RUMORE BIANCO: NEVERO, MO BENE, COME DIRE

So di averlo già riproposto. Ma vale sempre, quando leggo critiche che riguardano l’estetica della parola più del contenuto. Che è, mi pare, il rumore bianco dei nostri tempi. Quindi, ecco di nuovo.
“Molti anni fa, quand’ero poco più che ventenne e lavoravo a Radio Radicale, ebbi l’onore di intervistare Umberto Terracini. Esatto, proprio uno dei padri costituenti. Quella meravigliosa persona, di cui bevevo ogni sillaba, aveva un intercalare molto fitto: “nevero”, che stava per “nevvero”. Più o meno due “nevero” a frase. In quegli anni, frequentavo anche un altro resistente, tra i fondatori del Partito radicale, Sergio Stanzani. Altra mente eccelsa, con un altro intercalare, “mo bene”. Un “mo bene” ogni due frasi. Ridacchiando, poiché ero ventenne e ridacchiosa, immaginavo un dialogo fra i due fitto di “nevero” e “mo bene”.
Ma mai, in nessun momento, ho pensato che quel tic diminuisse di un sospiro l’importanza di quel che dicevano.
I tempi, pare, sono cambiati. Una persona che stimo mi ha scritto che il “come dire” di Valentino Parlato la infastidiva. E io ho fatto un salto sulla sedia: miliardi di “come dire” valgono bene il pensiero e le parole di un Parlato.
Pare, ancora, che non sia più così: che il tic, l’intercalare, l’accento esitante o sbagliato adombrino la complessità del pensiero che, vorrei sottolineare, è quello di un parlante, non di un annunciatore o di un fine dicitore o di un attore. Un parlante. Che nel momento in cui si pone a colloquio per esprimersi, incappa nelle esitazioni e negli inceppamenti che ogni parlante, fosse pure lo spettro del Gadda radiofonico, non può non avere, se si concentra su quanto deve dire e non sul numero delle B contenute in “libro”.
Qualcosa non va. Perché esiste una via terza tra i sentieri selvaggi dell’oltraggio alla grammatica e la ronda sull’oralità. Perché se oggi Umberto Terracini parlasse, a cosa andrebbe incontro? E cosa perderemmo, se ci si concentrasse sui suoi “nevero” e non su quel che aveva da dire?
Compadres, questo è un appello. Rivediamole, quelle Norme. Ripensiamole, e non permettiamo a noi per primi di rimanere impigliati nella sorveglianza dell’oralità. Perché, se posso, non scambierei quei “nevero” con alcuna perfezione oratoria. Alcuna”.

Un pensiero su “RUMORE BIANCO: NEVERO, MO BENE, COME DIRE

  1. “Nevvero” era un intercalare ricorrente anche di Vittorio Foa e “Comaddire” di Pietro Ingrao – per me due figure importanti della politica e del pensiero storico-politico del Novecento.
    Forse non li usavano troppo nei comizi che tenevano e ancor meno nei libri che scrivevano, ma nei rapporti personali o nelle interviste più intime – nel loro essere “parlanti” – sì.
    E a me, anche nella loro abbondante frequenza, sono sempre parsi degli intercalare molto efficaci perché ammantavano di umiltà l’alto valore dei loro ragionamenti.

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