Nella casella di posta, trovo parecchie segnalazioni. Vale la pena riportarne alcune, senza commenti.
Mi scrive D. :
“le scrivo per segnalarle un videogioco che ho visto ieri alla Feltrinelli. E’ dai 12 anni in su ma prevede: linguaggio scurrile, scene di sesso e violenza. Le allego la foto del gioco e il link che lo sponsorizza. Ovviamente, nello sponsor gli attori sono adulti ma il gioco è per persone dai 12 anni in su”.
Questo il link. Il gioco si chiama “Osè che fai ci provi?“, party-game “sexy e innovativo”.
Mi scrive S.:
“Cara Loredana
seguo con grande attenzione il tuo blog e proprio a proposito degli argomenti sulla necessità di un’educazione sessuale approfondita e sull’immagine del corpo delle donne, ti segnalo la necessità secondo me di un’obiezione (sì in questo caso!) al trailer di un film. Quando apro il sito di Repubblica parte immediatamente e si intitola (appunto) “Quanto è bello far l’amore”. Trovo profondamente offensiva l’immagine del ragazzino che stuzzica il capezzolo della bambola gonfiabile, serva e muta… Sono molto arrabbiata dovrei pensare a cosa mi fa sentire così offesa, ma non riesco nemmeno a riguardarla. Ne parlano, ne ridono i compagni di scuola di mia figlia in quinta elementare…
Secondo te si può fare qualcosa?”
Questo il trailer.
Mi scrive A.:
“Ti mando questo link. E’ sulla scelta della foto che ha vinto il World Press Photo. A me pare l’ennesima Mater dolorosa, e le motivazioni lo confermano. Anche con le migliori intenzioni… ci inchiodiamo da sole”.
Ecco il link.
Mi scrive Milva, mandandomi questo comunicato:
“La Giunta Polverini ci riprova. Ancora una volta abbiamo capito chiaramente quali sono le priorità della Giunta Regionale.
Ieri, in commissione lavoro, durante la discussione sulla proposta di legge sul ‘sistema integrato di interventi dei servizi e delle prestazioni sociali per la persona e la famiglia nella regione Lazio’, l’Assessore Forte ha compiuto l’ennesimo tentativo di cancellare i Consultori Familiari così come li abbiamo conosciuti e così come, con le lotte, ce li siamo conquistati.
È stato, infatti, presentato un emendamento con il quale si vuole abrogare l’Art. 6 della L.R. 15/76, ovvero quell’articolo dove veniva definita e normata l’attività dei consultori e la loro funzione. L’emendamento per il momento è stato accantonato grazie alle pressioni delle opposizioni, ma questo non cancella la sua gravità e non significa che il pericolo sia scongiurato.
Questo ulteriore attacco alla salute e alla libertà di scelta delle donne, viene non a caso a neanche un mese di distanza dalla dimostrazione di forza e autorevolezza dell’Assemblea permanente delle donne contro la proposta Tarzia, Assemblea promotrice dell’incontro nazionale sulla difesa dei consultori e dell’autodeterminazione delle donne “La vita siamo noi” – che ha fatto confluire a Roma centinaia di donne da tutt’Italia, che si stanno organizzando per opporsi ai continui e reiterati attacchi contro i loro diritti e i loro spazi di libertà.
Probabilmente le donne fanno paura a questa Giunta, che forse teme un’altra sconfitta come quella che ha subito quando la caparbietà delle donne del Lazio ha fatto in modo che l’iter della proposta Tarzia venisse bloccato. Forse è per questo che ancora una volta si tenta con squallidi trucchetti di coglierci impreparate, per distruggere ciò che è nostro di diritto. E forse è per paura che la Presidente Polverini, una donna, nonostante i nostri appelli, ancora non ci ha ricevuto.
Vogliamo ancora una volta lanciare un appello alla Presidente Polverini, affinché ci incontri, ascolti le ragioni di quelle donne che dice di “avere a cuore” e riceva le 100.000 firme raccolte in tutta la regione Lazio in favore dei consultori.
Vogliamo ricordare all’Assessore Forte che noi non ci lasciamo intimorire da colpi di mano di basso profilo, che continueremo ad essere vigili e a tenere gli occhi ben aperti e che siamo disposte a continuare la nostra mobilitazione permanente e siamo altrettanto pronte a lottare per difendere la nostra salute e la nostra libertà!
Roma 10 .02.2012
Assemblea permanente delle donne contro la proposta di legge Tarzia”
Dico solo sulla foto.
Non so se era quella da premiare in assoluto, ma io la trovo splendida.
La inconsapevole “isomorficità” con la pietà di Michelangelo fa venire i brividi per quanto sono universali il dolore e la pietà, universalità rimarcata dai volti, entrambi non visibili: volto di uno, volto di tutti.
Dopodichè: in un paese islamico, in quella situazione, chi prende botte è maschio e chi raccoglie il ferito è femmina. E allora? La pietà, non il sessismo è al centro di quella foto. Non si può per una volta pensare alla condizione umana piuttosto che alle opzioni di genere? In certi casi sacrosante, in questo caso stucchevoli. A chi deve per forza protestare per uno scambio di ruoli consiglierei la “Guida galattica per autostoppisti”, lì ci sono prospettive inedite e stranianti, per antropologie creative.
La foto premiata è ficherrima loredà troppo troppo densa di significati per liquidarla nella mater dolorosa. Transculturale, religiosa ma blasfema insieme, lei iconografica nel superfemminile tutto nero, le mani sporcate di sangue ma so guanti. No io la trovo molto interessante. Mi pare che parli di un sacco di cose, se c’è anche il materno e uno dei tasti e la materdolorosità è un tema.
Invece rabbrividisco per tutti gli altri punti, soprattutto per giunta polverini e videogioco!
Io in questa foto vedo la grande forza delle donne durante le guerre. Riescono a sopportare un peso grandissimo, molto più grande di quello dei maschi che combattono.
E devo dire che la foto mi ha anche un po’ commosso, in passato anch’io fui “raccolto” in quel modo da uan donna vestita di nero, l’unica differenza era nelle mani, quelle che mi hanno aiutato avevano il palmo rosso scuro, a causa del sangue e dell’ hennè.
sulla foto vincitrice del WPP:
la “isomorficità” (@Binaghi) con la pietà di Michelangelo appare citazione tutto fuor che inconsapevole – e questo a me disturba molto.
Dopodiché, prima di dire “la pietà e non il sessismo” etc. etc. consiglierei di leggere perbene il link sopra alle motivazioni della giuria, che parlano espressamente di soggettività femminile.
A me sembra che per esprimerla si potrebbe iniziare a pensare per immagini nuove, invece che rifarsi a stilemi cinquecenteschi.
La foto è discussa anche in articolo di ieri di Cristian Raimo sullo stato dell’arte del fotogiornalismo: http://www.minimaetmoralia.it/?p=6527
Molto bella la foto. Anche l’altra, quella della donna senza naso, me la ricordo bene.
Ricordo anche che un paio d’anni fa su via Benedetto Croce a Napoli c’era una donna molto somigliante, senza naso, che chiedeva l’elemosina. I suoi aguzzini erano sempre in giro a controllare che si lamentasse a dovere perchè facesse pena, la gente passava e distoglieva lo sguardo disgustata.
Ma una foto è una foto (tantobbelle le foto) e l’Afghanistan è l’Afghanistan, mica casa nostra.
Concordo con gli altri sulla foto. È bellissima e struggente, quella donna è una mater dolorosa. E allora?
Sugli altri tre casi: disgustosi.
Domanda ulteriore: hai visto il remake di Uomini che odiano le donne? Che cosa pensi della scena dello stupro? Troppo estetizzata o shockante al punto giusto?
c’è anche chi si chiede: una nuova Pietà per rassicurare l’opinione pubblica occidentale sulle rivoluzioni arabe?
“This new “Islamic Pieta” was an immediate hit in the worldwide press. We had the same experience with AFP photographer Hocine Zaourar’s “Bentalha Madonna” from the Algerian civil war… It seems that when nations are overwhelmed by internal events, and Western nations worry about the “Arab Revolutions”, a good way to calm public opinion is to show the human side of the “barbarians”!
da http://www.lalettredelaphotographie.com/entries/5617/world-press-photo-2012-samuel-aranda
@Genius: e allora, le tre cose che hai citato son tutte cose che non ci dicono niente di nuovo né fanno progredire di un passo.
@Laura a.
Se la citazione michelangiolesca è consapevole come dici, bisogna che i soggetti siano stati messi in posa (questo, pensi?)
Immagini, nuove, non stilemi cinquecenteschi, dici. Prova a pensare se fosse la donna raccolta ferita, dall’uomo pietoso. La reazione tua, presumo: dagli col sesso debole, ecc.
