SCARPE, MAREE, EROI

Vediamo se riesco a spiegarmi meglio sulla faccenda dei simboli, che non solo non sono  un dettaglio, ma costituiscono il Nodo Primario di ogni iniziativa (battaglia, narrazione, eccetera) che riguardi il famigerato immaginario.
Se non bastasse la rosa bianca governativa, ecco la scarpa di Crepet e Toscani. La scarpa è femminile ma non è un sandalo aggressivo e assai taccuto come quelli di Sex and the City. Diciamo che è una scarpa per donne che hanno molte cose da fare, presumibilmente in città fredde, dal momento che, almeno nelle fotografie viste ora per la stagione autunno-inverno, ci sono stivali e polacchine. Qual è la novità? E’ che ogni  scarpa racconta la storia di una donna, o almeno la racconta attraverso la mediazione di Paolo Crepet, che raccoglie le testimonianze, e di Oliviero Toscani, che ha ideato la campagna. Obiettivo, presentare al mondo le donne per come sono: almeno, è quel che si dichiara.
Cosa c’è che non va? Non tanto la furbata (l’azienda ha molto cuore le donne reali ma  collabora con Miss Italia, per dire), quanto il fatto che alle benedette donne reali si comincia a offrire una visibilità molto pelosa, a colpi di rose e polacchette. Benissimo. Però, da una parte tutto ciò che riguarda le problematiche reali viene messo sotto il tappeto come la polvere (si legga l’articolo di Maria Novella de Luca sugli asili nido, oggi), dall’altro le si descrivono come figlie, moglie, madri, almeno in quattro dei sei soggetti della campagna. “Basta con le fighe”, dichiara Oliviero Toscani: via, dunque, con l’altra faccia della medaglia, con l’altro punto dell’oscillazione del pendolo.
Secondo esempio: sto leggendo il bel libro di Iaia Caputo, Le donne non invecchiano mai, appena uscito per Feltrinelli, e di cui parlerò a lettura ultimata. Però c’è un inciso che mi ha fatto sussultare: riguarda l’orgoglio di una donna africana per il proprio corpo non toccato da bisturi e tranquillamente invecchiato, e il commento dell’autrice aggancia  la vicinanza felice delle donne con lune e maree e con la – ahimè – natura. E’ un inciso, ma è talmente radicato dentro di noi che salta fuori come un rigurgito anche in discorsi lucidi e importanti come quelli che fa Iaia Caputo. E, insisto, è un inciso che a me preoccupa.
Terzo esempio, che con la condizione femminile ha a che vedere solo di striscio. Come ognun sa, i quotidiani di oggi riportano le dichiarazioni del premier rilasciate nel corso della festa dei giovani Pdl (o ex An) . La festa è organizzata dall’associazione Atreju.
Domanda: chi è Atreju?
Esatto: uno dei personaggi de La storia infinita di Michael Ende. Niente di male che gli si intitoli un’associazione politica. Ma personalmente continuo a mordermi la mani quando assisto ad un’appropriazione dei miti e soprattutto dell’immaginario fantastico da parte della destra italiana, così come è avvenuto con Tolkien. E quasi sempre è avvenuto perché da sinistra (negli ambienti letterari che si riconoscono nella) si è guardato con disprezzo a quella produzione.
Naturalmente, è un dettaglio anche questo.

22 pensieri su “SCARPE, MAREE, EROI

  1. Atreju è un bel personaggio e piace ancora molto ai bambini. Se ti dicessi piccoli maschi in formazione? Non c’è necessità di aggiungere altro.
    Donna e natura mi fa venire la pelle d’oca (appunto, natura…).
    buon settembre
    E.

  2. Sull’appropriazione dei miti da parte della destra ha fatto delle riflessioni molto interessanti Wuming, con dei rimandi puntuali agli studi di Furio Jesi.
    Io credo che la sinistra abbia guardato con disprezzo non solo quella produzione letteraria a cui ti riferisci, ma il mito tout-court, considerandolo – immagino – come una scoria della produzione umana da cui ci si doveva emancipare. Tanto che si è emancipata pure dei suoi miti e dei suoi simboli in modo frettoloso e grossolano.
    Allora la mia domanda è: come ci si emancipa dai miti e dai simboli che fanno parte del nostro immaginario in modo graduale e non traumatico?
    Credo che uno dei problemi sia pure quello di passarli al vaglio di una riflessione molto attenta, perché io non sono convinta che tutti i miti, anche quelli riferiti alle donne, siano da buttare.

  3. L’azienda è in cerca di visibilità, con ogni evidenza e ad ogni costo. Da una parte Miss Italia, dall’altra la campagna contro il tumore al seno (le donne: o gnocche o malate?!?).
    E mo’ l’identificazione diretta con lo stivaletto. E un po’ di psicostorie.
    Se le aziende smettessero di dirci dome siamo, come siamo state, come dobbiamo essere, come non dobbiamo essere, e cominciassero a raccontare che cosa fanno loro, per noi, anche in termini di prodotti buoni, utili, e magari sostenibili?
    Un piccolo slittamento in termini relazionali (da una comunicazione autoritaria a una paritaria), ma una vera rivoluzione in termini di comunicazione. Insomma: e basta tirarci per la giacchetta. O per il tacco, no?
    Fra l’altro: humour, come al solito, less than zero. Cheppalle. Magari riprendo l’argomento. Baci

  4. Valeria, quando parli di Wu Ming e Furio Jesi, suppongo tu ti stia riferendo alla lezione sul film “300”. Se ti interessa, ti consiglio di dare un’occhiata ai commenti (sempre che tu non li abbia già letti) a un vecchio post di Wu Ming 4, molto in sintonia con ciò che scrive oggi Loredana. Si parla dell’opera di Tolkien e del modo in cui la destra italiana negli anni ’70 si è appropriata della produzione letteraria di J.RR. mistificandola.
    Non solo la destra, ma anche il mondo cattolico ha spesso suggerito interpretazioni di Tolkien un po’… forzate.
    Sono interventi lunghi, ma è un dibattito molto interessante. Se hai tempo e voglia, leggilo
    Il link è qui: http://www.wumingfoundation.com/italiano/stelladelmattino/?p=33#more-33

  5. Forse non è un simbolo nel senso in cui lo usano Toscani e Crepet, ma il fatto che in questi giorni Italia1 abbia lanciato un nuovo programma sexy “Così fan tutte” mi dà da pensare… Non ho visto il programma e ne so quel che è scritto sul Corriere della sera, ma a prescindere dal contenuto è il titolo (tra l’altro in linea con l’ideologia della campagna promossa recentemente da Feltri) che sembra inchiodare le donne in generale all’immaginario maschile – o meglio, di quella parte del genere maschile per cui è pensato il programma e a cui ammicca il titolo.

  6. D’accordo con Annamaria, e d’accordo col fatto che ci sono problemi molto concreti sul tappeto che dovrebbero portare ad un immaginario decisamente diverso, che aiuti a formularea dei modelli diversi. Ma come diavolo si fa senza asili nido? Come si fa senza aiuti veramente organizzati per gli anziani? Come si fa in un paese ancora in pieno digital divide? Per dirla con una mia amica straniera: ma come volete che i ragazzi italiani coltivino il cosiddetto senso civico, se nella stragrande maggioranza delle scuole non c’è nemmeno una sala comune dove possano stare insieme, leggere, fare uno spuntino, e non stare fuori ammonticchiati su scale sbrecciate in edifici vecchi e sgradevoli?? Ecco, forse il problema è che in qualche modo si fa, ci si riesce, e allora vanno bene i simboli immutabili, i miti eterni – dovesse venirci il dubbio che si può fare altro!

  7. Certo.
    Quando sento All you Need Is Love e penso a Stranamore mi viene una fitta al cuore. Non dovrebbe essere consentito di associare ad alcunchè ciò che appartiene al privato di tutti noi.

  8. Tolkien di destra? E quando mai? Tanto più con questa destra industrialista e strumentalizzante, che adora la produzione, il PIL, il fascino del successo…Tolkien direbbe che sono gli orchi che abbattono gli alberi…

  9. Tolkien rapito dalla destra, come pure il mito ed il simbolico. Che modo di ragionare! Si parte sempre dal paradigma che la sinistra è il tutto culturale, il resto è clandestino, provvisorio, privo di cittadinanza culturale. Tolkien non è stato violentato dai cattolici o dalla cultura di destra. Quello che ha scritto, semplicemente, è inseribile in uno orizzonte cultural-letterario di destra e per certi versi cristiano. Esponernti della cultura di sinistra, in molte occasioni, hanno, come è loro costume, disprezzato e snobbato le opere di Tolkien e del suo ambiente universitario inglese. E’ tipico di questo mondo rivalutare e insieme rivendicare il ruolo di scopritori. Tutto ciò mi ricorda l’immensa pubblicistica adorante l’impero sovietico, che dopo il crollo del muro ha fatto una inversione ad U. Priva di autocritica, ci mancherebbe altro!

  10. @dinosauro. Tolkien propone un mito, un mito è un simbolo e come tale può essere interpretato da chiunque alla luce della propria sensibilità. Questo per la trama del libro. L’autore invece esprime più volte temi cristiani e un’atteggiamento conservatore. In questo senso può essere catalogato come cattolico (ma neanche tanto, ha ripreso i miti pagani!) di destra. Ma questo concett di “destra”, almeno in Italia, si è dissolto col Berlusconismo. Il culto dell’immagine, del denaro e meno che mai della produzione industriale (che l’autore cordialmente detestava) sono elementi che sono totalmente assenti dall’orizzonte di Tolkien, anzi essi, soprattutto l’ultimo, rappresentano il Male. Che poi la soluzione e il concetto di Bene di Tolkien siano borghesi, per nulla di sinistra e tradizionali, quando non improntati ad una nostalgia per i bei tempi andati non ci piove, ma questa, oggi, è semmai la filosofia dei Verdi, non certo del PdL/Forza Italia. E questo è anche il motivo per cui il protagonista è lo “sfigato”, “contadinotto” Frodo Baggins e non il futuro grande re dalla spada scintillante Aragorn. Un altro aspetto che la destra di oggi (magari non quella di un tempo) non condivide con lo scrittore è il rifiuto del pragmatismo e della mescolanza fascinosa di mezzi discutibili per buoni fini. Tolkien non è mai stato Machiavelli e non lo nasconde: nella sua opera l’astuzia è sempre vista come qualcosa di negativo e il ricorrere all’attrattiva e alle armi del nemico è tassativamente fonte di rovina personale e sociale. L’unico che ha tentato di usare l’anello per vincere la Guerra è stato Boromir e sappiamo la fine che ha fatto. Quello che voleva imparare le strategie dell’ Oscuro Signore per usarle contro di lui era invece Saruman, e ne è diventato servo incosapevole.

  11. Non fu certo colpa di Elemire Zolla il fatto che la destra assimilò a sé Tolkien. Del resto Zolla non era, non è mai stato certo di destra.
    Se l’introduzione di Zolla a Tolkien nell’edizione della Rusconi non rispecchiò quanto aveva detto Tolkien, questo significa ben poco, se si considera che coerentemente con quanto ha spiegato più volte e a vari livelli di linguaggio Zolla stesso, lui ha scritto la sua introduzione, la sua lettura di Tolkien – che vale in linea di principio quanto quella dell’autore. Non è che l’ermeneutica dell’autore sia più vera di quella del lettore.
    E’ più vicina alla verità quella che si spiega meglio e persuade senza pregiudizi. Come Zolla ha scritto, coerentemente a quella introduzione: “Non mi faccio mai un’immagine dell’autore di un libro, so bene quali forze entrano in gioco nella redazione di un testo e sopratutto quale parte spetta all’inconscio, all’indefinibile, all’estraneo: il testo è sciolto dalla vita che l’ha prodotto”
    Ora, se c’è un testo che proprio si presta più di altri a quanto scritto da Zolla, è proprio l’opera di Tolkien.
    E mi sembra quindi ovvio che Tolkien negasse apertamente che le fiabe moderne dovessero esemplificare valori religiosi e morali o archetipi simbolici e tradizionali (“Detesto l’allegoria in tutte le sue forme”).
    Non mi sembra che l’inconscio si esprima con le intenzioni coscienti dell’autore.
    Altre cose le ha dette Quirino Principe
    http://www.endore.it/resources/EndoreCon2002Atti.pdf
    E anche Emanuele Trevi ha spiegato molto bene quanto era privo di senso considerare Zolla di destra
    http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/zolla/trevi.htm

  12. Marco B., Tolkien no è iscritto al Pdl, neppure come fantasma. Da che cosa deriva questta frettolsità quasi schizzofrenica di incastrare il pezzo nel nostro puzzle. La narrativa di Tolkien è stata considerata dagli illuminati letterati, che si definiscono con enfasi di sinistra, di serie b, minore e, quasi tutti concludevano: “e quindi di destra con screziature cristiane”. La natura, la fratellanza, la ricerca del bene sono forse cosi facilmente riconducibili ad un partito politico?

  13. L’annosa questione Tolkien in Italia è qualcosa di davvero unico, nel senso che non si è prodotta in nessun altro paese, a quanto mi risulta. Il problema non è tanto che la mitologia di Tolkien si presti o meno a una lettura di destra, bensì “quale destra” italiana è stata lasciata libera di appropriarsi di uno degli autori più letti del XX secolo.
    Tolkien, si sa, non era certo un progressista, e come è stato fatto notare nei commentj precedenti, nella sua opera si può rintracciare una certa nostalgia o vagheggiamento per l’Inghilterra rurale pre-moderna. Tuttavia non era nemmeno un passatista, non negava valore alla trasformazione storica, i suoi eroi vivono e lottano per salvare questo mondo (ed è il caso di notare che lo fanno senza la promessa di una ricompensa nell’Aldilà, visto che sono pre-cristiani). Il giudizio personale di Tolkien sui “suoi” Elfi anelanti il paradiso perduto di Valinor è categorico: li definisce “imbalsamatori”.
    Senz’altro era un pessimista, questo sì, e da cristiano osservante non aveva una gran fiducia nelle meravigliose sorti e progressive dell’umanità, come per altro molti autori non credenti della sua epoca, tra cui un certo George Orwell.
    Detto questo, nulla può giustificare l’appropriazione postuma attuata ai suoi danni in Italia da una “certa” destra. In Italia sono stati – e in buona parte sono ancora – i fascisti evoliani a monopolizzare l’opera del vecchio professore. Mi riferisco a esponenti della Fondazione Julius Evola, già organizzatori dei Campi Hobbit, oggi ai vertici della Società Tolkieniana Italiana e autori di quasi tutti i testi e paratesti intorno all’opera di Tolkien pubblicati dal suo editore italiano (Bompiani).
    E’ qui che casca l’asino. Se proviamo a spiegarlo a un tolkieniano inglese possiamo star certi che crederà a uno scherzo di cattivo gusto.
    Perché un conto è essere conservatori, o cattolici osservanti, altra cosa è essere seguaci di un pensatore razzista, superomista, antisemita, fascio-misticheggiante. La lettura dell’opera di Tolkien messa in atto da questi signori è infatti di stampo tradizionalista e come tale hanno fatto passare Tolkien per trent’anni, con buona pace dei letterati e degli intellettuali di sinistra, che sul simbolico e sul mito hanno sempre avuto le idee un bel po’ confuse (com’è stato fatto notare anche in questa sede).
    Ebbene è il caso di dirlo chiaramente: Tolkien non era un tradizionalista, non era un imbalsamatore, e non v’è nulla di intrinsecamente fascista nella sua opera letteraria. E’ sufficiente leggere i testi critici capitali, quelli di Tom Shippey e Verlyn Flieger, per cogliere la complessità e la densità di temi che articolano la grande architettura tolkieniana. In Italia li pubblica Marietti, un piccolo editore di Milano, mentre Principe, De Turris, Paron e compagnia cantante pubblicano per Bompiani.
    Vorrei dire ancora una cosa. Nonostante il libro di Del Corso e Pecere segnalato da Loredana (“L’anello che non tiene”) sia un testo importante per capire e decifrare l’anomalia italiana intorno a Tolkien, conferma in pieno lo snobismo con cui la sinistra guarda ancora alla fandom, alla fan fiction, insomma alle manifestazioni di passione popolare per un’opera creativa. I loro giudizi sulla comunità tolkieniana sono sprezzanti e stupidi. Questo dimostra quanta strada debba ancora fare la cultura di sinistra, perfino nelle sue parti più accorte e intelligenti, e quanta umiltà debba ancora acquisire, per poter intraprendere un’analisi efficace dei grandi fenomeni letterari (o televisivi o cinematografici) di massa.

  14. Bella questione quella degli elfi nostalgici contro gli hobbit o gli umani. In effetti in Tolkien (poi il fantasy derivato ha banalizzato la cosa o l’ha eliminata) gli Elfi non sembrano appartenere al tempo della narrazione, sono così vecchi che non sembrano vivere nel presente, rappresentano una tradizione preziosa e raffinata che non potrà essere raccolta da altri (Aragorn, ad esempio) senza subire un mutamento. Sono insomma superstiti di una razza morente e gli ultimi di loro salperanno alla fine del libro, per segnare la loro scomparsa nell’ era successiva (è da molto che non lo leggo, non ricordo i dettagli). Una delle cose che più mi colpì a riguardo fu che la distruzione del Male (l’ Unico Anello) comportava di necessità il decadimento di tutto ciò che di bene si era visto nella Terza Era (simboleggiato proprio dagli anelli elfici) come per dire che anche scampato il pericolo il passato non ritorna, e se lo fa non torna uguale a sè stesso. Affermazione agghiacciante e di portata esistenziale massima per uno che si è consumato gli occhi per una vita su un testo in antico sassone e che ha riproposto miti millenari: forse voleva tentarne un recupero non museale, non filologico, proprio lui che era filologo.

  15. A ma pare sempre di più che questa divisione tutta italiana di destra e sinistra assuma proporzioni di grande ridicolaggine.
    E sarà bene, secondo me, che sparisca il prima possibile.
    Iniziare a comprendere la qualità di un libro, un film in quanto tale e non perché appartenente al nostro schieramento politico, è un passo necessario alla nostra cultura, e ahimè d’una difficoltà allucinante.

  16. Sono tornata a leggere questo thread solo ora, perdonatemi se salto a piè pari la discussione che, data l’ora non riesco a leggere, e rispondo solo a Ekerot.
    Secondo me non credo si tratti di ‘comprendere un libro, un film in quanto tale e non perché appartenente al nostro schieramento politico’ ma di comprendere, o interpretare, un libro o un film attraverso schemi ideologici diversi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Torna in alto