POST PERSONALE E DUNQUE POLITICO: SULLA FRAGILITA’ DELLA PERSONA CON FOLLOWER

Questo post parte da un fatto molto semplice: dopo due anni e mezzo ho preso il covid, come molte e molti. L’impatto non è stato e non è leggero, non è vero che è un raffreddorone, non in una over 65 tabagista almeno, e su evoluzione e conseguenze  taccio.
Questo è il primo punto. Il secondo punto riguarda l’uso dei social. I primi giorni ho scritto di essere malata (anche per giustificare la mia sostituzione a Fahrenheit e la mancata presenza a due appuntamenti pubblici) senza specificare cosa avessi. A un certo punto, mi sono detta: ma sì, che differenza fa? E ho usato la parola covid.
In due occasioni – parlo di due soli post su svariatissimi dove si toccavano questioni pubbliche (le elezioni del presidente della Camera e altro) – ho fatto cenno alla spossatezza perdurante (“è lunga”). Sotto questo secondo post ci sono stati due commenti di questo tenore (riporto nome e cognome, perché esiste una responsabilità della scrittura pubblica, e non vale solo per me):
Lorenza Belleri: “Se ci mettessimo più spesso nei panni di coloro che soffrono forse il nostro non stare bene per un periodo di tempo limitato ci peserebbe meno…forse.”
La signora, che protesta dopo le reazioni di altri commentatori sull’opportunità del commento, sostenendo che non siamo in dittatura e lei ha diritto di esprimersi, immagina dunque che chi scrive a) non abbia che un raffreddorone b) pretenda che gli altri solidarizzino con lei per privilegio, si suppone, infischiandosene di coloro che stanno male seriamente e a lungo. E’ evidente che non è così, ed è evidente che il pregiudizio nei confronti della persona-con-follower, ovvero io, sia venato da un sentimento malevolo (ti sta bene) e dall’idea che la persona-con-follower sia stata e sia insensibile nei confronti del dolore degli altri.
Interviene un secondo commentatore, Leandro Liotti, che ha da poco cancellato tutti i suoi commenti (ma io ho ottima memoria), che esprime “il suo fastidio” per quel post (“è lunga”, diceva, non altro), in quanto non bisognerebbe esternare il proprio disagio davanti agli altri che hanno motivi più seri per lamentarsi. Quando gli rispondo di essere stufa di persone che vengono a dirmi cosa devo scrivere e come devo sentirmi, mi augura un TSO, e in alternativa un tranquillante e spiega che avendo una persona cara che sta molto male quanto scrivo io è offensivo e inopportuno, dal momento che una come me fa notizia anche se scrive delle proprie evacuazioni.
Qui siamo in terreno più esplicito: dal momento che io “faccio notizia” anche quando vado in bagno (!), non devo parlare di me. Non devo permettermi di farlo perché ci sono altre persone che hanno più diritto della persona-con-follower di lamentarsi. La persona-con-follower, che va invidiata e segretamente maledetta a prescindere,  è on line unicamente per prendersi gli insulti, qualora evidentemente si riveli poco utile (per la propria attività di scrittura, soprattutto, o come tramite per gli editori o agenzie letterarie o qualunque cosa si ritenga indispensabile che la persona-con-follower faccia). Se quella persona espone la propria fragilità (non è successo solo a me) non la farà franca, in quanto si permette di usare la propria bacheca social come tutti gli altri (per raccontarsi, oltre che per raccontare), ma così facendo finisce  per SOTTRARRE empatia agli altri, a quelli che hanno meno follower, ma soffrono di più, e questo è ingiusto, pensano i Leandro Liotti della rete.
Ora.
Al di là del caso personale, questa faccenda mi dà da pensare su quanto il meccanismo violento dei social sia andato avanti.
Siamo stati abituati per anni al dolore altrui esibito in televisione. Ci siamo abituati al dolore narrato sui nostri social, spesso con ottime intenzioni e persino con ottimi risultati. C’è un mio contatto che posta regolarmente video su un familiare malato. Chi è nella sua stessa situazione si riconosce, si commuove, partecipa, lo sostiene. Lo comprendo. Resta in me un sottinteso orrore verso l’esibizione di quel volto  esposto alla visione degli altri. E anche se quei video sono importanti per chi è nella stessa situazione, non riesco a non rabbrividire. Certo, dalla mia posizione di privilegio.
C’è una morale in tutto questo? Non lo so, e non era mia intenzione trarne una.  Vorrei che il gioco della gogna sui social si indirizzasse ad altro, ma più che una sciocchezza è un’utopia. Di certo, tutti abbiamo bisogno di raccontare il nostro soffrire, ma sarebbe bello che non ci si speculasse (troppo) sopra. Ma è vano pensarlo, credo. Come scrive Philippe Forest:
“La maggior parte degli umani pensa che esista nel mondo una quantità limitata di fortuna. Di qui l’espressione di contentezza che passa sul loro volto quando vedono un morente. Credono che il morente, con la sua disgrazia, liberi così la parte di fortuna che gli era riservata e che questa possa reintegrare il totale a disposizione dei vivi”.
Suave mari magno: “È dolce contemplare dalla riva le onde sollevate dalla tempesta, e il pericolo di uno sventurato che lotta contro la morte: non perché si provi piacere per la disgrazia altrui, ma perché è consolante la vista dei mali che non ci colpiscono”.
C’è qualcosa di molto antico in queste reazioni. E qualcosa di nuovo che va studiato. A quel nuovo mi sottraggo, da questo momento. Chi vuole sapere come sto, mi telefoni e mi scriva. Ai social, e ai suoi mostri, non darò più nulla di me.

2 pensieri su “POST PERSONALE E DUNQUE POLITICO: SULLA FRAGILITA’ DELLA PERSONA CON FOLLOWER

  1. Signora Lipperini , Le auguro di cuore buona convalescenza . Lei fa bene nominare chi si impegna nei social media in meschinità. Piccolo pensiero mio : gente che commenta quanto ha citato Lei , sta male , molto male per una cosa che in passato è stato definito come un peccato capitale , e cioè l’invidia e la gelosia . Chi non è content* della propria sua vita , se la prende con chi è l’oggetto della propria invidia .

  2. Concordo con quanto scritto dalla signora C.O. e le auguro pronta guarigione. Ci si prenda la Responsabilità di ciò che si scrive…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto