tesi diametralmente opposte a queste (“Che la querela non sia ritirabile è decisione ottima” per esempio) circa la domanda “In che senso uccidere una donna non sposata e non madre è meno grave? Vale forse di meno per la società?”
A) Sì: per la società (ripeto: per la società) vale “meno” poiché la sua morte ha meno conseguenze, mancando le ripercussioni su un figlio.
B) Non ci si può indignare perché una donna non sposata e non madre valga meno di una donna sposata e madre, quando il fondamento concettuale di questo provvedimento è che una donna valga più di un uomo. Proprio no. È di una disonestà intellettuale imperdonabile.
C) Che poi, non senza una certa ironia, è proprio per la società, se non per la natura, che in realtà è vero che una donna vale di più di un uomo, essendo il collo di bottiglia riproduttivo. Però un principio generale non può valere solo quando fa comodo.
Mi associo a Michele e a Domiziano (che non conosco), aggiungendo solo che gli uomini da rieducare sono, appunto, già stati educati: da noi donne. Sono i nostri figli.
Lo stesso vale per le donne convinte di non meritare nient’altro che sopraffazione e manipolazione mascherata da amore. Cose che non hanno imparato guardando i programmi di Mediaset.
Se questa legge scellerata convincerà molte femministe a fare un passo indietro sulla cosiddetta “violenza di genere” – cioè un passo avanti – forse sarà servita a qualcosa.
Dal mio punto di vista (per quello che vale) la violenza non ha genere.
E’ l’abuso del più forte sul più debole, chiunque sia il più debole in quel momento – donna, uomo o bambino.
Spiacente per Michele, femminicidio non è un neologismo italiano. Volendo informarsi, e a questo punto se solo lo si vuole le possibilità sono infinite, è stato creato negli anni Novanta, non in Italia, non giornalisticamente, ed è riconosciuto in ambito internazionale. Sempre se lo si vuole, si può leggere qui e altrove come parlare di femminicidio non abbia mai significato sostenere che le donne sono buone o migliori degli uomini. Naturalmente, ripeto, SE lo si vuole, perché noto che ripetere la solita litania è autoconsolatorio.
Spiacente per Domiziano, ma ho, come si intuisce, riportato la parte con cui personalmente concordo con Concita. Questo è un post personale su un blog personale, non un organo di partito o di movimento. Quanto al “collo di bottiglia riproduttivo”, credo che si commenti da solo. Quanto ai motivi per cui non sono d’accordo con questo provvedimento legislativo, mi sembra che non solo siano esposti nel post, ma sono stati detti e ripetuti, anche qui, centinaia di volte.
Spiacente per Diana, ma non faccio un passo indietro sulla violenza di genere. Ma concordo sulla scelleratezza, sulla superficialità e sui guai (come si vede) che il pacchetto sicurezza (non è un DL sul femminicidio, ma un pacchetto sicurezza) porterà.
Si sente tanto parlare di violenza sulle donne in questi mesi e mi ritorna in mente la guerra dei Balcani, la prima vissuta nell’età della consapevolezza, qui, a due passi da casa. Mi avevano scioccato le storie di stupri etnici, di donne sequestrate e costrette a concepire i figli “del nemico”, quelli di etnia giusta. Adesso, col cinismo dell’età, so che le violenze sulle donne accompagnano ogni guerra, ogni ribellione, ogni massacro. Perfino chi viene a salvarti, i “buoni”, si portano dietro la loro buona dose di violenza. Ma se in qualche modo potevo concepire una certa, pur disdicevole, consequenzialità tra i termini “guerra” e “violenza”, non posso in nessun modo accettare quello che invece sembra essere diventato un paradigma: “violenza – donna”.
Si sente tanto parlare di violenza sulle donne in questi mesi e ben venga: parlarne apertamente è il primo passo per affrontarla, per cercare di arginare quello che è ormai notizia quotidiana. Omicidi, aggressioni con acido, stupri, pestaggi, minacce, violenze psicologiche, casi spesso noti che sono giunti al peggior epilogo dopo mesi di soprusi.
Si sente tanto parlare di violenza sulle donne in questi mesi, ma quante parole vuote, quanta ipocrisia, quanto paternalismo: le donne vanno difese, le donne vanno protette, le donne considerate sempre “oggetti”. In fin dei conti la reazione delle istituzioni alla violenza sulle donne ha la stessa matrice di quella che ne è la causa: una cultura maschilista e patriarcale. C’è bisogno di un cambio di rotta, spostare l’attenzione sulla causa reale! La violenza contro le donne non si risolve intervenendo solo sulle conseguenze, questo è un problema che si risolve agendo là dove nasce, è un problema di cultura, è un problema di educazione: la mancanza di rispetto, l’incapacità di accettare il rifiuto, il considerare la donna una proprietà, non libera di scegliere, non libera di andarsene.
Si sente tanto parlare di violenza sulle donne in questi mesi, ma solo di quella conclamata ed eclatante, quella che fa notizia di cronaca. Mai di quella sottile, quella celata nella cultura imperante dove questi uomini “normali” sono cresciuti. Parlo della violenza poco visibile, ma ben consolidata, che è sottesa a tanti atteggiamenti considerati di poca rilevanza, socialmente accettabili. “Cose che capitano” nella vita di una donna, di cui nessuno si stupisce, di cui nessuno parla. Per la quale non si fa prevenzione nelle scuole, educazione, catechesi. Comportamenti che, con la consapevolezza di oggi, mi fanno ancora più ribrezzo, ancora più rabbia!
Per tutte le volte che ho dovuto sorridere a denti stretti per una battuta maschilista e volgare, che mi faceva solo venir voglia di prenderli a male parole, ma erano il capo ed i colleghi, e devi star zitta.
Per tutte le attenzioni non desiderate e non incoraggiate, come quando ho dovuto cambiare tragitto e mensa per evitare le attenzioni di uno spasimante che non capisce il significato delle parole “no, grazie”, non voglio bere il caffè con te, non voglio parlare con te, non cerco compagnia.
Per i palpeggiamenti e gli strusciamenti subiti in autobus, una volta perfino dal bigliettaio, e che cavolo vado alle medie, hai una figlia poco più piccola di me!
Per i palpeggiamenti subiti non da sconosciuti, ma da conoscenti, perfino parenti, persone che frequenti nelle associazioni, nella banda musicale.
Provo ancora più rabbia e sconforto, perché, pur trascorsi tanti anni, le cose non sono cambiate.