Concludo.
“Ominia munda mundi, semper paranoia paranoici”
non necessariamente Walter, si può scattare quando si riconosce quella immagine senza aver messo in posa nessuno.
Su questo e sul resto del tuo commento: siamo al sospetto del sospetto, visto che parli di paranoie (manteniamoci sull’impersonale, grazie).
Scusa, Laura, non colgo il punto. La critica è che viene riproposto un modello di donna che deve per forza essere madre? In questo è negativo?
Non so se quella foto sia posata o meno, ma esprime un momento di grande umanità. Il videogioco, la bambola gonfiabile, la vicenda giunta Polverini, quelle sono cose avvilenti.
rispondo a Genius poi smetto:
non è così, nessuno ce l’ha con l’essere madre e certamente nella foto la grande umanità che tu dici c’è.
Il punto è che da un’immagine premiata mi aspetterei uno scatto in avanti, qualcosa di non “già visto”, di non così rassicurante come lo sono la bellezza, lo struggimento, la donna che cura – che va benissimo, ma forse tra tutto l’esistente si può scegliere di documentare qualcosa di meno noto.
Magari le altre foto quest’anno erano peggio.
capisco le perplessità di laura, non so se la foto meritasse il premio ma devo dire che anch’io la trovo molto bella, un’immagine densa di umanità e significati (non solo mater dolorosa, a parer mio)
Mi ero imbattuta in quella foto ieri o l’altro ieri sul sito di un quotidiano e devo dire che, senza averne letto nulla sul perché fosse lì, mi ha subito inchiodata a guardara (da distratta che ero in quel momento di navigazione annoiata) per la sua forza. Per come sento quella donna al tempo stesso così lontana (tutta coperta e nera) e così vicina e “universale”. Non si può leggere tutto sotto la lente del sessismo, non è l’unica chiave, e in questa foto non ne vedo. Mi viene in mente oltre a Michelangelo anche il Guernica di Picasso. Il dolore, la guerra, la violenza, la tenerezza e la pietà… non sono sessisti.
Sugli altri tre punti, in particolare il videogioco… ce n’è da dispiacersi, invece!
La foto è bellissima.
La polemica del post mi sembra pretestuosa, Lipperini. E’ un peccato che ci siano paradigmi etici così totalizzanti da scatenare processi di cess azione della vista…
Ora ad un tratto mi torna in mente quando erano i partiti a decidere chi dovesse fare l’artista e che cosa fosse l’arte.
Tra un po’ mi passa.
Dinamo Seligneri, se avessi la bontà di leggere il post prima di commentare, forse capiresti che in nessun momento ho pensato di fare polemica, ma di offrire al commentarium il dubbio che mi era stato espresso via mail. Però esistono persone che adorano venire da queste parti a proiettare su di me quella che è la loro opinione a prescindere su Lipperatura. Un minimo di onestà, per favore. Minimo.
il videogioco non prevede linguaggio scurrile, né scene di violenza e sesso.
qua c’è il link ( se funziona ) al sito che mette i bollini
http://www.pegi.info/it/
qua un articolo che si era occupato del gioco
http://www.famigliacristiana.it/Famiglia/blog/family-game/ose-che-fai-ci-provi-altro-che-per-12enni.aspx
vorrei chiedere chi ha parlato per primo di sessismo, che non era stato assolutamente chiamato in causa.
Oggetto della critica è un’iconografia forse troppo classica per dire qualcosa di nuovo.
E come si vede dalle discussioni in rete (di cui solo un paio sono linkate sopra) la foto è stata oggetto di critiche nello stesso ambiente fotografico, anche per il suo non dire tutto sommato niente di nuovo.
cioè: non lo so cosa prevede il gioco, mi sono sbagliato.
(e poi sparisco) e soprattutto questo, appena pubblicato, che spiega benissimo molte cose:
http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2012/02/13/wpp-luniversale-contro-la-storia/
Qui in Svezia le critiche al remake hollywoodiano di “uomini che odiano le donne” sono state abbastanza feroci rispetto a come la versione americana elimini tutto ciò di femminista che c’è nella versione svedese e nel libro e dia un taglio voyeuristico alla scena dello stupro della Salander.
Un esempio della critica di cui sopra (in svedese)
http://www.dn.se/kultur-noje/debatt-essa/david-fincher-har-klippt-klorna-pa-den-vassa-lisbeth-salander
Lipperini, perché non avrei dovuto leggere il post? L’email mi sembra che abbia da ridire (polemicamente) sulle motivazioni “che parlano da sole” di una premiazione di un concorso di fotografie.
Leggendo l’articolo della Ferri si capisce che la fotografia vincitrice del premio ha convinto su più livelli semantici, ed ha vinto per le sue qualità estetiche e per i valori di sintesi storico-culturale espressi.
A mio avviso, che sia una Mater dolorosa, o non lo sia, questo non può essere discriminante per l’assegnazione di un premio, o in ordine superiore (che è più importante) sul giudizio critico generale di qualsivoglia opera d’arte.
Preciso infine che è talmente definitiva la valutazione della sua lettrice, nell’email, che non può che caricare di polemica tutto il post, per quanto io non possa sapere quale sia la tua posizione a riguardo (che spero svelerai prima o poi). In quanto tale, il post contiene, e chiudo, una polemica pretestuosa e fin troppo strumentale ad una causa quale quella dell’allargamento dei diritti e della visione delle donne (che mi vede ovviamente favorevole) ma che non può diventare valore aggiunto, né valore mancante nei processi estetici dell’arte.
Concordo con Laura a. la foto è bella, molto bella, ma “vecchia”, nel senso proprio di qualcosa di visto un milione di volte ed in questo segno di uno sguardo che non progredisce, che non sa pensare cose nuove. Va benissimo come studio, ma non come vincitrice di un concorso tanto importante. Ed è anche ovvio che ci piaccia tanto, visto che ci rassicura come tutto ciò che conosciamo ed è, per quanto doloroso, addomesticato.
@Jo
Lei era una pugnalata per tutti quelli che passavano di là. Una cosa di un dolore inenarrabile, infatti appena possibile la facevano sgombrare dai vigili. Nessuno che se ne prendesse cura però. Da un po’ non la vedo più.
Dinamo Seligneri, le rispondo per l’ultima volta, perchè davvero non vedo il motivo per cui dovrei interloquire con una persona che va sputando su di me su ogni blog che gli capita a tiro.
Se non si fosse capito, si sta discutendo di stereotipi. Quella foto, che sia bella o meno, che sia arte o meno, contiene e veicola un gigantesco stereotipo. Il che non significa condannarla, vietarla, stigmatizzarla: significa porsi dubbi, interrogarsi, ragionare. Cose che non hanno nulla a che vedere con i diktat su cosa sia arte e cosa no. E neanche con la polemica, se è per questo.
per amor di precisione, mi pare giusto dire che la foto (ripeto, molto bella) partecipava non ad un concorso di foto artistiche (a cui forse riflettendoci sarebbe stata più adatta) ma ad un concorso di foto giornalistiche, e sempre riflettendoci, forse questa foto per essere considerata giornalistica, non “informa” abbastanza. Preciso che le mie sono considerazioni di una persona non esperta di fotografia quindi prendete per quel che valgono
Peró scusate, mettersi a dibattere sulla pertinenza o meno della foto all´ambito artistico, o addirittura discutere sull´originalitá (e chi la decide poi la soglia dell´originalitá accettabile?..) come prerequisito per vincere un concorso, mi sembra un OT grosso come una casa. Almeno credo eh.
Io non lo dico se la foto mi piace o no, non è questo il punto. Provo a fare una domanda peró: se un vostro amico dovesse scattare una foto come quella (niente concorsi ecc..) quale sarebbe la vostra reazione? La faccio anche a me ovviamente.
sulla foto io, Marco Belpoliti e una giurata del Worldpress Renata Ferri abbiamo provato a ragionare su minimaetmoralia.it
L’articolo di Smargiassi su Repubblica, quello si è un bell’esempio di “nuovo che avanza”. Da tre secoli circa, via Guicciardini e poi empirismo inglese. Niente universali, niente icone, solo “fatti” e cronaca.
Che “quando entrano in campo gli universali, esce la Storia” è una solenne stronzata, ma suona tanto bene. Senza universali non c’è interpretazione, nè ricerca di un senso. Solo tracce che pretendono di documentare e invece restringono il campo del dicibile alla pura e semplice esclamazione.
Ridateci il Vico, Hegel e Marx, per favore.
sulla foto, di sicuro bella e anche toccante, concordo con A. che ha mandato la mail.
@rob, si tratta di fotogiornalismo, quindi sono validi alcuni criteri più che altri. Ad esempio mi aspetto di essere informata su qualcosa che non so.
E se un mio amico dovesse scattare una foto come quella direi: hai studiato bene, ora però dimenticati i maestri.
Che attributi, Laura!
Allora, il rischio di molte di queste mail è di cercare una via corta per una cosa che esige una via lunga. Ricostruire una dimensione etica nel piano estetico.
La via corta è introdurre un pensiero morale (che diventa moralista) rispetto a un discorso pubblicitario.
Questo non crea dialogo, ma contrapposizione: si stanno cercando due cose differenti. Capire cos’è l’umano vs vendere. Spesso nel commentarium ci si sente moralmente dalla parte giusta semplicemente perché si sta dalla prima parte. Ma la riflessione estetica non viene toccata.
Sul piano della riflessione estetica, ci può essere invece una discussione. Quali sono i modelli comici di una scena come quella di “Come è bello far l’amore”, quali sono quelli delle foto del World Press? Qual è l’intenzione dell’autore? In “Lars e una ragazza tutta sua” uno splendido Ryan Gosling faceva varie gag con una bambola gonfiabile ad un livello che la critica moralistica diventa molto spuntata.
Allo stesso modo è interessante come Fabio Severo oggi ritorni sul World Press Photo: qui – http://www.hippolytebayard.com/2012/02/arab-springs.html
@ laura a.
Mi sembrava che la questione posta fosse un´altra, cioè la riproposizione, conscia o no, di uno stereotipo, nello specifico quello della donna “madre addolorata”. L´unica differenza che vedrei tra questa foto fatta da un pinco pallino qualsiasi e postata su facebook o fatta da un professionista e premiata a livello mondiale è nella distribuzione, e soprattutto nella scelta di chi la distribuisce di dare spazio ancora una volta a un´immagine stereotipata. In quanto artista il fotografo ha proposto quello riteneva importante per lui, e in fondo quello che fotografa è vero, non si discute, rappresenta la realtá.
scusate a me pare che questa foto sia giudicata in una prospettiva un tantino troppo eurocentrica. Parla di mediooriente, giudica il mediooriente mettendoci una citazione della nostra storia dicendo qualcosa dell’attualità della condizione femminile in mediooriente. E’ una foto squisitamente postmoderna nella sua citazione. Il che dovrebbe metterci di fronte alla riflessione su come vari la questione femminile nelle diverse aree del mondo, sulle diverse priorità che mette in campo piuttosto che livellare tutto alla stessa fonte e allo stesso stereotipo. Poi magari quelli hanno dato il premio pensando alle loro de mamme? non lo so. Ma la foto non parla di quelle.
Nonostante sia quasi sempre d’accordo con la lettura data in questo blog degli stereotipi che infestano l’immaginario contemporaneo, devo dire che su questa fotografia trovo si sia fuori strada.
Non sono d’accordo che l’immagine ‘contenga e veicoli un gigantesco stereotipo’.La cosiddetta ‘mater dolorosa’ non è per nulla una figura stereotipata, ma piuttosto una figura archetipica . Come tale è profondamente inscritta nel DNA della nostra natura umana, e giustamente è una figura fondamentale della storia dell’arte, che di questo DNA è un veicolo primario.
Che poi questo attenga al ‘femminile’, non credo sia un problema. Il femminile – come il maschile – è molte cose, e questa figura di certo non lo svilisce o non corrobora
Nessun maschilismo.
Direi che siamo piuttosto di fronte a una incarnazione cin una ‘pathosformel’ – come Aby Warburg ebbe a definire le figure archetipiche che si rincorrono nella storia dell’arte.
Come Pathosformel, credo ci troviamo di fronte a un’opera d’arte, scevra da qualsiasi possibile accusa di sessismo.
Credo che fra tutti i bersagli che abbiamo ben presenti in Italia, questa lettura di questa immagine sia realmente un voler essere più realisti del re.
Quoto Zauberei per la legge sui consultori e per la peculiare idea di “sesso giocoso” che ci raccontano certi videogames e certe commedie. La foto premiata, anche se non la guardo volentieri penso sia oggettivamente meritevole di priconoscimento perché molto densa di significati possibili, al di là della cronaca (e chissà, forse questa densità è stata anche costruita un po’ dal fotografo e dai suoi soggetti, mi pare troppo “perfetta” e “ricca” per essere uno scatto al volo): io appena l’ho vista ho pensato istintivamente che quell’uomo era davvero nell’abbraccio della morte – che è un’altra interpretazione archetipica del ruolo e della figura femminile, in molte società e se diamo retta a Freud anche nella psiche dei singoli. Naturalmente questa è una lettura culturale europea-occidentale, ma da qui io vengo e qui io vivo, e anche il fotografo autore…
Paolo, come al solito attribuite a chi scrive l’idea di avere “bersagli” e non spunti di discussione. E a questo punto non credo sia un mio problema.
La foto è bellissima, le letture che ne sono state date tutte in vario modo condivisibili. Io però ho trovato interessante lo spunto di domanda, colto da Laura A, se non sarebbe stata opportuna, in questo momento, una scelta diversa. Non è che io percepisca la foto come maschilista – come non mi pare si possa in alcun modo attribuire questa critica a Loredana. Io, molto soggettivamente, guardandola ho pensato: sì, bella, universale, vera, però in molti paesi gli uomini, i figli accolti tra le braccia delle donne, delle madri, sono spesso anche i loro carnefici. E forse una foto così pacificata su questi temi non ci fa riflettere a sufficienza su qualcosa che a me, personalmente, tocca molto. Tutto qui: pensieri suscitati da quella foto.
per l’ultima volta: “sessismo” e “maschilismo” sono concetti tirati in ballo solo da certi commentatori.
La critica era diversa e atteneva alla capacità di dire cose nuove, non sapute – sul femminile COME sul resto del mondo.
Critica mossa dal punto di vista femminile non gratuitamente, ma in virtù del fatto che le motivazioni del link originario anche di soggettività femminile-femminista parlavano; e mossa da altri punti di vista (vedi numerosi interventi in rete citati) aldilà del punto di vista di genere.
Non si tratta di andare contro, si tratta di andare “oltre”.
@zauberei,
ma sulla questione femminile in medioriente quella foto non dice niente che già non si sappia. Più attuale sarebbe stato allora scegliere di documentare le fazioni che proprio in Yemen premono per togliere il niqab alle donne (articolo del Sole24ore domenica).
Lippa, sulle “intenzioni” attribuite: questioni di framing.
E’ responsabilità del singolo uscire dalla cornice. Specie quando è stato ben chiarito il senso del post, e non una sola volta. Come dice Laura, l’attribuzione di sessimo è venuta da commentatori ansiosi. Non da me, non dal commentarium.
Gentile Lipperini, parlando di ‘bersagli’, io intendo tutte le figure dell’immaginario dominante che vengono spesso portate alla discussione in questo blog. Personalmente, li ritengo miei bersagli (cioè punti precisi su cui esercitare il proprio lavoro per modificare l’immaginario stesso, che sia parlandone o denunciandoli).
In questa forma, su questo blog si sono spesso identificati dei bersagli sui quali si è articolata la discussione. Non è di certo una parola sbagliata nel contesto, né era caricata di significati offensivi o negativi.
Questo mi sembra evidente – e in ogni caso il mio commento era piuttosto argomentato, legato alla discussione e per nulla ansioso di costituire ‘un suo problema’.
Un saluto
Sinceramente non mi pare laura che non aggiunga niente, nè io come ilaria vedo la foto pacificata – lei ha i guanti sporchi di sangue. Non sono sicura cioè che la foto proponga un modello positivo del materno, non sono sicura delle univocitàNon arriva l’espressione del viso di lei. POi devo capire bene la contestualità del premio, se non è puramente italiana mi pare una ragione di più per andarci piano. Poi sono pareri, e ognuno è libero di pensare come crede.
L’immagine è bella, evocativa, emozionante ma non possiamo fingere che non sia costruita appositamente per emozionare (richiamare sentimenti ben definiti), evocare (un’idea di materno e di uomo altrettanto definite) tanto di ciò che abbiamo individuato come insieme di stereotipi che danneggiano le donne e l’idea della loro libertà.
Non possiamo arrestare le nostre coscienze di fronte alla contemplazione di una bellezza con la quale si vuol far credere alle donne che la loro sorte e le loro prospettive siano circoscritte. Tutto questo mentre la libertà maschile si propone di continuo come illimitata, malgrado la concezione del limite predicata dal liberismo, dal patriarcato e dal neoliberismo praticata sempre e soltanto a vantaggio dell’agio maschile nel mondo.
Accidenti ai refusi: “da liberismo, dal patriarcato, dal capitalismo”. Pardon.